copertina dell'edizione Rizzoli 1957, GRAZIE ad Antonello!

Le vie del vento

(la prima pagina)

A una a una, le vecchie barche cariche di studenti stavano tornando verso la riva del fiume, dietro il palazzo dell'universit�. In testa c'era, come al solito, la Carolina, reduce vittoriosa dalla quotidiana battaglia a base di speronate, spruzzi e torsoli di mela. L'anno precedente, la Carolina era sempre l'ultima a tornare a riva, quest'anno era sempre la prima. I suoi passeggeri, noti nel piccolo centro universitario di Centino come "quelli di Foscano", non sembravano pi� tanto ansiosi di perdere il treno delle cinque. Tutti, a Centino, erano d'accordo nel dire che quelli di Foscano erano cambiati. E non solo perch� due elementi degli anni scorsi mancavano ed erano stati sostituiti da un solo elemento femmina (che contava, in verit�, almeno per tre). Era lo spirito collettivo che era cambiato.
Giuliano Rigoli, biondo, scamiciato e bellissimo come sempre, anche adesso che era marito e padre, remava a tutta forza, con aria colpevole. Se avesse perso il treno, Elena, sua moglie (che cosa buffa!) avrebbe pianto di nuovo. Da che era nato Robertino, Elena piangeva con una facilit� impressionante. Piangeva e allattava, allattava e piangeva. Giuliano tir� un profondo sospiro. Voleva molto bene a Elena. E adorava Robertino, che a quaranta giorni era gi� un fenomeno. Avrebbe soltanto desiderato che piangessero un po' meno, tutti e due. Specialmente di notte. Un uomo dovrebbe poter riposare, la notte. Se andavano avanti cos�, forse non sarebbe riuscito a laurearsi nemmeno quest'anno, pens� Giuliano, speranzoso. Non che avesse pi� bisogno della laurea, lo diceva anche l'orefice, suo suocero: il suo avvenire, diceva, era ormai nell'oreficeria. Ma lui gli aveva fieramente risposto che la sua laurea se la sarebbe presa lo stesso. Quella decisione, che tanto aveva aumentato la stima dell'ingenuo orefice nel suo decorativo genero, aveva permesso a Giuliano di frequentare, almeno per un anno ancora, l'universit� di Centino: e quindi il fiume, la Carolina, il caff� degli studenti e... E basta. Le ragazze, pens� virtuosamente Giuliano, non lo riguardavano pi�. Il fatto era che quando le ragazze sanno che un tizio � marito e padre, puoi sorridere e buttare indietro il ciuffo, puoi mostrare i muscoli, puoi metterti di fronte e di profilo... hai voglia! Non ti prendono sul serio. Per�... Su quel "per�" il senso di colpa di Giuliano aument� vertiginosamente, e di conseguenza aumentarono le remate. "Forza, paparino!", lo incitavano perfide voci femminili dalle barche sconfitte. "Torna a casa, se no tua moglie ti picchia!". E questi altri scemi gi� tutti a ridere, huu, huu, che ridere!
Questi altri scemi consistevano in due ragazzi e due ragazze, meno belli, meno ansiosi, e meno colpevoli di lui. Tre erano elementi della "vecchia guardia", arcinoti a Centino da diversi anni. Claudia Remi, la bruttona dalla lingua tagliente, brillantissima laureanda in lettere, era seduta sul sedile centrale, tra gli inseparabili Ettore Druetti e Nino Tumminelli; la sua aspra infelicit� di ragazza brutta e povera, che l'aveva resa per anni un elemento negativo e spesso insopportabile, si era insensibilmente attenuata e trasformata. Claudia era sempre brutta, naturalmente, e lo sarebbe sempre stata: soltanto, si stava rassegnando a esserlo. Non parlava pi� tanto spesso di problemi sessuali e di curiosit� psicologiche, e la sua dolorosa, corrosiva malignit� si era ammorbidita in un atteggiamento che era solo spiccio e cameratesco.
"Non te la prendere cos�" disse quasi maternamente a Giuliano. "Sai che il treno delle cinque � sempre in ritardo."
Senza rispondere, Giuliano continu� a remare come un galeotto.
"Ma guardatelo!" ridacchi� Ettore, il figlio del droghiere di Foscano, altro elemento della vecchia guardia. "Nobile esempio di capo famiglia."
"Se il colonnello suo padre fosse qui", disse con voce commossa Nino Tumminelli, il figlio dell'avvocato, "avrebbe le lacrime agli occhi: quali sacrifici compie suo figlio, pur di prendere la laurea." Di sacrifici, veramente, non ne faceva molti neanche Nino. Fuori corso da due anni, non vedeva che ragione ci fosse di affrettarsi, dato che lo studio legale paterno andava avanti benissimo senza di lui. Era un ragazzo esteriormente estroso e interiormente pignolo, sempre preoccupato della propria salute e delle proprie piccole manie. Gli anni precedenti, la sua "estrosit�" consisteva in pantaloni attillati con spacchetto, sensazionali camicie cachemire, e monocolo. Ora, col sopravvento della pignoleria sulle sue vaghe aspirazioni artistiche, gli era rimasto di quei segni solo il monocolo.
