L'Ultimo Giorno dell'Ultimo Furlough

(Saturday Evening Post, Luglio, 1944)

 

 

 

Il sergente tecnico John F. Gladwaller Jr, numero di matricola 32325200, aveva indosso un paio di calzoni di flanella grigia, una camicia bianca col colletto aperto, calze Argyl, scarpe di cuoio marrone ed un cappello, anch'esso marrone con una banda nera. Teneva i piedi sulla scrivania, un pacchetto di sigarette a portata di mano e ogni minuto sua madre entrava con una fetta di torta al cioccolato ed un bicchiere di latte.

C'erano libri su tutto il pavimento. Libri aperti, libri chiusi, best seller, fiaschi editoriali, grandi classici, libri datati, libri regalati a Natale, libri della biblioteca, libri presi in prestito.

Al momento il sergente stava nello studio di Mihailov, il pittore, con Anna Karenina e il conte Vronsky. Solo pochi minuti prima si era trovato fra Padre Zossima e Alyosha Karamazov nel portico sotto il monastero. Un'ora prima aveva attraversato il grande e triste prato di proprietà di Jay Gatsby, nato James Gatz. Ora il sergente si affrettava nello studio di Mikhailov, così da potersi fermare all'angolo fra la quinta strada e la quarantaseiesima. Lui e un grosso poliziotto di nome Ben Collins stavano aspettando una ragazza, Edith Dole la quale sarebbe arrivata in auto... C'erano così tanti posti che il sergente avrebbe voluto rivedere, così tanti posti che valeva la pena...

"Eccoci!" Disse sua madre, entrando con la torta e il latte.

Troppo tardi, pensò. Tempo scaduto.

Magari posso portarli con me. Signore, ho portato i miei libri, signore. Non sparerò a nessuno per il momento. Voi compagni, andate avanti. Io aspetterò qui con i miei libri. "Oh, grazie mamma," disse lui uscendo dallo studio di Mikhailov. "Ha un aspetto fantastico."

Sua madre appoggiò il vassoio sulla scrivania. "Il latte è ghiacciato," disse, dandogli una rimescolata, cosa che lo divertiva sempre. Poi si sedette sullo sgabello accanto alla sua sedia , guardando il viso di suo figlio, guardando la sua sottile familiare mano prendere la forchetta, guardando, guardando, amando.

Lui prese un boccone di torta e lo mandò giù con del latte. Era ghiacciato. Niente male. "Niente male," commentò.

"E' stato sotto ghiaccio da questa mattina," disse sua madre, felice del complemento negativo. "Caro, a che ora verrà quel ragazzo, Corfield?"

"Caulfield. Non è un ragazzo, mamma. Ha ventinove anni

"Prenderò il treno delle sei. Ne abbiamo benzina?"

"No, non credo ma tuo padre mi ha lasciato detto di farti sapere che ci sono dei coupon nel tuo compartimento, ce n'è abbastanza per sei galloni di benzina, ha detto." La signora Gladwaller scoprì quindi le condizioni del pavimento. "Babe, raccoglierai questi libri prima di uscire, non è vero?"

"Mmmh," disse Babe senza grande entusiasmo, con un boccone di torta in bocca. Lo ingoiò e prese un altro sorso di latte - ragazzi se era freddo.

"A che ora esce Mattie da scuola?" Chiese lui.

"Più o meno alle tre, penso. Oh, Babe, perchè non la fai chiamare? Le farebbe così piacere, con la tua uniforme e tutto il resto."

"Non posso indossare l'uniforme," disse Babe masticando. "Vado a prendere la slitta."

"La slitta? Uh uh. Grazia di Dio, un ragazzo di ventiquattro anni."

Babe si alzò, bevve il resto del bicchiere - quella roba era freddissima. Quindi camminò lateralmente e con grande cura evitando i libri sul pavimento, come un difensore di football in una specie di pseudo-replay, e arrivò alla finestra. La aprì completamente.

"Babe, morirai di raffreddore!"

"Naaa,"

Prese una manata di neve dal davanzalee ne fece una palla; era il tipo giusto di pacchetto, non troppo asciutto.

"Sei stato così dolce con Mattie," constatò sua madre pensosamente.

