MISERIA DEL FEMMINISMO e società Del
Capitale.
L'emancipazione delle donne passa necessariamente attraverso l'unione
nella lotta con gli sfruttati, con i lavoratori, con le classi oppresse,
attraverso l'unione di cittadini ed immigrati, di uomini e donne.
La lotta è una sola, ed è contro il capitale.
Così come sosteneva più di 100 anni fa Clara
Zetkin, la questione femminile nasce col modo di produzione
capitalistico.
E SOLO attraverso il superamento di questo si potrà parlare di
liberazione della donna.
Quelle forme di femminismo che mirano all'unione interclassista delle
donne, che illudono le donne oppresse che sia possibile, al di fuori
della lotta scontro col capitale, ottenere, con la mobilitazione delle
sole donne contro gli uomini, quei diritti e quella parità sociale che è
raggiungibile soltanto da esigue minoranze di donne, sono pura utopia e
si traducono nel rafforzamento del regime attuale ed a danno di tutti i
lavoratori.
Il movimento femminista sorge per conseguire l'emancipazione della donna
intesa come parità sia giuridica che politica e sociale rispetto
all'uomo. Iniziatosi in Francia durante la Rivoluzione del 1789 fu
proseguito da G. Stand; in Inghilterra dottrinariamente da G. Stuart
Mill e propugnato come agitazione sul terreno pratico dalle suffragette
(Pankhurst).
Il presupposto da cui
scaturisce l'analisi storica e sociologica del femminismo
si può sintetizzare nella proposizione: "La storia dell'umanità è
la storia della lotta tra i generi (maschile contrapposto
al femminile)".
Partendo da questa presupposizione,
antropologicamente, da una società fondata sul
matriarcato, si sarebbe configurata una struttura sociale
di tipo patriarcale affermatasi mediante la coercizione
del maschio sulla femmina, la cui espressione fenomenica
consisterebbe nella penetrazione, quella simbolico-culturale
nella cosiddetta "fallocrazia" che
caratterizzerebbe le società patriarcali definendone il
tipico immaginario maschilista.
Quindi, se la penetrazione è
un atto di prevaricazione da parte del maschio, la femmina,
vittima che ad esso soggiace, ha il dovere di contrapporsi
al suo nemico di genere onde affrancare se stessa come
individuo e come genere, e con essa l'umanità i cui problemi
deriverebbero dalla "dialettica" maschio-femmina, avendo
arbitrariamente destituito quella servo-padrone di hegeliana
memoria.
È questa parte dell'umanità che il movimento femminista si
propone di neutralizzare salvaguardando purtuttavia la
riproduzione della specie che grazie alla fecondazione
artificiale potrà perpetuarsi eludendo il martirio
dell'accoppiamento. Nel futuro matriarcato la donna
concepirà per autofecondazione scegliendo in cibernetiche
spermatoteche provette etichettate con il codice genetico ed
i caratteri fenotipici del fuco donatore. Sicché la funzione
storica, ancorché non biologica, del maschio sarà
definitivamente superata, dissolta nel messianico eden
neomatriarcale.
Questa la versione fantascientifica partorita dalle
frange più DELIRANTI del movimento femminista.
L'analisi scientifica del
fenomeno femminismo ci informa, invece, che trattasi del
prodotto di una continua tensione sociale volto al massimo
dell'integrazione nel sistema. Viviamo nella società Del
Capitale e il Capitale, costretto per sua natura ad
accrescersi e ad autovalorizzarsi incessantemente, tende ad
estendere l'assorbimento di manodopera in particolare nel
settore terziario, puntando all'incremento dei consumi per
fronteggiare le congiunture critiche da sovrapproduzione.
La differenza sessuale oggi non esiste più nell'universo del
lavoro, anche se ritorna indirettamente e se il
Capitale se ne serve per dividere, impiegare in modo
differente e sottopagare quella che non è più che
manodopera.
Questo solleva la collera dei femministaioli sinisterici
come dei partigiani della legalità e dell'uniformità nella
miseria.