Proprio come a Ettore Druetti erano rimaste, delle sue velleit� sovversivo-intellettuali, soltanto la cravatta rossa e le unghie non troppo pulite: tutto il resto si era normalizzato, compresi i capelli, che non lo facevano pi� simile a un leone selvaggio, ma piuttosto a una pecora tosata e lentigginosa. In quel momento, Ettore era preoccupato soprattutto dal fatto che sua sorella Anna (l'elemento nuovo), in piedi sul sedile di poppa, sembrava sul punto di cadere in acqua ad ogni robusto colpo di remo di Giuliano. Oh Dio, anche la sorella piccola da curare, adesso. Tutte a lui le grane.
"E mettiti a sedere, una buona volta!" grid� inferocito. "Matricola infernale!".
La sorella piccola non si sogn� nemmeno di dargli retta. Non gli dava mai retta. Non dava mai retta a nessuno, in verit�. A diciotto anni, Anna Druetti non era solo una matricola infernale, ma una sorella infernale, una figlia infernale, quarantacinque chili di ragazza tutta infernale. Il droghiere suo padre non perdeva occasione per chiedere a sua moglie, in tono vagamente accusatore: "Ma da chi avr� preso? Noi Druetti siamo tutti gente tranquilla...". Se fosse stato presente in quel momento, avrebbe chiuso gli occhi per non vederla e le orecchie per non sentirla: cosa che del resto faceva spesso.
Dritta sul bordo del sedile di poppa come una freccia vestita di rosso, con le calze arrotolate sulle caviglie, un fazzoletto legato intorno alla fronte e un temperino di suo fratello tra i denti, la matricola infernale ondulava paurosamente avanti e indietro col movimento della barca, continuando ad agitare bellicosamente le braccia contro le barche che li seguivano.
"Avanti, masnadieri della malora!" gridava ogni tanto togliendosi il temperino di bocca. "Fatevi sotto, se ne avete il coraggio! Butter� le vostre carogne in pasto ai pesci".
Ad ogni provocazione, fontane di spruzzi si rovesciavano sulla Carolina, con grave danno della ciurma e delizia di Anna, che rispondeva con mitraglie di torsoli e complicati insulti marinari.
"E piantala!" disse Nino, asciugandosi per la terza volta il monocolo.
"Mettiti seduta!" tuon� Ettore. "Te lo dico per l'ultima volta! Se-du-ta! Ma guarda se a uno deve capitare una sorella cos�".
"Povero fratellino", si vendic� Giuliano, non senza dare una furtiva occhiata alle snelle gambe di Anna che saltellavano a poppa. Accidenti, fino all'anno scorso era un paletto petulante che capitava tra i piedi nei momenti meno opportuni, e adesso� Distogliendo pudicamente gli occhi, Giuliano riprese: "Povero fratellino! Se la sorellina finisce dentro l'acquina, poi lui prende le botte dal paparino, poi!".
"Se finisce nell'acquina ", disse ferocemente Ettore, "ce la lascio dentro. Torner� a casa a nuoto ".
Il pirata di poppa volt� verso di lui la vivida faccetta triangolare: "Davvero mi lasceresti dentro, Ettore?", chiese rapita. Aveva gi� un piede fuori bordo.
"Aiuto! ", strill� Ettore. "Ragazzi, fermiamola!".
Conscia del proprio spirito di solidariet�, la vecchia guardia piomb� in massa sulla matricola infernale, abbattendola sul sedile di centro. Mentre Nino, Ettore e Claudia tenevano fermo per le gambe il pirata maledetto, Giuliano port� felicemente la barca in secco. "Le cinque meno due!", gemette appena ebbe messo piede a terra; e si mise a correre verso la stazione, con lo stile di un centometrista olimpionico. Anna fu la prima a seguirlo. Non che le premesse prendere il treno delle cinque. Ma le piaceva correre, e arrivare per prima alla stazione. Gli altri quattro seguivano sbuffando. Neppure loro avevano poi tanta fretta di tornare a Foscano. Ma la tradizione voleva che prendessero tutti lo stesso treno: era sempre stato cos�, anche quando Elena, ora moglie di Giuliano, e Dario Braglia, ora laureato in veterinaria, facevano parte del gruppo. E ai superstiti era rimasto un segreto ma profondo attaccamento a quelle che erano state le loro tradizioni per tanti buffi, indimenticabili anni. Perci�, sbuffando e lamentandosi, correvano tutti. I lazzi che provenivano dal fiume li seguirono fin nella piccola stazione.
