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JUST MY SOUL RESPONDING di Brian Ward

" A site to captivate even the most sceptical of audiences " ( The Observer )

 

La rubrica "Essential readings" presenta un altro capolavoro. Questa volta non si tratta di Northern Soul in senso stretto, ma di pura storia della black music, con il soul in primo piano. Interessantissimo, best-seller in America  "Just my soul responding" (dove il titolo riprende l'omonimo brano di Smokey Robinson ) è uno di quei libri che sarà certamente ricordato.

 

Troppo spesso quei brani soul che  ci tengono per ore in pista vengono associati - come corpi senz'anima - soltanto ad una quotazione in sterline.  Troppo spesso, cioè, non si considera il valore profondo di canzoni ed artisti che, invece, hanno fatto da colonna sonora ad un'epoca speciale ... l'epoca della "black consciousness".

Questo aspetto , al contrario, è stato il principale stimolo che ha permesso a Brian Ward  - professore di storia alla "University of Florida" -  di scrivere un libro profondo e dettagliato (addirittura 100 pagine di fonti, note e bibliografia. Poche, invece, le foto : solo 24), che racconta la storia dello sviluppo della black music durante gli anni Sessanta  "Gli anni Sessanta, da tutti ricordati come "swinging", furono in America duri e pericolosi per la comunità Afro-americana. Per un musicista era davvero pericoloso, nel vero senso della parola, sostenere i movimenti di protesta nera; e c'era solo un pugno di artisti che avevano il coraggio di sfidare quel modo di pensare della società americana : Clyde McPhatter dei "Dominoes", Jackie Wilson e pochi altri.  C'è da dire, però, che quasi tutti supportavano in segreto la lotta dei "brothers" con aiuti economici ed in varie altre forme non visibili agli occhi dell'opinione pubblica".

Partendo da questo presupposto, il libro analizza vari aspetti del cambiamento sociale americano, in particolare quello derivante dall'ascolto della musica attraverso le primissime stazioni radio dedite alla black music.  Tali programmi contribuirono in modo notevole ad abbattere le barriere tra le due razze e quello musicale fu il primo campo ove si arrivò ad una integrazione tra quei gruppi che il "pensare comune" non voleva assolutamente fusi tra loro. 

Il vedere suonare insieme artisti bianchi e neri ebbe, infatti, un fortissimo impatto sociale e segnò il primo passo verso la fine delle barriere (nel vero senso della parola) razziali.  In pochi anni la collaborazioni tra artisti di razze diverse divenne la regola, tanto che - come dice il libro - "anche i più convinti fautori della divisione razziale si resero conto che era impossibile combattere contro una integrazione che, di fatto, si era già realizzata in molti campi del sociale e primo fra tutti, nel campo artistico-musicale"   

Si racconta, perciò, la storia di Alan Freed ,  famoso DJ che proponeva (siamo ala metà degli anni '50) nel suo "Alan Freed's Moon Dog House Rock'n'Roll Party" delle selezioni  R&B per un pubblico "misto", avendo tratto l'ispirazione per tale programma "rivoluzionario" dall'osservazione di un gruppo di teenagers bianchi che in un negozio di dischi di Cleeveland avevano acquistato dischi R&B.  Ward, racconta quindi, come "The first fans of R&B were not  (as critics sometimes regard them)  lower class or derelict whites, but they seemed to be drawn from all types of classes and geographical locations throughout the country". 

Un altra storia sull'importanza delle radio, è quella del DJ nero Shelley Stewart (soprannominato "The Playboy") che conduceva un programma per la stazione "WEDR" di Birmingham, in Alabama.  La sua voce, unita ad una parlantina assolutamente inconfondibile, lo resero famosissimo anche tra i giovani bianchi degli anni Cinquanta, che arrivano a costituire un fans club in suo onore, tanto che lo stesso conduttore dice " Music really started breaking the barriers before the politics in America began to deal with it. The races began to communicate ... because of the music ... and the black radio in the black community being accepted and enjoyed by the white community".    

Addirittura, per dimostrare quanto la musica riuscì a superare le rigide barriere sociali, si narra di ciò che accadde il 14 Luglio 1960 a Bessmer (città vicino Birmingham) quando lo stesso Stewart arrivò per tenere una serata.  Poco prima dell'inizio della performance il proprietario del Club lo informò del fatto che si stessero radunando, appena fuori il palazzo, una ottantina di membri del Ku Klux Klan, progettando di fare irruzione nel locale.  Ebbene, quando il DJ, dalla consolle, avvertì il pubblico (esclusivamente bianco) che purtroppo lo show doveva finire in anticipo per evitare problemi di ordine pubblico, l'intera platea - formata da 800 white kids - si portò immediatamente all'esterno aggredendo i membri del Ku Klux Klan.  Tanto che un esterrefatto Stewart ricorda : "It was a surprising thing to see that the white teenagers were the ones to actually save my life.  If were not the white teenagers, I doubt if I would have made It out of the club that night....".

