Aurelio De' Giorgi Bertola
ed Elisabetta Mosconi Contarini



Le lettere di Elisabetta Mosconi Contarini (1751-1807) al poeta Aurelio De’ Giorgi Bertòla (1753-98), sono lo specchio di esperienze vissute nell’Italia dei Lumi, tra illusioni e disincanti di un’epoca di grandi eventi politici e di forti avventure umane. Esse costituiscono "uno dei più interessanti documenti settecenteschi della scrittura femminile" (R. Troiano, 1994).
La cronaca di una passione amorosa, ricostruita attraverso questo carteggio inedito (di cui sono stati pubblicati finora pochi stralci), permette di rileggere in modo originale alcuni momenti della vita di Bertòla, uno dei pià significativi rappresentanti della cultura europea di fine Settecento.
"Le azioni prodotte da un movimento del cuore sono le sole in cui veggiam l’uomo: tutto il resto non è che dissimulazione, frode", scrisse Bertòla ad un amico filosofo giansenista, Giancristofano Amaduzzi. Un pensiero di Biagio Pascal ("Chi vorrà conoscere pienamente la vanità dell’uomo non ha che da considerare le cause e gli effetti dell’amore"), può offrirci una chiave di lettura di queste pagine.
Sullo sfondo appare una realtà simile a quella che Lorenzo Da Ponte dipinge nei personaggi mozartiani. Par di ascoltare Leporello: Madamina, il catalogo è questo - Delle belle che amò il padron mio.
Bertòla sta conoscendo in questi ultimi anni una nuova fortuna critica, attraverso studi ed antologie dei suoi versi.
(Dal volume di Antonio Montanari "La filosofia della voluttà", ed. Raffaelli, Rimini).


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Revisione 17.04.2015