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ARTE NELLA CHIESA DI S. GIOVANNI BATTISTA IN MIGLIARINA

a cura di Ferdinando Carrozzi

Lo scorso 29 giugno, è stato presentato ai parrocchiani un nuovo volume di Gianni Donati, dal titolo "Arte nella Chiesa di San Giovanni Battista a Migliarina". Nell'occasione l'ing. Ferdinando Carrozzi ha tenuto una relazione storico-artistica, di cui pubblichiamo di seguito il testo.

 

Diversi decenni fa, una forma di aggregazione della comunità parrocchiale era il ritrovarsi, generalmente nel pomeriggio della domenica, in una sala attrezzata per assistere ad una rappresentazione teatrale. Noi, in piazza Brin, nella chiesa della Scorza, era il ritrovarsi nel "teatrino", qui, in San Giovanni di Migliarina il locale veniva chiamato più propriamente "grazioso teatro".

Bene! Il titolo del libro che ho sotto gli occhi: "Arte nella Chiesa di San Giovanni Battista in Migliarina" di Gianni Donati e che ho il compito di farvi conoscere, ha richiamato alla mia memoria un attore che, muovendosi nel palcoscenico zoppicando come uno storpio e con la voce roca dello stregone nel silenzio più assoluto del pubblico, diceva, più volte "che cosa è l'arte". Non vi nascondo che questa frase si è presentata più volte alla mia mente, avete certamente capito che l'apprendista attore ero io, ma non penso di esporvi le risposte che mi sono dato nel corso degli anni; recentemente, mi ha colpito una affermazione: "l'arte è preghiera". Affermazione che è magistralmente adombrata nella conclusione del libro, là ove si dice: "...la compostezza e le opere d'arte di un edificio ecclesiastico... invitano a volgere lo sguardo verso l'alto".

L'arte è sempre il prodotto di una condizione di civiltà e di cultura e la ricerca storica ne ha rintracciato incontestabili documenti fin da una fase alquanto remota dello sviluppo umano, tanto che possiamo risalire fino al paleolitico superiore, all'incirca tra 40.000 e 15.000 anni or,sono, per riconoscere il collegamento di questi documenti con una determinata organizzazione sociale e con un certo grado di sviluppo tecnico.

Non è difficile dimostrare che i valori artistici sono sempre in relazione strettissima con tutti gli aspetti della vita associata e con i relativi modi di comportamento; con la ritualità del culto; con la professione religiosa; con il culto dei morti; con la propaganda degli ideali religiosi.

Le nuove frontiere aperte dalla paleontologia dimostrano che l'uomo, nel suo cammino storico, mostra di credere in una realtà che lo supera: la sua religiosità si afferma nell'arte. Significative per noi sono le testimonianze di epoca neolitica presenti nelle incisioni rupestri della Val Camonica a nord di Brescia. Nella roccia sono incise figure di oranti con le braccia alzate al cielo, verso simboli solari e celesti, ed è interessante notare che quelle rocce sono rivolte di fronte al sole nascente.

C'è però un nesso ancor più intimo tra arte e preghiera, dice il salmista: "...Quanto sono grandi Signore, le tue opere! Tutto hai fatto con saggezza, la terra è piena delle tue creature". La Bibbia insegna ancora che anche l'uomo è "creativo", fatto "a immagine e somiglianza di Dio", e questa spinta umana verso una creatività analoga a quella divina è il rapporto tra creatura e Creatore: è l'orizzonte della preghiera. Giovanni Paolo II scriverà nella "Lettera agli artisti" del 1999: "l'intuizione artistica scaturisce dal profondo dell'animo umano, là dove l'aspirazione a dare un senso alla propria vita si accompagna alla percezione fugace della bellezza e della misteriosa unità delle cose". L'arte, espressione di vita di una comunità, piccola o grande che sia; arte, specchio dei suoi ideali, del suo collocarsi nella storia; arte, esplosione del suo "grazie" alla Realtà che lo ha generato.

