Entro come una palla di cannone. Chiss� perch�, quando torno a casa ho sempre paura che sia successo qualche cosa. Ma gi� dall'anticamera posso vedere che non � successo niente. Tutto normale. Sul pavimento, proprio davanti alla porta, c'� il figlio maschio primogenito disteso sul dorso, con le gambe ad angolo retto e un giornalino appoggiato alle ginocchia nere.
�Ciao� dice, senza guardarmi. E scroscia in una risata apocalittica per qualcosa che sta sul giornalino.
Dicono che i figli maschi matrizzano. In casa mia a buon conto matrizzano tutti, maschi e femmine. Direi che anche le colf a mezzo servizio matrizzano. anche le pi� esperte, avvedute e intelligenti delle colf a mezzo servizio, dopo la prima mattina passata in casa nostra, vengono travolte da uno sconfinato, frenetico, incondizionato amore per mia moglie, che esprimono sottoponendole complicati problemi sentimentali e logistici, piangendo come vitelli sulle sue novelle, offrendole continuamente succhi d'arancio e pastiglie antinevralgiche e chiedendole continuamente se ha bisogno di qualcosa, di cui non ha bisogno. Altro, ch'io sappia, non fanno. Oh, poverine, dice mia moglie, mi fanno tanta piet�. Mia moglie ha sempre piet� di tutti - fuorch� di me, si capisce.
Procedendo nel corridoio tra tricicli zoppi e automobiline rovesciate come scarafaggi agonizzanti, mi imbatto in una figlia femmina, lunga una spanna e larga due, con un paio di mutandine rosse alla rovescia e il bavaglino di qualcun altro che le arriva dal collo ai piedi. Ha un principio di virgola per naso e quattro principi di virgola per capelli.
�Gianna butta� mi informa. �Uh, butta Gianna.�
Gianna sarebbe lei, se i conti tornano. Ma mi stupisce che si dichiari brutta. � un tipo molto vanitoso, di solito.
�Perch�?� le chiedo insospettito. Le donne di casa mia mi insospettiscono sempre.
�Gianna scium� mi spiega. �Mamma sciuuuum!�
Ve l'ho detto che matrizzano tutti. Tutti ermetici. Mamma scium: mah! Forse � un primo tentativo poetico. Rinuncio a interpretarlo e tiro avanti, chiedendomi che cosa trover� nel cosiddetto soggiorno.
Ci trovo il solito. Mia moglie � seduta nel suo angolo, davanti allo scrittoio, e scrive a macchina come dieci persone che scrivono a macchina. Ha un fazzoletto verde messo di sbieco sulla testa, due batuffoli di cotone nelle orecchie, un paio di enormi pantaloni da sci sulle gambe, una figlia femmina media seduta sui piedi e un figlio maschio medio che le spara proiettili di gomma nella schiena, con ritmica ferocia. Tutto normale.
Il perch� del fazzoletto in testa � chiaro: emicrania. Tutti gli scrittori hanno sempre l'emicrania, se volete saperlo. Se poi si mettano tutti il fazzoletto in testa, questo non lo so, ma non ha importanza. In quanto ai batuffoli nelle orecchie, sono isolanti acustici (i miei anti-bell, li chiama lei), ossia servono ad attutire i rumori. Col risultato che i figli, per attirare la sua attenzione, urlano come dieci persone che urlano, oppure la tirano violentemente per il gomito finch� lei si toglie i batuffoli, ascolta, risolve, commenta, elogia, si rimette i batuffoli, riacchiappa il filo, salvo poi togliere rimettere e riacchiappare altre venti volte in un'ora - con evidente risparmio di tempo e di fatica. Non chiedetemi poi perch�, nel mese di luglio, mia moglie si mette i calzoni da sci per scrivere una novella, perch� non lo so. Sono cose troppo profonde per il mio cervello di povero impiegato. Lei dice che quei calzoni - quelli e solo quelli - le menano buono. Che sono magnetici e attirano l'ispirazione. "Dove sono le mie calamite?" dice quando deve mettersi a scrivere. "Chi ha visto le mie calamite?" E tutta la famiglia in giro a cercare le calamite, che, come ogni altra cosa in questa casa, non sono mai dove dovrebbero essere. Trovate le calamite, lei se le infila, e un capolavoro � assicurato. Forse anche Dante, quando scriveva l' Inferno, si metteva i calzoni da sci.
