“Sono solo ombre senza memoria,
vaganti fra nebbie mai disperse
dal vento o da un raggio di sole.
Ma tu da’ loro da bere il sangue
di una pecora nera sacrificata
a Persefone, la regina dei morti.
Allora vedrai, essi ricorderanno.
Subito ti riconosceranno, se mai
toccò loro di conoscerti da vivi”.
Così aveva parlato Circe la maga,
prima della nostra partenza da lei.
Così facemmo, una volta approdati
a quella terra remota e desolata.
Quasi attratti dal calore vitale,
da ogni direzione vennero a noi
in mezzo ai pioppi e ai cipressi,
chinandosi a lambire il liquido
che usciva dalla gola tagliata
e scorreva a terra in una pozza.
Certo anche lei l’avrebbe fatto,
ma io la trattenni con un gesto
non appena l’ebbi riconosciuta.
Mi inginocchiai a raccogliere
del sangue nel cavo delle mani
e lo accostai alle sue labbra.
Bastò quell’odore a risvegliare
nel suo animo i ricordi e le pene,
insieme a uno sguardo di stupore.
“Ulisse, tu qui?” ella esclamò,
temendo per la mia incerta sorte,
“A lungo ti ho atteso, ma adesso
quanto peggio è il ritrovarti!”
“Rassicurati madre,” le risposi,
“sono vivo. Solo la mia condanna
ad errare mi ha condotto fin qui.
Piuttosto, quale male ti ha tolto
all’affetto dei nostri cari?” Così
dicendo, io feci per abbracciarla.
Tre volte strinsi l’aria al petto.
Già svaniva nella mente il magico
effetto di quella triste bevanda.
Lei tornò a guardarmi da estranea
e a me rivolse poche altre parole:
“Di quali cari parli, straniero?
Bada a godere il resto della vita,
tu che puoi. Non turbare la pace
di questo luogo con vane domande.
Ebbi un figlio una volta. Davvero
tu gli assomigli, ma sei un altro.
Lui mi fu rapito dal vasto oceano.
Ora il moto delle onde impedisce
alla sua anima di raggiungerci”.
Capii quale ansia l’aveva spenta,
e tacqui. Tiresia, al mio fianco,
interloquì mentre ormai Anticlea
era tornata un’ombra fra tante
e con un velo calato sul volto:
“Non avertene a male, o Ulisse.
Noi siamo quali la morte ci colse.
A fatica la risacca dei ricordi
ci bagna, ma presto si prosciuga.
Ciò che è nuovo poi non ci sfiora
se non di sfuggita, come riflesso
dentro uno vetro antico ed opaco.
Riprendi il largo con la tua nave.
Non troverai verità fra le ombre”.
Pino Blasone