Il libro del Prof. Donati è perfettamente aderente a questi concetti ed ha inoltre il pregio di legarsi strettamente con le pagine da lui scritte nell'ormai lontano 1988, quando ha redatto "Migliarina e la sua parrocchia". E' significativo il\par fatto che l'autore abbia voluto chiamare questa sua nuova fatica "parte seconda". Non posso non rimarcare che quelle pagine, storia di una parrocchia, sono una preziosa ricerca ed un grande atto di amore verso il proprio campanile.

Con riferimento a questo primo volume richiamo alla vostra memoria la riproduzione del quadro di Oriente Moretti "Migliarina nel 1929". Il quadro rappresenta l'umile chiesetta posta all'incrocio di due strade di accesso alla città che va ingrandendosi: la via di Pisa o Aurelia ed il collegamento con la via di Parma attraverso Albiano, la Cisa. La chiesetta è il fulcro di una periferia che non vuol rimanere avulsa dal centro, anche se esso appare lontano e separato da una piana malsana. Ricordo la fatica e il sudore per percorrere l'interminabile "vialone" polveroso, sopraelevato fra campi.

Ad avvalorare l'idea dell'aria malsana nella piana orientale hanno contribuito i Cappuccini che attorno alla metà del 1400 si insediarono sul crinale del colle, chiamato allora "Cavo de' Ferrari", quello ove, oggi, spianato, giganteggia la nuova Cattedrale. E' da notare che essi presero il posto dei Frati riformati di S. Francesco che, accortisi dell'inconveniente, preferirono trasferirsi nella piana di San Vito. I Cappuccini dicevano che i fraticelli che dormivano sul lato orientale del convento, verso la piana, si ammalavano costantemente di malaria, mentre quelli che riposavano a ponente, verso la città, stavano sempre bene.

Ritornando al nostro quadro, il senso di tristezza che ci assale osservando i tetti, le strade innevate, l'edificio chiesa disadorno e cadente è vinto dall'imponenza della mole del nuovo edificio religioso che appare nel cielo grigio. L'apostolo Pietro sul Tabor, dopo la Trasfigurazione di Gesù, desiderò erigere tre tende: una per Gesù, una per Mosè ed una per Elia, per prolungare la gioia del momento. Ben altri compiti lo aspettavano! La comunità cristiana di Migliarina è riuscita ad edificare la sua tenda di pietra: bella, grande, capace di accogliere in preghiera tutti quanti si sono addensati attorno al grumo di case di un bivio importante. Ma l'impegno di questa comunità non si è limitato a raccogliere "soldo dopo soldo" per la calce, per i mattoni, per gli operai, ma è stata capace di esprimere fra i suoi stessi membri coloro che direttamente hanno contribuito ad edificarla e ad abbellirla. Dalle pagine di questa nuova fatica di Gianni Donati emerge vigorosa questa partecipazione.

Ad ogni rigo l'autore par voglia dirci: "... Badate! Per edificare e abbellire la nostra tenda non siamo stati attori passivi. In questo sacro edificio c'è anche l'opera di chi ha camminato nelle nostre strade, di chi accanto a noi ha pregato ed ha saputo, con la sua arte, indirizzare i nostri sguardi al cielo". E viene alla nostra memoria la vegliarda figura dell'architetto Ermelindo Panconi che con l'ardore e la scienza della sua giovinezza trasformò il disegno in muri. Fu anche prezioso e saggio consigliere nelle varie fasi di completamento, ed ha il merito di essere stato costantemente legato all'unità progettuale. Accanto a lui si staglia nitida e forte la figura di Rino Mordacci. Privilegio immenso! Tutta la sua vita artistica è stata una preghiera nel suo S. Giovanni. E' sufficiente volgere lo sguardo attorno, per avvertire quanto forte sia la sua presenza. Ed a questi giganti legati allo svettante campanile che rincuorava il recluso Moretti, prigioniero nell'estremo ponente del Golfo, dobbiamo aggiungere altri artisti non meno importanti e bravi.