"Brava ragazza," disse Babe.

"Cosa faceva quel Corfield prima di essere nell'esercito?"

"Caulfield. Dirigeva tre programmi alla radio: Io sono Lydia Moore, La Ricerca della Vita e la Dottoressa Marcia Steele."

"Oh, io ascolto sempre Io sono Lydia Moore," disse la signora Gladwaller con eccitazione. "Lei è una ragazza veterinaria."

"E' anche uno scrittore."

"Oh, uno scrittore! Questo è un bene per te. E' maledettamente sofisticato?"

La palla di neve che aveva in mano stava cominciando a gocciolare. Babe la lanciò dalla finestra. "E' un bravo ragazzo," disse. "Ha un fratello nell'esercito che è stato bocciato in un sacco di scuole. Parla sempre moltissimo di lui. Sempre fingendo di farlo passare come un folle."

"Babe, chiudi la finestra. Per favore," Disse la signora Gladwaller.

Babe chiuse la finestra e camminò fino all’armadietto. Lo aprì con noncuranza. Tutti i suoi completi eranoappesi, ma non riusciva a vederli perchè erano stati messi nella carta catramata.  Si chiese se li avrebbe mai indossati ancora. Vanità, pensò, il tuo nome è Gladwaller. Tutte le ragazze su un milione di autobus, in un milione di strade, a un milione di rumorosi party, che non lo avevano mai visto nel cappotto bianco che il dottor Weber e signora gli avevano portato dalle Bermuda. Neppure Frances lo aveva mai visto. Lui avrebbe meritato l’occasione di arrivare in una qualche stanza dove si trovava lei, indossando quel cappotto. Gli sembrava sempre di avere un aspetto così familiare, e sentiva che il suo naso era sempre più grosso e lungo che mai quando le era intorno. Ma quel cappotto bianco. L’avrebbe ammazzata con quel cappotto bianco.

“Ho fatto lavare e stirare il tuo cappotto bianco prima di metterlo via,” disse sua madre, come leggendo i suoi pensieri, cosa che lo irritò lievemente.

Lui mise il suo maglione blu senza maniche sulla camicia, quindi le sue scarpe scamosciate. “Mamma, dov’è lo slittino?” Chiese.

“Immagino sia in garage.” Disse sua madre.

Babe passò oltre il punto dove lei ancora stava seduta sullo sgabello, dove lei ancora lo stava guardando amorevole. Le diede una delicata pacca sul braccio. “Ci vediamo più tardi. Resta sobria,” disse “resta sobria!”

A ottobre inoltrato potevi ancora scrivere sui vetri e ora, prima della fine di novembre, Valdosta NY era bianca, bianca da mettere gli scuri alle finestre, bianca da prendere un bel respiro, bianca da lasciare i libri in sala e tuffarsi in quel bianco. Nonostante questo, quando la campana della scuola suonava alle tre di quei pomeriggi,  le poche ardenti – tutte ragazze – stavano indietro per ascoltare l’adorabile signorina Galtzer leggere un altro capitolo di Cime Tempestose. Così Babe si sedette sulla slitta ad aspettare. Erano quasi le tre emezza. Andiamo Mattie, pensò. Non ho molto tempo.

Improvvisamente la grossa porta d’uscita si spalancò e circa dodici o quattordici ragazine spinsero facendosi strada all’aria aperta, chiacchierando, gridando. Babe pensò che difficilmente sarebbero sembrate una cricca di intellettuali.  Magari non gli piaceva Cime Tempestose, forse si stavano solo impegnando per guadagnare qualche punto, non Mattie comunque. Scommetto che Mattie ne va pazza, pensò Babe. Scommetto che vorrebbe che Cathy sposasse Heathcliff invece di Linton.

Poi vide Mattie e lei vide lui nello stesso istante. Quando lei lo vide, la sua faccia si accese come nulla che lui avesse mai visto prima, e quello valeva cinquanta guerre. Lei corse da lui pazzamente nella neve vergine che le arrivava alle ginocchia.

“Babe!” disse lei. “Wow!”

“Ehi tu, Mat. Ciao bimba,” disse babe con tono calmo e basso. “Pensavo che magari ti sarebbe piaciuto venire a fare un giro.”