�Ciao� mi dicono distrattamente i due figli medi, continuando le operazioni loro. Intanto il figlio maschio gran- de sta strisciando verso di noi a pancia in gi�, senza smettere di leggere, e la figlia femmina piccola, che mi ha inseguito, sta tentando di allacciare il bavaglino al mio ginocchio. �Pappa, gnocchio� lo esorta. �Bavo gnocchio pappa.�
Ma io non guardo loro. Guardo lei.
Gli occhiali enormi le nascondono mezza faccia, e il suo naso, visto di profilo, � pi� che mai simile a una virgola. � cos� che mi frega. Sento aleggiare intorno a me qualcosa che assomiglia pericolosamente a quella famosa nuvola, e faccio un passo avanti.
Non mi ha sentito arrivare, per via dei batuffoli. Le metto una mano sulla spalla, e lei fa un salto di mezzo metro. Mi guarda come se non riuscisse a mettermi a fuoco, e quando infine ci riesce, si porta una mano alla fronte:
�Non dirmi che � gi� l'ora di cena!�.
Ecco il grido del cuore. Le altre mogli attendono il marito agghindate e trepidanti, spiando l'orologio e torcendosi le mani, e quando arriva gli corrono incontro col cuore negli occhi. Anche quelle belle. Anche quelle delle sue novelle. E lei, ecco qua. Il suo giovane, prestante marito torna stanco dal lavoro, schiacciato sotto i sacrifici e la fatica e le colluttazioni tramviarie e i direttori deficienti, lei lo guarda e cosa dice? �Non dirmi che � gi� l'ora di cena!� Ecco cosa dice. Dante Alighieri ha parlato.
Non c'� pi� traccia di nuvola. Davanti a me c'� una tizia con degli orrendi occhiali e degli orrendi calzoni e un orrendo fazzoletto in testa, un mostriciattolo demente a cui ho sacrificato, sa Dio perch�, i dieci migliori anni della mia vita, per averne in compenso arrosti bruciacchiati e spille da balia dappertutto. lo che avrei potuto avere ai miei piedi legioni di bionde e di tribunali, io che ancora adesso non avrei che da tendere un dito per...
�Immagino che dovr� andare in cucina� sospira lei, guardando la macchina da scrivere come l'esiliato guarda le coste natie. �La finir� dopo.�
La novella, oggetto sottinteso. Che siano le otto e che io sia affamato come dieci persone affamate e che i figli siano sporchi come duecento figli sporchi e che non ci sia niente di pronto, non la disturba minimamente. Quello che la disturba � che non pu� finire la sua novella cretina. Guardate, � meglio che sto zitto. Qualsiasi cosa dicessi in questo momento, non sarebbe adatta alle orecchie dell'infanzia.
Oh, ma non finir� cos�, rimugino intanto che aspetto il pranzo. Per quattro stracci di novelle che scrive, crede di potermi trattare come un... oggetto? Che se poi non ci fossi io a rileggergliele e a criticargliele e a correggere tutti i suoi dannati errori di macchina, s� che gliele pubblicherebbero. Pff! Oh, ma non finir� cos�. Le far� vedere io. Io che...
Il pranzo � pronto in meno di mezz'ora; in compenso � schifoso, com'� normale che sia. Il primo figlio maschio mangia tenendo il giornaletto appoggiato al bicchiere, la prima figlia femmina mangia con la sinistra per poter disegnare bestie surrealiste con la destra, il figlio maschio piccolo spara senza tregua, la figlia femmina piccola d� da mangiare a tutto, al mio braccio, al braccio di sua madre, alle dieci bestie di pelo sistemate in ordine sparso sul tavolo, alle bottiglie, ai tovaglioli, ai bicchieri. �Pappa bicch�e, bavo bicch�e pappa.� La madre si rosicchia un'unghia e guarda tutti da infinite distanze. Io guardo lei, e a un tratto m'accorgo che ha capelli, camicetta e perfino una parte dei calzoni zuppi d'acqua. Dio del cielo, cos'avr� fatto stavolta ?
Devo aver parlato forte, perch� lei torna dalle infinite distanze per rispondere.
