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Giornalismo e libertà, il ruolo dei lettori.

Lettera sul "Corriere Romagna", 22.01.2015

Un particolare ringraziamento desidero manifestare al prof. Roberto Balzani per l'intervista qui pubblicata il 20 gennaio, nella quale sottolinea in maniera fondamentale il ruolo dei cronisti, con l'efficace frase conclusiva: "Meno giornalisti, meno libertà". Desidero aggiungere che anche ai lettori vanno attribuiti compiti fondamentali, affinché la libertà non si dissolva in un fantasma che condensa in sé oscure prospettive, a cui non corrispondono i fatti che quella libertà dovrebbero realizzare.
Il vecchio motto sul giornalismo "cane da guardia della democrazia", oggi assume un significato particolare che deriva da vari fattori, come i comportamenti politici di chi costruisce le costose "bande della maglietta" per la squadra di chi governa. Non per nulla gli scandali "regionali" recenti, sono stati un'epidemia che non ha salvato (quasi) nessuno.
Quel "cane da guardia" ha oggi, attraverso l'informatica, veicoli nuovi che spesso trasportano non legittime opinioni ma offese espresse tanto per creare clamore.
Ogni discussione seria richiede nervi saldi, preparazione sull'argomento, e correttezza nelle espressioni, ovvero obbliga a rispettare le persone da cui si dissente. Ogni analisi attenta, acuta, pungente, è lecita, al contrario delle offese che qualificano chi le pronuncia, non chi le riceve magari senza poter aver occasione di esprimersi sulla materia del contendere.
In altro giornale poco tempo fa ho letto, attorno ad un tema culturale da me affrontato varie volte negli ultimi vent'anni, questo titolo: "Basta polemiche". Forse ci si richiamava inconsciamente alla mia lettera qui pubblicata il 7 gennaio, per negarmi il diritto di parola? Polemica non è raccontare fatti tragici accaduti da sei secoli, e presenti ancora in tutti i libri di scuola.
All'impegno dei cronisti a rispettare la molteplicità delle opinioni "lecite" ovvero non offensive e corrispondenti a fatti veri, dovrebbe accompagnarsi quello dei lettori, nel concorrere a far crescere la libertà del Paese. Si potrebbe pensare alla partecipazione degli stessi lettori ad un azionariato "popolare", come si diceva un tempo, e non speculativo, per sostenere le iniziative editoriali, da rispettare come testimonianza continua di un concetto di democrazia che s'alimenta da una lunga tradizione.
Dialogo, confronto, analisi dovrebbero essere punti fondamentali, non per ricercare potere e trarne benefici, ma per fondare il potere stesso sopra basi corrette, democratiche, consapevoli dei propri limiti e delle proprie funzioni, a beneficio di tutti.
Antonio Montanari


Lettera sopra citata del 7 gennaio 2015.
Memoria cancellata di Galeotto di Pietramala, Cardinale "malatestiano".
Le pochissime notizie su Galeotto Tarlati di Pietramala (1356-1398), Cardinale "malatestiano" (per via della madre, la riminese Rengarda), giunte sino a noi attraverso Luigi Tonini, non raccontano nulla del personaggio ma lasciano intravedere tanto sulla sua rimozione dalla memoria storica.
Galeotto, nominato a 22 anni nel 1378, passa attraverso momenti drammatici della vita della Chiesa, quando Papa Urbano VI fa uccidere un Vescovo (1385) e cinque Cardinali (1386), preparando quel clima di intolleranza che sfocia nei roghi "conciliari" di Costanza per ammazzare Giovanni Huss (1415) e Girolamo da Praga (1416).
Galeotto di Pietramala, dotto umanista, fu coraggioso uomo di Chiesa, capace di proporre nel 1395, con una celebre lettera, la via di risoluzione dei contrasti tra Roma ed Avignone, facendo dimettere il Pontefice di quest’ultima città dove lui stesso si era rifugiato. In tutt'Europa egli diventa una figura rispettata per la sua capacità di studiare e dibattere temi culturali e questioni teologiche, come documentano numerosi volumi.
Consono allo spirito di Galeotto da Pietramala (morto a Vienne nel Delfinato, e poi sepolto alla Verna) , è il Tempio di Sigismondo Pandolfo, suo cugino, dove si realizzano i progetti albertiani di un "umanesimo civile", che si leggono nella Cappella delle Arti liberali, il cui scopo principale è educare alla "polis", creando Concordia tra i cittadini, ai quali tocca di costruire la "Città giusta" con leggi per formare persone moralmente integre. Non è soltanto l'antica lezione platonica, ma pure quella che a Bologna, in quell'Università attorno al 1430, delinea Lapo di Castiglionchio, come Ezio Raimondi scriveva nel 1956.


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