"Wow!"

"Com’era il libro?" Chiese Babe.

"Bello!  Tu l’hai letto?"

"Seh."

"Io voglio che Cathy sposi Heathcliff.  Non quell’altro idiota, Linton.  Mi dà un dolore tremendo," disse Mattie.  "Gesù!  Non sapevo che stessi arrivando! Ti ha ditto la mamma a che ora sarei uscita?"

"Sì.  Monta sulla slitta che ti do un passaggio."

"No.  Cammino con te."

Babe si piegò e raccolse il cordino da traino della slitta; poi camminò nella neve verso la strada, con Mattie a fianco. Gli altri bambini, il resto della folla di Cime Tempestose, li fissavano. Babe pensò, Questo è per me. Sono più felice di quanto io sia mai stato in vita mia. Questo è meglio dei miei libri, meglio di Frances, è qualcosa di meglio e di più grande di me stesso. Va bene.  Sparatemi pure, voi sfuggenti cecchini giapponesi, vi ho visto nei cinegiornali. Chi se ne frega?”

Erano in strada ora. Babe prese il cordino da traino, lo ripiegò e si mise a cavalcioni sulla slitta.

“Vado io per primo” disse. E si mise in posizione. “Ok. Monta dietro, Mat."

“Non giù per Spring Street," disse Mattie nervosamente.  "Non Spring Street, Babe."  Se si scende per la Spring si arriva dritti sulla Locust e la Locust era piena di macchine e camion.

Solo i grossi, duri ragazzi malparlanti andavano giù per la Spring.  Bobby Earhardt era stato ucciso in una tale occasione l’anno precedente, e suop padre venne a riprenderselo e la signora Earhardt pianse e tutto il resto.

Babe diresse il muso della slitta verso la Spring e si preparò. “Tieniti alla mia schiena,” istruì ancora a Mattie.

“Non giù per la Spring. Non posso scendere per la Spring, Babe. Che ne dici della Randolph Avenue? La Randolph è forte!”

“Va tutto bene. Non ti ingannerei mai, Mattie. E’ tutto a posto.”

Mattie d’un tratto si attaccò alla sua schiena, premendo i suoi libri sullo stomaco. “Pronta?” disse Babe.

Lei non poteva rispondergli.

"Stai tremando," disse Babe infine consapevole.

"No."

"Sì!  Stai tremando.  Non devi venire per forza, Mattie."

"No, Non sto tremando. Davvero."

"Sì," said Babe.  "Tremi.  Puoi alzarti, va bene.  Alzati , Mat."

"Sto bene!" disse Mattie.  "Onestamente, sto bene. Davvero, guarda!”

"No.  Alzati, amore."

Mattie si alzò.

Anche Babe si alzò e scosse la neve dalle lame dello slittino. “Verrò con te giù per Spring Street, Babe. Davvero. Verrò giù per la Spring!” disse ansiosamente.

“Lo so,” disse il fratello. “Lo so.” Sono più felice che mai, pensò.

“Andiamo” disse. “Anche la Randolph è buona. Meglio.” E le prese la mano.

Quando Babe e Mattie arrivarono alla loro casa, la porta fu loro aperta dal caporale Vincent Caulfield in uniforme. Era un giovane pallido con orecchie larghe ed una cicatrice scolorita sul collo, ricordo di un’operazione fatta da bambino. Aveva un sorriso splendido che usava raramente. “Come va,” disse impassibile aprendo la porta.  “Se siete venuti a leggere il contatore del gas avete sbagliato casa. Non usiamo gas. Per riscaldarci bruciamo bambini. Sempre fatto così. Buona giornata.”

Cominciò a chiudere la porta , Babe infilò il piede di traverso e il suo ospite provvide a a calciarlo con violenza.

“Ouch! Pensavo che arrivaste per le sei!”

Vincent aprì la porta. “Entrate,” disse. “C’è una donna qui che darà ad entrambi un pezzo di torta al piombo.”

“Vecchio Vincent!” disse Babe stringendogli la mano.

“Chi è questa?” chiese Vincent guardando Mattie che sembrava leggermente terrorizzata. “E’ Matilda,” rispose lui.

