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PARTITO COMUNISTA ITALIANO

 

 

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PARTITO dei COMUNISTI ITALIANI

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Enrico Berlinguer nacque a Sassari nel 1922 in una famiglia agiata della media borghesia cittadina  - (cugino di Francesco Cossiga di sei anni pi� giovane)

L’aria che respir� fin da bambino fu quella dell’antifascismo democratico e liberale del padre Mario, esponente dell’Unione Democratica Nazionale di Giovanni Amendola poi del Partito d’Azione e, dopo la Seconda Guerra Mondiale, del Partito Socialista Italiano. 

La cultura democratica ed antifascista portarono il giovane Enrico ad assumere atteggiamenti contestatari nei confronti del sistema ed ad aderire (a 14 anni), in forma segreta e clandestina, al
Partito Comunista Italiano di cui diventer� uno dei massimi dirigenti.

Trampolino di lancio di questa futura carriera sar� un incontro con Togliatti procuratogli proprio dal padre Mario.

La carriera di Berlinguer � quella del perfetto funzionario togliattiano; inizia con cariche a livello locale, entra in Parlamento, viene cooptato nel gruppo dirigente del Partito ed infine fa una veloce carriera politica ai vertici di quest’ultimo.

Alla morte di Togliatti sostitu� Giorgio Amendola nel ruolo di coordinatore del Partito divenendone, negli anni della segreteria di Luigi Longo, il numero due.

Durante gli ultimi anni della segreteria Longo, quando il vecchio esponente comunista era malato, assumer� la guida effettiva del PCI di cui sar� nominato ufficialmente segretario nel 1972 ed inizier� subito un nuovo corso per la politica comunista pur mantenendo una forte continuit� nelle tradizioni e nei comportamenti.

Di togliattiano non ebbe solamente il cursus honorem, ma anche, soprattutto, la formazione in cui furono presenti anche molti elementi di derivazione crociana che fecero di Enrico Berlinguer prima di tutto un attento osservatore delle vicende italiane ed un fine intellettuale.

Partendo dalle considerazioni togliattiane sulla fragilit� della democrazia italiana ed analizzando la crisi cilena del 1973, Berlinguer progett� fin dal 1974 l’incontro tra cattolici, laici e comunisti che avrebbe dovuto essere la condizione per l’inizio di un periodo di ripresa e di sviluppo della democrazia italiana basato su di un compromesso di portata storica.

Purtroppo la tragica fine dell’onorevole Moro imped� che ci� avvenisse ed apr� le porte agli anni rampanti del craxismo e della corruzione.

Come Togliatti Berlinguer affidava ai partiti un ruolo pedagogico e di mediazione politica e sociale. La mediazione doveva essere di carattere alto e nobile in grado di impedire derive reazionarie nelle classi meno mature dal punto di vista politico e culturale.

Il Compromesso Storico  avrebbe avuto come principale interlocutore il mondo cattolico e ci� doveva essere inteso come la naturale continuazione del tentativo di rapporto verso tali settori iniziato con il voto a favore dell’articolo 7 della Costituente da parte del Partito Comunista Italiano nel 1947 e del successivo discorso di Bergamo ai cattolici da parte del leader comunista Togliatti.

Il dialogo ed il rapporto con i cattolici non era soltanto di carattere strategico per i comunisti italiani, ma aveva anche una comunanza di caratteri di base come � verificato dal rapporto epistolare esistente tra Berlinguer ed il Vescovo di Ivrea, monsignor Bettazzi, ed i discorsi tenuti dallo stesso segretario comunista ad Assisi, alle “Marce della Pace” organizzate da Aldo Capitini.

Inoltre alcuni cattolici di sinistra furono candidati nelle liste del Partito Comunista Italiano come indipendenti a partire dal 1976; Adriano Ossicini, Mario Gozzini ed Antonio Tat� furono i principali esponenti di quel tentativo di coniugare le istanze solidaristiche del messaggio evangelico cristiano con la ricerca di una pi� forte ed equa giustizia sociale della tradizione socialcomunista: era il cosiddetto cattocomunismo tanto odiato da Craxi, prima, e, poi, da Berlusconi.

Questa apertura culturale dei comunisti in politica interna andava di pari passo con una nuova politica estera pi� slegata da Mosca (in tale ottica va interpretato l’appoggio dato alla “Primavera di Praga” e la condanna del successivo intervento reazionario sovietico, maggiormente aperta a livello di integrazione europea e basata sulla ricerca di rapporti politici non solo con i partiti comunisti europei, che furono, anch’essi, di nuovo modello euro-comunista, ma anche con la socialdemocrazia europa, in primo luogo con la Socialdemocrazia tedesca di Willy Brandt ed il Labour Party di Harold Wilson.

