Andrea Concetti

 

 

Nato a Grottammare (AP) il 22 marzo 1965, Andrea Concetti si diploma in canto al Conservatorio G. Rossini di Pesaro, in seguito si perfeziona con Sesto Bruscantini e Mietta Sighele; ora è seguito da Alain Billard.

Vince il concorso Internazionale A.Belli di Spoleto dove debutta nel ’92.

Inizia la sua carriera in diversi teatri italiani fino a partecipare, nel ’97, all’inaugurazione del Teatro alla Scala di Milano con Armide di Gluck diretta da Riccardo Muti.

Nel 2000 è invitato da Claudio Abbado a sostenere il ruolo di Don Alfonso nella produzione del Così fan tutte di Mozart a Ferrara, con la regia di Mario Martone, e ottiene un gran successo di pubblico e di critica. Inizia così la sua carriera internazionale che lo ha portato al Festival d Salisburgo sempre diretto da Claudio Abbado con le produzioni di Simon Boccanegra, per la regia di Peter Stein, e Falstaff; all’Opéra National di Parigi, alla Staatsoper di Monaco di Baviera, alla Staatsoper di Berlino, a Colonia, a Santiago del Cile e al Teatro San Carlo di Lisbona.

In Italia è attivo nei maggiori palcoscenici: ha cantato al Rossini Opera Festival di Pesaro in Adelina, con la regia di Serena Sinigaglia; da ricordare la sua interpretazione di Leporello all’inaugurazione del Teatro San Carlo di Napoli nel dicembre 2002 con il Don Giovanni, con la regia di Mario Martone, e il debutto nel ruolo di Geronio nel Matrimonio segreto di Cimarosa al Teatro Massimo di Palermo. Nel 2004 ha partecipato alla ripresa del Così fan tutte di Mozart, sempre diretto da Claudio Abbado a Ferrara, Modena e Reggio Emilia; ha debuttato al Teatro degli Champs-Élysées di Parigi come Don Magnifico nella Cenerentola di Rossigni con la regia di Irina Brook; ruolo che riprenderà dal 16 dicembre al Teatro Regio di Torino nello spettacolo di Luca Ronconi.

Attivo anche in campo concertistico ha cantato il Requiem di Mozart diretto da René Jacobs a Parigi e Colonia, La Petite Messe Solennelle di Rossini al Teatro Massimo di Palermo e Pulcinella di Stravinskj a Santa Cecilia di Roma.

Andrea Concetti sarà al Teatro delle Muse di Ancona dove debutterà il ruolo di Colline nella Bohème di Puccini, a Cagliari, dove debutterà il ruolo di Don Giovanni nell’omonima opera di Mozart, all’Opéra du Rhin di Strasburgo dove debutterà il ruolo di Seneca nell’Incoronazione di Poppea di Monteverdi, a Berlino dove sarà ancora Dulcamara nell’Elisir d’amore di Donizetti, a Santiago del Cile e Bruxelles con Così fan tutte, e a Parigi dove sarà Figaro ne Le Nozze di Figaro di Mozart.

Ho avuto occasione di lavorare con Andrea Concetti quest’estate ne’ Le Congiurate di Franz Schubert. Di Andrea oltre alla voce mi ha colpito la presenza scenica, la capacità attoriale e di improvvisazione, una concentrazione e un’autocontrollo che gli hanno permesso di superare brillantemente una serie di imprevisti in scena che avrebbero messo in crisi molti degli attori che recitano nei nostri teatri.

Per una serie di circostanze ci siamo rincontrati a Parigi dove Andrea era in scena con La Cenerentola di Rossini, e ho pensato di cogliere l’occasione per fare con lui una chiacchierata sull’opera e il teatro ad uso e consumo di Bardolatry, e lo ringrazio tantissimo per aver sacrificato un prezioso pomeriggio di riposo per quest’incontro.

 

(Andrea Concetti come Don Alfonso in Così fan tutte con la regia di Mario Martone)

 

Parigi, 19 novembre 2004 place de la Madleine

Bardolatry: Partiamo con la domanda più classica: come sei diventato cantante lirico?

Andrea Concetti : Io non vengo da una famiglia di musicisti, i miei genitori avevano una pizzeria, però mi è sempre piaciuto cantare: mi ricordo che da bambino mettevo il 45 giri nel mangiadischi mi mettevo in piedi sul tavolo e cantavo. E poi uno nel mio paese ha messo su una scuoletta di musica per ragazzini, io andai a frequentarla, da lì ho cominciato a cantare in un complessino di musica leggera, ma questo sempre sotto i quindici anni. Poi durante il periodo della muta della voce c’era la classica corale del paese e sono andato a cantare lì, il maestro mi ha consigliato di fare l’esame al conservatorio e il resto è venuto tutto da sé: diploma al conservatorio, concorso vinto e mi sono trovato in teatro senza averlo scelto.