“Matilda, non ha senso aspettare per sposarci. Ti ho amata da quella notte a Monte Carlo quando puntasti il tuo ultimo pannolino sul doppio zero.  Non si può attendere oltre---”

"Mattie," disse Babe sogghignando, "questo è Vincent Caulfield."

"Ciao," disse Mattie, a bocca aperta.

Mrs. Gladwaller se ne stava disorientata vicinoa l fuoco.

"Io ho una sorella della tua età," disse Vincent a Mattie.  "Lei non è bella come te ma probabilmente è molto più sveglia."

"Che voti ha?" domandò Mattie.

"Trenta di aritmetica, venti di grammatica, quindici di storia e zero di geografia. Davvero non sembra riuscire a portare geografia al pari con le altre materie.” Disse Vincent.

Babe era molto felice ascoltando Vincent con Mattie. Sapeva che sarebbe stato simpatico con lei.

“Sono voti terribili,” disse Mattie gongolando.

“E va bene, se sei così intelligente,” disse Vincent. “Se A ha tre mele, e B parte alle tre in punto, Quanto impiegherà C per remare controcorrente per cinquemila miglia sapendo che è diretto a nord dal Cile? ...Non l’aiuti Sergente, la bambina deve imparare a fare da sola queste cose!”

“Andiamo di sopra,” disse Babe dandogli una pacca sulla schiena. “Ciao mamma! Ha detto che la tua torta era di piombo.”

“Ne ha mangiato due fette”

“Dove sono le tue borse?” chiese Babe al suo ospite.

“Di sopra, quelle belle” disse Vincent seguendo Babe su per le scale.

“ A quanto ho capito voi siete uno scrittore, Vincent.” Gridò la signora Gladwaller prima che fossero in cima alle scale.

Vincent si sporse dalla ringhiera. “No, no. Io sono un cantante d’opera, signora Gladwaller. Ho portato la mia musica con me, e di certo vi piacerà ascoltarla.

“Tu sei quel tipo che è in “Io sono Lydia Moore?” Gli chiese Mattie. “Io sono Lydia Moore. Solo che mi sono rasata I baffi.”

“Com’era New York, Vince?”  Volle sapere Babe una volta che si furono rilassati nella sua stanza a fumare.

“Perchè è in abiti civili, Sergente?”

“Ho indugiato nelle attività sportive. Sono andato sullo slittino con Mattie. Davvero, non scherzo. Com’era New York?”

“Niente più carrozze a cavallo. Le hanno tolte dalla strada da quando mi sono arruolato.”

Vincent raccolse un librodal pavimento e ne esaminò la copertina. “Libri,” disse con fare contemplativo. “Una volta li leggevo tutti. Standish, Alger, Nick Carter. Imparare dai libri non mi ha mai fatto alcun bene. Ricordalo, giovane!”

"Lo farò.  Per l’ultima volta, com’era Yew York?"

"Non buona, sergente.  Mio fratello Holden è disperso. La lettera è arrivata mentre ero a casa."

"No, Vincent!" disse Babe togliendo I piedi dalla scrivania.

"Sì," disse Vincent.  Fingeva di scorrere le pagine del libro che aveva in mano.  "Di solito lo incontravo al vecchio Joe College Club fra la diciottesima e la terza a New York. Un bar per i ragazzi del college e della scuola preparatoria. Andavo là e lo cercavo, per Natale o le vacanze di Pasqua quando ero a casa. Mi sarei fatto strada attraverso il locale, cercandolo, e alla fine lo avrei trovato sul fondo. Il tipo più rumoroso e ubriaco del bar. Avrebbe bevuto scotch, quando tutti gli altri ragazzi del posto bevevano invece birra.

Gli avrei detto “Stai bene pezzo di scemo? Vuoi andare a casa? Hai bisogno di qualcosa” E lui avrebbe detto, “Naaa, non io. Non io, Vince. Ciao ragazzo. Chi è il bambino qui?” Ed io lo avrei lasciato là , ma mi sarei preoccupato per lui perchè avrei ricordato di quelle estati perdute quando il pazzo lasciava la sua roba in una massa umidiccia ai piedi della scala anzichè metterla in ordine. Io raccoglievo sempre tutto perchè lui era me ancora una volta.”