 

Sempre seguendo questa falsariga non poteva mancare una sezione dedicata all'esperienza dei "Freedom Rides", cioè i viaggi in bus "per la libertà" iniziati nel 1961 ed il cui scopo era quello di abolire la segregazione negli autobus interstatali e nelle stazioni di servizio.

In pratica si trattava di una forma di protesta pacifica messa in piedi dal C.O.R.E (Congress on Racial Equality) che aveva inviato gruppi di propri volontari (naturalmente in numero uguale bianchi e neri) per farli viaggiare fianco a fianco in tutta l'America a bordo dei "Greyhound bus", i mitici bus immortalati in molti film che percorrevano giornalmente distanze speventose, collegando tra loro le principali città.  Questi volontari - tra i quali c'erano diversi cantanti - incontrarono grandissime resistenze nel profondo Sud dove l'odio per i negri era ancora molto radicato, tanto che alcuni di quei bus furono bloccati, diversi dati alle fiamme, e il passaggio nelle diverse città era costantemente accompagnato da un contorno di scontri furibondi e pestaggi.

Ebbene, l'autore alleggerisce la tensione di questi episodi impegnativi raccontandoli dall'ottica di Chuck Berry, uno che era diventato famoso per canzoni non impegnate (Johnny B. Goode, Sweet Little Sixteen ecc..) ma che aveva nel proprio background anche brani che raccontavano la speranze del periodo, tra tutte "No Particular Place To Go" e l'inno del 1964 "Promised Land" canzone che narra di un viaggio in uno di quei "bus della speranza" partendo dalla Virginia e ritornando verso Nord, la quale era diventata - seppur senza vendere granchè - il manifesto della comunità nera.  In essa vi erano strofe esplicite ("It turned into a struggle half-way across Alabama") nonchè riferimenti precise alle stazioni di servizio "più calde" ( come Birmingham e Rock Hill in South Carolina dove c'erano stati scontri cruenti al passaggio di tali pullmans ) che erano ben scolpite nelle menti del pubblico nero.

In un continuo rimbalzo tra musica e storia americana , si parla anche di quando  - intorno al 1958 -  Martin Luther King aveva sentenziato dalle colonne della rivista nera "Advice for Living" contro la musica pop ("It often plunges men's minds into degrading and immoral dephts !") per poi ricredersi solo qualche anno dopo ('67), quando resosi conto dei benefici della musica, arrivò a pregare Dio perchà ci fossero sempre più black DJ, dal momento che  - per usare le parole dello stesso Martin Luther King - "In a real sense, you (DJs)  have paved the way for social and political change by creating a powerful, cultural bridge between black and white... You introduced youth to that music and created a lenguage of soul and promoted the dance which now sweep across race, class and nations". 

Pertanto, chiunque desideri avere un'idea completa sulla storia del soul, non può perdersi questo  libro, che narra trent'anni di musica nera : dal singolo "Sh-Boom" del 1954 fino ad arrivare alla metà degli anni Settanta, attraverso una infinità di interviste, ricordi che toccano personaggi basilari come Sam Cook,  James Brown,  Berry Gordy,  Ray Charles,  Aretha Franklin e molti altri. 

   

INDICE

PART 1   -   DELIVER ME FROM THE DAYS OF OLD

"I Hear You Knocking" : from r&b to rock and roll ....................................................................................   pag. 19

"Down in the alley" : sex, success and sociology among black vocal groups and shouters ..................  pag.56

"Too Much Monkey Businness" : race, rock and resistance .......................................................................... pag.90

"Our Day Will Come" : black pop, white pop and the sound of integration ..............................................pag.123

PART 2   -   PEOPLE GET READY

"Can I Get A Witness ?" : civil rights, soul and secoularization .......................................................................pag. 173

"Everybody needs somebody to love" :southern soul, southern dreams, national stereotypes ............... pag.217

"All for One and One for All" : black enterprise, racial politics and the businness of soul ........................ pag.253

"On The Outside Looking In" : Rhythm and Blues, celebrity politics and the civil rights movement .. pag.289

PART 3  -  ONE NATION (DIVISIBLE) UNDER A GROOVE

"Tell It Like It Is" : soul, funk and sexual politics in the black power era ...................................................... pag.339

"Get Up, Get into It, Get Involved" : black music, black protest and the black power movement ........pag. 388

"Take That To The Bank" : corporate soul, black capitalism and disco fever ............................................... pag.417

Epilogue ............................................................................................................................................................................ pag.451

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