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NORTHERN SOUL FASHION - 2 -

" Thanking God there's still good stuff around, like "Un raggio Di Soul" : a website showing  wit and energy !  ( Daily Mail )

 

Questo articolo è l'ideale seguito dell'omonima ricerca di un anno fà.  I ringraziamenti pubblici per la preziosa collaborazione fornita vanno a Ian, Keith, Andy, Frank e a tutti gli altri che, scavando tra i propri ricordi di ragazzo, hanno fornito anche un minimo contributo, prendendo in simpatia questo sito.

 

Negli anni Sessanta non c'era una " scena soul" così come la si intende al giorno d'oggi. Di una vera e propria " scena " si può iniziare a parlare solo dal 1972 / 73, quando gli appassionati di soul iniziarono a staccarsi dai gruppi mod o scooteristici e a riunirsi nei primi "embrionali" Soul Clubs, approntati sopratutto al fine di organizzare, ogni weekend, trasferte in auto o in pulmini verso le principali sale da ballo e tenersi in contatto per scambiare dischi in modo regolare." Chi dice il contrario e parla di una scena matura già dalla metà degli anni Sessanta sono sopratutto i giornalisti, che spesso tendono a mitizzare la realtà, proprio perchè giornalisti ! "

La maggior parte dei club in voga nei Sixties non suonavano solo soul ( in gran parte Tamla Motown, Stax, Atlantic ), ma in tutti si poteva ascoltare anche molto R&B, un pò di ska e reggae, nonchè alcuni pezzi pop, tipo gli "Small Faces". 

Non essendoci locali che suonavano solo Northern Soul è logico che non ci fosse una "scena", nè dei codici di abbigliamento, ma  - al contrario -  diverse sottoculture si legaronoo alla musica soul e ai suoi eroi ( in quegli anni quasi tutti i maggiori artisti fecero tour in Inghilterra, a cominciare da Otis Redding, Sam & Dave e Jimmy James & the Vagabonds )  tra le quali la più influente era quella dei mods.   

In particolare, dal 1967 al 1969 lo stile "smart" dei mods dettò legge anche all'interno del popolo dei amanti di soul ( tantochè nei primissimi anni del " Torch " si poteva vedere anche qualche maglietta con il target tra i ballerini ).  Anche chi non era particolarmente attratto da quel tipo di abbigliamento finì per doversi adattare "a forza", dal momento che nella stragrande maggioranza delle dancehalls c'erano forti restrizioni all'ingresso, con gli implacabili cartelli " TIE & NO JEANS".

Un altro dei fattori che - nella seconda metà degli anni Sessanta -  riuscì ad uniformare l'abbigliamento dei giovani inglesi fu l'esplosione di "Ready, Steady, Go" : in breve tutto quello che veniva indossato in quella trasmissione, da parte degli artisti, diventava "di moda", tanto che i negozi più frequentati dai giovani (negozi che abbandonarono le insegne "clothes shop" per sostituirle con "boutique" )  divennero quelli che per primi si seppero procurare i modelli proposti dal famoso show musicale.   

Nella prima metà degli anni Settanta, svanito di molto l'effetto "mod" e avvenuta, nel contempo, anche una naturale selezione tra chi degli stessi mods era interessato al soul e chi, invece, è più attratto dalla ricercatezza nel vestiario o dagli scooters, le diverse "Soul Fraternity" ( all'inizio non si chiamavano, come accade oggi, "Soul Club" ), presero ad incontrarsi in modo più regolare, incentivate anche dall''avvento di clubs che suonano esclusivamente "Northern Soul".  In breve quei giovani che settimana dopo settimana si riuniscono nei dancefloor di Stoke o di Wigan si influenzano a vicenda, elaborando in breve un preciso codice di abbigliamento, molto più "informale" rispetto agli anni precedenti.

Una importante causa  - spesso sottovalutata dai giornalisti -  che incise a favore di un vestiario decisamente più "casual" fu la passione per il calcio che univa molti soulies.  Nei primi anni Settanta i giovani del Nord iniziarono a seguire regolarmente e in modo organizzato le proprie squadre in trasferta, e visto che molte trasferte avevano come destinazione Londra (non meno di 6 squadre erano della capitale o dei dintorni) o le Midlands - con la conseguente impossibilità di  ritornare a dormire a casa - sorse l'abitudine di fermarsi dopo la partita nella zona dell'incontro, andando alla soul night più vicina.