Vincent chiuse il libro che fingeva di guardare. Con una maestria da circense estrasse una lima da unghie dalla giacca e cominciò a limarsi le unghie. “Tuo padre è il tipo che cacciada tavola gli ospiti se non hanno le unghie pulite?”

"Sì."

"Cos’è che insegna?  Me l’hai detto ma l’ho dimenticato."

"Biologia. . .Quanti anni aveva, Vincent?"

"Venti," disse Vincent.

"Nove anni meno di te," Babe calcolò vacuamente. 

"Senti, I tuoi--  Voglio dire, I tuoi lo sanno che andrai oltreoceano la prossima settimana?”

“No,” disse Vincent. “E I tuoi?”

"No.  Ma immagino che glielo dovrò dire prima che parta il treno al mattino. Non so come dirlo a mia madre. Gli occhi le si riempiono solo a sentire nominare la parola ‘fucile’.

"Ti sei divertito, Babe?" chiese Vincent con serietà.

"Sì, un sacco," rispose . . . "Le sigarette stanno dietro di te."

Vincent le raggiunse.  "Hai visto un sacco Frances?" chiese.

"Sì. E’ fantastica, Vince. A loro non piace ma è fantastica per me me."

"Magari avresti dovuto sposarla," disse Vincen. Poi, d’un tratto, "Non aveva nemmeno vent’anni, Babe. Non prima del mese prossimo. Voglio ammazzare così tanto che non riesco a starmene seduto. Non è divertente? Io sono notoriamente un tipo tranquillo. Per tutta la vita ho evitato perfino di fare a pugni – ho sempre cercato di cavarmela parlando veloce. Ora voglio sfogarmi sparando alla gente. Che ne pensi di questo?”

Babe non disse niente per un minuto. Poi, ”Tu, ti sei divertito, voglio dire, prima che arrivasse la lettera?"

"No.  Non mi sono più divertito da quando avevo venticinque anni. Avrei dovuto sposarmi quando avevo venticinque anni. Sono troppo vecchio per fare conversazione nei bar  o per amoreggiare in un taxi con una ragazza nuova.”

“Hai almeno visto Helen?” Chiese Babe.

“No. A quanto ho capito, lei e il gentiluomo che ha spostato stanno per avere un piccolo estraneo.”

“Bello.” Disse Babe asciuttamente .

Vincent sorrise.  "E’ bello vederti, Babe. Grazie per avermelo chiesto. I militari – specialmente I militari che si conoscono – appartengono gli uni agli altri in questi giorni. Non è più bene stare con i civili. Loro non sanno quello che sappiamo noi e noi non siamo più abituati a quello che sanno loro. Non funziona così bene.”

Babe annuì e prese una boccata dalla sua sigaretta.

"Non ho mai saputo veramente nulla sull’amicizia prima di essere nell’esercito. E tu Vince?”

"Non una cosa. E’ la cosa migliore che ci sia, davvero.”

La voce della signora Gladwaller stridette su per le scale e dentro la stanza. “Babe!  Tuo padre è a casa! Cena!"

I due soldati si alzarono.

 

 

 Quando la cena fu terminata, il professor Gladwaller stette seduto a tavola. Lui aveva fatto “l’ultima” e stava mettendo Vince a conoscenza di alcune delle prove che avevano dovuto affrontare durante l’“ultima”. Vincent, figlio di un attore, ascoltò con l’espressione competente di un buon attore sul palco con la star.  Babe si risedette al suo posto, fissando il bagliore della sua sigaretta, occasionalmente alzando la sua tazza di caffè. La signora Gladwaller guardava Babe, senza ascoltare suo marito, cercando il viso di suo figlio, ricordando di quando era tondo e roseo, ricordando l’estate in cui aveva cominciato ad allungarsi e scurirsi, diventando più intenso.  Era la faccia migliore, pensava. Non bella come quella di suo padre, ma la migliore in famiglia. Mattie stava sotto il tavolo slegando i lacci delle scarpe di Vincent. Lui teneva i piedi immobili, lasciandola fare, fingendo di non accorgersene.

