comunicato
del Comitato centrale del
PARTITO
COMUNISTA ITALIANO
per la morte
di Stalin
(1953)
Ai lavoratori italiani
Concittadini, compagni!
Una grave, irreparabile sciagura ci
ha colpiti tutti.
� morto Giuseppe Stalin, l'uomo al quale milioni di operai, di contadini, di
intellettuali italiani guardavano con fiducia e affetto, come al loro capo e alla loro
speranza. per quella societ� comunista nella quale ogni uomo, finalmente libero, sar�
padrone di dare a seconda delle proprie capacita e di ricevere a seconda dei propri
bisogni.
Stalin � l'uomo che pi� di tutti ha lavorato e combattuto per spezzare le catene dello
sfruttamento e della oppressione. A questa causa ha dedicato tutta la sua eroica
esistenza.
Con Lenin, Egli fu l'artefice della pi� grande rivoluzione che la storia ricordi; quella
rivoluzione che per la prima volta ha spezzato le catene dello sfruttamento dell'uomo da
parte di altri uomini, ha indicato a tutti i popoli la strada per diventare arbitri del
proprio destino, ha sancito il diritto della persona umana a liberarsi di tutte le
schiavit�.
Stalin - geniale continuatore di Lenin - ha vittoriosamente realizzato le speranze degli
oppressi, dei figli del bisogno, del lavoro e della lotta, ha costruito in modo
incrollabile il primo Stato comunista, ha gettato le basi per quella societ� comunista
nella quale ogni uomo, finalmente libero, sar� padrone di dare a seconda delle proprie
capacit� e di ricevere a seconda dei propri bisogni.
Quando una nuova era di dispotismo e di barbarie sembrava dovesse abbattersi per sempre
sul mondo intero cancellando nel sangue tutte le secolari conquiste della civilt� umana,
Stalin innalz� la bandiera rossa del comunismo, la bandiera della lotta contro i
fascisti e nazisti, che indic� come il nemico comune, che doveva essere abbattuto per
salvare la libert� e l'indipendenza dei popoli.
Attorno a Stalin, attorno alla forza invincibile dell'Unione Sovietica e dei suoi
eserciti, si strinsero i popoli liberi del mondo intero, serrarono le file tutte le forze
decise a respingere il mostro nella sua tana.
Stalingrado, la citt� che porta il Suo nome e che gi� una volta aveva visto ripiegare in
fuga i nemici della libert� e del progresso, fu la tomba delle truppe di Hitler. Essa
segn� l'inizio, anche per noi, della liberazione.
Animati dal sorriso amico e fraterno di Giuseppe Stalin, milioni e milioni di uomini,
soldati sui fronti, nei mari, nei cieli, partigiani sulle montagne, patrioti nelle galere,
deportati nei campi di sterminio, ritrovarono la certezza della vittoria, la forza per il
sacrificio supremo in nome della pace e della civilt�.
Italiani!
La sconfitta dei fascisti segn� l'inizio del nostro riscatto nazionale. L'amicizia
di Stalin e dei popoli dell'Unione Sovietica e degli altri paesi del campo
comunista per il nostro popolo, per la nazione italiana, � di antica data e mai �
venuta meno.
Anche quando, costretti dalla follia dei capi fascisti, soldati italiani ebbero il tragico
destino di aggredire l'indipendenza e la pace dei popoli sovietici, venne da Stalin la
saggia e ammonitrice distinzione tra le colpe criminali dei dirigenti e le responsabilit�
dei popoli.
Nel momento in cui, dopo il crollo dell'8 settembre 1943, sembrava profilarsi davanti al
nostro Paese un avvenire di servit� e di smembramento nazionale, fu Stalin, primo e solo
nel mondo, a mantener fede alle promesse, a riconoscere l'esistenza di un governo
nazionale italiano e il diritto dell'Italia a non essere considerata come un popolo vinto.
Quando tra le macerie, i lutti, le rappresaglie indiscriminate dei nazifascisti, il nostro
popolo seppe accendere la fiamma della resistenza e dell'unit� nazionale, venne da Stalin
il primo atto concreto di amicizia, la prima offerta di una reciproca fiducia.
Nessun italiano onesto pu� aver dimenticato questi fatti decisivi. Per questo noi
denunciamo a tutti i buoni cittadini la condotta indegna del Presidente del Consiglio
democristiano, De Gasperi. Nemmeno davanti alla solennit� della morte e al cordoglio
espresso unanime in tutto il mondo da tutti, quest'uomo ha saputo far tacere l'odio, il
livore dell'animo suo di reazionario, di nemico della fraternit� e della pace fra i
popoli.
Lavoratori!
La caduta del regime fascista, che noi dobbiamo prima di tutto all'unit� nella
lotta, proposta e voluta da Stalin, ha dato ai popoli la speranza di una nuova era fondata
sulla convivenza pacifica delle nazioni, sulla libert�, sull'indipendenza, sulla pace.
Stalin � il simbolo di questa speranza. A Lui l'umanit� deve l'affermazione della
possibilit� di pacifica coesistenza fra sistemi politici ed economici diversi e quindi la
concreta prospettiva della pace. A Lui l'umanit� deve gli atti continui e concreti di una
politica saggia e lungimirante, che smaschera i provocatori di guerra e chiama tutti gli
uomini di buona volont� a prender nelle loro mani. e far trionfare la causa della pace. A
Lui l'umanit� deve la certezza che la causa della pace � e sar� difesa fino all'ultimo
dallo Stato comunista che egli ha portato al pi� alto grado di potenza.
Nello sviluppo delle scienze, delle lettere e delle arti, il pensiero di Stalin, ispirato
alla grande, immortale dottrina marxista e leninista, ha lasciato una traccia che i secoli
non potranno cancellare. L'insegnamento di Stalin dischiude al pensiero umano la strada
della conquista del comunismo, del benessere e del progresso. I suoi scritti sono
diventati da anni testo fondamentale dell'educazione di tutti gli operai, di tutti i
lavoratori coscienti, di tutti gli intellettuali che pongono il loro ingegno al servizio
del progresso e della civilt�.
Italiani!
Stalin e morto ma la Sua opera e il Suo esempio vivono immortali. Egli ci lascia uno
strumento invincibile - il Partito comunista - per portare avanti la bandiera della
libert�, dell'indipendenza, della pace e del comunismo che gi� sventola vittoriosa
su una terza parte del mondo. Stringetevi attorno a questo partito, rafforzatelo,
difendetelo, fatelo diventare il partito di tutti i buoni combattenti per
il comunismo e per la pace.
A Giuseppe Stalin, al grande partito che Egli ha diretto con mano sicura, ai popoli
dell'U.R.S.S. che sotto la Sua guida hanno dato la scalata al cielo, edificando la prima
societ� di uomini veramente liberi, vada, in queste ore tristi e solenni, il pensiero
riconoscente di tutti gli italiani onesti, al di sopra di ogni differenza di fede e di
pensiero.
I comunisti italiani si raccolgano, nel nome di Stalin, attorno al loro Partito, al loro
Comitato centrale e al compagno Palmiro Togliatti, l'uomo che, alla scuola di Stalin, pi�
ha fatto per la liberazione nazionale e sociale del nostro Paese. Essi chiamano tutti gli
italiani a stringersi sempre pi� numerosi intorno alla loro bandiera, simbolo degli
ideali pi� alti dell'umanit�, ai quali Stalin ha consacrato tutta la sua prodigiosa
leggendaria esistenza.
Gloria eterna a Giuseppe Stalin!
Viva il Partito comunista dell'Unione
Sovietica!
Viva il Partito comunista italiano!
Viva l'indistruttibile amicizia tra
il popolo italiano e i popoli dell'Unione Sovietica!
Comitato Centrale del
Partito comunista italiano
Roma, 7 marzo 1953
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Stalin e la costruzione del
primo stadio del comunismo
A misura in cui - attraverso
gigantesche realizzazioni - si dimostrava giusta la politica dei piani quinquennali la
politica della costruzione del primo stadio del comunismo ovvero del sistema socialista,
Stalin sviluppo un'infaticabile attivit� per consolidare le forze del partito e per
renderlo ancora pi� compatto dal punto di vista ideologico e politico, e pronto e deciso
nel reagire ai tentativi criminali dei residui dei Kulak (i contadini ricchi), privati per
sempre della possibilit� di sfruttare il lavoro altrui, e dei gruppi opportunistici,
messisi di fatto al servizio del nemico del comunismo: il capitalismo internazionale.
Anche in questo campo Stalin vinse.
Il glorioso partito comunista
sovietico divenne il compatto e granitico reparto di assalto del popolo sovietico nella
grande opera di costruzione della nuova societ�. La staliniana politica di
industrializzazione e di collettivizzazione non determin� soltanto un profondo
cambiamento qualitativo e quantitativo delle basi economiche dello Stato socialista, ma
determin� anche un profondo graduale mutamento della coscienza dei lavoratori nei
rapporti fra di loro e nei rapporti fra essi e la produzione: sorsero prima i lavoratori
udarnici e poi gli stakanovisti. Essi furono e sono la dimostrazione vivente della verit�
marxista, secondo la quale le condizioni di vita degli uomini determinano la loro
coscienza. Essi dimostrarono che l'uomo, libero dallo sfruttamento, aumenta il suo
attaccamento al lavoro, sente un nuovo slancio creatore, concepisce il lavoro come un
compito d'onore e, quindi, nella produzione aumenta costantemente il rendimento della sua
attivit�.
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La Costituzione Staliniana
Lo Stato Sovietico creando - sotto la guida
di Stalin - nuove basi economiche e nuovi rapporti economico sociali, cre� anche le
premesse per un ulteriore sviluppo della democrazia socialista. Le premesse di tale
sviluppo e le conquiste di essa sono state fissate e garantite dalla Costituzione
Staliniana del 1936. La Costituzione venne elaborata e approvata nel periodo in cui in
tutto il mondo si accentuavano e accumulavano i contrasti in seno al mondo capitalista
quando le forze pi� aggressive dell'imperialismo mondiale - il nazismo tedesco, il
fascismo italiano e l'imperialismo giapponese - aggredivano il popolo e la democrazia
spagnola e sviluppavano l'aggressione contro il popolo cinese. Nella Costituzione
Staliniana non sono solo registrate le conquiste assicurate dal comunismo ai popoli dell'
U.R.S.S., ma sono contenute le garanzie di una ferma e duratura politica di pace. A questa
politica Stalin rimase sempre fedele; a questa politica educ� tutto il popolo sovietico,
il quale lott� - anche a costo di gravi sacrifici - per rendere prospero e felice il suo
paese, dedicandosi contemporaneamente, a garantirsi dalle sorprese consolidando e
migliorando continuamente le gloriose forze armate che, in passato, sotto la guida di
Stalin, avevano liquidato tutti i tentativi fatti dalle potenze imperialiste per
distruggere il paese del comunismo.