Naturalmente in queste occasioni in cui si doveva stare lontano da casa per molte ore - viaggiando per lo più in treno - per assistere a match infuocati,  l'abbigliamento con il quale si partiva da casa era  tendente alla maggiore comodità possibile ( in molti casi fatto addirittura di pantaloni larghi da lavoro e anche tute intere. Un modo di vestire - che gli Inglesi chiamano " bib & brace" - che ricordava molto quello degli imbianchini ) e spesso aggressivo, con ampio utilizzo di capi in stile "militare".  In quegli anni l'atmosfera non era distesa e amichevole come alle soul nights odierne, ma - al contrario -  gli "stranieri" erano mal sopportati sui dancefloors, con frequentissime risse, originate da discussioni a sfondo calcistico o da apprezzamenti verso le ragazze del posto.

Tralasciando questi inconvenienti tipici dei primi periodi - derivanti sopratutto da una naturale diffidenza tra ragazzi che in seguito impararono a conoscersi e a rispettarsi creando in breve un grandioso circuito di appassionati  -  i frequenti viaggi da un club all'altro servirono, come detto, per creare un "abbigliamento da dancefloor".

Anzitutto le scarpe. Le brogues nere ( quasi tutte provenienti da Northampton - patria della calzatura britannica - città che però nell'ultimo trentennio ha visto una grossa crisi a causa delle importazioni di scarpe dall'Estremo Oriente. Si è salvata solo la "Church's" i cui modelli al giorno d'oggi sono, però, al di fuori della portata delle tasche dei teen-agers. Notevole il loro negozio di New York sulla 5th Avenue ) vennero usate insieme a qualsiasi altro tipo di scarpa con la suola in cuoio, che potesse ben scivolare sulla pista. 

Un modello molto in voga di brogues erano le " Royals " ( che spopolavano nelle Midlands, anche perchè era la calzatura adottata nei College della zona,  mentre al nord andavano più le " Hilton Park " ) associate al calzino rosso.   Molto usate anche le scarpe da bowling, nella stragrande maggioranza dei casi rubacchiate (nel senso di non restituite) dopo una partita ( si narra che il "Billingham Leisure Centre" di Stokton ( vicino a Middlesbourgh ), venne quasi depredato dai soulies, che approfittavano della poca attenzione del gestore della sala da bowling  )

Tutto questo finchè non uscirono le prime Adidas " trainers", completamente bianche, con le tre strisce rosse o blu : fu una esplosione - mai vista prima -  di scarpe di ginnastica sul dancefloor !

Ma l'elemento forse più rappresentativo della scena soul sono rimasti nel tempo gli inconfondibili "baggies" (o bags), capo d'abbigliamento disponibile in moltissime varietà che esplose nella primavera del 1974  - soprattutto nel Nord e nelle Midlands - e che vide rafforzata la sua diffusione in concomitanza con l'ascesa della popolarità del "Casino Club" .    Da sottolineare, come curiosità, che l'opinione pubblica britannica accolse con favore e propagandò la nuova moda dei jeans larghi, soprattutto contemporaneamente alla pubblicazione di un famoso trattato nel quale alcuni noti medici britannici, per giustificare i crescenti casi di sterilità tra i giovani, se la preserò con i modelli strettissimi di pantaloni in voga tra i teen-agers ( sul modello di quelli usati dai Beatles ) colpevoli, a loro dire, di comprimere troppo i genitali (!).

I modelli più noti di  baggies erano due.  Premesso che l'altezza della vita e il numero dei bottoni (3) era uguale per tutti i modelli ( chiunque volesse una vita più alta del comune o un numero maggiore di bottoni doveva andare dal sarto per farseli fare su misura), il taglio classico era quello denominato "Oxford bags", per nulla particolare, con la larghezza con scampanatura che aumentava progressivamente lungo la gamba ( la terminazione andava da 30 a 32 inch nei modelli pret-a-porter )   e con il classico taschino dietro a destra.

C'erano poi i bruttissimi "Peg Leg bags", che si allargavano sempre più fino a raggiungere la larghezza massima appena sotto il ginocchio e che andavano restringendosi alla fine ( a mò di salsiccia ). 

        

 

Chi i voleva i modelli classici di "bags" andava a comprarli  - specialmente se era del Nord -  da " Roxy Threads " , un negozio molto grande, nel centro di Nottingham.  

Ricordava Frank - durante la recente soul night a Capalbio - che il negozio è da poco ritornato "di moda", dopo che per lunghi anni il titolare ha avuto seri problemi di salute. " Roxy Rob ( vero nome Robert Michailovs ) è -  a dire poco - un "personagggio", un viso conosciutissimo per i locali notturni di Nottingham. Il negozio era molto particolare, con la sartoria nel retro, dove una equipe di sarti realizzava anche modelli originali su richiesta, per i clienti che volevano le cose più stravaganti. 

