In questa pagina si
riportano riflessioni, pensieri, discorsi,
lettere, ecc. del Santo Padre, di Cardinali,
Vescovi e/o Sacerdoti, scelti dal webmaster,
ritenuti interessanti per il lettore. |
Risposta
e saluto al Sindaco di La Spezia - Cattedrale di
Cristo Re, saluto alle autorità - La Spezia, 1
marzo 2008
Molte sono le cose che uniscono quanti
si impegnano a servizio del progresso integrale
della persona che va sempre posta come fine di
ogni progetto: culturale, sociale, politico,
ecclesiale; speriamo che, per il futuro, queste
cose che uniscono siano sempre di più.
La persona, però, non può essere
considerata attraverso la sola ragione
strumentale, ridotta a puro oggetto di
calcolo - a prescindere dalla domanda sul senso
-, ciò ne impedirebbe una visione a 360 gradi e
la percezione piena della dignità, non ne
permetterebbe la vera realizzazione; in tal modo,
si smarrirebbe ciò che la caratterizza nella sua
unicità ed irripetibilità: ciò che la rende
persona.
Qui vorrei spendere - con spirito
costruttivo - una parola sul tema della laicità.
La Chiesa intende una laicità scevra da ogni
tipo di invadenze; ed esistono differenti tipi di
invadenze; oltre allo Stato
confessionale/religioso, che impone un dettato di
fede alla comunità politica, esiste anche lo
Stato confessionale/laicista che, per es.,
pretende comprime la sfera religiosa nel chiuso
della coscienza individuale e, anche, lo Stato
confessionale/scientista che fa, della scienza,
un assoluto, per cui ciò che si ottiene in
laboratorio, di fatto, è lecito anche in ambito
etico.
Torniamo alla persona, di fronte ad
essa, Chiesa, Stato, scienza, sono invitati
semplicemente a riconoscerne la dignità, a non
strumentalizzarla mai, a trattarla sempre come
fine; il valore/dignità della persona non è una
verità cattolica; si tratta, allora, di
riconoscerne le prerogative e i diritti, ad
iniziare dal diritto primo, alla vita, da
garantirsi, soprattutto, nei momenti di
fragilità e bisogno; quindi, sana laicità da
parte della Chiesa dello Stato, della scienza
significa - semplicemente - riconoscere i
valori/diritti che precedono la Chiesa, lo Stato
e la scienza e che, in ultima istanza, vengono
colti dalla retta ragione non ideologizzata e che
non possono essere imposti, in alcun modo, né
dalla Chiesa, né dallo Stato, né dalla scienza.
Questa è la laicità di cui la Chiesa parla e
che propone.
Ora, la fede, per il tramite della
ragione - quindi nel rispetto della laicità,
ossia non imponendo valori religiosi -, genera
cultura; così, ogni cultura che laicamente si
ispira allEvento cristiano, si caratterizza
a partire dal Dio Creatore e Padre, quindi, per
il tramite della ragione, al Dio logos/ragione
e al Dio amore/misericordia; tali
culture, storicamente, hanno prodotto le grandi
Cattedrali, le Somme Teologiche, le Università -
di cui, fin dallinizio, fa parte la
Facoltà di Teologia -, ma anche gli Ospedali,
gli Ospizi, i luoghi di accoglienza dellumanità
affaticata e oppressa: bambini, anziani,
incurabili.
Il legame ragione/fede e
giustizia/carità va inteso correttamente.
Ragione/fede e giustizia/carità sono ambiti
distinti, non conflittuali, chiamati a cooperare
in vista del bene integrale della persona che si
dà, solo, allinterno di una società
capace dinstaurare relazioni umane
rinnovate, segnate, cioè, dai valori della
riconciliazione, del perdono, della misericordia;
il vero bene comune, infatti, risulta minacciato
sia da una ragione debole, che si dichiara
impotente di fronte ai problemi della realtà,
sia da una razionalità arrogante, chiusa in se
stessa, sia da unetica individualista che
dimentica laltro.