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Stalin e l'Internazionale Comunista
Stalin non dedic� soltanto le sue energie
alla edificazione dello Stato Socialista, ma segu� costantemente l'attivit� e la
politica dell'Internazionale Comunista partecipando - per parecchi anni - in modo diretto
alla trattazione di problemi concernenti l'attivit� delle principali sezioni
dell'Internazionale comunista. Egli diede un valido contributo alla elaborazione della
politica del Partito comunista cinese, alla lotta contro l'opportunismo nelle file del
Partito Comunista italiano, alla denuncia degli errori del Partito comunista tedesco e
alla correzione di essi, alla lotta contro tutte le manifestazioni opportunistiche di
destra o di sinistra nelle file del movimento Comunista internazionale. Fu sotto la guida
di Stalin e con la collaborazione diretta di Dimitrov, Togliatti e Thorez che nel 1935 -
al VII Congresso - l' Internazionale Comunista elabor� ed approv� la politica del fronte
popolare che - applicata seriamente - permise di unificare le forze antimperialiste cinesi
che combattevano contro l'aggressione imperialista giapponese e di realizzare un fronte
antifascista di tutte le forze democratiche spagnole ed addestr� , in seguito, i partiti
comunisti ad una pi� larga politica di unit� nazionale. Gi� nel marzo del 1926 Stalin
aveva posto un problema che dopo il VII Congresso e durante gli anni della guerra fu
concretamente risolto dai partiti comunisti. Egli disse allora: " Noi, compagni
russi, abbiamo approvato di recente al XIV Congresso del Partito, la nota decisione di
dare alle sezioni la possibilit� di dirigere la loro attivit� con maggiore autonomia.
Noi intendiamo questa decisione nel senso che, nella misura del possibile, si deve evitare
l'ingerenza diretta del Comitato esecutivo dell'Internazionale Comunista negli affari
interni delle sezioni". L'Internazionale Comunista diede un largo impulso alla
educazione delle masse operaie di avanguardia in tutti i paesi nello spirito
internazionalista. Ci� ha indubbiamente contributo a creare le condizioni favorevoli per
la creazione di quel potente movimento mondiale dei partigiani della pace che ha unito le
forze progressive che lottarono contro i pericoli di guerra in difesa della pace.
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Stalin e la dottrina del Partito Comunista
Lottare per la pace, difendere strenuamente
la pace come supremo bene dell'uomo e della patria: � questo il costante insegnamento che
scaturisce da tutta l'attivit� di Stalin negli anni che precedettero il secondo grande
conflitto mondiale e negli anni che lo seguirono. Trovandosi a capo del partito che,
dirigeva il potere nell'URSS, Stalin non dedica solo i suoi sforzi alla edificazione di
nuove basi economiche dello Stato sovietico, ma dedica una grande attenzione anche ai
problemi ideologici e teorici nella dottrina marxista applicata alle nuove condizioni
create dalla vittoria della Rivoluzione proletaria e dalle crescenti realizzazioni del
comunismo. In un opera di importanza mondiale - " Storia del partito comunista
(bolscevico) dell'URSS - egli condensa la ricca esperienza storica del partito comunista
bolscevico approfondendo non solo la critica leninista contro l'opportunismo di destra e
di sinistra, ma sviluppando anche gli insegnamenti di Lenin sulla possibilit� della
costruzione del socialismo in un solo paese, sullo svliluppo della crisi generale del
capitalismo e sui pericoli che essa comporta per la pace del mondo, sul contenuto e sulle
caratteristiche del materialismo storico e del materialismo dialettico. L'analisi di tutte
caratteristiche rimane per tutto il movimento operaio e democratico mondiale la pi�
luminosa dimostrazione della potenza creatrice delle masse lavoratrici, della
ineluttabilit� della loro vittoria, della invincibilit� del loro divenire e della loro
lotta, della inevitabilit� della scomparsa definitiva del vecchio sistema capitalista,
basato sullo sfruttamento delle masse lavoratrici e costituisce la premessa indispensabile
per comprendere l'ultima opera di Stalin - " I problemi economici del comunismo
nell'URSS " soprattutto per la parte che riguarda l'aggravamento della crisi generale
del capitalismo, per quella concernente la inevitabilit� delle guerre fra paesi
capitalisti e quella che concerne le condizioni indispensabili per il passaggio graduale
al comunismo.
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Stalin e la Politica di Pace
La politica estera staliniana prima del
secondo grande conflitto mondiale ha perseguito lo scopo fondamentale di creare un sistema
di difesa collettiva che impedisse al nazismo e al fascismo di scatenare il grande
conflitto. Stalin ripetutamente denunci� i piani aggressivi nazi-fascisti e quelli
dell'imperialismo giapponese, mettendo in guardia tutti i popoli del mondo sui pericoli
che li minacciavano. La complicit� diretta e indiretta degli imperialisti americani,
inglesi e francesi, con i criminali nazi-fascisti fece fallire sistematicamente tutti gli
sforzi dell'Unione sovietica e rese possibile lo scatenamento del conflitto in Europa, e,
poi, in Asia. La saggia politica staliniana riusc� a ritardare alquanto l'aggressione
nazista contro l'URSS e rese pi� netto lo smascheramento dei veri piani di dominazione
totale del nazismo in Europa e dell'imperialismo giapponese in Asia. Contemporaneamente
permise al popolo sovietico di accumulare forze e mezzi sufficienti per contenere, in un
primo tempo, l'aggressione tedesca e per liquidarla, in seguito, nelle basi stesse dove
era stata ordita.
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Stalin nella Seconda Guerra Mondiale
Negli anni della seconda guerra mondiale,
quando l'URSS dovette condurre la lotta per difendersi, Stalin, oltrech� essere il
segretario generale del partito Comunista, fu: Presidente del Consiglio dei ministri
dell'URSS, Presidente del Comitato statale di difesa, Ministro della difesa e comandante
supremo delle forze armate sovietiche. Fu il cervello e il cuore della gigantesca lotta
dalla quale dipendevano - insieme alle sorti del primo stato comunista del mondo e
all'avvenire dei popoli dell'URSS - le sorti della democrazia mondiale, le sorti future
dell'umanit� e, prima di tutto, le sorti di tutti i lavoratori del mondo. Sotto la guida
di stalin il popolo sovietico, con epico eroismo, difese la sua patria, difese il
comunismo, difese il suo avvenire e contemporaneamente, cre�, per altri popoli la
possibilit� di liquidare in casa propria il dominio del grande capitale, il sistema dello
sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo. La supremazia della strategia militare
staliniana durante gli anni della guerra fu riconosciuta da tutti, persino dai pi�
accaniti nemici del comunismo. Anche durante la guerra - quando le necessit� belliche
costringono a concentrare l'attenzione prima di tutto, sugli obiettivi e gli scopi
militari immediati e lontani - Stalin non manc� mai di fare una netta distinzione fra
governanti nazifascisti e popoli. Prima di debellare la Germania nazista e quando le orde
di Hitler dominavano ancora sulla parte occidentale del territorio sovietico, Stalin fece
una distinzione fra la banda di criminali hitleriani e il popolo tedesco. Fu quello un
chiaro e preciso indirizzo per la politica estera sovietica nei confronti della Germania
del dopoguerra. A quella direttiva l' U.R.S.S. si dimostr� fedele distruggendo gli
elementi nazisti o ponendoli nella impossibilit� di nuocere e liberando il popolo tedesco
dallo sfruttamento dei grandi industriali tedeschi e degli agrari prussiani. Gli anglo -
americani, invece seguirono la politica opposta, quella stessa politica con la quale
aiutarono Hitler: favorirono generali e industriali nazisti che sfruttavano il popolo
tedesco e miravano a farne una massa di scherani al servizio dell'imperialismo americano.
Grazie all'indirizzo dato da Stalin alla politica estera sovietica, L'U.R.S.S. fu il primo
paese che riconobbe il governo italiano formatosi dopo la caduta del regime fascista e fu
il primo paese che sostenne la necessit� di riconoscere l'Italia come cobelligerante per
evitarle in seguito la sorte che sarebbe stata riservata alla Germania.
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Stalin nel Secondo Dopoguerra
Il lungimirante inteletto di Stalin si era
rivelato durante la guerra, anche per questioni che in altri paesi non sono state risolte
ancor oggi a oltre mezzosecolo dalla fine del conflitto. Di mano in mano che i tedeschi
venivano respinti dal territorio dell'U.R.S.S., il potere sovietico provvedeva a
ricostruire le zone devastate: le officine, le miniere, i colcos, le scuole, le case, gli
ospedali! Ecco perch� il piano di ricostruzione post-bellico � stato compiuto con
anticipo assicurando cos� al popolo sovietico un ritmo di sviluppo economico pi� rapido
dell'anteguerra. E il grande amore di Stalin per il suo popolo, si manifestava ancora nel
grande patriottismo comunista al quale furono educate le generazioni sovietiche. Eroismo e
abnegazione in guerra e pace, fedelt� alla Patria Comunista, solidariet� nazionale
fattiva fra tutti i cittadini; queste doti fecero la forza del popolo sovietico. Ecco
dunque cosa insegn� Stalin - con il suo luminoso esempio personale - a tutti i popoli
della Unione Sovietica!