I " Roxy Threads Bags " erano di abitudine nelle serate soul all' " Italian Club" ( Sherwood Rise, Nottingham ) e al famoso "Palais de Dance" (meglio conosciuto come "Notts Palais" )  : pantaloni di stoffa o di jeans larghissimi, "zampatissimi" con la vita alta e con tanti bottoni. Erano molto alti :  quasi come salopet e avevano il risvolto cucito davanti e dietro "

Oppure un altro negozio che trent'anni fà conoscevano tutti era " Fleming  ", un negozio aperto insieme dai soulies e dagli skins di Liverpool e che, seppure non avesse la stessa grande fama di "Roxy Threads",  in molti giudicavano - come qualità dei capi - anche migliore del negozio di Nottingham " Il negozio è stato chiuso da un pezzo, ma ricordo che quando da giovane  - racconta Keith -  seguivo in trasferta il Sunderland a Liverpool, facevo sempre una visita da "Fleming", anche perchè il negozio era a 500 metri da entrambi gli stadi ( sia del Liverpool che dell'Everton ). Ci sono andato più volte anche il Sabato mattina, dopo essere stato al "Casino" di Wigan per gli " Oldies Allnighter.

Ogni volta che ci andavi potevi incontrare qualche soulboy e non era infrequente che si iniziasse a fare quattro chiacchiere e poi si finisse con lo scambiarsi i dischi proprio lì, dentro il negozio "

"Fleming" doveva la sua fama e le sue grandi vendite anche al fatto di essere stato uno dei primi negozi capace di proporre un catalogo e modelli ordinabili per posta.  Le richieste arrivavano da tutta la Gran Bretagna, anche perchè storicamente Liverpool era - per l'Inghilterra - la patria del jeans ( le uniformi dei portuali erano fatte di jeans e Liverpool era il più importante porto del Regno Unito. Ogni anno venivano fabbricate migliaia di divise in denim per i c.d. "scaricatori di porto" )

La più valida alternativa ai "baggies" erano gli " skinners ", che riprendevano in gran parte lo stile dei jeans della Wrangler, ma erano più larghi di questi ultimi, pur senza esagerare ( 24-26 inches contro i 32 dei baggies standard )

Gli skinners erano un modello di jeans, di colore blu o bianco ( con cuciture bianche in vista, risvolto alto un pollice - cioè molto alto rispetto agli altri moodelli -  e che, dopo diversi lavaggi, avevano la particolarità di apparire come invecchiati ) che per molto tempo furono massicciamente pubblicizzati dalle pagine del settimanale "New Musical Express".  

Erano realizzati in un materiale più leggero ed economico rispetto a quelli fatti da "Fleming" ( ricordati come i più pesanti del Regno Unito ! ) ed era consuetudine indossarli sia " normali " che nel modello corto per l'estate.  Era un capo "trasversale", indossato da soulies e skins, tanto che si potevano vedere skinners corti associati a Dr.Martens che a brogues. "Gli Skinners erano quasi sempre bianchi o comunque chiari  -  è Frank che parla  -  piuttosto larghi ma più corti dei baggies, e lasciavano intravedere le scarpe : hush puppies , wedges, Doc Martens o le scarpe da bowling portate sempre dietro nella borsa ". 

Comunque usatissimi erano anche i modelli "personalizzati", per molti soulies una vera e propria fissazione, un segno di riconoscimento irrinunciabile "Parecchi soulies non amavano l'idea di andare vestiti come gli altri; e anch'io appena ebbi la sensazione che in pista si correva il rischio di essere tutti identici, cominciai a farmi fare i baggies su misura.  Io compravo il materiale ( la tela denim ) al mercato del mio paese e poi lo portavo da un sarto di Birmingham, "Alum Rock" per tagliarli secondo il mio gusto personale. E c'era un sacco di gente che lo faceva.  Usatissimi erano anche i modelli ricavati da diverse parti di vecchi jeans (modello patchwork ) ".

Un altro modello di pantalone abbastanza in voga era il "Kharman Ghia" ( lanciato da una fabbrica di abbigliamento di Wolverhampton ) disponibile in cotone e in velluto,  anche se i marchi che la facevano da padrone erano i soliti ben conosciuti : " Levi's " e, più tardi " Wranglers " (che sostituirono quasi completamente i Levi's, in quanto generalmente più larghi e comodi di questi ultimi ). Se il mito dei Levi's era associato alla vasca da bagno di "Quadrophenia" e per varie altre manie modaiole di sapore esclusivamente britannico ( " there was a craze for taking the label out of the inside of a Levi jacket & putting it on the outside, just above the left-side breast pocket " ) , anche i Wranglers passarono alla storia, ma per altri motivi "  the label on the back pocket had to be taken off after a few washes so you ended up with an oblong of darker blue against the more faded jeans !! " 

Con questo abbigliamento andavano magliette (polo o shirts with long pointed collars turned over your jacket collar ) aderenti e sia uomini che donne mettevano il famoso capotto lungo di pelle nero ( leather & suede 3/4 length coats, usually black, but sometimes blue ). 