�Ah s�, sono cascata nella vasca� spiega distrattamente.
�In cosa?� chiedo.
�Ma s�, nella vasca, sei sordo? Avevo fatto venire su i ragazzi di sotto a giocare� (pure quelli, capito?) �e stavamo facendo andare la barca di Giorgio nella vasca, soffiando tutti insieme per fare il tifone, e questa qui ha voluto arrampicarsi per fare il tifone anche lei, pfff Gianna, bava Gianna pfff, e dentro a testa in gi��. I figli tripudiano al ricordo, e lei conclude: �Mentre la ripescavo, questo qui mi ha dato una spinta, io sono scivolata, e dentro fin qua�.
Gianna scium, mamma scium. Capito. Tutto normale.
�Non potevi cambiarti, almeno?�
�Cambiarmi!� dice, indignata. �Con la novella da finire? Non avevo tempo.�
Questa � mia moglie. Passa le ore a fare il tifone coi ragazzini e a cascare nelle vasche, ma non ha cinque minuti per asciugarsi e cambiarsi la camicetta. Gianna � tutta asciutta, per�: dalle scarpe ai calzoncini a quei quattro peli che ha in testa. Per lei ha avuto tempo.
Sento arrivare da qualche parte un altro maledetto presagio di nuvola, e per scansarla mi alzo e vado a fingere di leggere il giornale sulla poltrona, stringendo coi denti la mia arrabbiatura e le mie molteplici amarezze.. Dietro di me si incrociano i discorsi ermetici dei figli, inframmezzati dai sinistri tintinnii e i paurosi scrosci che equivalgono a mia moglie che sparecchia la tavola.
�Che caldo!� dice intanto, vagamente. Ma i calzoni da sci non se li toglie, per pericolo che le scappi magari l'ispirazione per dopo. �Dio che caldo. Gianna non mangiare il coltello, cosa dice la mamma del coltello, se tu lo mangi? Cosa, Giorgio? Come, Marina? Eh? Chi? Cosa? Dove? Non sparare alla lampadina, Momo, come, Marina-Giorgio? Chi? Cosa? Uno alla volta per piacere... Eh? Come? O Dio Dio che caldo.� Un ultimo scroscio, pi� lontano, m'informa che mia moglie si � trasferita in cucina. Ma non per molto (lei i piatti li lava alle due di notte, oppure mai). Un'altra serie di �Eh? cosa? chi? come? uno alla volta per piacere, o Dio che caldo� ne annuncia il ritorno.
Eccola qui, piccolissima e allucinata, col suo orrendo fazzoletto in testa. Pare un pirata dopo tre giorni di digiuno. Mi guarda. La guardo. L'aria che sta tra noi si potrebbe tagliare col coltello.
�Ehi� dice.
lo torno a guardare il giornale. Se crede di mettere tutto a posto con un ehi.
�Ehi tu� insiste. Rialzo gli occhi. Nello spazio libero tra gli occhiali e le virgole � comparsa una fossetta.
Adesso si toglie gli occhiali, penso, e stringo le mani sui braccioli, deciso a resistere.
Non si toglie gli occhiali. Non si sogna neanche. Estrae una mano da dietro la schiena, e nella mano ci sono dei fogli scritti a macchina.
�Se vuoi leggere la mia novella� dice, magnanima. Ecco cosa dice.
Durante innumerevoli e piuttosto vivaci discussioni, ho avuto modo di esternare a mia moglie il mio virile disprezzo per le novelle in generale e per le sue in particolare; per� se lei spedisse una novella senza farmela leggere prima, mi offenderei a morte, e lei lo sa, e io so che lei lo sa. Di colpo la odio ferocemente, atrocemente, indiscriminatamente.
Mi alzo, adagio, e mi pare di ingrossarmi via via come fanno le valanghe. L'aria mi fischia intorno.
�Me ne frego delle tue novelle!� urlo come dieci persone che urlano.
Tra i fischi d'aria, sento la voce deliziata di Gianna: �Pap� ghida. Uh, ghida pap�!� e vedo mia moglie chinarsi a raccogliere qualcosa che non � caduto.. Ride... ride di me, capito? � lei che se ne frega! Sento che potrei commettere un uxoricidio.