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Stalin Difensore della Pace
Nel dopoguerra Stalin ripetutamente dichiar�
e dimostr� la volont� di pace dell'Unione Sovietica e mantenne nella politica estera
dell'Unione l'indirizzo pacifico che la contradistinse fin dall'ottobre 1917. Il governo
sovietico, con Stalin non ha mai compiuto nessun atto - oltre i confini dell'URSS - che
non fosse stato concordato e accettato alle conferenze di Yalta e di Potsdam. Nessun atto
aggressivo l'U.R.S.S., con Stalin alla guida del paese, ha compiuto in nessuna parte del
mondo, nessuna base militare propria ha creato l'Unione Sovietica in altri paesi, non
conteplati dai trattati di pace o dagli accordi internazionali conclusi fra gli alleati in
tempo di guerra. Al contrario: disinteressatamente e senza nessun " diktat "
l'U.R.S.S. aiutava costantemente i paesi amici a sviluppare la loro economia; a
riorganizzare la loro esistenza, a far fronte alla dura eredit� della guerra. La immensa
Cina risorta a nuova vita per l'eroismo del suo popolo, guidato da Mao Tse Tung, ebbe
dall'Unione Sovietica un fraterno aiuto in ogni campo: economico, sociale, culturale e
scientifico. Fra la prima e seconda guerra mondiale nel dopoguerra gli insegnamenti di
Stalin nel " Marxismo e la questione nazionale " furono tradotti in pratica
nella condotta della politica estera sovietica verso altri popoli ed altri paesi pi�
arretrati e bisognosi di aiuto, ma giustamente gelosi della loro sovranit� e indipendenza
nazionale. Grazie a questa politica antichi territori che lo zarismo considerava
semplicemente come province dell'impero, sono rientrati nella grande famiglia unita
attorno al popolo russo come Repubbliche federate, con una economia propria e una vita
sociale e culturale corrispondente alle loro tradizioni storiche. Tali erano le tre
repubbliche Baltiche la Repubblica Carelo- finnica e la Repubblica Moldava. Mentre nel
campo imperialista aumentarono al contrario, di anno in anno, gli stanziamenti militari,
superando quelli dedicati all'istruzione pubblica, all'assistenza sanitaria e alle
assicurazioni sociali, nella Unione Sovietica, con Stalin, le spese militari furono di
molto inferiori alle spese per l'istruzione e la assistenza sociale e costituirono una
frazione del bilancio minore di prima della guerra. La politica Staliniana, diretta ad
assicurare il continuo sviluppo dell'economia nazionale per garantire un aumento continuo
del benessere popolare, si materializz� nei risultati del IV piano quinquennale, nelle
direttive del V piano quinquennale, nella vittoria conseguita dall' U.R.S.S. sul nazismo,
nelle direttive per il passaggio al Comunismo, questi sono, in sintesi, i risultati
dell'immortale opera e dell'immensa attivit� svolta in tutta la sua vita dal Compagno
Stalin, che per 32 anni consecutivi diresse il glorioso Partito Bolscevico e per 12 anni
il governo sovietico. Costruttore dello Stato e delle forze armate, organizzatore audace e
pronto, costruttore della prima economia socialista del mondo, condottiero militare,
geniale e vittorioso, teorico ricco e profondo di pensiero, animatore instancabile e
lavoratore indefesso, patriota, amico e maestro dei lavoratori di tutto il mondo, Stalin
cadd� al suo posto di lavoro, lasciando in eredit� alle generazioni future l'ultima sua
geniale opera che - arricchendo il marxismo-leninismo - illumina ancor oggi, nonostante il
complotto internazionale ordito dall'imperialismo americano e con la complicit� del
Vaticano, e dei i revisionisti kruscioviani che ha gettato alle ortiche la sua opera, ai
lavoratori di tutto il mondo, ma specialmente ai popoli della Russia qual'� la strada da
percorrere per riscattare le conquiste del Comunismo!
Stalin si spense dopo aver acceso per
l'umanit� intera un faro che niente e nessuno riuscir� mai a spegnere! Questo � stato
l'Uomo. Questo � stato il Capo! Nelle sue opere di edificazione industriale che egli ha
lasciato, e ancor oggi vive, nelle sue opere scritte, troviamo l'insegnamento per
costruire nel mondo una nuova vita per gli uomini e l'indicazione a lottare con fiducia e
coraggio per il trionfo di quella nuova vita.
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La guerra e la rivoluzione
Vladimir Lenin
1917
Conferenza tenuta da Lenin a Pietrogrado il 15 maggio 1917
Negli ultimi
tempi la questione della guerra e della rivoluzione � stata dibattuta cos� spesso nella
stampa e nelle assemblee popolari che per molti di voi i vari aspetti della questione sono
divenuti non solo familiari ma anche un po' noiosi. Non avendo ancora avuto la
possibilit� di prendere la parola o di assistere alle riunioni di partito e alle
assemblee di popolo che si sono tenute in questo rione, rischio forse di cadere in qualche
ripetizione o di non soffermarmi abbastanza a lungo sugli aspetti del problema che
v'interessano in modo particolare.
A mio giudizio, la cosa
essenziale, che viene di solito trascurata nella questione della guerra e a cui non si
riserva la dovuta attenzione, la cosa fondamentale, su cui si discute tanto, e spesso,
direi, in modo sterile, vuoto e improduttivo, riguarda il carattere di classe della
guerra, le ragioni per cui essa � scoppiata, le classi che la conducono, le condizioni
storiche e storiche-economiche che l'hanno provocata. Nella misura in cui, nei comizi e
nelle riunioni di partito, sono riuscito a esaminare il modo come viene posta da noi la
questione della guerra, sono giunto alla conclusione che la maggior parte dei malintesi
nasce, su questo terreno, dal fatto che noi, analizzando la questione della guerra,
parliamo spesso lingue radicalmente diverse.
Dal punto di vista del
marxismo, cio� del comunismo scientifico moderno, la questione fondamentale, per dei
comunisti che discutano sulla valutazione da dare a proposito di una guerra e
sull'atteggiamento da assumere nei suoi confronti, consiste nell'individuare gli obiettivi
per cui questa guerra viene condotta e le classi che l'hanno preparata e diretta.
Noi comunisti non siamo avversari incondizionati di ogni guerra.
Noi diciamo: il nostro scopo
� l'instaurazione di un assetto sociale comunista che, sopprimendo la divisione
dell'umanit� in classi ed eliminando ogni sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo e di
ogni nazione da parte di altre nazioni, sopprimer� immancabilmente ogni possibilit� di
guerra in generale.
Ma nella lotta per il regime
comunista ci troveremo di necessit� in condizioni in cui la lotta di classe all'interno
di ogni singola nazione dovr� fare i conti con una guerra tra diverse nazioni generata
dalla stessa lotta di classe; pertanto noi non possiamo negare l'eventualit� di guerre
rivoluzionarie, cio� di guerre derivanti dalla lotta di classe, combattute dalle classi
rivoluzionarie e aventi una portata rivoluzionaria immediata.
Non possiamo negare questa
eventualit� anche perch�, nella storia delle rivoluzioni europee dell'ultimo secolo, nel
corso degli ultimi 125-135 anni, accanto a guerre per la maggior parte reazionarie, si
sono prodotte alcune guerre rivoluzionarie, come, ad esempio, la guerra delle masse
popolari rivoluzionarie di Francia contro la coalizione dell'Europa monarchica,
retrograda, feudale e semifeudale. Oggi non c'� in Europa occidentale, ma negli ultimi
tempi anche da noi, in Russia, una menzogna pi� diffusa di quella consistente nel
richiamo all'esempio delle guerre rivoluzionarie. Vi sono guerre e guerre. Bisogna
determinare le condizioni storiche da cui una guerra deriva, quali classi la conducano e
quale scopo queste classi perseguano. In caso contrario, tutte le nostre considerazioni
sulla guerra saranno frasi vuote, dibattiti sterili e puramente verbali. Ecco perch�, dal
momento che mi avete chiesto di parlare sui rapporti tra la guerra e la rivoluzione, mi
permetter� di soffermarmi pi� a lungo su questo aspetto del problema.
� a tutti noto il detto di
Clausewitz, uno degli autori pi� illustri che si siano dedicati alla filosofia della
guerra e alla storia militare: "La guerra � la continuazione della politica con
altri mezzi". Questa massima appartiene a un autore che ha analizzato la storia delle
guerre e ne ha tratto i dovuti insegnamenti filosofici subito dopo l'epoca delle guerre
napoleoniche. Quest'autore, le cui idee essenziali sono divenute oggi patrimonio
incontestabile di ogni uomo pensante, si batteva, ottanta anni or sono, contro l'ignaro
pregiudizio filisteo secondo cui una guerra pu� essere avulsa dalla politica dei governi
e delle classi che la conducono, o pu� essere considerata una semplice aggressione che
violi la pace e a cui segua la restaurazione della pace violata! Prima se le suonano e poi
si riconciliano! Si tratta di una concezione grossolana e insipiente, confutata ormai da
decine di anni e smentita da ogni analisi in qualche modo attenta delle guerre di
qualsiasi epoca storica.
La guerra � la
continuazione della politica con altri mezzi. Ogni guerra � indissolubilmente connessa
con il regime politico da cui deriva. � la stessa politica che una data potenza e una
data classe in questa potenza ha condotto assai prima della guerra, � la stessa politica
che questa classe prosegue durante la guerra, cambiando soltanto la forma della propria
azione.
La guerra � la continuazione della
politica con altri mezzi. Quando, alla fine del secolo XVIII, i cittadini e i contadini
rivoluzionari di Francia, dopo aver rovesciato la monarchia con mezzi rivoluzionari,
instaurarono la repubblica democratica, e, dopo aver fatto giustizia del loro monarca,
fecero giustizia con mezzi rivoluzionari anche dei loro grandi proprietari fondiari,
questa politica di una classe rivoluzionaria non poteva non sconvolgere dalle fondamenta
la restante Europa, assolutista, monarchica, zarista, semifeudale. La continuazione
inevitabile di questa politica della classe rivoluzionaria che aveva trionfato in Francia
furono le guerre in cui, contro la Francia rivoluzionaria, si levarono tutti gli Stati
monarchici d'Europa, che costituirono la loro famosa coalizione e sferrarono una guerra
controrivoluzionaria. Il popolo rivoluzionario di Francia, che allora per la prima volta
dopo secoli dispieg� al massimo la sua energia rivoluzionaria, nel corso della guerra
della fine del secolo XVIII diede prova di un eccezionale slancio rivoluzionario,
rinnovando tutto il sistema della strategia, rompendo con tutte le vecchie leggi e
consuetudini della guerra e sostituendo al vecchio esercito un nuovo esercito,
rivoluzionario, popolare, e un nuovo modo di condurre la guerra. Quest'esempio mi sembra
particolarmente degno di considerazione, perch� ci permette di toccare con mano ci� che
oggi dimenticano ad ogni passo i pubblicisti dei giornali borghesi, speculando sui
pregiudizi e sull'ignoranza filistea delle masse popolari assolutamente incolte, le quali
non afferrano l'inscindibile legame economico e storico di ogni guerra con la politica
svolta in precedenza da ciascun paese, da ciascuna classe che dominava prima della guerra
e che cercava di raggiungere i propri scopi con mezzi cosiddetti "pacifici".
Cosiddetti pacifici, perch� non si possono certo qualificare come pacifiche le misure
repressive di cui si servono, ad esempio, i colonialisti per imporre la loro
"pacifica" dominazione.