Con grande sollievo di Giuliano, il treno era proprio in ritardo. E quando finalmente arriv� e si ferm� davanti a loro con un decrepito rumor di ferraglia, da un finestrino di prima classe si sporse un naso appuntito che tutta Foscano ben conosceva. Per un tacito accordo, i cinque finsero di non vederlo, e sgattaiolarono via verso una vettura di terza. Ma si erano appena seduti, e il trenino si era appena rimesso in moto, che lo stesso naso appuntito si present� sulla soglia dello scompartimento. Sopra il naso appuntito c'erano due occhi castani, leggermente divergenti, e sotto c'era un doppiopetto di pettinato grigio chiaro. Gianni Rizzi, figlio del farmacista e gazzettino ufficioso di Foscano, era un elegantone. Stile inglese.
"Oh, Dio", mormor� Giuliano.
Gli altri non dissero niente, ma l�"oh, Dio" era visibile sulle loro facce. Specialmente su quella di Anna.
"Ehil�!", disse giovialmente Gianni. "C'� un posticino per me?"
"Non dirmi che viaggi in terza " disse Anna. "Cosa ne penserebbero a Foscano? Non fa niente inglese, viaggiare in terza ".
Gianni non raccolse. "Sono stato a Roma per una fornitura della farmacia" disse con aria eroica. Per lui allontanarsi da Foscano non era una festa, ma una penitenza. Non sognava l'evasione, Gianni: il suo regno cominciava e finiva a Foscano, coi bisbigli, gli scandaletti, i pi� o meno trasparenti segreti di Foscano. Gianni aveva un fiuto particolare per i segreti dei suoi concittadini: ogni parola, ogni occhiata, ogni reticenza, ogni sfumatura facevano immediatamente vibrare intorno a lui delle invisibili e spesso infallibili antenne, che l'avevano reso molto popolare, ma anche parecchio temuto. In una cittadina come Foscano, pigra e curiosa, arretrata e caustica, un pettegolo era una potenza. Specialmente se era furbo e spiritoso: e Gianni lo era abbastanza.
"Vi ho visti salire, e ho pensato di venire qua con voi."
"Che pensiero gentile ", disse Claudia.
Gianni le diede una occhiata. "Quella racchiona", pens�, indulgente, "dev'essere piena di complessi". Ma non gli era antipatica. Nessuno del gruppo gli era pi� antipatico da quando Dario Braglia non ne faceva pi� parte. Da quasi un anno stava cercando di entrare nelle loro simpatie: era certo che ne sarebbero venute fuori di carine... Per il momento gli opponevano una snervante resistenza passiva, ma Gianni non si scoraggiava. Ci voleva altro.
Sedette vicino a Ettore offrendo in giro sigarette, che tutti accettarono, ben sapendo quanto fosse tirchio. Perfino Anna, che non fumava mai, prese la sigaretta e gli fece sprecare mezza bustina di fiammiferi per accenderla. Ma Gianni sopportava senza batter ciglio.
"Fa ancora un certo effetto " disse, affrontando subito l'argomento che lo solleticava, "vedervi privi di Dario Braglia ".
Nessuno rispose. Anna aveva il suo da fare a fumare la sigaretta senza mandarsi il fumo negli occhi e nell'esofago, e gli altri quattro guardavano fuori dal finestrino. Sebbene non se lo confessassero, faceva ancora un certo effetto anche a loro, essere privi di Dario. Certo, Dario non era mai stato veramente uno dei loro: era un essere a s�, incomprensibile e vagamente pericoloso.
Eppure...
"L'avevo sempre pensato, io", questa era una delle frasi tipiche di Gianni, "che sarebbe finita cos�. Dario non poteva durare a lungo con voi. Ma ci voleva la figlia della francese, perch� ve ne accorgeste". Gianni non pote' trattenere una risatina. "Soffiarvela sotto il naso in quel modo...".
Nino si pul� il monocolo con gesti oltraggiati. "Nessuno ci ha soffiato niente", disse. "Tessa non era certo pane per i nostri denti ".
"Non era pane", disse inaspettatamente Anna; " era un bel grappolo d'uva matura, e voialtri tante volpi con l'acquolina ".
"Che uva e che volpi!" disse Giuliano il bello. "Certo, un'avventura con una bella donna accomodante tutti possono...".
"Tessa non � accomodante!" lo interruppe Anna. "Lo sapete benissimo, tutti quanti ".
"Cosa pensi, che volessimo sposarla, per caso?" sogghign� Nino.
"Esatto" disse Anna, buttando via la sigaretta con una smorfia di disgusto. "L�avreste sposata tutti solo che lei avesse alzato un dito".


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