Era naturale che la moda lanciata dal " Casino Club " di Wigan (che il magazine "Billboard" definì il miglior club del mondo) non poteva restare confinata a quei "pochi" giovani e durante la seconda metà degli anni '70  - in special modo al Nord  -  la maggioranza dei ragazzi prese a vestirsi usualmente in questo stile : i capi tipici del Northern Soul divennero "di moda".  Si potevano vedere ragazzi vestiti così nella discoteca del paese, o ad un concerto di Rod Stewart, o arrestati durante una partita di calcio ...eppure nessuno di essi era interessato al Northern Soul  ( " ... Spencers' bags, bowling shirts & vests, all associated with the 'northern soul look' were worn everywhere, by everybody " )

Riguardo ai pullover, oltre al mitico Slazenger rosso, con scollo a "V", erano molto usati gli ' smokers ', cioè una sottospecie dei classici cardigan di lana .

Avevano la foggia di una giacca, ma erano " 100% lana " e senza collo.  I primi modelli erano molto lunghi (arrivavano anche fino al sedere, vedi nella foto foto sopra il ragazzo biondo ), con una fila di bottoni e il taschino.  Poi, nel corso degli anni '70 divennero progressivamente più corti e spesso ornati con motivi romboidali (chiamato modello "diamond") o, in genere, geometrici.  La moda dell'epoca era quello di indossare questi "smokers" sopra la camicia ed un gilet, che doveva avere rigorosamente lo stesso disegno dello "smoker" stesso. ( esempi di cardigan indossati dai soulboys originali si possono vedere a pag.44 di "The In Crowd", dove il ragazzo a sinistra nella foto in basso lo indossa sotto la raincoat.  Per lo "smoker" si veda pag. 6 del libro  "Spirit of 69", il ragazzo a destra ).

Il soprabito, come già detto, poteva variare da zona a zona e a seconda della stagione. Si andava dal giacchino di Jeans della Wrangler al bomber, al parka, al "navy blue Crombie" (che era di solito la versione economica del costosissimo "Abercrombie businessman's coat" ) fino al classico Harrington (il colore prevalente di certo il nero, seguito dal blu, dal rosso scuro e per finire ce n'erano alcuni verdi ) . D'inverno in molti indossavano il " Trilby hat ", che di solito era nero o grigio con la banda nera.

Un accessorio molto importante erano le toppe, che coprivano non solo il giacchino, il bomber o il parka, ma che in molti erano soliti cucire sopra la canottiera o la camicia.  L'idea di mettere in vendita toppe ricamate venne in mente ai promoters del "Torch" (più tardi conosciuto come "The International Soul Club") che le pubblicizzavano anche attraverso le pagine di "Blues & Soul".    La prima toppa "classica" col disegno del pugno uscì alla fine del 1972.

Dei capelli s'è già detto : nei primi dancefloors si vedevano quasi esclusivamente ragazzi col " Perry Como cut" di stampo mod, e quando la moda passò tutti si tagliarono i capelli "a piuma" ( feather cut ) " simili a come vanno ora, ma le ragazze mettevano tanta lacca sulle punte per fargli girare indietro; anche i ragazzi avevano questo taglio senza lacca però... " racconta Frank.

Un accessorio che spopolava era il modello "wraparounds" dei " Rayban ", che ottenero una grande fama presso gli amanti di black music per essere il modello classico usato da Ray Charles.  L'alternativa erano i " Polaroid " ( with thin gold frames ) nel modello  reso famoso da Prince Buster

Così " conciati " era quasi inevitabile che succedesse quello che viene descritto nel libro ' Last Night a DJ Saved My Life ' : " Your friends, still stuck on progressive rock or perhaps discovering the glittery pop modes of glam rock and Bowie, laugh at you.   

They don't understand the secret world you inhabit. They don't understand the clothes, the music, the rituals of your underground existence. For you are a member of a closed order, you belong to one of the most pure and untainted musical movements ever. You are a northern soul boy." 

Le ragazze ? Una esigua minoranza con indosso la " full circle skirt " ( cioè la gonna larghissima che si alzava durante le giravolte, ritornata oggi di gran moda sui dancefloors inglesi )  e poco altro di realmente caratteristico.  L'unica curiosità riguarda l'uso delle spillette (pins), che, ieri come oggi, sono molto in voga tra le donne, mentre gli uomini tendono a snobbarle, preferendo le toppe. 

Si ricorda anche che spesso al "Casino Club" la percentuale dei maschi in pista raggiungeva cifre stratosferiche, e le pochissime ragazze erano delle mosche bianche, conosciute e spesso corteggiate ( la classica formula per respingere le avances era "fuck off i'm dancing !") da tutti.

 

i n d i e t r o

 

 

 

 

 

 

 

 

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