La pace regnava in Europa, ma solo
perch� la dominazione dei popoli europei sulle centinaia di milioni di abitanti delle
colonie veniva realizzata attraverso guerre continue, incessanti, ininterrotte, che noi
europei non consideriamo come tali, poich� troppo spesso somigliano piuttosto a un
selvaggio massacro, allo sterminio di popolazioni inermi. Le cose stanno dunque in modo
che noi, per comprendere la guerra in corso, dobbiamo gettare uno sguardo d'insieme sulla
politica svolta dalle potenze europee. Non bisogna prendere singoli esempi, casi isolati,
che � sempre facile distaccare dalla connessione dei fenomeni sociali e che non hanno
alcun valore, perch� � sempre facile addurre un esempio opposto. No, bisogna prendere
l'insieme della politica di tutto il sistema degli Stati europei nei loro porti economici
e politici, se si vuole capire in che modo la guerra in corso sia fatalmente e
inevitabilmente scaturita da questo sistema.
Assistiamo senza posa ai tentativi,
compiuti soprattutto dai giornali borghesi, poco importa se monarchici o repubblicani, di
attribuire alla guerra attuale un contenuto storico che le � estraneo. Non c'� metodo
pi� diffuso nella repubblica francese, per esempio, del tentativo di presentare questa
guerra, da parte della Francia, come la continuazione, e quasi la ripetizione, delle
guerre della grande rivoluzione del 1792. Il mezzo pi� comune per ingannare le masse
popolari francesi, gli operai della Francia e di tutti i paesi, consiste nel trasporre al
tempo nostro il "gergo" di quell'epoca, alcune sue parole d'ordine e nel far
credere che ancora oggi la Francia repubblicana stia difendendo la sua libert� contro la
monarchia. Si trascura la "piccola" circostanza che nel 1792 la guerra era
condotta in Francia da una classe rivoluzionaria, che aveva compiuto una rivoluzione senza
precedenti, che, in virt� dell'eccezionale eroismo delle masse, aveva distrutto dalle
radici la monarchia e che era insorta, contro l'Europa monarchica coalizzata, al solo
scopo di proseguire la propria lotta rivoluzionaria.
La guerra era allora in Francia la
continuazione della politica della classe rivoluzionaria che aveva fatto la rivoluzione,
conquistato la repubblica, giustiziato con un'energia senza precedenti i capitalisti e i
grandi proprietari fondiari francesi e che, in nome di questa politica e della sua
continuazione, condusse contro l'Europa monarchica coalizzata una guerra rivoluzionaria.
Oggi invece siamo in presenza
anzitutto di due gruppi di potenze capitaliste. Siamo in presenza dei paesi capitalisti
pi� potenti del mondo, Inghilterra, Francia, America, Germania, la cui politica �
consistita per vari decenni in una ininterrotta rivalit� economica per garantire il
proprio dominio sul mondo, per soffocare le piccole nazioni, per triplicare e decuplicare
i profitti del capitale bancario che tende a subordinare alla sua influenza il mondo
intero. � questa la reale politica svolta dall'Inghilterra e dalla Germania. Insisto su
questo punto, su cui non bisogna stancarsi di insistere, perch�, tralasciandolo, non
riusciamo a capire la guerra in corso e ci troviamo cos� impotenti, alla merc� di ogni
pubblicista borghese, che ci rimpinzer� di frasi bugiarde.
Bisogna studiare e capire nel suo
insieme l'effettiva politica realizzata per decenni prima della guerra dai due gruppi di
giganti capitalisti, dall'Inghilterra e dalla Germania che, insieme con i loro alleati, si
sono scagliate l'una contro l'altra. Se tralasciassimo questo esame, non solo
dimenticheremmo un'istanza fondamentale del socialismo scientifico e di ogni scienza
sociale in genere, ma ci priveremmo per giunta della possibilit� di capire qualcosa della
guerra attuale. Ci daremmo in balia di Miliukov, che inganna la gente, che attizza lo
sciovinismo e l'odio tra i popoli con mezzi che vengono impiegati sempre, senza eccezione,
con mezzi di cui gi� parlava ottant'anni fa il succitato Clausewitz, il quale gi� allora
derideva l'opinione che i popoli vivono in pace e d'un tratto si dilaniano tra loro! Come
se fosse vero! Si pu� forse spiegare una guerra senza collegarla con la politica
anteriore di uno Stato, di un sistema di Stati e di determinate classi? Lo ripeto ancora
una volta: � questo il problema fondamentale che viene eluso continuamente e la cui
incomprensione trasforma i nove decimi dei discorsi sulla guerra in sterili alterchi e
scambi di invettive. Noi diciamo: se non avete studiato la politica svolta dai due gruppi
di potenze belligeranti negli ultimi decenni, - di modo che niente appaia casuale e non ci
si lasci trascinare dagli esempi isolati, - se non avete mostrato il legame tra questa
guerra e la politica precedente, non avete capito un bel niente!
Questa politica ci mostra una sola
cosa, sempre la stessa: l'ininterrotta rivalit� economica dei due giganti mondiali, delle
due economie capitaliste. Da una parte l'Inghilterra, lo Stato che possiede la maggior
parte del globo, lo Stato che � al primo posto per la sua ricchezza acquisita non tanto
con il lavoro dei suoi operai, quanto invece, principalmente, con lo sfruttamento delle
sue innumerevoli colonie, con la forza smisurata delle sue banche, riunitesi, alla testa
di tutte le altre banche, in un gruppetto - tre, quattro o cinque - di banche gigantesche,
le quali dispongono di centinaia di miliardi di rubli e ne dispongono in modo che non �
esagerato dire: non c'� sul globo una spanna di terra su cui questo capitale non metta la
sua mano pesante, non c'� una spanna di terra che non sia legata con mille fili al
capitale inglese. Tra la fine del secolo XIX e l'inizio del nostro questo capitale ha
assunto dimensioni tali da estendere la propria attivit� ben oltre i confini di alcuni
Stati e ha costituito un gruppo di banche gigantesche con una ricchezza favolosa.
Attraverso tali banche esso � riuscito ad avvolgere tutto il mondo in una rete di
centinaia di miliardi di rubli. Ecco l'essenziale nella politica economica
dell'Inghilterra e nella politica economica della Francia, a proposito della quale gli
stessi pubblicisti francesi, tra gli altri i collaboratori dell'Humanit�, un
giornale diretto oggi da ex socialisti (per esempio, da Lysis, noto specialista di
questioni finanziarie), cos� scrivevano qualche anno prima della guerra: "La Francia
� una monarchia finanziaria, la Francia � un'oligarchia finanziaria, la Francia �
l'usuraia dell'universo".
Dall'altra parte, contro questo
gruppo, essenzialmente anglo-francese, si � levato un altro gruppo di capitalisti, ancor
pi� rapace, ancor pi� brigantesco, un gruppo che si � presentato al banchetto del
capitalismo quando i posti erano ormai occupati, ma che ha introdotto nella lotta nuovi
metodi di sviluppo della produzione capitalista, una tecnica superiore, un'organizzazione
incomparabile, in base alla quale il vecchio capitalismo, il capitalismo dell'epoca della
libera concorrenza, diventa il capitalismo dei trusts, dei sindacati e cartelli
giganteschi. Questo gruppo ha introdotto il principio della statizzazione della produzione
capitalista, della fusione di forze gigantesche, come il capitalismo e lo Stato, in un
meccanismo unico, che riunisce decine di milioni di uomini nell'unica organizzazione del
capitalismo di Stato. Ecco la storia economica, ecco la storia diplomatica degli ultimi
decenni, da cui nessuno pu� prescindere! Essa soltanto vi addita la via per risolvere il
problema della guerra e vi induce a concludere che la guerra in corso � anch'essa il
risultato della politica delle classi che si stanno scontrando nell'attuale conflitto, il
risultato della politica dei due colossi che, assai prima dell'inizio delle ostilit�,
avevano steso sul mondo intero, su tutti i paesi, la rete del loro sfruttamento
finanziario e che si erano spartito economicamente tutto il globo. Essi dovevano
scontrarsi, perch� una nuova spartizione di questo dominio era divenuta ormai
inevitabile dal punto di vista del capitalismo.
L'antica spartizione era fondata sul
fatto che per vari secoli l'Inghilterra aveva rovinato le sue vecchie rivali: l'Olanda,
che gi� dominava su tutto il mondo e la Francia, che, per circa un secolo, aveva lottato
per la supremazia. Con lunghe guerre, poggiando sulla sua forza economica, sulla potenza
del suo capitale commerciale, l'Inghilterra riusc� a imporre il suo dominio incontrastato
sul mondo intero. Comparve un nuovo predone, nel 1871 si costitu� una nuova potenza
capitalista, che prese a svilupparsi con ritmo incomparabilmente pi� rapido rispetto
all'Inghilterra. Ecco il fatto essenziale. Non c'� un solo libro di storia economica che
non riconosca il fatto incontestabile della pi� rapida evoluzione della Germania. Questa
rapida espansione del capitalismo in Germania fu lo sviluppo di un predone giovane e
vigoroso che, presentandosi nel concerto delle potenze europee, dichiar�: "Avete
rovinato l'Olanda, sconfitto la Francia, vi siete impadroniti di mezzo mondo: datemi
dunque la parte che mi spetta!". Ma che cos'era questa "parte"? Come
determinarla nel mondo capitalista, nel mondo delle banche? La forza � data in questo
mondo dal numero delle banche e, come ha scritto con franchezza e cinismo puramente
americani uno degli organi di stampa dei miliardari statunitensi, � data a questo modo:
"In Europa si combatte per il dominio del mondo. Per dominare sul mondo occorrono due
cose: i dollari e le banche. I dollari li abbiamo, le banche le creeremo: cos� potremo
dominare sul mondo". Ecco che cosa dichiara un autorevole giornale dei miliardari
americani. Devo ammettere che in queste ciniche parole americane di un miliardario
presuntuoso e insolente c'� mille volte pi� verit� che nelle migliaia di articoli dei
mentitori borghesi, i quali presentano la guerra in corso come una guerra condotta per
chiss� quali interessi nazionali, per chiss� quali questioni nazionali e dicono altre
evidenti menzogne di questo genere, respingendo tutta la storia nel suo insieme e
prendendo un esempio isolato come quello del predone tedesco che si avventa contro il
Belgio. Il fatto � indubbiamente autentico. S�, questo gruppo di predoni si � avventato
contro il Belgio con barbarie inaudita, ma ha fatto la stessa cosa che l'altro gruppo di
predoni faceva ieri con altri metodi e fa oggi contro altri popoli.
