Il segreto di Alcesti

 

 

Con gesto indolente,

l'essere al femminile

pettina i lunghi capelli

di fronte a uno specchio

troppo opaco per riflettere.

E qualche filo d’oro cade

sul pavimento della stanza

dalle pareti trasparenti,

su cui grossi orologi

tessendo fitte ragnatele

si arrampicano a stento.

 

Tu non ricordi o forse fingi

di aver dimenticato, Alcesti.

Eppure un giorno mi sono

fatto coraggio. Ti ho chiesto

che cosa mai avessi visto,

quando il generoso Ercole

lottò col genio della Morte

per sottrarti alle sue braccia

e lo mise in fuga strappando

il velo che cela il suo volto.

“Nulla,” tu mi hai risposto

allora, “un assoluto nulla”.

 

Il telefono che strilla

acquattato in un angolo

è un io senza memoria

che sussulta nel sonno

sotto palpebre spesse

ingorgato da discorsi,

fastidiose interferenze,

travagliato da incubi

rigurgitati dal riflusso

della coscienza rimossa.

 

“Non costringermi più

a rinnovare l’angoscia

che ho provato laggiù,

quando già quest’anima

si staccava dal mio corpo.

Allora la barca senza peso

si avvicinava alla sponda,

e un riflesso di me stessa

mi apparve oltre la palude.

Se una favola bella narra

di Psiche involata da Eros,

ecco che a me è toccato

esser rapita dalla Morte”.

 

Intanto la città sussiste

oltre le tende alle finestre

miracolosamente indenne

ed esente da catastrofi

già annunciate alla radio,

mentre la donna si spoglia

del suo velo con riluttanza.

Poi lei si muove al ritmo

di una danza senza musica

e va lasciando indumenti

sparsi in giro per la stanza.

 

“Sforziamoci di rivivere,

o Admeto. Se lo desideri,

io ti dirò che è stato solo

un brutto sogno diurno,

per tacere degli effetti

di una sbornia dell’eroe

che ha sconfitto la Morte.

Sai quante volte Ercole

si è vantato di imprese

che lui avrebbe compiuto:

noi stavamo ad ascoltarlo

soltanto per fargli piacere”.

 

Sì, deve pure esistere

oltre i limiti del cosmo

un universo speculare,

un mondo fatto di miti

dove alfine sia possibile

vivere una vita diversa

oppure averla già vissuta.

Sennò una vita purché sia,

che riaffiori alla memoria

di qualche io che resuscita

dentro il ventre della donna

in piedi davanti alla finestra.

 

 

Pino Blasone

 

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