�Forse non hai compreso bene� dico scrollandole quello stecco di braccio che si ritrova. �Ho detto sul serio. Me ne frego delle tue novelle da serve e me ne strafrego di te, mentecatta, pirata mal riuscito!�
Lei strappa via il braccio. �E allora vattene!� dice, vibrando un pugno nell'aria. �Tu e il tuo naso greco e le tue spalle d'atleta e il tuo cervello da g-gallinaceo! Buono solo a criticare e a dire parolacce! Per quel che mi servi! Io me la cavo benissimo da sola. Vai, vai, cosa aspetti ?�
�Niente� dico. �Non aspetto niente. Vado.�
E sbatto la porta, anche. Pap� pum.
L'ha detto lei, no? Vattene, ha detto. Per quel che mi servi, ha detto. Col tuo naso greco e il tuo cervello da gallinaceo. L'ha detto lei. La donna liberata. Me la cavo benissimo da sola, ha detto.
Devo aver parlato per un pezzo, ho la gola secca. Secca e chiusa. E li, nell'aria tiepida, tra le luci al neon e la gente che cammina e le voci della sera, c'� mia moglie, nata dalla mia voce, viva e buffa, come se fosse davvero qua e io la vedessi davvero. Coi suoi occhiali e le sue virgole e il suo disordine e i suoi nervi e la sua allegria. Con le sue poesie dimenticate in un cassetto e le sue novelle che fanno ridere e piangere le Florette, coi suoi orribili arrosti e i suoi bucati calamitosi e la sua fatica e i suoi bambini sporchi e felici. Coi suoi calzoni magnetici e i suoi batuffoli nelle orecchie e le sue occhiaie e la sua emicrania e le sue risate e i suoi giochi. Col suo piccolo corpo indomito e il suo cuore grande come una casa. Una grande casa disordinata e coraggiosa e allegra. La mia casa. Quattrocchi, fammi entrare.
La macchina da scrivere tace. La stanza dei figli tace. Le luci sono spente.
E dunque � giusto, no? Che io sia qui al bar di Floretta. i Visto che a mia moglie non servo. Io che ho rinunciato per lei alla professione e alle morbide bionde, io che faccio il travet da anni per uno sgorbio con gli occhiali e quattro sgorbietti senza occhiali, tutti mentecatti. Cosa mai pu� servire, un travet come me, a una che attira l'ispirazione coi calzoni magnetici, tra ghirlande d'ovazioni attaccate al muro con le puntine? Niente, si capisce.
Caso vuole che a qualcun'altra io possa servire. Caso vuole che le mie spalle e il mio naso possano far sbattere le ciglia a bionde ventiduenni formose, caso vuole.
Date un'occhiata alla cassa, e dite voi se Floretta non sbatte le ciglia. Visto? Non ho che da tendere una mano. E state pur certi che stavolta la tendo. Oh, se la tendo. Il bar � mezzo vuoto, a quest'ora: fatemi finire di bere il mio cognac, tanto manca ancora un quarto alle dieci, e poi state a vedere.
�Guardi la Floretta� mi sussurra confidenzialmente il barista. �Ci dia solo un'occhiata, signore.�
Le d� un'occhiata. Non solo sbatte gli occhi. Ma se li asciuga con un fazzoletto - badando bene a non compromettere il trucco - e si soffia pure il naso.
�Sempre cos� sogghigna il barista toccandosi la fronte con l'indice. �Quando legge quella roba l� ci fa sempre su un piantino.�
�Cos'�?� chiedo. �La pagina dei necrologi?�
�Peggio� dice. �Sono novelle. Le novelle della Minni Liccioli, sa? Ohi, s'� strozzato? Guardi in alto, dottore, che le passa. Guarda l'uccellino, mi diceva mia mamma quando mi strozzavo. Guardi l'uccellino, dottore...�
Mentre tossisco e guardo l'uccellino, Floretta finisce di leggere, si soffia un 'altra volta il naso, mette via il giornale e viene, muovendo i fianchi, verso di me. Siede sullo sgabello vicino al mio, accavalla le gambe, mi guarda, e io smetto di guardare l'uccellino.
Avevo quasi dimenticato come fossero le ragazze di vent'anni quando sono belle. Vent'anni... Per questo piange sulle novelle di quella l�. Bisogna perdonarle. Piangi pure, Floretta, va'. Basta che non piangi quando sei con me.