Quando discutiamo delle annessioni
(e si tratta di un problema che rientra nel quadro che ho tentato qui di delineare
brevemente come storia dei rapporti economici e diplomatici da cui � scaturita la guerra
attuale), dimentichiamo sempre che in genere va ricercato proprio qui il movente della
guerra: la spartizione delle conquiste o, in linguaggio pi� popolare, la spartizione del
bottino predato dai due gruppi di briganti. Quando discutiamo delle annessioni,
c'imbattiamo sempre in metodi che, sul piano scientifico, non reggono alla critica e che,
sotto il profilo pubblicistico, possono qualificarsi soltanto come una volgare
turlupinatura. Interrogate uno sciovinista o un socialsciovinista russo e costui vi
spiegher� a meraviglia che cosa sia un'annessione, quando questa venga fatta dalla
Germania. Quest'annessione la capisce molto bene. Ma costui rimarr� muto ogni qualvolta
gli chiederete una definizione generale del concetto di annessione, che si applichi a un
tempo alla Germania, all'Inghilterra e alla Russia. Non vi fornir� tale definizione in
nessun caso! La Riec (tanto per passare dalla teoria alla pratica) ha dileggiato la
nostra Pravda dicendo: "Questi pravdisti considerano la Curlandia
un'annessione! Come discutere con questa gente?". Allora abbiamo risposto:
"Siate bravi, dateci una definizione del concetto di annessione che sia valida per i
tedeschi, per gli inglesi e per i russi. E abbiamo aggiunto: o lascerete cadere la nostra
sfida oppure vi smaschereremo subito". E la Riec non ha pi� replicato. Noi
sosteniamo che nessun giornale, appartenga esso agli sciovinisti, che si limitano a
parlare della necessit� di difendere la patria, o ai socialsciovinisti, ha mai dato una
definizione del concetto di annessione che valga tanto per la Germania quanto per la
Russia e che possa essere applicato ad ogni paese. Nessun giornale pu� dare questa
definizione, perch� tutta la guerra in corso � la continuazione della politica di
annessioni, cio� di conquista, di rapina capitalista, condotta dai due gruppi
belligeranti. � pertanto chiaro che per noi non ha alcuna importanza stabilire quale dei
due predoni abbia per primo tirato fuori il coltello. Esaminate la storia degli
investimenti di carattere militare e navale dei due gruppi di potenze negli ultimi
decenni, esaminate la storia delle piccole guerre che essi hanno fatto prima della grande
guerra! Queste guerre sono "piccole", perch� in esse sono morti pochi europei,
mentre vi hanno perduto la vita centinaia di uomini appartenenti ai popoli che gli europei
soffocano e che dal loro punto di vista non meritano nemmeno l'appellativo di popoli
(sono forse popoli gli asiatici o gli africani?). Ecco le guerre combattute contro
di loro: questi uomini erano inermi e gli europei li hanno sterminati con le mitraglie. Si
pu� parlare di guerre? No, a rigore, non si pu� parlare di guerre e si pu� quindi
tralasciare tutto questo. Ecco il loro atteggiamento in questa ininterrotta turlupinatura
delle masse popolari.
La guerra in corso � la
continuazione di una politica fondata sulla conquista, sullo sterminio di intere
popolazioni e sulle inaudite atrocit� commesse in Africa dai tedeschi e dagli inglesi e
in Persia dagli inglesi e dai russi (non saprei dire chi sia stato pi� feroce) e per cui
i capitalisti tedeschi consideravano gli altri come nemici. Ebbene, voi siete forti,
perch� siete pi� ricchi? Ma noi siamo pi� forti di voi e, quindi, abbiamo il
"sacrosanto" diritto di predare. Ecco a che cosa si riduce la vera storia del
capitale finanziario inglese e tedesco nei decenni che hanno preceduto la guerra. Ecco a
che cosa si riduce la storia dei rapporti russo-tedeschi, russo-inglesi e anglotedeschi.
Ecco la chiave per capire i moventi della guerra attuale. Ecco perch� � solo
ciarlataneria e menzogna la storia che si suol raccontare sulle cause della guerra. Se si
dimentica la storia del capitale finanziario, la storia del modo come � maturata la
guerra per una nuova spartizione, si finisce per far credere che due popoli vivevano in
pace, che d'un tratto l'uno ha attaccato e l'altro si � difeso. Si dimentica cos� ogni
scienza, si dimenticano le banche, si chiamano alle armi i popoli, si chiamano alle armi i
contadini che ignorano che cosa sia la politica. Bisogna difendersi: ecco tutto! Se si
ragiona cos�, sarebbe logico sopprimere tutti i giornali, bruciare tutti i libri e
vietare che la stampa si occupi delle annessioni: solo cos� si potrebbe infatti
giustificare questo punto di vista sulle annessioni. Essi non possono dire la verit�
sulle annessioni, perch� tutta la storia della Russia, dell'Inghilterra e della Germania
consiste in una guerra ininterrotta, implacabile e sanguinosa per le annessioni. In Persia
e in Africa hanno condotto guerre spietate i liberali, i quali hanno fatto frustare in
India i detenuti politici che avevano osato presentare le stesse rivendicazioni per cui si
lottava da noi in Russia. Gli eserciti coloniali francesi opprimevano i popoli. Ecco la
storia che ha preceduto la guerra, ecco la vera storia degli incredibili saccheggi! Ecco
quale politica viene continuata dalla guerra in corso. Ecco perch�, nella questione delle
annessioni, questa gente non pu� dare la risposta che noi diamo dicendo: ogni popolo che
venga unito a un altro popolo, non in base alla volont� liberamente espressa dalla
propria maggioranza, ma per decisione dello zar o del governo, � un popolo asservito, �
un popolo annesso. Rinunciare alle annessioni significa dare a ciascun popolo il diritto
di costituirsi in Stato indipendente o di unirsi a chi vuole. Questa risposta �
assolutamente chiara per ogni operaio in qualche modo consapevole.
In ognuna delle risoluzioni, che
vengono approvate a decine e pubblicate persino nel giornale Zemli� i volia, si
pu� trovare una risposta mal formulata: noi non vogliamo una guerra per dominare sugli
altri popoli, noi lottiamo per la nostra libert�: cos� dicono tutti gli operai e i
contadini, esprimendo l'opinione dell'operaio, del lavoratore sulla guerra. Se la guerra
fosse condotta nell'interesse dei lavoratori, contro gli sfruttatori, noi saremmo
favorevoli a questa guerra. Anche noi saremmo in tal caso favorevoli alla guerra e nessun
partito rivoluzionario potrebbe opporsi ad essa. Gli autori di queste innumerevoli
risoluzioni hanno torto, perch� immaginano di essere loro a condurre la guerra: "Noi
soldati, noi operai, noi contadini combattiamo per la nostra libert�". Non
dimenticher� mai la domanda che mi � stata posta dopo un comizio: "Perch� parlate
sempre contro i capitalisti? Sono forse un capitalista io? Noi siamo operai e difendiamo
la nostra libert�". Non � vero! Voi combattete perch� obbedite al vostro governo
di capitalisti. Le guerre non sono condotte dai popoli, ma dai governi. Non mi stupisce
che un operaio o un contadino, non avendo studiato la politica, non avendo avuto la
ventura o la sventura di veder chiaro nei segreti della diplomazia, nello spettacolo del
saccheggio finanziario (sia pur dell'oppressione della Persia da parte della Russia e
dell'Inghilterra), dimentichi tutto questo e domandi ingenuamente: "Che c'entrano qui
i capitalisti, se sono io a combattere?" Egli non si avvede del legame tra la guerra
e il governo, non capisce che la guerra � condotta dal governo e che lui � solo lo
strumento di cui il governo si serve per i suoi fini. Egli pu� ben sostenere di far parte
del popolo rivoluzionario e scrivere risoluzioni magniloquenti: per i russi � gi� molto,
perch� tale usanza � entrata in vigore da poco. Di recente il governo provvisorio ha
pubblicato una dichiarazione "rivoluzionaria". Ma questo non cambia niente e i
capitalisti degli altri paesi, ben pi� esperti dei nostri nell'arte di ingannare le masse
con i manifesti "rivoluzionari", hanno battuto da tempo tutti i primati in
questo campo. Se si prende la storia parlamentare della repubblica francese, dal momento
in cui essa ha cominciato a sostenere lo zarismo, si trovano decine di esempi, in alcuni
decenni di storia parlamentare, in cui dei manifesti pieni di parole reboanti sono serviti
a occultare la politica del pi� abietto saccheggio coloniale e finanziario. La storia
della terza repubblica francese � da cima a fondo la storia di questo saccheggio. Da
queste fonti sgorga la guerra in corso, che non � il risultato della cattiveria dei
capitalisti o dell'erronea politica dei monarchi. Sarebbe sbagliato vedere le cose a
questo modo. No, questa guerra � stata provocata inevitabilmente dallo sviluppo di un
capitalismo, soprattutto bancario, ultrapotente, uno sviluppo il quale ha fatto s� che
quattro banche di Berlino e cinque o sei banche di Londra dominino su tutto il mondo, si
accapparrino tutti i fondi, assicurino alla propria politica finanziaria l'appoggio
delle forze armate e, da ultimo, si scontrino in una collisione eccezionalmente selvaggia,
perch� non riescono a proseguire liberamente lungo la via delle conquiste. Un gruppo o
l'altro deve rinunciare alle sue colonie. In questo mondo di capitalisti tali problemi non
possono essere risolti amichevolmente ma solo con la guerra. Ecco perch� � ridicolo
accusare questo o quel brigante coronato. Sono tutti uguali tra loro, questi briganti
coronati. Ecco perch� � assurdo accusare i capitalisti di questo o quel paese. La loro
unica colpa � di aver instaurato un sistema come l'attuale. Ma l'hanno fatto secondo
tutte le leggi che lo Stato civile difende con tutte le sue forze. "Sono nel
mio pieno diritto, compro le azioni. E tutti i tribunali, tutte le polizie, tutti gli
eserciti permanenti e le flotte del mondo tutelano il mio sacrosanto diritto di possedere
azioni".
