LO SCAMBIO INEGUALE

 

L’eccezionale sviluppo economico dei paesi occidentali nel secondo dopoguerra si è accompagnato a una forte crescita dei commerci internazionali, che nel ventennio 1950-1970 sono aumentati di cinque volte. A incrementarli sono stati sia la politica liberista degli Usa, interessati a tenere aperti i mercati mondiali per le proprie esportazioni, sia la trasformazione delle aziende maggiori in imprese multinazionali, cioè società con sedi, fabbriche e punti di vendita sparsi in tutto il mondo.

Sono imprese gigantesche che occupano centinaia di migliaia di persone nei diversi continenti e sfruttano a proprio vantaggio la divisione internazionale del lavoro. Grazie al costo relativamente basso dei trasporti, esse possono estrarre le materie prime in un paese e lavorarle in un altro, dove la manodopera è più conveniente, per poi rivendere ovunque i prodotti finiti.

La disponibilità di materie prime a basso costo costituisce un fattore fondamentale di questo processo. I paesi industrializzati acquistano petrolio, metalli e fibre tessili in cambio dei beni che i paesi del Terzo Mondo non sono in grado di produrre (automezzi, trattori, aerei, medicinali, computer) imponendo i prezzi per loro più vantaggiosi, grazie al fatto che pochi sono in grado di realizzare prodotti ad alta tecnologia, mentre sono in molti a produrre caffè, cotone o petrolio.

Gli economisti hanno analizzato questo fenomeno e lo hanno definito scambio ineguale, proprio per sottolineare la disparità delle condizioni nella compravendita tra le materie prime e i prodotti ad alta tecnologia.

Questa situazione è stata anche definita neocolonialismo, per sottolineare la dipendenza dei paesi poveri dalle maggiori potenze, attuata non più attraverso il dominio politico diretto, ma attraverso la subordinazione economica e commerciale.

Il miglioramento delle condizioni di vita negli ultimi decenni ha riguardato quindi soltanto le popolazioni dei paesi occidentali, e in piccola parte quella dei paesi dell’Europa che facevano parte del blocco orientale, che insieme contano meno del 30% della popolazione mondiale ; oltre due terzi dell’umanità, per contro, si sono trovati esclusi da questo processo o ne sono rimasti ai margini.

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