Parco della Rimembranza

 

 

Una volta ogni tanto

quasi con nostalgia

salire sul vecchio tram

che fende la nebbia

sui binari silenziosi

nel ventre della città,

simile a un’antica nave

spinta avanti dai remi

sopra abissi nascosti

e su acque inospitali

dove la voce è attutita,

ogni suono è privo di eco

come corpi senz’ombra.

 

La prossima fermata

è un giardino di rovi

abbandonato all’incuria

al centro di un piazzale,

cosparso di siringhe usate

e di bottiglie infrante.

Tra cancelli arrugginiti

e panchine rovesciate

vi si aggirano animali

tornati allo stato selvatico,

e si dice che siano stati

uomini e donne una volta.

 

Parco della Rimembranza,

proprio così lo chiamano

e forse lo è stato un tempo

ma nessuno se ne ricorda,

tranne Circe la spacciatrice

con lo sguardo appannato.

Lì lei recita la solita storia:

“Rivedo giochi per bambini,

coppie di giovani amanti

e cespugli di rose bianche.

C’era una giostra che girava

simile alla ruota del karma,

quella che macina le vite

secondo i meriti e le colpe”.

 

“Le rose sono appassite,

le coppie si sono sciolte 

e la giostra si è fermata.

Ma mai si arresta la ruota,

nessuno ne può scendere

una volta che vi sia salito.

Ben lo so io, che ne sono

la custode e la prigioniera.

Se questo ti può consolare,

ciò vale per ogni altra vita.

È quanto gli altri ignorano,

anzi fingono di non saperlo

fosse pure nel cuore di Itaca”.

 

“Itaca non esiste,” Ulisse

ribatte, “o non esiste più.

L’isola è solo un miraggio,

uno dei tuoi tanti trucchi.

Io me n’ero già accorto

ancor prima che salpassi

da questa terra di chimere.

Eppure fosti tu a insistere,

maestra di tutte le illusioni.

Me ne parlavi ogni notte

come se ben la conoscessi,

fino a convincermi davvero

che stesse nei miei ricordi”.

 

“Se ho usato le mie arti,”

spiega la maga, “è perché

non pensavo che tu partissi

sul serio, l’unico fra tanti.

O non so, magari speravo

che mi portassi via con te.

Spesso ho sognato un’Itaca

illuminata da un sole vero,

in cui per sempre le nubi

non coprissero l’orizzonte.

In una casa dalle alte mura

un portico che giri intorno

al cortile interno, lontano

dagli sguardi del mondo”.

 

 

Pino Blasone

 

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