Se si costituiscono banche, che
dispongono di centinaia di milioni di rubli, se queste banche gettano sul mondo intero la
rete del saccheggio bancario e poi si scontrano in un duello per la vita e per la morte,
di chi � la colpa? Vallo a cercare il colpevole! Il colpevole � mezzo secolo di sviluppo
capitalista e la sola via d'uscita � il rovesciamento del dominio capitalista, la
rivoluzione operaia. Ecco la risposta a cui il nostro partito � pervenuto attraverso
l'analisi della guerra. Ecco perch� noi diciamo: i rappresentanti dei partiti borghesi
hanno a tal punto ingarbugliato con le loro menzogne la questione per s� chiarissima
delle annessioni che oggi possono cercare di far credere che la Curlandia non sia una
annessione della Russia. I tre briganti coronati si sono spartiti di comune accordo la
Curlandia e la Polonia. Se le sono spartite per un secolo, tagliando nella carne viva e il
brigante russo ha arraffato il pezzo pi� grosso, perch� era allora il pi� forte. Ma
quando la Germania da giovane predone che aveva partecipato alla spartizione, � divenuta
una grande potenza capitalista, ha dichiarato: "Forza, facciamo una nuova
spartizione! Volete tenervi quello che possedete? Vi credete pi� forti? Bene,
misuriamoci!".
Ecco a che cosa si riduce la guerra
in corso. Naturalmente, questa sfida - "misuriamoci!" - esprime una politica di
rapina condotta per decenni, esprime la politica delle grandi banche. Ecco perch� nessuno
pu� dire come noi la pura e semplice verit� sulle annessioni, che � ben chiara a ogni
operaio e contadino. Ecco perch� la questione dei trattati, di per s� tanto semplice,
viene ingarbugliata con grande impudenza da tutta la stampa. Voi dite che abbiamo un
governo rivoluzionario, che di esso fanno parte ministri quasi integralmente socialisti,
ministri populisti e menscevichi. Ma, allorch� essi parlano di pace senza annessioni,
senza per� precisare che cosa sia una pace senza annessioni (il che significa: ai
tedeschi toglieremo le loro annessioni e noi ci terremo le nostre), noi diciamo: che vale
il vostro governo "rivoluzionario", che cosa valgono le vostre dichiarazioni,
l'asserzione di non volere una guerra di conquista, se al tempo stesso invitate l'esercito
a sferrare l'offensiva? Ignorate forse di essere vincolati dai trattati che Nicola il
sanguinario ha stipulato nel modo pi� brigantesco? Ignorate queste cose? Queste cose
possono ignorarle gli operai, i contadini, che non hanno mai fatto saccheggi e non hanno
mai letto libri dotti. Ma i cadetti istruiti che affermano queste cose nella loro
propaganda conoscono assai bene il contenuto di questi trattati. I trattati sono
"segreti", ma tutta la stampa diplomatica di tutti i paesi ne parla in questi
termini: "Tu ti prenderai gli Stretti, tu l'Armenia, tu la Galizia, tu
l'Alsazia-Lorena, tu Trieste e noi ci spartiremo definitivamente la Persia". Il
capitalista tedesco dice: "Io mi prender� l'Egitto, e schiaccer� tutti i popoli
d'Europa, se voi non mi restituirete le mie colonie e con gli interessi!". Le azioni
sono inconcepibili senza utili. Ecco perch� il problema dei trattati, che � cos�
semplice e chiaro, ha suscitato un folla di menzogne flagranti, inaudite, impudenti sulle
pagine di tutti i giornali capitalisti.
Si prenda il Dien di oggi.
Vodovozov, che non si pu� certo accusare di simpatia per il bolscevismo, ma che � un
democratico onesto, dichiara: "Io sono contrario ai trattati segreti".
Permettetemi di parlare del trattato con la Romania, esiste infatti un trattato segreto
con la Romania, in cui si dice che la Romania otterr� certi territori stranieri, se
combatter� a fianco degli alleati. Assolutamente identici sono i trattati conclusi dagli
altri alleati, che, senza stipulare un accordo, non si sarebbero accinti a soffocare
tutti. Per informarsi sul contenuto di questi trattati, non c'� alcun bisogno di
rovistare nelle riviste specializzate. Basta ricordare i fatti pi� importanti della
storia economica e diplomatica. L'Austria, ad esempio, non ha marciato per decenni contro
i Balcani, per soffocarli?... Se si � arrivati alla guerra, vuol dire che non si poteva
fare altrimenti. Ecco perch�, a tutti gli appelli delle masse popolari a pubblicare i
trattati, appelli che divengono sempre pi� pressanti, l'ex ministro Miliukov e l'attuale
ministro Terestcenko (il primo in un governo senza ministri socialisti, il secondo in un
governo con tutta una schiera di ministri pseudo-socialisti) rispondono dichiarando che
pubblicare i trattati significa rompere con gli alleati.
S�, � vero, non potete rendere
pubblici i trattati, perch� fate parte di una stessa banda di briganti. Concediamo
volentieri a Miliukov e a Terestcenko che non si possono pubblicare i trattati. Ma da
questo si possono derivare due diverse conclusioni. Se concediamo a Miliukov e a
Terestcenko che non si possono pubblicare i trattati, che cosa ne consegue? Se �
impossibile pubblicare i trattati, bisogna aiutare i ministri capitalisti a continuare la
guerra. L'altra conclusione � questa: poich� i capitalisti non possono pubblicare i
trattati, bisogna abbattere i capitalisti. Sta a voi decidere quale delle due conclusioni
sia pi� giusta, ma vi invito tuttavia a riflettere sulle conseguenze. Se si ragiona al
modo dei ministri populisti e menscevichi, si conclude che, poich� il governo afferma di
non poter rendere pubblici i trattati, bisogna lanciare un nuovo manifesto. Il costo della
carta non � ancora cos� alto che non si possono redigere nuovi manifesti. Scriviamone
uno e propugniamo l'offensiva. Per che cosa? A quale fine? Agli ordini di chi? I soldati
vengono incitati a realizzare i trattati di rapina con la Romania e con la Francia.
Inviate l'articolo di Vodovozov al fronte e poi lamentatevi: sono di nuovo i bolscevichi,
sono ancora i bolscevichi, non c'� dubbio, che hanno inventato il trattato con la
Romania! Ma in tal caso non basta far sparire la Pravda dalla faccia della terra,
bisogna espellere anche Vodovozov perch� ha studiato la storia, bisogna dare alle fiamme
i libri di Miliukov, perch� si tratta di testi eccezionalmente pericolosi. Provatevi a
sfogliare un qualsiasi libro del capo del partito della "libert� del popolo",
ex ministro degli esteri. Sono libri eccellenti. Di che cosa parlano? Del fatto che la
Russia ha dei "diritti" sugli Stretti, sull'Armenia, sulla Galizia e sulla
Prussia orientale. L'autore ha ripartito tutte le zone e pubblicato in appendice una
cartina. E quindi non basta mandare in Siberia i bolscevichi e Vodovozov per i loro
articoli rivoluzionari, bisogna bruciare anche i libri di Miliukov, perch�, se si tolgono
da essi alcune semplici citazioni e si spediscono al fronte, nessun manifestino per quanto
incendiario potrebbe sortire un effetto analogo.
Per restare nell'ambito del piano
sommario, che ho abbozzato per la nostra conversazione, devo adesso affrontare il problema
del "difensismo rivoluzionario". Ritengo che dopo quanto ho avuto l'onore di
esporvi nel mio rapporto potr� trattare concisamente questo problema.
Il "difensismo
rivoluzionario" consiste nel giustificare la guerra con il pretesto che noi abbiamo
fatto la rivoluzione, che siamo quindi un popolo rivoluzionario, che siamo una democrazia
rivoluzionaria. Ma quale � la nostra risposta, se ci si interroga su questo punto? Quale
rivoluzione abbiamo fatto? Abbiamo rovesciato Nicola II. Questa rivoluzione non � stata
troppo ardua rispetto a quella che dovr� rovesciare la classe dei grandi proprietari
fondiari e dei capitalisti. Chi ha preso il potere, dopo la nostra rivoluzione? I grandi
proprietari fondiari e i capitalisti, cio� le stesse classi che sono al potere in Europa
da molto tempo. In Europa queste rivoluzioni sono avvenute cento anni or sono e il potere
� detenuto ormai da un pezzo dai Terestcenko, dai Miliukov, dai Konovalov e poco importa
che si paghi una lista civile ad un reuccio o che si faccia a meno di quest'articolo di
lusso. La banca continua a essere una banca e, se i capitali sono investiti nelle
concessioni, il profitto � sempre profitto, tanto in regime monarchico quanto in regime
repubblicano. Se un qualsiasi paese selvaggio osa non obbedire al nostro capitale
civilizzato, che crea banche stupende nelle colonie, in Africa, in Persia, se alcuni
popoli selvaggi non si piegano alla nostra banca civilizzata, noi inviamo subito
l'esercito per restaurare la civilt�, l'ordine e la cultura, come ha fatto Liakhov in
Persia, come hanno fatto gli eserciti della Francia "repubblicana", che hanno
sterminato con non minore crudelt� i popoli africani. Dov'� la differenza? � lo stesso
"difensismo rivoluzionario", manifestato per� dalle grandi masse inconsapevoli
del popolo, le quali non colgono il rapporto tra la guerra e il governo e non sanno che
questa politica � stata sancita nei trattati. I trattati sono rimasti, cos� le banche,
cos� le concessioni. In Russia siedono oggi al governo i rappresentanti migliori proprio
della classe dei grandi proprietari terrieri e dei capitalisti, ma il carattere della
guerra mondiale non � cambiato per questo. Il nuovo "difensismo rivoluzionario"
serve solo a occultare dietro la grande concezione della rivoluzione una guerra sporca e
sanguinosa condotta in nome di trattati infami e ripugnanti.
