L'automa della Sfinge

 

 

La cittą senza orizzonti

ha il suo basso baricentro

nell'uomo che cammina,

mentre prende a calci

una lattina vuota di birra

e racchiude nella mente

la memoria del verde

nelle ville suburbane

cinte da vecchie mura.

Dove affiora il bianco

delle statue mutilate

fra l'edera e il muschio,

o si avverte in sordina

una nenia di fontana

e uno strido di passi

familiari sul selciato.

 

Intanto una piccola mano

suscita cerchi concentrici

e fughe di pesci rossi

gettando sassi nell'acqua,

o vi incrina il riflesso

del cielo incorniciato

da ciuffi alti di palme

e intersecato da voli

bizzarri di uccelli.

Ma la bimba all'altalena

va sospesa per l'aria,

si distanzia si avvicina

e gioisce della sua ombra,

se la sfiora di sfuggita

con la punta del piede

rivolta verso terra.

 

Metą bestia metą donna

coi nudi seni scolpiti

e le immobili ali levate,

la Sfinge di bronzo sorride

sul suo podio di pietra,

sdraiata in fondo al viale

scricchiolante di ghiaia.

Con le zampe ferine protese

regge una diafana sfera

e lenta fra gli artigli la gira,

fin quando la luce radente

del sole basso al tramonto

penetra attraverso il fogliame

e ne trafigge esatta il centro,

traendo dal congegno un sibilo

prolungato come un lamento.

 

 

Pino Blasone

 

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