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L'analisi di Amadeo Bordiga sulla natura del Fascismo

Sul Fascismo. Riportiamo alcuni spezzoni di un'intervista concessa da Amadeo Bordiga a Sergio Zavoli. Dell'intervista che Sergio Zavoli ha pubblicato per conto della SEI in un libro che raccoglieva interviste anche ad altri personaggi, sappiamo che esistono anche delle bobine televisive che sono state in parte trasmesse dalla dalla TV di Stato [Genn. 1994] e che non abbiamo avuto fino ad oggi la possibilità di visionare nella loro completezza.

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Ing. Bordiga, come leader del Partito Comunista lei è stato accusato di aver sottovalutato la forza del fascismo, di averlo considerato un fenomeno borghese, simile ad altri precedenti, e quindi di non averlo combattuto con sufficiente energia. Come risponde a questa accusa?

--Il fascismo non era il primo fenomeno reazionario e repressivo che si inseriva nella storia italiana. Avevamo ben altri precedenti: avevamo Crispi, avevamo Pelloux, avevamo Bava Beccaris. Sempre la borghesia italiana aveva messo la mano, alternativamente, nelle due bisacce: quella del bastone e quella della carota. Cioè, quando poteva faceva delle concessioni democratiche, piene di furbizia, anche filoproletarie; appena la situazione e i suoi interessi glielo consigliavano, passava al metodo dei colpi violenti, delle manganellate, delle azioni squadristiche. Il fascismo non era che una di queste svolte.

Mi perdoni se insisto, ing. Bordiga, ma rispetto a precedenti movimenti reazionari, lei non è disposto a riconoscere che vi fossero nel fascismo elementi di originalità e di pericolosità?

Il fascismo aveva delle sue caratteristiche originali. Se ne dettero subito due interpretazioni: una fu quella che il fascismo si appoggiasse alla borghesia agraria, terriera, che socialmente era rappresentata dalla proprietà immobiliare; l'altra è che invece si appoggiasse alla grande industria moderna, che giovanilmente cresceva per un fatto che accadeva in tutte le nazioni del mondo. L'interpretazione di Gramsci sembrava caldeggiare la tesi del fascismo come fatto agrario. Noi invece consideravamo il fascismo un fatto industriale e moderno, in un certo senso anche democrati-co. Il fascismo era un tentativo di dare una funzione originale, nella società italiana, alla media e piccola borghesia: artigiani, professionisti, studenti, tutte queste mezze classi che noi sentitamente disprezziamo, dall'alto del nostro puro classismo.

Su quali elementi basò le accuse di complicità che rivolgeva agli industriali?

Tutto apparve chiaro, evidente, quando le classi supreme della plutocrazia industriale e commerciale cominciarono ad alimentare ed incoraggiare il movimento fascista provvedendo al suo stesso armamento materiale. Si può dire che i padroni delle aziende distribuivano alle squadre fasciste le bombe e i manganelli che dovevano servire a distruggere le organizzazioni operaie, perché avevano un evidente interesse all'eliminazione di questo apparato antitetico al loro.

— In quel momento, col fascismo ormai alle soglie del potere, l'arma dello sciopero generale era ancora adatta a fronteggiare la situazione?

— È riconosciuto da tutti che l'ultimo scontro tra fascismo e forze proletarie non fu la famosa "marcia su Roma" del 28 ottobre, più che altro una commedia tra forze borghesi, ma il movimento di sciopero dell'agostodel 1922, che avrebbe potuto costituire l'ultima occasione per un grande urto in cui si sarebbero potute battere, forse, le squadre fasciste. A questo proposito ricordo che noi, Partito Comunista e Sinistra Comunista italiana e internazionale, nel respingere il "fronte unico" politico, ossia un blocco tra tanti partiti politici, avevamo sostenuto un altro espediente tattico contro il fascismo: "il fronte unico sindacale".

E questo non certo perché si volessero prendere le difese della fradicia impalcatura statale italiana, perché chiunque l'avesse distrutta avrebbe fatto una cosa positiva.

Questo sciopero non fu uno scherzo; al contrario, fu una cosa molto seria. Si possono ricordare alcuni episodi, riferiti ad alcune città. Ancona, per esempio, fu potuta debellare solo mandandovi parecchi reggimenti di carabinieri in perfetta formazione di guerra, che occuparono la città. A Bari fu inviata addirittura una divisione di cacciatorpediniere della Marina Militare, che calò le ancore nella acque fronteggianti la rada. Un altro scontro molto forte si ebbe a Parma.

È risaputo che Bordiga non ha mai voluto concedere interviste. A nessuno.

Quanto riportato a Zavoli (che fece il "colpo" a poche settimane dalla morte di Amadeo) non è da mettere in discussione in relazione ai contenuti o alla lucidità del personaggio (in quanto la vitalità e la coerenza in certe affermazioni resta riconducibile a quanto ha sempre detto o scritto), ma rispetto all'uso che ne è poi stato fatto.

Chi può garantire sull'interezza del documento? Chi può dire che, anche in questo caso, i soliti studiosi di area togliattiana, al soldo della RAI, non hanno lavorato di forbice (come già accaduto con l'Archivio di Angelo Tasca presso la Fondazione Feltrinelli)? Prima che l'intervista fosse resa accessibile - in onda?

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