il Rimino - Riministoria

Quando capitan Giulietti unì la marineria italiana

Un convegno nel 2003
per ricordarlo a 50 anni dalla morte

Personaggio scomodo e dimenticato, Giuseppe Giulietti costringe a fare i conti con una bella fetta di Storia italiana. Spende la sua vita per la causa della marineria, alla quale appartiene per nascita e professione. Figlio di poveri pescatori riminesi, venuto alla luce il 21 maggio 1879, appena diplomatosi all'Istituto nautico comincia la sua carriera come mozzo. Durante il servizio militare (ovviamente in Marina), conosce anarchici e socialisti. L'incontro lascia il segno in una personalità forte, in un giovane già consapevole della sua missione politica. Aderisce al partito socialista, scrive sul «Lavoratore del mare» e su «La Pace», settimanale antimilitarista.

Presiede il secondo congresso della Federazione italiana lavoratori del mare (Genova, 1906), dove sostiene la necessità di un'unica organizzazione per tutto il personale della categoria. A causa del suo attivismo, l'armatore Parodi (per il quale era imbarcato) gli blocca la nomina a comandante. Giulietti resta a terra per protesta, dedicandosi alla vita sindacale.

Come scrive il suo biografo G. Sircana (nel recente volume del «Dizionario biografico degli Italiani»), fa migliorare sensibilmente le condizioni dei marittimi. Geloso della propria autonomia dal partito in cui milita, ne paga le conseguenze subendo una forte campagna denigratoria. É soltanto l'inizio di un'esistenza difficile, amara e complessa. Nel 1913, preso di mira dai suoi nemici, finisce arrestato. Lo libera la minaccia di sciopero da parte dei marittimi.

Diventa interventista, illudendosi (come altri) nella forza rivoluzionaria della guerra per abbattere il capitalismo. Difende Mussolini quando questi è espulso dai socialisti, e gli fornisce fondi per «Il Popolo d'Italia». Eroe senza macchia e senza paura, Giulietti dopo il 1922 spererà di poter convertire il duce alla causa di un nuovo socialismo. Parte volontario alla Grande Guerra, riceve incarichi ufficiali (per vigilare contro gli «imboscamenti» delle navi), nel 1918 fonda a Genova la «Cooperativa Garibaldi» che ottiene sovvenzioni dello Stato.

Parteggia per il D'Annunzio fiumano, dirotta un piroscafo pieno d'armi forse dirette contro la Russia dei Soviet, aiuta l'anarchico Errico Malatesta a rientrare in Italia, progetta invano un'insurrezione armata rivoluzionaria.

A San Marino, è aggredito dalle squadre fasciste. Con Mussolini firma un patto di collaborazione della Federazione marinara, che non piace agli armatori. Giulietti è accantonato. Deciso a proseguire nella sua opera, è nuovamente arrestato: inventano accuse contro di lui (illeciti amministrativi), poi quando il processo rischia di ritorcersi verso il regime, lo liberano, mandandolo al confino a Nuoro (dove gli muore un figlio) ed a Potenza.

Onesto ma ribelle, la polizia lo controlla duramente, mentre Mussolini lo aiuta di nascosto con un sussidio che lo salva dalla fame. E che sarà un capo d'imputazione morale nel dopoguerra, quando il 2 maggio 1945 lo catturano come spia del fascismo. Resta quattro mesi in carcere prima dell'assoluzione, grazie alla quale può ritornare a lavorare per la sua Federazione. Nel 1948 è eletto deputato tra i repubblicani.

Muore il 20 giugno 1953. Il cinquantenario della sua scomparsa sarà celebrato a Rimini con un convegno, in vista del quale si è costituito un comitato cittadino presieduto da Giovanni Luisè, e composto da Aleardo Cingolani, Rinaldo Ghirardelli (presidente della cooperativa «Lavoratori del Mare»), Luigi Calderoni (presidente della cooperativa «La Bussola»), Walter Moretti, Franco Stefani, Marisa Rastelli, Emilio Bracconi e Giuliano Ghirardelli.

Il convegno è stato presentato il 12 novembre da Luisè e Giuliano Ghirardelli (che scriverà una biografia del «capitano»), dopo la deposizione di una corona d'alloro sul porto al monumento di Giulietti, donato a Rimini dalla marineria genovese.

La città avrà così l'occasione di riscoprire un personaggio dimenticato, che appare contraddittorio non tanto per la sua condotta politica, quanto per le interpretazioni faziose che ne furono date. La sua indole morale di ribelle verso le convenzioni e le ingiustizie lo rese indocile nei confronti di qualunque compagno di viaggio. Dopo la seconda guerra mondiale, non piacque a molti la scelta della sua maturità, in contrasto assoluto con i sogni rivoluzionari a fianco di D'Annunzio. Ghirardelli la definisce socialdemocratica. Per questo fatto, Giulietti dovette subire da Sinistra gli attacchi più duri che cercavano di distruggere il mito che si era creato attorno alla sua figura di sindacalista, ed alla sua opera che aveva portato a nuove condizioni di vita per tutti i marinai italiani.

Antonio Montanari

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