Antonio Montanari

Galeotto di Pietramala.
Sulla data e sul luogo della sua scomparsa.

La morte avviene l'8 febbraio 1398 non ad Avignone, ma a Vienne città «ad Rhodanum fluvium sita», nel Delfinato, secondo Stefano Baluzio (Étienne Baluze, 1630-1718).

C'è chi parla della stessa Avignone; e chi riporta invece il nome di Assisi.
Per Avignone, cfr. S. Fantoni Castrucci, Istoria d'Avignone e del Contado Venesino, I, Hertz, Venezia 1678, p. 288. Qui si aggiunge la notizia (vera) che il suo cadavere fu traportato nella Chiesa dei Padri Minori «nell'Alvernia». A p. 290 si precisa che l'abitazione da Pietramala ad Avignone, posta nella parrocchia di S. Desiderio («la Casa e Torre dietro il Monastero di S. Chiara»), fu comprata da Lorenzo di Fortias, ed era allora posseduta dai Fortias signori di Monreale. (Fortias ovvero Fortià.) La chiesa di Santa Chiara è famosa perché sui suoi gradini Laura apparve a Petrarca per la prima volta nell'aprile 1327.
Per Assisi, Cfr. L. Cardella, Memorie storiche de' Cardinali della Santa Romana Chiesa, II, Pagliarini, Roma 1793, p. 286. Si veda pure Giorgio V. Buonaccorsi, Antichità ed eccellenza del Protonotariato Appostolico Partecipante, Benedetti, Faenza 1751, p. 103, dove il luogo di Assisi è messo come notizia principale, con l'aggiunta che Galeotto fosse ritornato all'ubbidienza di Urbano VI, e da lui perdonato.

Torniamo a Baluzio, che è autore delle «Vitae Paparum Avenoniensium». Nel cui vol. I, col. 1364, si legge che il Cardinale Galeotto «obiit Viennae ad Rhodanum ex morbo calcoli; ut docet, qui tum erat apud Avenionem, Nicolaus de Clemangiis epist. 12 in qua illum mirifico laudat».
L'epistola XII di Nicola de Clemagiis, intitolata «Mallem tibi laetiora», è leggibile nella di lui biografia, «Vita Nicolai de Clemangiis», 1696, Francoforte e Lipsia 1697, contenuta nel primo tomo di «Rerum Concilii Oecumenici Constantiensis», Genschi, Francoforte e Lipsia 1697, p. 75. Dove, in nota, è riprodotto il testo latino completo («mihi tamen pia dignatione amicissimus erat»).


La si trova pure a p. 49, in N. De Clemangiis, «Opera omnia, apud Iohannem Balduinum», Lugduni 1613. Si tratta della lettera cit. supra («ut docet, qui tum erat apud Avenionem, Nicolaus de Clemangiis epist. 12 in qua illum mirifico laudat»). A p. 50, si legge: «Obijt autem Viennae […] qua ex urbe, ad me nuperrime egregiam pulcherrimamque Epistolam transmiserat […]».
L'Epistola XII è diretta «Ad Gontherum Colli, Galliae Regis secretarium». L'epistola è integralmente riprodotta in N. de Clemangiis, Opusculum de ruina Ecclesiae, Tipis Löwianis, Posinii 1785, in nota alle pp. 126-127, richiamando nel testo Galeotto da Pietramala, morto «calculo Viennae» (p. 126).

Baluzio smentisce ogni altra notizia relativa ad Assisi od Avignone. E si ricorda essere falsa la versione di Gerolamo Garimberti, «La prima parte delle vite, overo fatti memorabili d'alcuni papi, et di tutti i Cardinali passati», Giolito de' Ferrari, 1517, pp. 446-447. Dove prima si legge che Galeotto era tra i più confidenti e cari del Papa, e «si trovò a machinar contra della dignità sua, insieme con altri Cardinali», per cui se ne fuggì da Roma in Avignone. E poi troviamo che Galeotto scappa, «facendo un'altra ribellione» per la quale meritava di esser castigato, se la morte «nel Monte dell'Avernia» non l'avesse impedito.
Baluzio demolisce questa seconda parte della versione dei fatti: Garimberti erra «dum scribit illum redisse in gratiam com Urbano sexto. Nam id falsum esse manifeste patet ex epistola ejus ad Romanos supra commemorata».

A proposito di questa epistola, ricordiamo: scomparso Clemente VII il 16 settembre 1394, Galeotto da Pietramala si trova al conclave per l'elezione del nuovo Antipapa (avvenuta il 28 dello stesso mese di settembre), Benedetto XIII, l'aragonese Pedro Martínez de Luna (1328-1423). Poco dopo, Galeotto «scripsit gravem epistolam ad cives Romanos; in qua eos primo redarguit quod ipsi fuerint auctores schismatis, deinde hortatur ut eidem Benedicto, quem multis laudibus ornat, obedientiam prestent», come leggiamo in Stefano Baluzio (col. 1363), seguendo Nicola di Clamange che conobbe personalmente Galeotto.
Il titolo della lettera dice tutto: «Deflet horrendum schisma, hortaturque eos, ut adhaerendo Benedicto XIII, ipsi finem imponant».
Giuseppe de Novaes (autore di «Elementi della storia de' sommi pontefici», IV, Rossi, Siena 1803, p. 245) parla pure lui di Vienne, ma non cita la fonte, appunto Baluzio.

Baluzio, per provare che Galeotto è morto a Vienne, cita l'epistola XII di Nicola de Clemangis «de morte Galeoti de Petra Mala Cardinalis».
Sulla morte a Vienne, cfr. A. Coville, La vie intellectuelle dans les domaines d'Anjou-Provence de 1380 à 1435, Parigi 1941, p. 406. Come fonte si cita F. Novati, Due lettere del cardinale di Pietramala a Gian Galeazzo Visconti (1390-91), Archivio storico lombardo, 1916, p. 188, nota 2. Ma qui non si trova nulla al riguardo (si parla invece della morte del conte d'Armagnac). La morte a Vienne per calcoli è ricordata in una lettera di Nicolai de Clemangiis, Opera omnia, Lugduni Batavor, XDCXIII, Ep. XII, p. 50 («obiit autem Viennae, calculo, ut aiunt»), cit. a p. 58, nota 58 di R. Sabbadini, Le scoperte dei codici latini e greci ne' secoli 14 e 15, Sansoni, Firenze 1905. Cfr. anche D. Cecchetti, Petrarca, Pietramala e Clamanges, Parigi 1982, p. 178, dove è riportata la stessa lettera.

A Coville (La vie intellectuelle, p. 406) si deve questa analisi: «Un événement montre bien qu'il y avait sous la protection du Cardinal une sorte de groupe littéraire», in cui figurano ad Avignone Giovanni Moccia, napoletano, segretario del Cardinale Giacomo Orsini, Jean Muret, Laurent de Premierfait, ed a Parigi Jean de Montreuil e Gontier Col. Quell'avvenimento, scrive Coville, è la morte a Vienne dello stesso Cardinal Galeotto di Petramala: «Nicolas de Clamanges exprime tout son chagrin. Muret et Moccia ne sont pas moins dèsolés. Tous les trois se sont mis à composer des épitaphes, qu'ils soumettent aux amis de Paris».

Galeotto Tarlati scompare non nel 1396, come si legge solitamente, ma l'8 febbraio 1398.
La precisazione si deve a Carla Bozzolo, nel saggio introduttivo (pp. 17-179) al volume Un traducteur et un humaniste de l'époque de Charles VI, Laurent de Premierfait, Sorbona, Parigi 2004. Qui, a p. 20, tale data non è appunto il 1396 ma l'8 febbraio 1398.

Essa è ricavata, secondo quanto leggiamo nella nota 16, dal lavoro di R. Brun, Annales Avignonnaises de 1382 à 1410, extraites des Archives de Datini, Mémoires de l'Institut Historique de Provence, 14 (1937), pp. 5-57, p. 40. Gli archivi sono quelli di Francesco di Marco Datini, grande mercante di Prato, che ad Avignone aveva come rappresentante Boninsegna di Matteo: cfr. ib., p. 35. A p. 40 del testo di Robert Brun si legge che Pietramala «est mort à Vienne, près de Lyon. Il y a plus de trois mois, il était allé demeurer à Valence, puis il se rendit à Vienne et c'est là qu'il est mort. On l'a apporté ici par eau. C'était un grand ami de maître Naddino».
Su maestro Naddino (Nandino, _ Nadino da Prato ma recte Nardino da Firenze), citiamo da J. Hayez, «Veramente io spero farci bene...». Expérience de migrant et pratique de l'amitié dans la correspondance de Maestro Naddino d'Aldobrandino Bovattieri médecin toscan d'Avignon (1385-1407), Bibliothèque de l'École des Chaters, 2001, 159, 2, pp. 413-539, p. 447: «Au cours de l'année 1388, maestro Naddino s'attira les faveurs de trois autres prélats italiens, Tommaso Ammannati, Pileo da Prata, Cardinal “de Ravenne”, et Galeotto Tarlati da Pietramala. Ces deux derniers, transfuges récents du camp d'Urbain VI, lui accordèrent l'un et l'autre une pension de 30 florins».
In nota 179 della stessa p. 447, si aggiunge che alla morte di Galeotto «maestro Naddino, pour qui il était un “molto grande amicho”, viendra de Carpentras rendre les honneurs à son corps transporté sur le Rhône jusqu'à Avignon». La figura di Naddino è al centro del saggio di R. Brun, Naddino de Prato, médecin de la cour pontificale, Mélanges d'archéologie et d'histoire, 40, 1923, pp. 219-236.
A p. 225 si cita Galeotto, da una lettera di Naddino: «Il Cardinale da Pietramala, s'aspetta a questi di, e credo governare l'ostallo suo, come il suo camarlingo m'a detto per sua parte. Credo far bene a tempo...». La cit. è in Hayez cit., pp. 507-508, n. 17, da busta n. 1091, 133431.
Il termine «ostallo» rimanda a «stallo» ovvero «dimora», da cui «ostello», attestato anche nel Vocabolario della Crusca (Turbini, Venezia 1680, p. 824).
Circa lo stile di Naddino, valga come exemplum l'incipit della lettera che qui c'interessa: «Charissimo fratello magiore, io non v'ò scripto più tenpo fa perché ben due mesi sono stato tra due pensieri, o del venire di costà o mandare per la donna».
A p. 224 Naddino ricorda di aver tra i suoi clienti («m'à preso per suo medico e null'altro vuole») anche «Messer di Ravenna» ovvero Pileo arcivescovo di Ravenna (come si precisa ib. in nota 4). Circa la ricordata città di Valence («il était allé demeurer à Valence»), va aggiunto che dal 1390 (al 1448) il suo vescovo è Jean II de Poitiers (cfr. J.-J. Latouille, Histoire de l'université de Valence (1452-2000), Parigi 2012, cfr. p. 18). Jean II de Poitiers succede a suo fratello Charles il 7 settembre 1390 all'età di ventidue anni (cfr. E. H. J. Wallet, Description du pavé de l'ancienne cathédrale de Saint-Omer, St. Omer, 1847, p. 104).
Perché Galeotto se ne va da Avignone prima a Valence e poi a Vienne?

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