L'ora delle scelte
Ed i vecchi compagni di adunata si ritrovarono nemici, su barricate opposte. Due frati e tre martiri.

I giorni dell’ira, 16. "il Ponte", 06.01.1991
67. «Con chi stai?»
L'ora delle scelte venne con la guerra prima e poi con la caduta di Mussolini.
Il 24 marzo '43, due classi del liceo scientifico Serpieri, al termine delle lezioni di ginnastica, si erano ammutinate, rifiutando l'invocazione al duce. Avevano gridato soltanto «Viva il Re!». Ragazzate? Al fascio, pensano che si tratti di «una pericolosa minaccia all'ordine pubblico» e convocano il capitano dei Carabinieri Giovanni Bracco, il cui figlio Cesare faceva parte della scolaresca incriminata. «Ne era seguita la denuncia dei giovani e la condanna di tutti a un anno di sospensione dalle scuole del Regno. Sei di essi avevano subìto anche una punizione aggiuntiva», un pò di carcere: Abner Fascioli passerà trenta giorni in cella. (1)
Sette giorni prima della caduta di Mussolini, l'ultima sfilata dei giovani fascisti percorre le vie di Rimini, con inni e discorsi. La solita musica. Che stava per cambiare.
«La banda della GIL aveva intonato gli inni della patria e della rivoluzione. E il fascio riminese era calato lentamente nella tomba, così, con quegli inni con i quali aveva celebrato se stesso, per un ventennio. Era finito il dramma. Fra poco sarebbe cominciata la tragedia». (2)
La contestazione, tra serietà di un impegno politico che s'affacciava pallido nell'ansietà giovanile, e goliardate che avevano mosso alcuni giovani nelle occasioni ufficiali del regime, diventa opposizione ed impegno, sacrificio personale, rischio della lotta. E' la guerra. E' la guerra civile. Compagni delle stesse classi, delle stesse adunate, si ritrovano nemici, su barricate opposte. Le strade si sono divise.
Ricorda Sergio ZavoliSergio Zavoli «con quale senso di colpa» visse i giorni dell'arresto di Gino Pagliarani, il suo «amico prediletto», e ne spiega il perché: «Avevo... un padre che era uomo d'ordine; non posso dire fascista, anche se portò la sua divisa, anche se era, a suo modo, mussoliniano. E Gino invece aveva un padre antifascista, comunista. (...) E quando Gino e Guido [Nozzoli] finirono in galera... si istruivano dei processi agli amici di Gino. Si voleva stabilire chi stava con Gino, chi ci stava tiepidamente, chi invece con convinzione; o, peggio, chi non ci stava affatto; o peggio ancora, chi non ne voleva sapere neanche un pò. E nascevano delle sentenze inappellabili che scavavano degli abissi, oppure cementavano delle solidarietà che durano ancora da allora». (3)
Era l'inizio del '43. Dopo la nascita della repubblica di Salò, Zavoli aderirà al nuovo fascismo, secondo Elio Ferrari: «A Rimini chi non lo vedeva in divisa e con il mitra a tracolla (teste Stelvio Urbinati) pure alla colonia Montalti? ». (4)


Note
(1) Cfr. L. Faenza, Fascismo e gioventù, cit., p. 87.
(2) Ibidem, p. 91.
(3) Cfr. l'intervento di S. Zavoli in Autobiografia di una generazione, cit., pp. 16-17.
(4) Cfr. Scrive un partigiano riminese - Ex repubblichino e adesso sindaco? - La ventilata candidatura di Zavoli, «La Gazzetta di Rimini», 16.10.1989.



68. Gente comune.
L'ora delle scelte giunge per tutti, studenti, operai, contadini. Purtroppo, le documentazioni storiche esistenti limitano spesso il discorso a quel gruppo di giovani, quasi sempre intellettuali, che hanno potuto e saputo riproporre le vicende della guerra, attraverso scritti ed interventi.
Per gli altri, però, basta andare a pescare nelle cronache dolorose di quei mesi tra '43 e '44, ed allora càpita di ritrovare accanto ad un professore di scuola media, come Rino Molari, un ferroviere, Walter Ghelfi: sono entrambi fucilati a Fossoli nel luglio '44. (1)
I Tre Martiri di Rimini rappresentano bene l'immagine di gente comune, oscuri attori che la cieca violenza nazifascista fa diventare protagonisti, recidendo vite giovani. Sono ragazzi costretti a vedere nella lotta armata l'unica strada per riconquistare la libertà per tutti.
La Resistenza fece dimenticare ai suoi uomini le differenze sociali, e quelle ideologiche. A ricrearle, quelle differenze, spesso ci hanno pensato gli storici, quando hanno ricostruito le vicende di quei momenti.


Note
(1) Cfr. la puntata n. 6 de I giorni dell'ira, capp. 26 e 27.