Non piange, infatti. Mi sorride come dieci ragazze bionde che sorridono, e si carezza gli occhi con le ciglia. Sei bella, Floretta. Fresca e profumata e smagliante come la mia giovinezza - e molto pi� vicina.
� ora di tendere quella mano. �� una bellissima sera� dico. Questi inizi originali sono l'ideale per le morbide bionde. �Le va di fare quattro passi con me?�
Il barista tossicchia.
�Oh, sicuro!� dice lei. �Volentieri. Volentieri da matti.�
L�. Seduta sul mio palmo. Non c'� che stringere e portar via.
�Andiamo� dico, aiutandola galantemente a scendere dallo sgabello.
Il barista tossicchia di nuovo.
Io le prendo il braccio, e non ho pi� di ventitre anni, non ho mai avuto mogli n� figli, n� direttori deficienti n� esaurimenti nervosi. Sono un bel giovanotto senza passato che cammina per le tiepide, libere strade della sera con una bionda profumata al braccio. Il suo gomito non punge. � tondo e liscio e fa nostalgia. Avevo dimenticato che effetto facessero i gomiti delle ragazze di vent'anni. � un bell'effetto. Malinconico e stimolante e bello. Non parlare, Floretta.
Ma lei parla.
�� tanto che volevo chiederglielo� dice. �Ma non avevo mai il coraggio.�
�Chiedermi cosa?� chiedo, stringendo il gomito tondo.
�Di sua moglie� dice. �Non potrebbe farmi avere una fotografia di sua moglie?�
Oh, NO! Signore no, non pu� essere. Il troppo stroppia, Signore.
�Come sa che sono il marito di mia moglie?� dico lugubremente.
�Me l'ha detto una mia amica, che conosce la sorella di una sua coinquilina; era al bar la prima volta che lei c'� venuto, la settimana scorsa, e cos� mi ha detto: "Vedi quello l� col naso schiacciato? � il marito della Minni Liccioli". "Ma nooo" faccio io. "S�" fa lei. "Proprio lui. Parola" Cos� l'ho saputo.�
Capito. Occhi languidi, voci amorose, sorrisi smaglianti, mica per me, ma per il marito di mia moglie. Della scrittrice demente. Capito. Uno tende una mano credendo di trovarci dentro una ragazza in languore, e ci trova un'ammiratrice della moglie. Che gli fa sapere che ha il naso schiacciato. E gli chiede una fotografia. Della moglie.
Capito. Capito tutto. Un momento fa, su questo marciapiede, c'era un bel giovanotto col naso greco e il fascino prorompente, adesso c'� un ammasso di macerie.
Siccome le macerie non parlano, parla di nuovo lei.
�Io la terrei con cura: la foto, dico. La metterei in una bella cornice e l'attaccherei sopra la cassa.�
La fotografia con gli occhiali sopra la cassa di Floretta. Dio dei cretini, guarda gi�.
�Io le ho anche scritto, a sua moglie� continua.
Forse sta appesa al muro con la puntina, la lettera di Floretta.
�Due volte, le ho scritto. La prima volta non mi ha risposto.� (Allora avr� perso la lettera. Forse sar� nella cesta della biancheria. O nel frigorifero.) �Ma io ho continuato a volerle bene lo stesso. Ci faccio un tifo da matti, sa? Lo dico sempre a tutti: la Minni Liccioli � fantastica, dico. Non ce n'� un'altra al mondo come lei.� (Questo puoi dirlo, sogghigno amaramente tra me.)
�Cos� le ho scritto un'altra volta�dice Floretta. �E lei mi ha risposto! Un bigliettino tanto carino, lo tengo sempre nella borsetta, guardi...�.
La piccola, sbilenca grafia di mia moglie. Cos� nota... Le sue vecchie lettere d'amore. Buffe come venti lettere buffe, e cos� vive, cos� sue e cos� mie. Via, sci�!
�Per� la fotografia non me l'ha voluta mandare� continua Floretta riponendo religiosamente il bigliettino. �Dice che non ce l'ha� aggiunge dubbiosa.
Ma � vero. Quelle poche istantanee che riusciamo a fare con lo scassone fotografico di famiglia sono tutte dedicate ai figli o a me. Voi siete belli, dice lei. O Quattrocchi. Non sono bello. Sono un tizio col naso schiacciato e le pigne in testa. Perch� mi hai sposato?
�E cos� ho pensato di chiederla a lei, la foto� dice Floretta �Lei me la dar�, vero? Con l'autografo. Vede, a me non m'importa anche se sua moglie � un po' brutta, io...�
�Brutta!� dico. Chiss� cosa crede di essere questa qui, perch� ha ventidue anni e i gomiti rotondi. �Chi le ha detto che mia moglie � brutta?�
�No no, nessuno� dice spaventata. �� solo che... siccome non voleva mandarmi la fotografia... ho pensato che forse...�
Non pensare, ragazza, non pensare. Il pensiero non ti si addice. Brutta mia moglie! Adesso sta a sentire me, ragazza;
�Mia moglie� comincio.
�Lei deve amarla da matti� dice una voce vicino a me.
Cosa fa questa tizia qui coi capelli gialli? Questa bambolotta senza sugo?
�Mi ha fatto venire il magone� dice. E ce l'ha. Non � una bambolotta, � Floretta, una ragazza che vuol bene a mia moglie. Sei simpatica, Floretta. Un po' fissata, ma simpatica.
�Mi far� avere quella fotografia?� prega, asciugandosi l'angolo dell'occhio.
Sicuro, le far� tante e tante fotografie, una pi� bella dell'altra, e poi te ne dar� una, Floretta. Da mettere sopra la cassa.
�Pu� contarci� le dico.
�Oh, grazie!� dice. �Con l'autografo?�
�Con l'autografo� dico. �E poi un giorno o l'altro le porter� mia moglie di persona da vedere. Va bene?�
�Davvero?� dice. �O mamma, che gentile! Gentile da matti. Davvero me la porter�? Me lo promette?�
S�, s�, prometto. Ma adesso vado a casa.
La trovo in camera nostra, raggomitolata su una sedia, che si rosicchia un'unghia. Mamma mia, si � messa gli occhiali di lusso. E un vestito da donna, tutto pimpante, che le sta da cane. Ha l'aria di essere stanca morta. Dentro di me si scatena una selvaggia ondata di rabbia e ilarit� e gratitudine, e vorrei farne qualcosa che lei potesse sempre vedere coi suoi quattrocchi, sempre toccare coi suoi ragnetti sporchi d'inchiostro, e sapere. Sempre. Un poema, vorrei farne. Un poema d'amore per mia moglie.
�Ehi� dico. Questo � il poema.
�Ehi� dice. Si alza e sporge le mani come un bambino sperduto: �Non tornavi mai.:.� In queste tre parole c'� tutto quello che avevo bisogno di sentire.
Apro le braccia e lei ci viene dentro, col suo piccolo corpo e il suo cuore grande come una casa. La tengo contro
di me, dentro la vecchia nuvola, a riposarsi.
�Dove sei stato?� chiede assonnata, con la faccia nel cavo del mio braccio.
�Da una ragazza� dico.
Un occhio nerissimo guizza dietro gli occhiali, poi si richiude.
�Com'era?� chiede, ma senza pi� sonno.
Le racconto di Floretta. Sguardi languidi, sorrisi, nostalgie, lusinghe, e quando arrivo alla scena madre ("Mi pu� far avere una foto di sua moglie?") lei spalanca due occhi pi� grandi degli occhiali e poi s� butta a rotolarsi sul letto, ridendo come dieci persone che ridono. Cos� mi rotolo anch'io, e siamo venti.
Infine la tengo ferma per i capelli.
�Che figura� mi dice. �Ci far� su una novella.�
Capace di farlo sul serio. Capace di infilarsi le calamite e correre a scriverla seduta stante. E io di arrabbiarmi come dieci persone che si arrabbiano. Capacissimi. Mentre stringo tra le mani quel suo pezzetto di faccia, so che domani sar� tutto d� nuovo come oggi e come dieci anni fa e come tra vent'anni: la stanchezza e � litigi e l'allegria e la fatica e i figli e noi.
�Ciao, Dante� dico.
�Ciao, Attleta� sospira.
E si toglie gli occhiali.