Al bene comune - che non può
prescindere dalla irripetibilità e dignità
della persona - e nel rispetto delle competenze,
la Chiesa desidera contribuire, con risposte
positive, alle attese della gente. E la Chiesa,
che conosce gli uomini e - come ebbe a dire Paolo
VI - è maestra in umanità, ritiene di poter
dire, con amore, la sua parola di fronte a tali
aspettative. |
E' noto l'amore di Papa
Benedetto XVI per la musica sacra:
Leggiamo nel capitolo IX del
volume Rapporto sulla fede. Vittorio Messori a
colloquio con Joseph Ratzinger, edito nel 1985
dalla San Paolo: "(...) è divenuto sempre
più percepibile il pauroso impoverimento che si
manifesta dove si scaccia la bellezza e ci si
assoggetta solo all'utile. L'esperienza ha
mostrato come il ripiegamento sull'unica
categoria del 'comprensibile a tutti' non ha reso
le liturgie davvero più comprensibili, più
aperte, ma solo più povere. Liturgia 'semplice'
non significa misera o a buon mercato: c'è la
semplicità che viene dal banale e quella che
deriva dalla ricchezza spirituale, culturale,
storica". "Anche qui si è messa da
parte la grande musica della Chiesa in nome della
'partecipazione attiva': ma questa
'partecipazione' non può forse significare anche
il percepire con lo spirito, con i sensi? Non
c'è proprio nulla di 'attivo' nell'ascoltare,
nell'intuire, nel commuoversi? Non c'è
qui un rimpicciolire l'uomo, un ridurlo alla sola
espressione orale, proprio quando sappiamo che
ciò che vi è in noi di razionalmente cosciente
ed emerge alla superficie è soltanto la punta di
un iceberg rispetto a ciò che è la nostra
totalità? Chiedersi questo non significa certo
opporsi allo sforzo per far cantare tutto il
popolo, opporsi alla 'musica d'uso': significa
opporsi a un esclusivismo (solo quella musica)
che non è giustificato né dal Concilio né
dalle necessità pastorali". "Una
Chiesa che si riduca solo a fare della musica
'corrente' cade nell'inetto e diviene essa stessa
inetta. La Chiesa ha il dovere di essere anche
'città della gloria', luogo dove sono raccolte e
portate all'orecchio di Dio le voci più profonde
dell'umanità. La Chiesa non può appagarsi del
solo ordinario, del solo usuale: deve ridestare
la voce del Cosmo, glorificando il Creatore e
svelando al Cosmo stesso la sua magnificenza,
rendendolo bello, abitabile, umano".
S.E. Rev.ma
Mons. FRANCESCO MORAGLIA
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ANGELUS del Santo Padre nel giorno
della solennità della nascita di S.Giovanni
Battista
Piazza
San Pietro, Domenica, 24 giugno 2007
Cari fratelli e sorelle,
questoggi, 24 giugno, la
liturgia ci invita a celebrare la solennità
della Nascita di San Giovanni Battista, la cui
vita è tutta orientata a Cristo, come quella
della madre di Lui, Maria. Giovanni Battista è
stato il precursore, la "voce" inviata
ad annunciare il Verbo incarnato. Perciò,
commemorare la sua nascita significa in realtà
celebrare Cristo, compimento delle promesse di
tutti i profeti, dei quali il Battista è stato
il più grande, chiamato a "preparare la
via" davanti al Messia (cfr Mt
11,9-10).
Tutti i Vangeli iniziano la
narrazione della vita pubblica di Gesù con il
racconto del suo battesimo nel fiume Giordano ad
opera di Giovanni. San Luca inquadra
lentrata in scena del Battista con una
cornice storica solenne. Anche il mio libro Gesù
di Nazaret prende le mosse dal battesimo di
Gesù al Giordano, evento che ebbe enorme
risonanza ai suoi tempi. Da Gerusalemme e da ogni
parte della Giudea la gente accorreva per
ascoltare Giovanni Battista e farsi da lui
battezzare nel fiume, confessando i propri
peccati (cfr Mc 1,5). La fama del profeta
battezzatore crebbe a tal punto che molti si
domandavano se fosse lui il Messia. Ma egli
sottolinea levangelista - lo negò
recisamente: "Io non sono il Cristo" (Gv
1,20). Egli comunque resta il primo
"testimone" di Gesù, avendone ricevuto
indicazione dal Cielo: "Luomo sul
quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è
colui che battezza in Spirito Santo" (Gv
1,33). Questo precisamente accadde quando Gesù,
ricevuto il battesimo, uscì dallacqua:
Giovanni vide scendere su di Lui lo Spirito come
una colomba. Fu allora che "conobbe" la
piena realtà di Gesù di Nazaret, e iniziò a
farlo "conoscere a Israele" (Gv
1,31), indicandolo come Figlio di Dio e redentore
delluomo: "Ecco lAgnello di Dio,
che toglie il peccato del mondo" (Gv
1,29).
Da autentico profeta, Giovanni
rese testimonianza alla verità senza compromessi.
Denunciò le trasgressioni dei comandamenti di
Dio, anche quando protagonisti ne erano i
potenti. Così, quando accusò di adulterio Erode
ed Erodiade, pagò con la vita,
sigillando col martirio il suo servizio a Cristo,
che è la Verità in persona. Invochiamo la sua
intercessione, insieme con quella di Maria
Santissima, perché anche ai nostri giorni la
Chiesa sappia mantenersi sempre fedele a Cristo e
testimoniare con coraggio la sua verità e il suo
amore per tutti.
