Brunella Gasperini: Uccellacci e uccellini

Scacciati senza polpa...

���Mai mi verrebbe in mente di catturare un uccello per metterlo in gabbia. Se vedo nei negozi o nei mercatini appositi quegli infelici merli o gazze o lucherini o altri uccelli nostrani catturati da poco, che si sbattono disperati contro le sbarre di quelle ignobili gabbiette, mi prende un tale senso di angoscia, di vera e propria claustrofobia, che li comprerei tutti per ridargli la libert� - come pi� volte � accaduto. Devo tenermi lontana dai mercatini.
���E allora com'� che abbiamo diciotto uccelli in casa? E' un discorso molto diverso. I nostri non sono uccelli nati liberi, sono uccelli nati in gabbia, importati in gabbia, destinati alla gabbia, e che non potrebbero mai sopravvivere se lasciati liberi nel nostro clima. In casa nostra, almeno, hanno delle voliere grandi, e la possibilit� quotidiana di volare per la casa e socializzare: il compagno della mia vita � un incantatore di uccelli, anche se non sa gorgheggiare come mio nonno.
���Cominci� quando eravamo in viale Zara. L� vicino c'era, due volte la settimana, uno dei mercatini di cui sopra, e il compagno della mia vita ci passava davanti tornando a casa. Ebbero cos� inizio i suoi sensi di colpa seguiti da omaggi di uccelli e uccellini. Uno dei primi � stato il Merlo. Era stato importato dall'India in maniera barbara, insieme ad altri che non erano sopravvissuti, non sapeva quasi volare e non sapeva affatto mangiare da solo, bisognava imboccarlo. Era un batuffolo nerastro spelacchiato che appena mi vedeva spalancava il becco emettendo dei suoni chiocci, tipo neonato che vuole il biberon. Per mesi l'ho nutrito infilandogli la pappa in gola col dito, parlandogli in continuazione, e nel giro di un anno � diventato quel che � tuttora, a pi� di dieci anni: un grosso, lucido uccello nero con becco giallo e carattere impertinente, che vola libero per la mia stanza, dorme su Moli�re o sulla mia testa, ride come me, tossisce come il mio compagno, parla con accento ora milanese ora marchigiano e canta con parole e intonazione perfetta inni di vario genere e colore: Scacciati senza colpa, Allons enfants, Donna lombarda, Nostra legge � la li-i-i-bert�, Avanti popolo, l'ACQUA s� che fa male. Ha le ideologie un po'confuse. Forse perch� gli ho fatto per tanto tempo da balia, il Merlo � l'unico che si sia affezionato soprattutto a me, anche se mi contesta spesso. Tutti gli altri volatili di casa mi gradiscono come vivandiera e come surrogato di albero, ma chi li addomestica e li incanta � il mio compagno con la sua segreta magia, che non ha spiegazioni logiche. E' un dono innato, credo, come il pollice verde. A volte con le sue due mag�e fa confusione, e l'altro giorno mi ha detto: "Guarda quante penne ha messo questa siepe".
Grazie a lui i nostri uccellini, canarini, ciuffolotti, verdini, cardinali rossi e verdi, usignoli del Giappone, sono una comunit� eterogenea, un po' come quella dei figli e cinquemila, ma molto pi� disciplinata. Quando apro le voliere come adesso e li faccio uscire, la stanza si riempie di frulli d'ala trilli gorgheggi ciangottii fischi e se telefona qualcuno che non sa ci resta secco. Pare la giungla. Farli rientrare, dopo, non � impresa da poco; bisogna attirarli uno per uno con voci di lusinga e leccornie supreme tipo biscotti savoiardi, insalata fresca, ricotta, vermi vivi e uova di formica, secondo i gusti di ciascuno; l'operazione richiede da un quarto d'ora a quaranta minuti, dipende dagli umori e dall'appetito. C'� anche un sistema pi� rapido, ma incivile, e consiste nel prendere un ombrello e spalancarlo di colpo in mezzo alla stanza: in un baleno gli uccellini si precipitano nelle voliere, accalcandosi come gente che vuol salire in tram, mentre il Merlo, acquattato dietro Moli�re, grida con voce stridula " Scacciati senza polpa ".
In casa nostra c'� un ombrello solo (il mio compagno li disdegna, io li perdo) ed � destinato unicamente a questo scopo. Ma ci ricorriamo con riluttanza, solo in momenti di assoluta emergenza. Adesso non � un momento di emergenza. Seduta sul cosiddetto tappeto tra cani e gatta, lascio che che gli uccellini svolazzino intorno, mi saltellino sulla testa, sulle braccia, sulle mani: il tocco lievissimo delle zampette sulla pelle � qualcosa che non si pu� descrivere, una sensazione diversa da tutte. e' anche il ricordo del Cip che ritorna.
Il guru dice che io amo gli uccelli per via del Cip. Che amo i cani per via del Baffo. Che amo i gatti per via della Pussi. Che amo il compagno della mia vita per via del nonno collerico e mangiapreti.
Sebbene un po' riduttiva per i viventi, non � una spiegazione che mi dispiaccia. Pi� che psicanalitica mi sembra mel�, per� non mi dispiace.

tratto da Una donna e altri animali, pag. 176-177



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