“Scarafaggi,” disse il Professor Gladwaller teatralmente. “Ovunque si guardasse, scarafaggi.”

"Ti prego, Jack," disse la signora Gladwaller con aria assente.  "A tavola."

"Ovunque si guardasse," ripetè suo marito. "Non te ne liberavi."

"Devono essere stati una seccatura," disse Vincent.

Infastidito che Vincent dovesse fare quel superficiale controcanto per compiacere suo padre, Babe disse d’un tratto, “Papà, io non tintendo pontificare, ma a volte tu parli dell’ultima guerra – tutti voi compagni lo fate – come se fosse stata un qualche ruvido, sordido gioco attraverso cui la società dei vostri giorni ha trasformato voi ragazzi in veri uomini. Non voglio essere noioso, ma voi uomini dell’ultima guerra, voi siete tutti d’accordo che la guerra è un inferno, però – non lo so – sembra quasi che vi consideriate un poco superiori per avervi partecipato. Scommetto che gli uomini in Germania, durante l’ultima guerra, parlavano allo stesso modo, o pensavano allo stesso modo, e quando Hitler li provocò in quel senso, le generazioni più giovani in Germania erano pronte a dimostrarsi altrettanto buone, o migliori dei loro padri.” Babe si fermò coscientemente. “Io credo in questa guerra. Differentemente sarei andato in un campo di obiettori di coscienza e a vrei maneggiato un’ascia per tutta la sua durata. Credo nell’uccidere Nazisti, Fascisti e Giapponesi, perchè non c’è altro modo che io conosca. Ma credo, come non ho mai creduto in neiente altro prima, che è un dovere morale di chiunque abbia combattuto o combatterà questa guerra, di tenere la bocca chiusa, una volta che sarà finita, non menzionarla mai più in alcun modo. E’ tempo di lasciare che i morti muoiano invano, Dio solo sa se sia mai funzionato altrimenti.”

Babe chiuse le mani a pugno soto al tavolo. “:A se noi torniamo, se i Tedeschi tornano, se gli Inglesi tornano, e i Giapponesi e i Francesi e tutti gli altri, tutti noi torniamo a parlare, dipingere, a girare film di eroismo, scarafaggi e trincee e sangue, allora le generazioni future saranno sempre destinate ad avere futuri Hitler. Non è mai accaduto che i ragazzi abbiano disprezzo per la guerra, che ridano dei soldati illustrati sui loro libri di scuola. Se i ragazzi tedeschi avessero imparato ad provare disgusto per la guerra, Hitler avrebbe dovuto cominciare a lavorare a maglia per riscaldare il suo ego.” Babe smise di parlare, preoccupato di essersi reso terribilmente ridicolo davanti a suo padre e a Vincent.  Suo padre e Vincent non fecero alcun commento.  Mattie all’improvviso venne su da sotto il tavolo, contorcendosi sulla sedia in una strana sorta di lotta con se stessa. Vincent mosse I piedi, guardandola con aria accusatoria. I lacci delle sue scarpe erano legati gli uni agli altri.

"Pensi che stia parlando attraverso il cappello, Vincent?" chiese Babe piuttosto timidamente.

"No. Ma credo che tu stia chiedendo troppo dalla natura umana."

Il professor Gladwaller ghignò.  "Non intendevo romanzare I miei scarafaggi,"disse.

Rise e gli altri risero con lui, eccetto Babe che era leggermente offeso dal fatto che ciò che lui sentiva così profondamente potesse essere ridotto a uno scherzo.

Vincent lo guardò, capendolo, apprezzando immensamente il suo amico.

"Quello che vorrei sapere davvero," disse Vincent, "è con chi ho un appuntamento questa sera. Chi.”

"Jackie Benson," rispose Babe.

"Oh, è una ragazza adorabile, Vincent," disse la signora Gladwaller.

"Dal modo in cui lo dice, signora Gladwaller, sono sicuro che sarà brutta come il peccato," disse Vincent.

"No, è adorabile. . .vero, Babe?"

      Babe annuì,  ancora ripensando a ciò che aveva detto. Si sentiva immaturo e un completo idiota. Era stato tempestoso e banale.

      "Oh, Adesso ricordo il nome," disse Vincent recalled.  "Non è una delle tue vecchie fiamme?"