La rivoluzione russa non ha
modificato la guerra, ma ha creato organismi che non hanno riscontro in nessun altro paese
e che non sono esistiti nella maggior parte delle rivoluzioni occidentali. Da esse �
sorto soltanto un nuovo governo, come quello dei nostri Terestcenko e Konovalov, mentre il
paese rimaneva passivo e disorganizzato. La rivoluzione russa � andata pi� avanti. In
questo fatto � racchiusa in germe la sua possibilit� di vincere la guerra. Accanto al
governo dei ministri "pseudo-socialisti", accanto al governo della guerra
imperialista e dell'offensiva, accanto al governo legato al capitale anglo-francese,
accanto a questo governo e indipendentemente da esso, abbiamo oggi in tutta la Russia una
rete di soviet di deputati degli operai, dei soldati e dei contadini. Ecco la rivoluzione
che non ha ancora detto l'ultima parola. Ecco la rivoluzione che non ha riscontro
nell'Europa occidentale. Ecco le organizzazioni delle classi che non hanno alcun reale
bisogno delle annessioni, che non hanno depositato milioni nelle banche, che non hanno
alcun interesse a sapere se il colonnello russo Liakhov e l'ambasciatore liberale inglese
abbiano effettuato una giusta spartizione della Persia. La garanzia che la rivoluzione
potr� andare pi� avanti � qui, nel fatto che queste classi, prive di qualsiasi
interesse reale per le annessioni, nonostante la loro illimitata fiducia nel governo dei
capitalisti, nonostante la spaventosa confusione e menzogna che caratterizzano la
concezione stessa del "difensismo rivoluzionario", nonostante l'appoggio al
prestito e al governo della guerra imperialista, sono riuscite a creare degli organismi in
cui sono rappresentate le classi oppresse. Questi organismi sono i soviet di deputati
degli operai, dei soldati e dei contadini, i quali, in numerose localit� della Russia,
sono andati molto pi� avanti che a Pietrogrado, nella propria azione rivoluzionaria. E
questo � del tutto naturale, perch� l'organismo centrale dei capitalisti si trova
appunto a Pietrogrado.
E quando Skobelev ha detto ieri:
"Noi prenderemo l'intero profitto, il 100% del profitto", si � lasciato
trascinare dal suo slancio ministeriale. Leggete la Riec di oggi e vedrete quale
eco abbia suscitato questo brano del discorso di Skobelev. "Ma questa � la fame, vi
si scrive, la morte: il 100% � tutto!". Il ministro Skobelev va pi� lontano
del comunista pi� estremista. � una calunnia dire che i bolscevichi sono pi� a
sinistra. Il ministro Skobelev � molto pi� "a sinistra". Mi hanno coperto
delle ingiurie pi� infami perch� avrei proposto di spogliare un po' i capitalisti.
Quanto meno Sciulghin ha detto: "Bene, che ci spoglino!". Immaginate un
bolscevico che si avvicini al cittadino Sciulghin e cominci a spogliarlo! No, costui
dovrebbe accusare il ministro Skobelev. Noi non siamo mai andati cos� lontano. Non
abbiamo mai proposto di prendere il 100% del profitto. Tuttavia questa promessa �
preziosa. Leggete la risoluzione del nostro partito e vedrete che in essa proponiamo, in
forma meglio argomentata, le stesse cose che io avevo proposto. Bisogna istituire il
controllo sulle banche e quindi un'equa imposta sui redditi. Tutto qui! Skobelev propone
invece di prendere cento centesimi su ogni rublo. Non abbiamo proposto e non proponiamo
niente di simile. E Skobelev ha ceduto a un impulso passeggero. Non ha alcuna intenzione
di far questo e, se avesse tale intenzione, non potrebbe farlo per la semplice ragione che
� alquanto ridicolo promettere di queste cose e vivere in buon accordo con Terestcenko e
Konovalov. Si pu� prendere l'80 o il 90% dei profitti dei milionari, ma a condizione di
non andare a braccetto con tali ministri. Se i soviet dei deputati degli operai e dei
soldati assumeranno il potere, prenderanno realmente qualcosa, ma non tutto, perch� non
ne avranno necessit�. Prenderanno una gran parte dei profitti. Ma nessun altro potere
statale sar� capace di farlo. Quanto al ministro Skobelev, pu� essere animato dalle
migliori intenzioni. Da vari decenni ormai osservo questi partiti e da trent'anni milito
nel movimento rivoluzionario. Meno di ogni altro sono propenso a dubitare delle loro buone
intenzioni. Ma non di questo si tratta, le buone intenzioni non sono in causa. L'inferno
ne � lastricato. E tutte le cancellerie sono piene di carte firmate dai cittadini
ministri. Ma niente � cambiato. Se volete istituire il controllo, fate pure! Il nostro
programma � tale che, alla lettura del discorso di Skobelev, possiamo dire: non chiediamo
di pi�. Siamo molto pi� moderati del ministro Skobelev. Lui propone il controllo e il
100%. Noi non vogliamo prendere il 100% e diciamo: fino a quando non vi sarete messi
all'opera, non avremo fiducia in voi. Ecco dove sta la differenza: noi non crediamo alle
parole e alle promesse e consigliamo agli altri di non crederci. L'esperienza delle
repubbliche parlamentari insegna che non si pu� prestar fede alle dichiarazioni che
rimangono sulla carta. Se volete il controllo, cominciate a realizzarlo! Basta appena un
giorno per promulgare la legge sul controllo. Il soviet degli impiegati di ogni banca, il
soviet degli operai di ogni fabbrica, ogni partito hanno diritto di esercitare questo
controllo. � impossibile, ci si dir�, c'� il segreto commerciale, c'� la sacrosanta
propriet� privata! Ebbene, fate come vi pare, ma scegliete. Se volete tutelare tutti
questi registri, i conti e le operazioni dei trusts, non dovete parlare del controllo, non
dovete strepitare che il paese � sull'orlo della rovina.
In Germania le cose vanno anche
peggio. In Russia ci si pu� procurare il pane, in Germania no. Si pu� far molto in
Russia con l'organizzazione. In Germania non si pu� fare pi� niente. Non c'� pi� pane
e il popolo � condannato a una catastrofe inevitabile. Oggi si scrive che la Russia �
sull'orlo dell'abisso. Se questo � vero, � un delitto proteggere la
"sacrosanta" propriet� privata. Che significano allora le proposte di
controllo? Avete forse dimenticato che anche Nicola Romanov ha scritto molto in tema di
controllo? In lui troverete ripetute mille volte parole come controllo statale, controllo
pubblico, nomina di senatori. Nei due mesi seguiti alla rivoluzione gli industriali hanno
saccheggiato tutta la Russia, assicurandosi utili molto alti sul capitale, come
attesta ogni relazione dei consigli di amministrazione. Ma quando, due mesi dopo la
rivoluzione, gli operai hanno avuto l' "audacia" di dire che volevano vivere in
condizioni umane, tutta la stampa capitalista del paese ha levato alte grida. Ogni numero
della Riec � un urlo selvaggio, contro gli operai che depredano il paese,
mentre noi, si dice, promettiamo soltanto un controllo diretto contro i capitalisti. Non
potete fare meno promesse e pi� fatti? Se volete un controllo burocratico, un controllo
effettuato dagli stessi organi di prima, il nostro partito dichiara con profonda
convinzione che non potr� darvi il minimo appoggio, bench� abbiate al governo non una
mezza dozzina, ma un'intera dozzina di ministri populisti e menscevichi. Solo il popolo
pu� esercitare il controllo. Questo controllo devono organizzarlo i soviet degli
impiegati di banca, i soviet degli ingegneri, i soviet degli operai. E devono esercitarlo
subito. Ogni funzionario dovr� essere penalmente perseguibile, se deporr� il falso
davanti a queste istituzioni. � in causa la salvezza del paese. E noi vogliamo sapere di
quanto grano, di quante materie prime, di quanta forza-lavoro disponiamo, vogliamo sapere
come ripartire queste cose.
Vengo adesso all'ultima questione,
al modo come mettere fine alla guerra. Ci attribuiscono l'idea assurda di volere una pace
separata. I briganti capitalisti di Germania fanno profferte di pace, dicendo: "Ti
dar� un pezzetto di Turchia e d'Armenia, se mi cederai dei territori ricchi di
minerali". Ecco di che cosa parlano i diplomatici in ogni citt� neutrale! Nessuno lo
ignora, anche se si ricorre ad una fraseologia diplomatica convenzionale. Del resto, i
diplomatici esistono per poter parlare il linguaggio diplomatico. � assurda l'idea che
noi vorremmo mettere fine alla guerra con una pace separata. Che una guerra condotta dai
capitalisti delle potenze pi� ricche e generata da decenni di sviluppo economico possa
concludersi con la decisione unilaterale di cessare le operazioni belliche � un'ipotesi
talmente sciocca che � persino ridicolo star qui a confutarla. Se tuttavia abbiamo
redatto un'apposita risoluzione per smentirla, si deve considerare che qui sono in causa
le grandi masse, dinanzi alle quali si cerca di calunniarci. Ma non � certo il caso di
parlare seriamente di tali cose. Ad una guerra condotta dai capitalisti di tutti i paesi
si pu� mettere fine soltanto con la rivoluzione operaia contro questi capitalisti. Fino a
che il controllo non sar� passato dalla sfera delle parole a quella dei fatti, fino a che
il governo dei capitalisti non sar� divenuto il governo del proletariato rivoluzionario,
fino ad allora il governo sar� costretto a ripetere: siamo perduti, siamo perduti, siamo
perduti. Oggi, nella "libera" Inghilterra si incarcerano i socialisti perch�
dicono ci� che io sto dicendo. In Germania � stato imprigionato Liebknecht per aver
detto quel che io dico. In Austria s'incarcera Friedrich Adler, che ha detto la stessa
cosa con la pistola (e forse � stato gi� ucciso). In tutti i paesi la simpatia delle
masse operaie � rivolta a questi socialisti e non a quelli che sono passati dalla parte
dei loro capitalisti. La rivoluzione operaia avanza nel mondo intero. Naturalmente, negli
altri paesi incontra maggiori difficolt�. Laggi� non ci sono dei pazzi come Nicola e
Rasputin. Laggi� i migliori esponenti della classe dei grandi proprietari fondiari e dei
capitalisti sono alla testa del governo. Laggi� non esistono le condizioni per una
rivoluzione contro l'autocrazia. Laggi� il governo � nelle mani della classe
capitalista. I rappresentanti pi� dotati di questa classe gi� governano da un pezzo.
Ecco perch� anche laggi� la rivoluzione, pur non essendo ancora scoppiata, � tuttavia
inevitabile, per quanto grande sia il numero dei rivoluzionari che cadranno, come
Friedrich Adler, come Karl Liebknecht. L'avvenire � con loro e gli operai di tutti i
paesi sono con loro. E gli operai devono trionfare in tutti i paesi.
