Antonio Montanari



Profilo di una crisi.

Biografia di Galeotto di Pietramala, cardinale "malatestiano".
Edizione minore, 2016

1. Da Avignone a Costanza

Galeotto Tarlati di Pietramala (1356-1398) è nominato Cardinale diacono l'11 settembre 1378.
Egli vive in uno dei periodi più tragici della storia della Chiesa di Roma, tra la «cattività avignonese» (1305-1377) ed il «Grande Scisma» (1378-1417), sfociato nei roghi del Concilio di Costanza (1414-1418), quando, in nome della Croce, si uccidono Giovanni Huss (1415) e Girolamo da Praga (1416).



Huss, professore a Praga, è ammazzato nonostante il salvacondotto imperiale di cui era munito. I particolari dell'esecuzione sono terribili: lo attaccano ad un palo e gli danno fuoco. I soldati che rinvengono il suo cuore, lo bruciano separatamente. Suo scolaro era stato Girolamo da Praga.
Quelle fiamme ricordano quanto accaduto a Roma nel 1354 al corpo di Cola di Rienzo, eliminato con una stoccata nel ventre. Fu prima mutilato del capo, poi appeso per i piedi alle forche e colpito per due giorni dalle sassate di scherno dei giovani, ed infine bruciato dai Giudei davanti al mausoleo di Augusto [F. Papencordt, «Cola di Rienzo e il suo tempo», Pomba, Torino 1844, p. 289].
Nell'esperienza di Galeotto come uomo di Chiesa ed intellettuale formatosi sui classici della sua biblioteca, c'è un elemento costante, il suo rimettere in discussione tutto, con uno spirito saldo di ribellione che lo porta a fuggire prima da Urbano VI verso Avignone, nel settembre 1386; e poi dalla stessa Avignone, nel settembre 1397, verso Valence e Vienne, dove muore l'8 febbraio 1398.
Papa Urbano VI (Bartolomeo Prignano, successore di Gregorio XI) fa uccidere il Vescovo dell'Aquila Stefano Sidonio (1385) e cinque Cardinali (1386): Marino del Giudice, Giovanni d'Amelia, Bartolommeo di Cogorno, Ludovico Donati e Gentile di Sangro, «personaggi tutti de' più dotti e cospicui del sacro Collegio», scrive Ludovico Antonio Muratori [Annali, 8, p. 411]. Un altro Cardinale arrestato, l'inglese Adam Easton, si salva grazie all'intervento del suo re Riccardo II.
«Cette conduite d'Urbain aliénoit de lui ses plus affidez. Le Cardinal Pile de Prat Arcivêque de Ravenne, et Gouverner de Corneto, et le Cardinal Galeot Tarla de Pietra Mala l'abandonnérent alors, pour aller joindre Clement à Avignon» [J. Lenfant, «Histoire du Concile de Pise», I, Le Febvre, Utrecht 1731, p. 55].
Proprio con Urbano VI s'inaugura la lunga stagione d'intolleranza che sfocia nei roghi "conciliari" di cui s'è detto. Urbano VI, Arcivescovo di Bari, è l'ultimo Pontefice eletto, l'8 aprile 1378, al di fuori del collegio cardinalizio. Il 24 maggio 1384 da Napoli, dove era giunto a fine settembre 1383, egli si trasferisce a Nocera, rifugiandosi presso suo nipote Francesco Prignano detto «Butillo» (che in spagnolo significa «pallido»).
Urbano VI teme che il re di Napoli Carlo III d'Angiò Durazzo stia cospirando contro di lui, con l'aiuto dei sei Cardinali già ricordati, che fa imprigionare l'11 gennaio 1385.
Dopo l'elezione, Urbano VI pronuncia «una furibonda requisitoria contro la corruzione di Cardinali e di prelati» [F. Gaeta, «Il tramonto del Medioevo», ne «La crisi del Trecento», Bergamo 2013, pp. 280-397, p. 286]. Li insulta pubblicamente con epiteti violentissimi, e li colpisce mediante provvedimenti che intaccano i loro privilegi e le loro entrate. Minaccia di scomunica i simoniaci. Richiama i Vescovi al dovere di risiedere nelle loro diocesi. Tenta di abbassare l'autorità del collegio cardinalizio nel governo della Chiesa. Tutti questi «elementi di rottura» preludono al «Grande Scisma».
Il «soggiorno avignonese» dei Papi dura dal 1305 al 1376, iniziando con l'elezione dell'Arcivescovo di Bordeaux, Bertrand de Got (Clemente V, 1305-1314), rimasto in Francia dove allora si trovava.
Clemente V si fa incoronare il 14 novembre 1305 a Lione, alla presenza di Filippo il Bello. Soggiorna prima in Guascogna, sua terra d'origine, e poi dal 1309 ad Avignone, città che apparteneva ai conti di Provenza, cioè agli Angiò, sovrani di Napoli, città governata allora da Carlo II re di Sicilia (1248-1309). Ecco perché solitamente si fa iniziare la «cattività avignonese» nel 1309, saltando la premessa del soggiorno francese di Clemente V sino a quell'anno.
Sono sei i successori di Clemente V che restano ad Avignone: Giovanni XXII, Benedetto XII, Clemente VI, Innocenzo VI, Urbano V e Gregorio XI.
Nel 1334 Giovanni XXII (in carica dal 1316), poco prima di morire il 4 dicembre dello stesso anno, concepisce «il piano di tornare in Italia e trasferirvi la Curia, se non a Roma, città ritenuta insicura, almeno a Bologna», riscuotendo l'opposizione sia di guelfi sia di ghibellini [A. M. Voci, «Il papato avignonese», ne «Il Medioevo. 7», Roma 2009, pp. 98-107, pp. 102-103].
Il contesto internazionale europeo, dal settembre 1396 a tutto il 1397, è caratterizzato dalle missioni politiche a Roma di inviati dei Re di Francia, Inghilterra, Castiglia, Navarra ed Aragona: «Essi esortarono Bonifacio, e lo pregarono, che, per far cessar lo scisma, volesse rinunziare a tutt'i diritti, che pretendeva avere al pontificato; affermando che Benedetto farebbe il medesimo» [C. Fleury, «Storia ecclesiastica», XIV, Cervone, Napoli 1771, p. 325].
Bonifacio IX risponde «ch'egli era il vero, e indubitabile Papa, che non ve n'erano altri, e che non pretendea di rinunziarvi in niuna forma» [ib.].
Nell'aprile 1397 alla Dieta di Francoforte dei Principi di Alemagna, durata dodici giorni, sono presenti anche «de' Deputati della Università di Parigi, e degl'Inviati di molti Re e di altri Principi»: «si mandò a Bonifacio, per esortarlo alla cessione». Bonifacio tiene a bada «gl'Inviati con le parole, senza dar loro decisiva risposta», anzi cercando di corromperli «accordando loro contra le regole alcune grazie, che desideravano essi, e per gli amici loro» [ib.]. Per cui quegli Inviati «non poterono avanzar nulla per la cessione, ch'era il motivo del loro viaggio».
Proprio in quel settembre 1397 in cui principia la fuga di Galeotto da Avignone, il giorno 10 il Re di Castiglia risponde al Re d'Aragona (che gli aveva mandato due Ambasciatori), di essere favorevole come lo è la Corte di Parigi, alla via della cessione, «approvata da' cardinali, e desiderata da' Fedeli», rifiutando «la via del compromesso» che a Bonifacio poteva apparire non una via di Diritto e di Giustizia, ma una scelta volontaria.




Nell'immagine, il rogo di Huss, dalla "Spiezer Cronik" di Schilling il Vecchio (1485).

Al cap. 2. Una nomina, due fughe.

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