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PAROLE DI SUA SANTITÀ
BENEDETTO XVI AL TERMINE DEL CONCERTO DI CORI DI
MONTAGNA OFFERTO DALLA DIOCESI DI BELLUNO-FELTRE
Castello
di Mirabello (Lorenzago di Cadore)
Venerdì, 20 luglio 2007
L'educazione al canto, a
cantare in coro, non è solo un esercizio
dell'udito esteriore e della voce; è anche
un'educazione dell'udito interiore, ludito
del cuore, un esercizio e un'educazione alla vita
e alla pace. Cantare insieme, in coro, e tutti i
cori insieme, esige attenzione all'altro,
attenzione al compositore, attenzione al maestro,
attenzione a questa totalità che chiamiamo
musica e cultura, e, in tal modo, cantare
in coro è un'educazione alla vita,
un'educazione alla pace, un camminare insieme,
come
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ANGELUS
Palazzo
Apostolico, Castel Gandolfo
Domenica, 19 agosto 2007
Cè
unespressione di Gesù, nel Vangelo di
questa domenica, che attira ogni volta la nostra
attenzione e richiede di essere ben compresa.
Mentre è in cammino verso Gerusalemme, dove lo
attende la morte di croce, Cristo confida ai suoi
discepoli: "Pensate che io sia venuto a
portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la
divisione". E aggiunge: "Dora
innanzi in una casa di cinque persone si
divideranno tre contro due e due contro tre;
padre contro figlio e figlio contro padre, madre
contro figlia e figlia contro madre, suocera
contro nuora e nuora contro suocera" (Lc
12,51-53). Chiunque conosca minimamente il
Vangelo di Cristo, sa che è messaggio di pace
per eccellenza; Gesù stesso, come scrive san
Paolo, "è la nostra pace" (Ef
2,14), morto e risorto per abbattere il muro
dellinimicizia e inaugurare il Regno di Dio
che è amore, gioia e pace. Come si spiegano
allora queste sue parole? A che cosa si riferisce
il Signore quando dice di essere venuto a portare
secondo la redazione di san Luca la
"divisione", o secondo quella di
san Matteo la "spada" (Mt
10,34)?
Questa espressione
di Cristo significa che la pace che Egli
è venuto a portare non è sinonimo di semplice
assenza di conflitti. Al contrario, la
pace di Gesù è frutto di una costante lotta
contro il male. Lo scontro che Gesù è deciso a
sostenere non è contro uomini o poteri umani, ma
contro il nemico di Dio e delluomo,
Satana. Chi vuole resistere a questo
nemico rimanendo fedele a Dio e al bene deve
necessariamente affrontare incomprensioni e
qualche volta vere e proprie persecuzioni.
Perciò, quanti intendono seguire Gesù e
impegnarsi senza compromessi per la verità
devono sapere che incontreranno opposizioni e
diventeranno, loro malgrado, segno di divisione
tra le persone, addirittura allinterno
delle loro stesse famiglie. Lamore per i
genitori infatti è un comandamento sacro, ma per
essere vissuto in modo autentico non può mai
essere anteposto allamore di Dio e di
Cristo. In tal modo, sulle orme del Signore
Gesù, i cristiani diventano
"strumenti della sua pace",
secondo la celebre espressione di san Francesco
dAssisi. Non di una pace inconsistente e
apparente, ma reale, perseguita con coraggio e
tenacia nel quotidiano impegno di vincere il male
con il bene (cfr Rm 12,21) e pagando di
persona il prezzo che questo comporta.
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Discorso tenuto dal Santo Padre Benedetto
XVI durante il ricevimento nel Palazzo Apostolico
di Castel Gandolfo del Signor Jozef Dravecky,
nuovo Ambasciatore della Slovacchia in occasione
della presentazione delle Lettere Credenziali. In merito all'educazione, Papa Benedetto
XVI ha affermato: "E importante che gli
Stati continuino a garantire alla Chiesa la
libertà di istituire e dirigere scuole
cattoliche, offrendo ai genitori l'opportunità
di scegliere strumenti educativi che promuovano
la formazione cristiana dei loro figli. (...)
Un'educazione solida che alimenti tutte le
dimensioni della persona umana, compresa la
dimensione religiosa e spirituale, è
nell'interesse della Chiesa e dello Stato. In tal
modo, i giovani possono prepararsi ad assumere i
doveri civili nel raggiungimento dell'età
adulta".
"La famiglia" - ha
continuato il Pontefice - "è il nucleo nel
quale una persona apprende l'amore umano e dove
coltiva le virtù della responsabilità, della
generosità e della sollecitudine fraterna. Le
famiglie solide si edificano sulla base di
matrimoni solidi. Le società solide devono fare
tutto il possibile per promuovere politiche
economiche e sociali che aiutino le giovani
coppie e che rispondano al loro desiderio di
creare una famiglia".
Il Santo Padre ha sottolineato
che: "Lo Stato, lungi dal rimanere
indifferente al matrimonio, deve riconoscere,
rispettare e sostenere tale venerabile
istituzione, la stabile unione fra uomo e donna
che desiderano assumersi un impegno di amore e di
fedeltà per tutta la vita".
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