      "Babe stette con lei per due anni," disse la signora Gladwaller teneramente, possessivamente.  "E’ una ragazza eccezionale. Te ne innamorerai, Vincent."

      "Sarà fantastico. Non mi sono innamorato questa settimana. . .Tu chi porti, Vincent, come se non lo sapessi."

La signora Gladwaller rise e si alzò. Gli altri si alzarono a loro volta.

"Qualcuno mi ha legato I lacci delle scarpe," annunciò Vincent.  "Signora Gladwaller.  Alla sua età."

Mattie quasi ebbe una crisi.  Stese Vincent sulla schiena, ridendo fino a che sembrò quasi isterica. Vincent la guardò impassibile e Babe fece il giro del tavolo, sorridendo ancora, prese sua sorella e se la sedette alta sulle spalle. Tolse le scarpe di Mattie con la mano destra e le diede a Vincent, il quale aprì  solennemente le protezioni della sua giacca e se le mise in tasca. Mattie ululava di risate; suo fratello la mise giù e si spostò in soggiorno.

Andò alla finestra dove stava suo padre e gli mise una mano sulla spalla. "Sta nevicando di nuovo," gli disse.

 

 Più tardi, la notte, Babe non riusciva a dormire. Si scuoteva e si contorceva nel buio, poi d’improvviso si rilassò, steso sulla schiena. Sapeva come Vincent avrebbe reagito a Frances,  ma aveva sperato che Vincent non avrebbe detto come si sentiva. Che senso ha dire a qualcuno quello che sa già comunque? Ma Vincent l’aveva detto. L’aveva detto nemmeno trenta minuti prima, in questa stessa stanza.  “Ragazzo, usa la testa, “ aveva detto. “Jackie è due volte la ragazza che è Frances. La batte di due lunghezze. E’ più carina di Frances, è più cordiale, è più intelligente; ti darà dieci volte la comprensione che Frances potrà mai darti. Frances non ti darà niente. E se mai un ragazzo ha avuto bisogno di comprensione, quello sei tu, fratello.”

Fratello. Il “fratello” aveva irritato Babe più di ogni altra cosa. Perfino da Vincent.

Lui non lo sa, pensò Babe, sdraiato nel buio. Lui non lo sa quello che Frances mi fa, quello che mi ha sempre fatto.

Racconto di lei agli estranei. Venendo a casa in treno, Raccontai di lei ad uno strano militare. Ho sempre fatto così.  Meno corrisposto diventa il mio amore e più l’amo, più spesso frusto il mio cuore scemo come una folle fotografia ai raggi X, più grande diventa il mio bisogno di ricalcare le ferite. “Ecco, estraneo, qui è dove io avevo diciassette anni e presi in prestito la Ford di Joe Mackay's  e la portai al lago Womo per un giorno  . . . Qui, proprio qui, è dove lei disse quello che disse sui piccoli elefanti e sui grossi elefanti . . . Qui, quissù è dove io la feci barare a gin rummy contro Bunny Haggerty alla spiaggia di Rye; c’era un cuore nella sua corsa per il diamante e lei lo sapeva. . . Qui, ah, qui è dove lei gridò “Babe!” quando mi vide servire un ace contro Bobby Teemers. Ho dovuto servire un ace per sentirlo, ma quando lo sentii il mio cuore – lo puoi vedere giusto qui – si afflosciò e non è mai più stata la stessa cosa da... E qui – ah, lo odio qui – qui è dove avevo ventun’anni e la vidi in una di quelle cabine alla drogheria con Waddell, e lei stava scorrendo le sue dita avanti e indietro sui solchi delle nocche di lui.

Lui non lo sa quello che Frances mi fa, pensò Babe. Lei mi rende miserabile, lei mi fa sentire marcio, non mi capisce – praticamente mai. Ma a volte, a volte è la ragazza più meravigliosa al mondo, ed è qualcosa che nessun’altra è.

