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il Rimino - Riministoria

Cuochi

Carlo Azeglio Ciampi, nel consegnare i premi Saint Vincent per il giornalismo, ha voluto sottolineare che «non a caso» il suo unico messaggio al Parlamento come capo dello Stato è (e resterà) quello del luglio 2002 sul pluralismo dell'informazione. Ed a chi vi lavora, Ciampi ha ribadito l'invito a una «spina dorsale e una schiena sempre dritta», quindi mai piegata verso i poteri.

Dall'alto non soltanto della più eminente carica istituzionale, ma di un'esperienza di vita che ha attraversato anni bui e drammatici come tutti quelli della sua generazione, Ciampi ha inteso lasciare questo testamento politico: la libera stampa non è un valore aggiunto, ma la sostanza stessa della democrazia.

Ovviamente, tra il nobile dire del presidente ed il fare nella quotidiana vicenda politica nazionale, ci stanno di mezzo tante cose, soprattutto ad esempio quel mare di soldi con cui si tenta (per ora) di acquisire il controllo di testate giornalistiche, come testimonia la cosiddetta scalata al Corriere della Sera. Per la quale si vede muoversi un riservato signore che corre il rischio di essere conosciuto più come promesso sposo di un'attrice riccionese piuttosto che quale autorevole manager dell'economia nazionale.

Sul Corriere s'aggirano anche le ombre delle antiche avventure piduistiche, con i loro ricordi per ammaestrare che non sempre è oro tutto ciò che riluce. Non si sa ancora se dietro l'immobiliarista romano futuro marito di Anna Falchi ci sia qualche esponente politico di Sinistra, o l'attuale capo del Governo come insinua invece Piero Ottone. Accontentiamoci di sapere che a Berlusconi fratello appartiene un Giornale di nome e di fatto, ed alla consorte del Cavaliere si collega il Foglio di Giuliano Ferrara che riceve (se non erriamo) anche contributi governativi come espressione di un movimento politico di cui sfugge il nome.

Intanto i giornali pèrdono copie, ha scritto Gianni Riotta in un illustrato del Corriere della Sera, chiedendosi se non sia colpa della «distanza siderale» che separa i cronisti dai «bisogni della gente comune».

La cosa più divertente, in queste discussioni, è l'ammissione fatta più per gusto di apparente provocazione che per intima certezza, sull'incapacità di fare quello che si dovrebbe invece saper fare. I cronisti aspirano alla gloria dichiarando le loro colpe. Non riesco ad immaginare un cuoco che serva in tavola un piatto vuoto con il cortese avviso: non ce l'ho fatta a cuocere le lasagne. [919]

Antonio Montanari


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