69. Al convento.
In una stanza al pianterreno del convento delle Grazie, trasformata in prigione, trascorsero le loro ultime ore Mario Capelli (23 anni), Luigi Nicolò (22) e Adelio Pagliarani (19), i Tre Martiri, che erano stati sorpresi nella base partigiana di via Ducale a Rimini.
«Penso che siano stati collocati lì, perché quella stanza funzionava già da prigione e, per di più, il luogo non era molto lontano dal Comando tedesco»: infatti erano frequenti le ispezioni dei militari germanici. Così ricorda quei momenti padre Teodosio Lombardi che allora si trovava nel convento del Covignano. (1)
Prosegue padre Lombardi: «Il padre Callisto Ciavatti... ebbe contatti con i tre partigiani e li visitò più volte, fino al giorno in cui furono condotti nella piazza Giulio Cesare di Rimini per essere impiccati». (2)
Nel 1946, padre Ciavatti inviò al tribunale di Forlì, dove si discuteva la causa per la morte dei Tre Martiri, una deposizione scritta che ricostruisce in maniera molto particolareggiata quanto avvenne alle Grazie il 15 agosto 1944: quel giorno, scriveva padre Ciavatti, «fui informato dal Comando tedesco di Covignano della cattura operata dal Segretario Politico di Rimini [Paolo Tacchi, n.d.r.], di tre giovani della città di Rimini. Fui pure informato che sarebbero stati giustiziati l'indomani mattina. Mi presentai al Comando tedesco alle 19 del giorno stesso, dopo aver porto ai tre prigionieri il mio primo saluto. I tre prigionieri, sottoposti evidentemente a torture, erano in condizioni pietose. Il Comando tedesco, dopo ripetute richieste, mi concesse di portare l'assistenza spirituale ai detenuti, il mattino seguente alle 6,30. Successivamente però potei ancora intervenire, attraverso l'interprete, onde commutare la pena di morte nella deportazione. Alle 20 circa uscii dal Comando di Covignano, con la promessa fattami, tramite l'interprete, di rivedere la cosa e con l'ordine di non presentarmi al mattino successivo, attendendo nuove disposizioni. Ma fatti pochi passi, incontrai Tacchi. Egli mi chiese in tono perentorio il perché della mia visita e, alle mie spiegazioni, esclamò: "Niente da fare, padre. La giustizia umana è ormai compiuta". Ma il dubbio che mi percosse in quel momento, diventò certezza allorché, incontrato di nuovo il Tacchi, verso le 22, egli ebbe ad esclamarmi: "Padre, lei è servito!". Poco dopo l'interprete mi confermava la condanna a morte per impiccagione dei tre giovani». (3)
Padre Lombardi, la mattina dell'impiccagione, il 16 agosto, si reca a dir Messa nella chiesa di San Gaudenzio: «Nel ritorno al convento», racconta, «vidi i Tre Martiri, legati con le mani dietro la schiena, scortati dai tedeschi, che si dirigevano verso Rimini». (4)
Padre Amedeo Carpani, che si trovava pure lui al convento del Covignano, il 16 agosto mattina si alzò alle tre e andò subito sotto il portico della Chiesa, «pensando al destino dei poveri giovani». (5)
Non ha più speranze di salvarli dall'esecuzione capitale. La sera prima, è andato assieme a padre Callisto Ciavatti, a scongiurare il Comando tedesco «di non ucciderli, ma di portarli eventualmente in Germania». Conferma padre Carpani: «Non ci fu niente da fare, anche perché Tacchi, che comandava a Rimini, era molto deciso a giustiziarli». (6)
Padre Carpani, alle sei di quel 16 agosto, vede arrivare «sul piazzale delle Grazie gli ufficiali tedeschi, con una piccola squadra di Mongoli, a prelevare i tre giovani», che, con le mani legate dietro alla schiena, vengono condotti in piazza Giulio Cesare: essi «erano convinti di essere fucilati, ma poi quando seppero che venivano impiccati rimasero molto male». (7)
Padre Carpani «di nascosto riuscì a seguire i particolari di quella triste vicenda andando sino alla piazza» Giulio Cesare. (8)
Dopo l'esecuzione capitale dei Tre Martiri, la Polizia di Rimini invia un rapporto al federale fascista di Forlì: «La cattura, nella caserma di via Ducale, di tre ribelli è stata opera personale della intelligente ricerca del Segretario Politico della città di Rimini, coadiuvato da elementi della Feld-Gendarmeria tedesca». (9)
Quel segretario politico è Paolo Tacchi. La sua figura è emblematica della situazione italiana tra 1943 e 1944.


Note
(1) Cfr. Ghigi, La guerra a Rimini…, cit., p. 270.
(2) Ibidem, p. 271.
(3) Cfr. «Città nuova», 12. 5. 1946.
(4) Cfr. Ghigi, La guerra a Rimini…, cit., p. 271.
(5) Ibidem, p. 269.
(6) Ibidem.
(7) Ibidem.
(8) Ibidem, p. 270, testimonianza di p. T. Lombardi.
(9) Cfr. «Città nuova», 12. 5. 1946.



Al capitolo precedente.

Antonio Montanari



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Pagina 1581. Creata, 31.12.2011. Modificata, 31.12.2011, 11:40