Jackie non mi fa mai sentire un miserabile, ma Jackie non mi fa mai veramente niente. Jackie risponde alle mie lettere il giorno stesso che le riceve. Frances impiega dalle due settimane ai due mesi, e a volte non risponde proprio, e quando lo fa, non scrive mai quello che vorrei leggere. Ma leggo le sue lettere centinaia di volte e solo una quelle di Jackie. Quando vedo la scrittura sulle buste delle lettere di Frances – la sua stupida leziosa grafia – sono il ragazzo più felice al mondo.

Sono stato così per sette anni, Vincent. Ci sono cose che non sai, fratello.

Babe si girò sul lato sinistro e provò a dormire. Giacque sul lato sinistro per una decina di minuti poi si spostò su quello destro.  Non andava. Si alzò. Camminò per la sua stanza nel buio, inciampò su un libro, ma alla fine trovò una sigaretta e un fiammifero. La accese e tirò forte quasi fino ache gli fece male, e mentre espirava sapeva che c’era qualcosa che voleva dire a Mattie. Ma cosa? Si sedette sul bordo del letto e ci pensò prima di mettersi la vestaglia.

 "Mattie," disse in silenzio a nessuno nella stanza, “Tu sei una ragazzina. Ma nessuno rimane una ragazzina o un ragazzino per troppo tempo – prendi me per esempio. Tutto d’un tratto le ragazzine mettono il rossetto, d’un tratto i ragazzi fumano e si radono. Quindi è una cosa rapida essere bambini. Oggi hai dieci anni, e corri verso di me nella neve, pronta, così pronta a scendere già per Spring Street con me; domani ne avrai venti, con dei tipi seduti in soggiorno che aspettano per portarti fuori. Tutto d’un tratto dovrai dare la mancia ai facchini, ti preoccuperai di vestiti costosi, incontrerai ragazze per pranzo, ti chiederai perchè non riesci a trovare un ragazzo che vada bene per te. Ed è tutto come dovrebbe essere. Ma il punto, Mattie – sempre che io ce l’abbia un punto – è questo: tipo cerca di vivere al meglio quello che è in te. Se dai la tua parola a qualcuno, fagli sapere che ha la parola del migliore. Se al college dividi la stanza con una ragazza addormentata, cerca di renderla un po’ meno addormentata. Se stai fuori da un teatro e una qualche vecchia viene a venderti delle gomme, dalle un dollaro se ce l’hai – ma solo se riesci a non farle l’elemosina. Quello è il trucco, bambina. Potrei dirti un sacco, Mat, ma non sarei sicuro di aver ragione. Tu sei una ragazzina però mi capisci. Sarai davvero intelligente quando sarai cresciuta. Ma se non sarai sveglia e una ragazza fantastica, allora non voglio vederti crescere. Sii una ragazza fantastica Mat.”

 

Babe smise di parlare a nessuno nella stanza. All’improvviso volle parlare a Mattie di persona. Si alzò dal bordo del letto, si mise la vestaglia, uccise la sigaretta nel portacenere e chiuse dietro di sè la porta della stanza.

C’era una luce accesa nel corridoio fuori dalla porta di Mattie e quando Babe aprì la porta, la stanza fu illuminata adeguatamente. Andò al suo letto e si sedette sul bordo. Le piccole braccia erano fuori dalle coperte, lui le scosse avanti e indietro dolcemente ma abbastanza forte da svegliarla. Lei aprì gli occhi, stupita, ma la luce nella stanza non era abbastanza forte da far male.

"Babe," disse.

"Ciao, Mat," disse Babe impacciato.  "Che stai facendo?" "Dormivo," disse Mattie logicamente.

"Volevo solo parlare con te," disse Babe.

"cosa, Babe?"

" Volevo solo parlare con te. Volevo solo dirti di essere una brava ragazza."

"Lo farò, Babe." Era sveglia ora, lo ascoltava.

"Bene," disse Babe pesantemente.  "Ok. Torna a dormire."

Si alzò, cominciò a lasciare la stanza.

"Babe!"

"Sh-h-h!"

"Stai andando in guerra.  Ti ho visto. Ti ho visto dare un calcio a Vincent sotto al tavolo una volta. Quando gli stavo legando i lacci. Ti ho visto.

Tornò da lei e si sedette con la faccia seria.

"Mattie, non dire niente alla mamma," le disse.

"Babe, non farti male. Non farti male!"

"No. