copertina dell'edizione Rizzoli 1979

I fantasmi nel cassetto

(la prima pagina)

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Qualcuno sta suonando qualcosa nella mia testa. Drr, drr. Chi trapana il mio sonno? Nel dormiveglia ha inizio la consueta lotta tra la parte di me che vuole tirarsi il lenzuolo in testa, continuare a dormire e non sapere niente, e la parte di me che vuole alzarsi, accorrere, sapere. Drr, drr. Silenzio! Lenzuolo in testa, occhi serrati, tappo sulla memoria che si sveglia.
Drr, drr. E`il telefono del mio studio. Via il lenzuolo, occhi e orecchie e memoria aperti, sono gia`moralmente in piedi: e`sempre questa la parte che vince.
L`orologio-sveglia al mio polso segna le sei e venti. Chi mi chiama alle sei e venti del mattino? "Le tue dementi" dice un fumetto sulla testa di colui che dorme al mio fianco. Tutte le lettrici, interlocutrici, persone note e ignote che si rivolgono a me per consiglio o sfogo, per il compagno della mia vita sono "le dementi".
Drr, drr. Presto e senza rumore, se si sveglia son fritta. Brancolo via a piedi nudi nel semibuio, il pavimento scricchiola, lui sospira nel sonno, io mi immobilizzo, statua della furtivita`con le pantofole in mano: lui si rigira, il respiro riprende il ritmo di prima; altri due passi e, hop, sono fuori: di corsa verso la scala.
Il mio studio e`in soffitta, in cima alla torretta scassata che sovrasta la scassata villetta milanese in cui viviamo. Per arrivarci bisogna arrancare per una lunga, tortuosa, perigliosa scala a chiocciola, che ha assunto un valore simbolico: al di sotto il mondo della famiglia, e al di sopra, librato per cosi`dire nell`aria, il mondo del mio lavoro. La scala a chiocciola rappresenta, non solo praticamente, la difficolta`di fusione tra i due mondi.
Porta chiusa alle spalle, pantofole sempre in mano (non ho il tempo di infilarle) inizio la simbolica salita. La Peppa mi sta alle calcagna, con grave pericolo di entrambe. La Peppa e`il mio cane: enorme, irsuto, onnipresente. Odia la scala a chiocciola, ma la sale e la scende, ringhiando, decine di volte al giorno pur di starmi appresso. Il telefono continua a suonare mentre vortichiamo all`insu`in un turbinio di piedi, zampe, vestaglia, coda, e non e`che l`ennesima edizione di una sequenza quotidiana questa salita a spirale, con la Peppa alle calcagna e un senso di colpa, verso il mio tavolo. Amato, odiato, travagliatissimo tavolo. Secondo compagno della mia vita. "O primo?" chiede un fumetto dal basso. Ecco il senso di colpa.
Entro a catapulta con la Peppa, piombo sulla potroncina girevole, afferro il telefono a cornetta. Pee, pee... Hanno gia`riattaccato. Ci ho messo troppo tempo. Il senso di colpa si capovolge. Chissa`chi era... Chiunque fosse, non c`e`che metterlo in coda alla fila di fantasmi che da vent`anni girano intorno al mio tavolo.
Magari era uno che sbagliava numero.


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