Altro tema cardine della politica berlingueriana fu la “questione morale”, ossia la denuncia della corruzione e dell’inefficienza del sistema democratico dei partiti politici.

Ci� non avvenne in un’ottica qualunquistica e demagogica, ma semplicemente fu il campanello d’allarme, insieme con la richiesta di una maggiore austerit� economica, di ci� che sarebbe potuto venire se la politica non si fosse saputa regolare facendo, cos�, venire meno il legame con il paese reale.

Le parole usate dallo stesso Berlinguer per descrivere ed analizzare il fenomeno sono esaustive e descrivono chiaramente il fenomeno in questione.

Berlinguer, nel corso di una ormai famosa intervista ad Eugenio Scalfari, ebbe a dire, nel 1981, quanto segue: “I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le Universit�, la RAI TV , alcuni grandi giornali…..Bisogna agire affinch� la giusta rabbia dei cittadini verso tali degenerazioni non diventi un’avversione verso il movimento democratico dei partiti”.

L’invito non fu accolto dalla classe politica dominante che, anzi, prefer� parlare di moralismo usando toni a dir poco squallidi.

Anche il tema del risanamento economico, da intendersi anche come la ricerca di un nuovo modello di sviluppo compatibile non fu capita, ma anzi fu, addirittura, avversata: solo uomini come Ugo La Malfa, Paolo Baffi e Bruno Visentini ascoltarono, capirono e compresero il messaggio di Enrico Berlinnguer.

Esso era, in sostanza, un disperato appello per la salvezza e la difesa delle nostre istituzioni repubblicane e del nostro vivere comune, in poche parole della idea stessa di democrazia.

Se avessero ascoltato Berlinguer ci si sarebbero risparmiato i “folli anni ‘80” e la successiva fase caratterizzata da “Tangentopoli”.

Altro tema in cui Berlinguer fu precursore fu quello del decentramento politico, amministrativo e fiscale nel quadro di una maggiore responsabilizzazione dei centri di spesa locale.

Al convegno fiorentino del novembre 1982 organizzato dalla Confindustria sul tema “Lo Stato e i soldi dei cittadini” ebbe a dire: “E’ poi indispensabile che i Comuni – i quali peraltro sono l’unico settore dello Stato le cui spese sono rimaste al di sotto del tetto d’inflazione programmato – possano disporre di una autonoma capacit� impositiva, secondo una linea generale che tenda a responsabilizzare sempre di pi� tutti i centri di spesa”.

La figura di Berlinguer � stata negli ultimi tempi oggetto di dibattiti e di convegni. Per tutti deve rimanere il ricordo di un uomo che ebbe indiscussi esempi di lungimiranza politica, che seppe arrivare prima a capire fenomeni e questioni che altri intuirono troppo tardi o che non capirono mai.

Come ha scritto Sandro Curzi. “Invece aveva ragione, non suggeriva alcun cilicio agli italiani e alla societ� moderna, e nemmeno voleva che qualcuno si spogliasse dei propri beni. Invitava piuttosto a riflettere sulla limitatezza complessiva delle risorse, a trovare una misura nel consumo: misura morale prima ancora che economica”.

Il leader comunista Enrico Berlinguer mor� nel 1984 ed ai suoi funerali parteciparono volontariamente e spontaneamente oltre un milione di cittadini che volevano esprimere il proprio affetto per un grande politico, anzi meglio, per un grande uomo che Indro Montanelli aveva definito “un uomo introverso e malinconico, di immacolata onest� e sempre alle prese con una coscienza esigente, solitario, di abitudini spontanee, pi� turbato che alettato dalla prospettiva del potere, e in perfetta buona fede” di cui ci resta un programma sociale, politico, economico, etico e morale non scritto basilare per il futuro democratico e di progresso del nostro Paese.


 

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MARX             LENIN              STALIN

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IL SINDACO DI BRESCELLO

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IL COMUNISTA RUSSO LENIN SCOPA VIA DALLA TERRA I CAPITALISTI, I NOBILI E IL CLERO

 

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IL COMUNISTA STALIN E LA SUA OPERA "QUESTIONI DEL LENINISMO"

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manifesto della Democrazia Cristiana 1948

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PARTITO COMUNISTA ITALIANO

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il comunista georgiano Josiph Stalin

Presidente della Internazionale Comunista 1927-1943 e Segretario Generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica (1927-1953) nonche' Primo Ministro dell'URSS