La pagina autobiografica del Moretti, che ho citato dal libro (pag. 21), mi consente di sottolineare con quanta misura e compostezza viene presentata l'opera di Renato Manfredi che nella Cappella del SS. Sacramento ha avuto il compito di mantenere viva la memoria del martirio subito dalla comunità migliarinese durante l'occupazione tedesca. La citazione della confidenza dell'artista che viene integralmente riportata ci svela il pensiero che ha guidato la sua mano e ci aiuta meglio a comprenderne l'opera.

E' questo uno dei pregi più notevoli del libro di Gianni da sottolineare: cioè il garbo con il quale le opere d'arte sono presentate, non solo dalla copiosa rappresentazione fotografica - non ne è trascurata alcuna - ma anche per il loro inserirsi nella storia quotidiana della chiesa, per il loro presentarsi con un ampio bagaglio di spiegazioni, di chiarimenti, capaci di condurci per mano alla loro corretta interpretazione.

Artisti, opere d'arte, parroci balzano alla nostra attenzione con un unico testimone da trasmettere: fare bella la chiesa. E nelle fasi di questa meta da raggiungere troviamo: l'ardore e l'entusiasmo giovanile di don Giovanni Cuffini, che ha pensato ad un tempio grande, rimasto, purtroppo, nei suoi sogni per la immatura scomparsa; la volontà tenace di don Stefano Danè che, pietra su pietra, anno dopo anno, ha finalmente raccolto la comunità sotto un grande tetto; il sacrificio e la sofferenza di don Giovanni Bretoni che "salì con la sua gente il calvario della tortura"; la feconda intelligenza e giovialità di spirito di don Roberto Cadirola che ha fatto palpitare la chiesa "nuda e fredda" in un fremito d'arte e d'amore; don Luigi che, uso le parole di Donati, "...consegna ai posteri un Tempio che, per l'aspetto devozionale e per il patrimonio artistico conservato, riempie d'orgoglio gli abitanti del quartiere".

Il libro presenta ed illustra tutte le opere inserite nella chiesa, anche le più umili e nascoste ma che contribuiscono a darvi unità e decoro. Dal Maestro Sergio Chierici, poi, è raccontata con scrupolosa documentazione storica la stessa vicenda dello strumento capace di far vibrare il nostro cuore quando spande le sue armonie nelle crociere gotiche. Ma non dimentico l'azzurro del cielo con le figure dei "Quattro Evangelisti" dispiegati nella volta del ciborio da Velio Pelliccia. Carlo Giovannoni, che con il suo crocifisso evoca lontane stagioni d'arte. Enrico Imberciadori, che nei suoi mosaici trasforma la mitezza della sua personalità in una vivace esplosione di colori che vibrano alla luce che illumina la piazza. Il delicato e palpitante incontro tra disegno e ceramica con il quale Fabrizio Mismas, con tecnica particolare, firma i "Misteri della Luce". A queste opere, a questi artisti, sono da aggiungere i due quadri donati da benefattori che costituiscono un ideale collegamento con la storia dell'arte. Debbo ancora sottolineare, tra i pregi del volume, la cura e la proprietà della sua realizzazione, e di questi meriti va dato atto all'editore.

Fra qualche minuto il suono della campanella annuncerà che don Luigi salirà all'altare per "proporci il nutrimento che santifica". Ho tratto questa definizione della Santa Messa da una poesia di Anna Maria De Ghisi "Prima del tuo Calvario"; il contesto 3 così recita:

Prima del tuo Calvario

volesti con l'uva e la spiga

proporci il nutrimento che santifica

per restare con noi, tempo senza tempo.

E' preghiera espressa con arte poetica! Nell'ascendere, don Luigi ricorderà con trepidazione quando cinque decenni fa, supino nel Presbiterio, ha consacrato la sua giovinezza, la sua vita al servizio del Signore e dei fratelli. Con affetto partecipiamo a questo suo evento, ringraziamo il Padre di averci consentito di essere stati testimoni, pur non sempre coerenti nella nostra vita cristiana, della sua totale dedizione, della fedeltà alla sua promessa. Grazie per avermi ascoltato.

La Spezia, 27 giugno 2007, San Ladislao. ing. Ferdinando Carrozzi

 
 

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