Riguardo all'entrata in guerra
dell'America, vi dir� quanto segue. Si fa riferimento alla democrazia americana, alla
Casa Bianca. Io dico: l'abolizione della schiavit� � avvenuta cinquant'anni fa. La
guerra scatenata a causa della schiavit� si � conclusa nel 1865. Da quel tempo laggi�
sono nati i miliardari, che tengono nel loro pugno finanziario tutta l'America, che
preparano il soffocamento del Messico e inevitabilmente faranno guerra al Giappone per
spartirsi il Pacifico. Questa guerra viene preparata gi� da qualche decennio. Lo attesta
tutta una letteratura. E il vero scopo dell'entrata in guerra dell'America � il desiderio
di prepararsi al futuro conflitto con il Giappone. Tuttavia il popolo americano gode di
una notevole libert� ed � difficile che accetti il servizio militare obbligatorio e la
creazione di un esercito che abbia scopi di conquista, che si batta ad esempio contro il
Giappone. L'esempio dell'Europa mostra agli americani a che cosa conduca tutto questo. I
capitalisti americani son dovuti intervenire in questa guerra per avere un pretesto con
cui, invocando gli alti ideali della difesa dei diritti delle piccole nazionalit�, creare
un forte esercito permanente.
I contadini russi si rifiutano di
dare il grano in cambio del denaro e chiedono attrezzi, calzature e indumenti. In questa
decisione � racchiusa parzialmente una verit� molto profonda. In realt�, il paese �
giunto a un tal punto di sfacelo che in Russia si osserva oggi, bench� in minor misura,
quello che si riscontra gi� da un pezzo negli altri paesi: il denaro ha perso il suo
potere. Il dominio del capitalismo � stato a tal punto minato dal corso degli eventi che
i contadini, per esempio, rifiutano il denaro. "A che ci servono i soldi?", essi
dicono. E hanno ragione. Il dominio del capitalismo non � minato perch� taluni vogliono
impadronirsi del potere. Sarebbe assurdo "impadronirsi" del potere. Sarebbe
impossibile metter fine al dominio del capitalismo, se a ci� non conducesse tutto lo
sviluppo economico dei paesi capitalisti. La guerra ha accelerato questo processo,
rendendo ormai impossibile il capitalismo. Nessuna forza distruggerebbe il capitalismo, se
la storia stessa non lo corrodesse e non lo minasse.
Ecco un esempio assai probante. Il
contadino esprime ci� che tutti osservano: il potere del denaro � scalzato. Qui l'unica
soluzione � la decisione dei soviet dei deputati degli operai e dei contadini di dare in
cambio del grano attrezzi, calzature e indumenti. Ecco a che cosa conduce la realt�, ecco
la risposta che ci suggerisce la vita. In caso contrario, decine di milioni di uomini sono
costretti a restare affamati, senza calzature e senza indumenti. Decine di milioni di
uomini sono sull'orlo dell'abisso, qui non si tratta di tutelare gli interessi dei
capitalisti! L'unica soluzione � che tutto il potere passi nelle mani dei soviet dei
deputati degli operai, dei soldati e dei contadini, i quali rappresentano la maggioranza
della popolazione. � possibile che si commettano qui degli errori. Nessuno pretende che
si possa compiere di colpo un'opera cos� difficile. Noi non diciamo niente di simile. Ci
si obietta: noi vogliamo che il potere passi nelle mani dei soviet, ma i soviet non lo
vogliono. Replichiamo che l'esperienza suggerir� ai soviet e tutto il popolo vedr�, che
non c'� altra soluzione. Noi non vogliamo "impadronirci" del potere, perch�
tutta l'esperienza delle rivoluzioni ci insegna che stabile � soltanto quel potere che
poggia sulla maggioranza della popolazione. Quindi "impadronirsi" del potere
sarebbe un'avventura, in cui il nostro partito non si getter� mai. Se il governo sar� il
governo della maggioranza, forse condurr� una politica che sembrer� sbagliata nei primi
tempi, ma non c'� altra soluzione. Si produrr� allora un pacifico mutamento di indirizzo
politico all'interno di queste organizzazioni. Non si possono immaginare altre
organizzazioni. Ecco perch� affermiamo che non si pu� concepire una diversa soluzione
del problema.
Come mettere fine alla guerra? Se il
soviet dei deputati degli operai e dei soldati avr� preso il potere e i tedeschi
continueranno la guerra, che cosa faremo? Chi si interessa alle posizioni del nostro
partito avr� potuto leggere proprio in questi giorni, nella nostra Pravda, la
citazione testuale di ci� che abbiamo affermato all'estero fin dal 1915: se la classe
rivoluzionaria della Russia, la classe operaia, prender� il potere, dovr� proporre la
pace. E se i capitalisti tedeschi o di un altro paese respingeranno le nostre condizioni
di pace, allora la classe operaia sar� tutta per la guerra. Non proponiamo di mettere
fine alla guerra d'un sol colpo. Non lo promettiamo. Non preconizziamo una cosa
impossibile e irrealizzabile come il metter fine alla guerra per volont� di una sola
parte. Le promesse di questo genere non costano niente, ma non si possono mantenere. �
impossibile uscire facilmente da una guerra cos� spaventosa. Si combatte da tre anni. O
vi rassegnate a combattere per dieci anni o vi avviate verso una rivoluzione difficile,
gravosa. Non c'� altra soluzione. Noi diciamo: la guerra, cominciata dai governi dei
capitalisti, pu� concludersi soltanto con la rivoluzione operaia. Chi si interessa al
movimento socialista avr� letto il Manifesto di Basilea, approvato all'unanimit�
nel 1912 dai partiti socialisti di tutto il mondo, un manifesto che abbiamo ripubblicato
nella nostra Pravda e che non pu� essere riprodotto oggi in nessun paese
belligerante, si tratti della "libera" Inghilterra o della Francia repubblicana,
perch� esso, ancor prima della guerra, diceva la verit� sulla guerra. Ci sar� una
guerra tra l'Inghilterra e la Germania, � detto nel Manifesto, a causa delle loro
rivalit� capitaliste. Si � accumulata tanta polvere da sparo, � detto nel manifesto,
che le armi cominceranno a sparare da s�. Esso indicava inoltre i motivi della guerra e
affermava che la guerra avrebbe condotto alla rivoluzione proletaria. Per questo di quei
socialisti che dopo aver firmato il Manifesto sono passati dalla parte dei loro
governi capitalisti diciamo che hanno tradito il socialismo. I socialisti si sono scissi
in tutto il mondo. Ad alcuni son toccati i ministeri, ad altri le carceri. In tutto il
mondo una parte dei socialisti predica la partecipazione alla guerra, mentre altri,
come Eugene Debs, il Bebel americano, cos� stimato dagli operai americani, dichiarano:
"Meglio morire fucilato che dare un solo centesimo per questa guerra! Io sono pronto
a combattere, ma soltanto in una guerra del proletariato contro i capitalisti di tutto il
mondo". Cos� si sono scissi i socialisti nel mondo intero. I socialpatrioti di tutti
i paesi sono convinti di difendere la patria. Ma sbagliano, perch� difendono gli
interessi di un gruppo di capitalisti contro un altro gruppo. Noi predichiamo la
rivoluzione proletaria, l'unica causa giusta per la quale decine di uomini sono stati
impiccati e centinaia e migliaia di uomini sono stati gettati in carcere. I socialisti
imprigionati sono una minoranza, ma hanno dalla loro la classe operaia, hanno dalla loro
tutto lo sviluppo economico. Tutto questo ci dice che non esiste altra soluzione. Alla
guerra in corso si pu� mettere fine soltanto con la rivoluzione operaia in alcuni paesi.
Intanto dobbiamo preparare questa rivoluzione, facilitarla. Il popolo russo, con tutto il
suo odio per la guerra e con tutta la sua volont� di pace, non poteva far altro, fino a
quando la guerra era condotta dallo zar, che preparare la rivoluzione contro lo zar e
abbattere lo zar. Cos� � stato. La storia ve lo ha confermato ieri e ve lo confermer�
domani. Da molto tempo dicevamo: bisogna spingere avanti la rivoluzione russa in ascesa.
L'abbiamo dichiarato alla fine del 1914. Per questo sono stati deportati in Siberia i
nostri deputati alla Duma. A quel tempo ci obiettavano: "Ma voi non date una
risposta. Incitate alla rivoluzione nel momento in cui gli scioperi sono finiti, in cui i
deputati si trovano ai lavori forzati, in cui non c'� pi� un solo giornale!". Ci si
accusava di voler eludere la domanda. Queste accuse, compagni, le abbiamo udite ripetere
per anni. E noi rispondevamo: potete ben indignarvi, ma, fino a quando lo zar non sar�
rovesciato, non ci sar� niente da fare contro la guerra. E la nostra previsione si �
avverata. Non si � avverata pienamente, ma gi� comincia ad avverarsi. La rivoluzione
comincia a modificare il carattere della guerra condotta dalla Russia. I capitalisti
continuano la guerra e noi diciamo: fino a quando, la rivoluzione operaia non si
realizzer� in alcuni paesi, la guerra non potr� finire, perch� il potere rester� nelle
mani di coloro che vogliono questa guerra. Ci si dice: "Tutto sembra dormire in molti
paesi. In Germania tutti i socialisti sono favorevoli alla guerra, il solo Liebknecht �
contrario". Rispondo: questo solo Liebknecht rappresenta la classe operaia, le
speranze di tutti sono riposte soltanto in lui, nei suoi seguaci, nel proletariato
tedesco. Non credete a questo? Ebbene, continuate la guerra! Non c'� altra soluzione. Se
non credete in Liebknecht, se non credete nella rivoluzione degli operai, se non credete
nella rivoluzione che sta maturando, se non credete in tutto questo, allora prestate fede
ai capitalisti!
Nessuno, tranne la rivoluzione
operaia in alcuni paesi, uscir� vincitore da questa guerra. La guerra non � un giuoco,
la guerra � una cosa mostruosa, che costa milioni di vite umane e a cui non � facile
mettere fine.
I soldati al fronte non possono
staccarsi dallo Stato e decidere per proprio conto. I soldati al fronte sono una parte del
paese. Fino a che lo Stato � in guerra, il fronte non far� che soffrire. Non c'� niente
da fare. La guerra � stata provocata dalle classi dominanti, solo la rivoluzione della
classe operaia potr� metterle fine. E la rapidit� con cui avrete la pace dipender�
soltanto dallo sviluppo della rivoluzione. Non basta dire frasi sentimentali, non basta
dichiarare: forza, smettiamo subito questa guerra! Per farlo � necessario lo sviluppo
della rivoluzione. Quando il potere sar� passato nelle mani dei soviet dei deputati degli
operai, dei soldati e dei contadini, i capitalisti si pronunceranno contro di noi: il
Giappone sar� contro, cos� la Francia, cos� l'Inghilterra, cos� i governi di tutti i
paesi. Contro di noi si schiereranno i capitalisti, saranno con noi gli operai. Allora si
metter� fine alla guerra scatenata dai capitalisti. Ecco la risposta da dare a chi
domanda come metter fine alla guerra.
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