Rimini si racconta

«Dato un basco...»

Scuola degli anni Sessanta

Dal prof. Luciano Canini, ricevo il suo libro intitolato «Il 'grande' Liceo-Ginnasio» sulla storia quasi bicentenaria del «Giulio Cesare». È una scuola che conosco solo per sentito dire. Ho infatti frequentato l'Istituto Magistrale che, alla fine degli anni Cinquanta, era ancora comunale.
Allora la lotta per la supremazia studentesca era affidata in città ai duelli pedagogici di Ragioneria e Classico, l'un contro l'altro armati nella pretesa di sfornare «la meglio gioventù».
I loro presidi (Pian ed Olivieri) rappresentavano con onestà un mondo sgretolato dalla guerra: lo vivevano ancora dentro l'animo, ma non esisteva più. Si legga il regolamento dettato da Olivieri in quegli anni: sembra uscito dalla penna di qualche istitutore della Restaurazione o della Controriforma.
Scorrendo le argute pagine del prof. Canini scopro però che alcuni dei miei docenti sono stati anche insegnanti nel «Giulio Cesare», come il preside Ermenegildo Prosperi ed i professori Campagna e Micheli. Prosperi, al ritorno dalla vacanze estive, pretendeva che sapessimo il latino dell'anno prima. Ci affascinava però con le sue lezioni di storia del '900, quando sostituiva qualche insegnante assente.
Campagna in terza magistrale ci aprì nuovi orizzonti. La letteratura mi piaceva, lui citava continuamente Francesco De Sanctis, io ne lessi di corsa la storia della letteratura nei due volumetti editi da Feltrinelli. Non amava molto la Storia. Nel libro di testo usato allora, ho ancora i «no» relativi ad importanti argomenti che ci fece 'saltare'. Era gustosamente polemico.
Come tema ci propose una volta di sceneggiare un episodio dantesco. Mi cimentai con quello di Paolo e Francesca. Al momento del «disiato riso» e prima del bacio, facevo congiungere le loro mani. L'idea non piacque a Campagna. Neppure quando, guarda caso, la trovai realizzata in un carosello televisivo. Micheli aveva una capacità di esposizione eccezionale, ma non sapeva mantenere la disciplina. Oltre il primo banco, non si udiva parola del suo brillante eloquio. Non fece mai lezione di Geografia, prima dell'Esame di Abilitazione, per pura precauzione, mi premurai di guardare l'indice del testo.
La vita scolastica ha uno strano destino. I nostri ricordi ci rimandano spesso non alla sapienza che ci ha trasmesso od ha creduto di fornirci, quanto alle nostre follie studentesche. Ecco perché più della dottrina di un prof, resta la memoria di un suo particolare esistenziale. Come in questa citazione fatta da un giornaletto del «Giulio Cesare»: «Dato un basco, trovare il preside Ceccarelli».
[Tama n. 654, "il Ponte" n. 41, 16 nov. 1997]

Antonio Montanari
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