 

(Leporello nel Don Giovanni con la regia di Mario Martone)

 

B: Ci puoi parlare un po’ dei due ruoli "shakespereani" che hai interpretato fin ora: Frate Lorenzo in I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini e il Falstaff di Verdi?

A.C.: Frate Lorenzo è un ruolo abbastanza marginale che oggi non rifarei, non è un ruolo secondario ma diciamo che nell’opera di Bellini i protagonisti sono Romeo, Giulietta e Tebaldo che è il tenore. È un opera meravigliosa in cui la bellezza è la purezza della melodia e basta, però non c’è lo spessore, non c’è niente di quello che c’è in Shakespeare .

Su Falstaff mi cogli un po’ nell’ignoranza perché non ho letto Le comari di Windsdor o Enrico IV, a differenza di tutti i miei colleghi che dicono "quando debutto un ruolo leggo tutto quello che è stato scritto" io ritengo che questo percorso sia giusto quando il personaggio è storico, quando c’è un’implicazione comunque con il periodo ma nel caso di Falstaff, no. Siccome Verdi ha scritto un suo Falstaff, ha attinto da Shakespeare però ha messo nella musica talmente tante indicazioni che il Falstaff di Verdi è il Falstaff di Verdi non è quello delle comari di Windsdor o di Enrico IV, è quello di Verdi e quindi è diverso. Allora quando qualcuno tenta di accentuarne l’aspetto volgare sbaglia perché non c’è mai la volgarità: il Falstaff di Verdi è un personaggio nobile, nella scrittura musicale sempre mobile, nel linguaggio sempre molto studiato. Verdi privilegia l’aspetto di Falstaff compagno del re, abituato a vivere negli ambienti nobili. Ecco perché quando un interprete calca la mano sull’aspetto volgare di quello che "tocca il culo" alle donne stona con la musica. Tanto la comicità viene fuori comunque dalla situazione perché Verdi ne ha fatto un capolavoro, anche se parzialmente rovinato dall’orrido libretto di Boito che io trovo artificiale, di un linguismo talmente virtuosistico da disturbare. Crea una sorta di distacco tra quello che succede e come viene detto, non saprei come spiegare…

B: Beh è quello che succede anche in teatro quando vanno in scena certe traduzioni italiane troppo "letterarie"

A.C.: Esatto, e Boito ci ha messo di suo a voler strafare, ha rovinato così anche l’Otello. Falstaff funziona meglio perché Verdi ne ha fatto un’opera un po’ "razionale". Verdi si immedesima in Falstaff, è l’ultima opera che ha scritto, è un po’ il suo testamento, si immedesima ma con un certo distacco non è l’opera sofferta… in questo senso il libretto di Boito ci può stare meglio ma nell’Otello "datemi la vostra eburnea mano…" sì bello, una musica meravigliosa, ma il testo no.

Non mi piace Boito! Si può dire?

 

(Con il presidente Ciampi la sera dell’inaugurazione del Teatro San Carlo di Napoli con Don Giovanni)

 

B: Quindi il ruolo di Jago non ti piacerebbe?

A.C.: No, anzi lo farei volentieri perché comunque è un ruolo bellissimo, non rifiuterei un’opera perché non mi piace Boito…

B: E come vocalità potresti interpretarlo Jago?

A.C. : Potrei farlo, magari non subito, è un po’ più baritonale Jago.

B: E se invece fossi un tenore? Qual è il ruolo "impossibile" che ti dispiace non poter interpretare?

A.C.: Ce ne sono tanti… fossi un tenore o fossi chiunque?

B: Fai tu.

 A.C.: In questo momento fossi un tenore vorrei fare il don Josè nella Carmen e il Ballo in maschera di Verdi. Però mi piacerebbe molto anche fare della prosa! La voglia mi è venuta proprio quest’estate con Le Congiurate (Un Singspiel con dialoghi in prosa che nella versione in scena a Siena era tradotto in italiano) io credevo di essere "stonato" nella recitazione senza la musica e invece mi sono accorto che quando ti sei impadronito del testo, quando lo sai a memoria, puoi farne quello che vuoi… mi sentivo come "posseduto" in scena!

 

(Un ultimo ripasso dei dialoghi prima di andare in scena ne’Le congiurate)

 

B: E cosa vorresti interpretare?

A.C.: Non dico Amleto perché sarebbe banale… Macbeth! Mi piacerebbe molto, ma anche del teatro novecentesco perché no…

B: Hai comunque lavorato con registi importanti anche per la prosa pensi che sia molto diverso il modo di dirigere l’opera dal teatro?

A.C.: Ti dirò, non saprei, non avendoli visti lavorare con gli attori di prosa.