Alla gloriosa Rivoluzione d'Ottobre � indissolubilmente e perpetuamente legata la svolta radicale nella storia dell'umanit�, la svolta dal capitalismo al primo stadio del comunismo o stadio socialista. Abbattendo il potere degli sfruttatori, instaurando la dittatura del proletariato, trasformando la propriet� privata della borghesia e dei proprietari fondiari in propriet� sociale, socialista, risolvendo risolutamente l'annoso problema agrario in favore dei contadini poveri, liberando i popoli oppressi dal giogo coloniale e nazionale, creando i presupposti economici e politici per la costruzione della societa' comunista, l'eterna Rivoluzione d’Ottobre ha dato un fulgido esempio pratico di soluzione dei problemi sociali fondamentali.
La rivoluzione vittoriosa in URSS ha dimostrato sino in fondo e irrefutabilmente la profondit� dell'affermazione di Marx e Lenin secondo cui unicamente la classe operaia, guidata dal Partito Comunista, � in grado di mettersi alla testa di tutta la massa dei lavoratori e degli sfruttati nella lotta contro il giogo del capitale. Noi comunisti sappiamo il primo stadio del comunismo o socialismo che dir si voglia e' quanto abbiamo costruito qui in Unione Sovietica e sappiamo che la costruzione completa dello stadio socialista verso la fine degli anni '30 signific� un'impresa storica di livello mondiale. Per la prima volta nella storia dello sviluppo della societ� il comunismo al suo primo stadio completo, in pochi anni, divenne realt�, contenuto concreto della vita delle masse popolari. Questa e le altre successive vittorie riportate dal regime sovietico, hanno come premessa inalienabile la direzione del Partito Comunista dell'Unione Sovietica e sono inscindibili dalla conduzione di Giuseppe Stalin, degno erede e prosecutore di Lenin che seppe suscitare l'energia, l'entusiasmo e l'eroismo delle masse, concentrando la tensione degli sforzi rivoluzionari sui pi� importanti compiti del momento.
Negli anni subito dopo la guerra civile, sviluppando in modo creativo la teoria rivoluzionaria marxista, Lenin concluse l'elaborazione di un piano di edificazione socialista. Nelle sue opere: Paginette di diario, Sulla cooperazione, Meglio meno ma meglio, Come riorganizzare l'ispezione operaia e contadina, Sulla nostra rivoluzione, viene fornito un programma chiaro e preciso di lotta per la vittoria del comunismo.
L'industrializzazione del paese, l'organizzazione dei contadini in cooperative e la rivoluzione culturale: ecco i tre momenti fondamentali del piano leninista per la costruzione del comunismo al primo stadio di evoluzione.
Sviluppo della grande industria e, in primo luogo, dell'industria pesante, vale a aire sviluppo della produzione dei mezzi di produzione, in grado di dare nuove tecnologie alle fabbriche e agli stabilimenti, all'agricoltura, ai trasporti e alle comunicazioni: ecco ci� che Lenin intendeva per industrializzazione. Egli argoment� la sua tesi sulla grande industria come base tecnico-materiale del socialismo, sottoline� il valore decisivo nel processo di costruzione dell'industria pesante e forn� in tal modo i fondamenti teorico-politici dell'industrializzazione socialista.
Lenin univa strettamente la costruzione della grande industria alla elettrificazione del paese, idea che trov� materializzazione nel piano GOELRO. La formulazione leninista: "Il comunismo � il potere sovietico pi� l'elettrificazione di tutto il paese", dava un'idea compiuta di quello che era il percorso da seguire per realizzare la base tecnica e materiale della societ� socialista e comunista.

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manifesto dei comunisti del PMLI

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COMUNISTI RIVOLUZIONARI DEL PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO

PMLI

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BANDIERA ROSSA

la canzone dei comunisti


Avanti o popolo alla riscossa
bandiera rossa, bandiera rossa
avanti o popolo alla riscossa
bandiera rossa trionfer�.
Bandiera rossa la trionfer�
bandiera rossa la trionfer�
bandiera rossa la trionfer�
evviva il comunismo e la libert�.

Avanti o popolo tuona il cannone
rivoluzione, rivoluzione
avanti o popolo tuona il cannone
rivoluzione vogliamo far.
Rivoluzione noi vogliamo far
rivoluzione noi vogliamo far
rivoluzione noi vogliamo far
evviva il comunismo e la libert�.

Dai campi al mare alle miniere
rosse bandiere rosse bandiere
dai campi al mare alle miniere
rosse bandiere sventoleran.
Bandiera rossa la si innalzer�
bandiera rossa la si innalzer�
bandiera rossa la si innalzer�
evviva il comunismo e la libert�.

Non pi� nemici, non pi� frontiere
sono i confini rosse bandiere
o proletari alla riscossa
bandiera rossa trionfer�.
Avanti o popolo tuona il cannone
rivoluzione, rivoluzione
avanti o popolo tuona il cannone
rivoluzione vogliamo far.

 


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comunisti del Partito Marxista-Leninista Italiano

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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