La dissoluzione tendenziale della famiglia nucleare a cui fa
riscontro il prolificare dei nuclei familiari singles,
esprime palesemente la necessità quantomeno di indurre la
collettività ad un raddoppio dei consumi rispetto alla
famiglia di tipo nucleare.
Il femminismo, quale
espressione ideologico-culturale del Capitale in questa
fase storica, veicola agevolmente tali esigenze attivando
sinergie protese allo sradicamento della donna dallo status
e dal ruolo precedente in cui essa si realizzava come
madre-moglie-amante e la proietta nel mercato del lavoro
salariato. Operazione, questa, che comporta come riflesso
immediato una profonda trasformazione del rapporto tra i
sessi che percorre tutti gli ambiti dell'esistenzialità:
dalla divisione tradizionale del lavoro al rapporto
gerarchico uomo-donna, all'intimità erotico-sessuale, alla
maternità.
Trasformazione che si realizza non in virtù del movimento
femminista, bensì di quello del mercato, il cui vortice
accumulativo-espansivo pervade la globalità tanto del mondo
esterno (biosfera) quanto di quello interno (relazioni
interpersonali) alla specie.
Il femminismo è un prodotto del mondo moderno,
del modo di produzione capitalistico ma è incapace
di comprendere questo quanto sé stesso, inabile
a cogliere le contraddizioni ed i prodotti abbrutiti della
mercificazione e invoca il legislativo, l'esecutivo, il
giudiziario per criminalizzare soggetti vulnerabili e
condannarli alla sedia elettrica, celebrando tra slogans
isterici e pseudoanalisi maniaco persecutorie un
risentimento millenario oggettivato su fantasmi.
Nel tentativo di spacciare l'eliminazione fisica dello
stupratore come soluzione allo stupro ed alle perversioni
sessuali, affogando nei manicomi criminali-democratici
individui psicolabili, la cultura femminista esibisce ad un
tempo la sua natura vendicativa pre-beccariana,
reazionaria e la sua miseria sul piano concettuale. Allorché
il femminismo si fa interprete di istanze quali la
sessualità, la maternità, l'aborto, il divorzio, la coppia,
il matrimonio, la monogamia, non approda che a
rivendicazioni liberaloidi caratterizzate da accezioni quali
"autonomia", "autogestione", ecc; all'insegna del
delirio del Mercato che concepisce il corpo, gli
organi genitali, il feto come proprietà privata da
tesaurizzare alla stregua di meri valori di scambio,
veduti criminalmente oggi come "costituzionali".
Come potrebbero delle persone abbandonarsi alla loro
sensualità, all'amore, alle carezze, al ritmo, al loro
amante, quando la loro educazione li spinge a contenersi, a
non lasciarsi andare, a concedere tutto solo in termini di
concorrenza, di rapporti di forza e quindi di
imbroglio?
Anziché sollecitare all'emergenza un desiderio femminile
coatto nella passività orientandolo ad un'identità non più
mortificata, l'orizzonte del femminismo non propone altro
che una sterile e miope denuncia del desiderio
maschile.
La forza della donna consisterebbe dunque nel sottrarsi come
"oggetto" di desiderio, così da negare il maschio là dove
egli esprime il suo desiderio, degradandone e
colpevolizzandone moralisticamente proprio la sfera
istintuale, erotica e genuinamente animale. In pratica
l'imputazione è rivolta al bisogno maschile della donna.
Del resto, il Capitale non affonda le sue radici nel
soffocamento dell'animalità e nell'addomesticamento degli
istinti dei bisogni della spontaneità antropiani? Intanto
come una lama di coltello insanguinata la seduzione
femminile si irradia ad un pubblico eterogeneo ma si sentirà
responsabile solo dei riscontri ottenuti con interlocutori
privilegiati; la selezione, mediata da stereotipi
estetico-comportamentali, scarterà con compiaciuto disprezzo
il materiale umano maschile non appetibile ma cullerà
frustrato livore per quello appetibile che però ne ignorerà
i favori.
Una donna, comunista,
Dominique Karamazov, in la Guerre Sociale - Misère du
féminisme - Parigi - 1977, ripresa e ripubblicata anche
da alcune correnti anarchiche interessate al problema, ha
analizzato la questione del femminismo come pochi marxisti
sono stati in grado di fare. La sua analisi è fermamente
materialistica ed altamente istruttiva; nonchè estremamente
attuale.
La Karamazov rileva che il difetto peggiore sta nel,
vendere, racchiudere nella questione femminile un mutamento
e un malessere generale. L'opposizione fra uomini e donne è,
e diviene sempre più, la modalità di un sistema di frizioni
più generali, il prodotto di una società gerarchizzata che
gioca sulla disuguaglianza e sulle opposizioni,
riproducendole continuamente nella liquidazione dei vecchi
status.
Vi è una crisi generale d'identità e una crisi
generale dei rapporti umani. Questa crisi, partendo da
fissazioni reali e dall'amplificazione deformante dei
mass-media, è stata presentata per tutto un periodo come
"conflitto di generazioni" e si traspone oggi
nell'opposizione uomini/donne.
Il rullo compressore economico livella. Ma la differenza dei
sessi resta. Qualsiasi posizione autenticamente evolutiva
non deve passarvi sopra, ma al contrario, riconoscerla
pienamente, in quanto essa dovrà tendere al di là
dell'economia: all'espressione sociale dei bisogni umani. E
gli uomini e le donne hanno il bisogno di questa differenza.
La competizione sportiva offre un'immagine caricaturale
dell'universo capitalista in cui anche il piacere dello
sforzo fisico e della lotta finisce per perdersi nella messa
a punto di macchine per guadagnare. Le donne sono lanciate
nella corsa e, perché vadano più svelte, non si esita a
snaturarle imbottendole di ormoni maschili.
Si
comprenderà ciò che ci deve separare da tali ripugnanti
pratiche. Il Capitale individua gli esseri umani tramite le
loro funzioni. E dunque ignora profondamente la differenza
tra i sessi. Nella sfera economica e politica, questa si
riporta ad un ornamento che avvantaggia o svantaggia la
promozione.
La salarizzazione ha dunque
espulso gli uomini dalla famiglia, ma non si è contentata di
concentrarla o sconcentrarla davanti al televisore. Anche le
donne sono trascinate nella salarizzazione. Una parte delle
loro funzioni viene anch'essa presa a carico da personale
salariato. Si aprono degli asili. Gli idealisti militanti si
accontentano di reclamarne di più. Altri esigono che il
personale sia misto e che i genitori partecipino anche alla
gestione. Si piazza il proprio radicalismo dove si può!
Le donne cessano di essere madri per andare ad occuparsi dei
bambini altrui negli asili, nelle scuole, negli ospedali,
nei riformatori; cessano di essere spose per "assistere"
come dattilografe o segretarie i piccoli pascià d'ufficio.
Le stesse donne che, guardiane di una certa sicurezza,
accusano il marito che sciopera di essere un irresponsabile
incapace di portare a casa i soldi per vivere o di rischiare
il posto di lavoro sanno eccedere in radicalismo per
difendere i valori più fittizi di questa società.
Tutto ciò provoca dei
movimenti contraddittori, di rigetto dell'autorità nelle sue
forme più artificiali, e una ricerca inconfessata ma
profonda per trovare degli idoli, inseguire ed agganciarsi a
delle sicurezze. Nella sua forma rovesciata tutto ciò si
traduce in "è colpa degli uomini, dei padroni". Ricerca
disperata dei procuratori di miseria con cui prendersela.
L'estensione della salarizzazione femminile, costituisce a
suo modo una liberazione della donna, assicurandole una
pseudo indipendenza detta finanziaria. Ma si tratta di una
liberazione fittizia.
Un movimento che non abolisce la situazione femminile in
quanto condizione di inferiorità ma che ne mortifica le
prospettive generali sotto altre forme e ne abbrutisce la
naturalezza in tutti i sensi.
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QUARTO ragionamento
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Nella foto in alto a
sinistra nella colonna principale :
la donna vescovo anglicana
Barbara Harris. Più in avanti in questa pagina troverete altre foto
relative all'entusiasmo delirante di alcune sostenitrici del sacerdozio
femminile: una nuova tappa della corsa all'"integrazione", per meglio
concorrere alla difesa di un Sistema marcio e produttore di mostri
diffusi.
In un inserto dedicato al
quarantesimo anniversario della rivista sexy Playboy, il settimanale più
diffuso in Italia, Panorama (Dic. 93), ha pubblicato alcune
interessantissime interviste. Riportiamo alcuni spezzoni dell'intervista
ad Hugh Hefner, sugli argomenti che riteniamo più importanti ed
enormemente significativi.
Secondo lei il
concetto di pornografia esiste?
È qualcosa di molto
personale, come la bellezza. Noi viviamo in una società in cui perfino
ritrarre l'atto di procreare, cioè il fare l'amore, è considerato
osceno. L'accoppiamento è quello che fa piacevole questo pianeta e dà la
voglia di viverci. Senza questo tipo di pulsione, non avremmo avuto
famiglie, tribù, civiltà. Il sesso è la maggior forma di civilizzazione
del nostro pianeta, altro che la religione! Ma si continua ad avere
paura della sessualità: è un sentimento troppo potente.
Perché sono così
difficili negli anni Novanta i rapporti tra uomini e donne?
Colpa dei movimenti
femministi e femminili. Per rendere una donna libera, non ci dovrebbe
essere bisogno di trasformare il partner in un avversario e il rapporto
in un conflitto: sono sicuro che è possibile essere se stessi e allo
stesso tempo fare promesse d'amore a un'altra persona. La relazione fra
i sessi è diventata così politica che è patetica e ha perso per strada
molto di quello che faceva del sesso una cosa meravigliosa.
Non si arrabbi, con i
tempi che viviamo, non è difficile continuare a parlare di sesso
gioiosamente?
A parte la paura
dell'AIDS, c'è un'altro grande tema di confusione oggigiorno: le
molestie sessuali. Se ne parla troppo e spesso a sproposito, perché a
volte non sono reali, ma c'è la semplice paura che accadano. Sembra di
essere un po' tornati al tempo dei Padri Pellegrini. Idem per i mille
processi di violenza vera o presunta, per cui oggi anche un semplice
appuntamento può diventare pericoloso. Il sesso da tutta questa
pubblicità negativa ne esce maltrattato e si torna indietro ai tempi
puritani.
Sempre nello stesso
inserto in uno spazio dedicato alla fenomenologia del nudo, ed al
fenomeno Playboy Ferdinando Camon scrive lucidamente e senza dimenticare
la società in cui viviamo:
"Un nudo parziale di
Diana d'Inghilterra viene pagato al fotografo 250 milioni, mentre un
nudo integrale di Claudia Schiffer vale solo 45 milioni. Cindy Crawford,
fotografata così com'è, senza la protesi dei vestiti, vale il doppio
della Claudia. Madonna non ha prezzo, nel senso che non vale una lira:
non la vuole nessuno. Riprendo quelle cifre da un tariffario pubblicato
da La Stampa. Un tariffario che la dice lunga sulle donne nude in
copertina. Perché non fissa una graduatoria di bellezza: Diana non è
cinque volte più bella di Claudia, e, dunque, chi paga per vedere Diana
non paga per provare il brivido di fronte alla bellezza.
La visione di Diana in
topless permette di constatare il fallimento dell'eros di un possibile
re: con quel corpo, la futura maestà non ce la fa. Quel corpo
rappresenta la tua vittoria; tu che ce la fai con la donna che hai, hai
qualcosa che questo re non avrà mai. Sei più di un re e lui è meno di un
uomo: non ha tutto quello che hanno i suoi sudditi. Non ha il minimo
sessuale". È stato costretto a fare sesso con una donna che non gli
piace.
Il nudo, dunque, è una
notizia. Non è un corpo che vendi, ma la storia dell'eros che quel corpo
trasmette. Perciò non è il nudo che può essere offensivo, ma la notizia
che può essere falsa o pericolosa.
Non è vero che le foto
di belle donne nude costituiscono uno sfruttamento delle donne; in
realtà costituiscono uno sfruttamento dell'uomo, lo stordiscono per
rubargli attenzione, sentimento, denaro.
Quel denaro che va a
valanghe tra le mani delle bellissime; altro che sfruttate, se mai ci
sono state dominatrici nella storia (imperatrici o favorite), oggi sono
queste. Ognuna di loro fonda una dinastia. Il loro corpo è un'industria.
I maschi sono la forza lavoro che viene reclutata, sfruttata e buttata.
Le femministe che vogliono liberarle, rivestirle e mandarle a lavorare a
stipendio sindacale, e che perciò picchiano e insultano lo sfruttatore
maschio, è come se entrassero in una fabbrica a picchiare operai per
salvare il padrone."
Abbiamo riportato
alcune considerazioni di Ferdinando Camon perché toccano degli aspetti
importanti che si ricollegano a quanto si vuol spiegare in un capitolo
dedicato alla "Miseria del femminismo".
Original complete pdf file:
Se da un lato è da
ritenere fondamentale la critica al moralismo pre-beccariano di cui si
rende artefice il femminismo, dall'altro bisogna ribattere i chiodi che
permettono di vedere sotto la giusta luce l'aspetto della
mercificazione. Il Camon parte per la tangente dell'Eros, ma in quel che
scrive vi è del vero che fa carta straccia di quel femminismo " di
sinistra" che, ad esempio, si è sempre mostrato critico nei confronti
delle prostitute D.O.C.. e di quelle donne che hanno fatto spettacolo
delle proprie grazie per guadagnarsi da vivere (pornografia e sexy
show...). La motivazione della sentenza era: "mercificano il loro
corpo!". Siccome questa critica "dotta" era spesso rivendicata dalle
donne gregarie del Piccì, o, in genere dalle femministe di sinistra o
pseudo marxiste, o dai femministaioli militanti, dobbiamo far rilevare
la miopia di questa sottospecie di "pseudo-marxismo" chiedendoci:
l'operatrice
sessuale mercificherà sicuramente alcune parti del suo corpo. È vero. Ma
ciò che l'operaia mercifica di se stessa è forse meno importante? E la
giornalista "emancipata"... che si fa prendere di corpo e di mente... in
difesa della legalità borghese o delle sacre regole di capitale e
mercato... non è forse ad un livello peggiore?
Vogliono forse
raccontarci, costoro, che nell'era del mercato totale esistono alcune
parti del corpo che sono moralmente meno mercificabili di altre? Le
mani, i piedi, il cervello, addirittura i reni... possono essere
democraticamente mercificati mentre altre parti no?
Abbiamo quindi un
ennesimo esempio che spiega la natura moralistico reazionaria di certe
ideologie che si sposano perfettamente col processo oppressivo e globale
contro il quale le individualità devono scontrarsi quotidianamente.
La spettacolarizzazione
del Mercato fa il resto.
Il caso del processo a
Lorena Bobbit
e i dibattiti conseguenti hanno riproposto una ennesima
occasione per osservare il livello di emancipazione prospettato dal
femminismo e ne concludiamo che: il Codice di Ammurabi è di gran
lunga più moderno e "progressista" della concezione e della filosofia
del diritto di cui si fa portavoce il movimento femminista così come il
concorso alla gestione del sistema borghese capitalistico, gestione
anche armata prima ancora che a livello governativo, forniscono esempi
ormai infiniti di quanto sia restauratore e repressivo il fenomeno che
tutto sommato non diviene altro che parte integrante ed apologeta del
marciume. Il che NON ha nulla a che vedere con la segregazione e il
"diritto" alla libertà e con la vera emancipazione checché ne dicano
femministaioli militonti ed insipienti che non sanno neppure leggere o
che peggio ancora accusano di "ideologia" questo documento quando in
realtà NON sono altro che i più cancrenosi camerieri/e dell'Unica vera
"ideologia" imperversante e Dominante:
l'ideologia DEL CAPITALE.
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