Mario Martone, con cui ho fatto Così fan tutte e Don Giovanni, ad esempio da pochissime indicazioni ti lascia fare e poi ti corregge, cioè non ti fa fare come ti pare è molto chiaro nel dirti se le cose che fai vanno bene o no ma parte da te, dall’idea che hai del personaggio. In Don Giovanni ad esempio è venuta fuori quest’enorme complicità fra me e Ildebrando d’Arcangelo, Leporello e Don Giovanni non erano semplicemente servo e padrone ma due amici che vivevano assieme le loro avventure, l’unica differenza era che uno aveva i soldi e poteva permettersi di decidere cosa fare. Di solito in scena uno canta la sua parte e poi lascia la parola all’altro… invece fra noi quando uno non cantava guardava l’altro e viceversa e il legame che ne è venuto fuori era così evidente che durante una prova del finale in cui eravamo davvero presi, nel momento in cui la statua del Commendatore chiede a Don Giovanni "Verrai?" e Leporello "Dite di no dite di no…" su una pausa della musica, a me è venuto fuori questo grido, la frase si è trasformata in un urlo disperato. La sera Martone mi ha telefonato per dirmi che si era commosso per questo grido.

Pensa che tutte le critiche alla fine parlavano della buona prova della coppia Don Giovanni/Leporello eravamo quasi "intercambiabili", immaginati poi come funzionava bene tutta la parte in cui ci scambiavamo gli abiti!

 

(Ildebrando d’Arcangelo e Andrea Concetti nel Don Giovanni)

 

Per questa Cenerentola, con Irina Brook invece è stato molto diverso, lei aveva un’idea molto chiara di Don Magnifico: e un personaggio rozzo ridicolo un "arrivato" che si vuol dare le arie da gran signore ma non ci riesce.

B: Forse anche perché era una ripresa di una regia già andata in scena?

A.C.: No Irina aveva in mente un’idea precisa del personaggio, ma a me piace quando è così, non è che mi senta limitato nell’interpretazione, è una sfida rendere un personaggio come vuole il regista, sennò il rischio è di finire a fare sempre "Andrea Concetti che canta Don Magnifico".

È una regia particolare, quando è andata in scena in Italia l’anno scorso (al comunale di Bologna con un altro cast n.d.r.) ha avuto un’accoglienza contrastante: o è piaciuta molto o ha avuto stroncature a mio parere anche un po’ gratuite. Capisco che alcune cose possano non piacere ma spesso si rifiuta a priori una regia perché non è abbastanza "classica". La musica di Rossini è "follia", pensa al finale del primo atto, e questa regia aggiunge follia a follia, è pienamente in linea con la musica.

 

(La Cenerentola di Rossini, regia di Irina Brook)

 

B: Hai anche lavorato con una delle più promettenti giovani registe del nostro teatro Serena Sinigaglia al festival di Pesaro nell’Adelina di Rossini

A.C.: Lei è molto brava, molto seria nel suo lavoro, ma ha un carattere molto difficile, non so se ci siamo presi come carattere… ma non importa è molto professionale.

B.: E poi mi ricordo, da quello che raccontavi a Siena, che hai avuto una bellissima esperienza di lavoro con Franca Valeri

A.C.: La Valeri mi ha diretto ne’ le Convenienze e inconvenienze Teatrali di Donizetti, la adoro è un pezzo della storia d’Italia, ha creato dei personaggio memorabili, non solo la signorina snob… hai visto per caso La vedova di Socrate?

B: No, purtroppo no…

A.C.: Peccato. Come regista riusciva a farci rendere le cose con pochissimo le bastava uno sguardo. Io interpretavo un personaggio en travestì, Mamm’Agata, e in una scena dovevamo accapigliarci con un’altra cantante e lei invece ci ha messo lontane che ci davamo le spalle facendo finta di leggere e ogni tanto ci giravamo dicendoci a frecciata queste cose cattivissime… era molto divertente.

B: E il tuo prossimo regista sarà Ronconi…

A.C. :Sì sempre don Magnifico, sono curioso di vedere come lo imposteremo. Sicuramente sarà molto diverso da quello della Brook che è davvero dinamico, è molto divertente ma anche faticosissimo da interpretare. Ho visto una cassetta della regia di Ronconi e mi sembra più tranquilla, la scenografia è imponente e complessa ma i cantanti sono abbastanza statici. Iniziamo le prove appena finisco qui e debuttiamo il 16 dicembre al Teatro Regio di Torino.

 

(La Cenerentola di Rossini, regia di Luca Ronconi)

 

 

Ringraziamo ancora Andrea per la sua gentilezza e la sua disponibilità nel concederci questa intervista.

 

per Bardolatry Maria Francesca Destefanis - Dicembre 2004

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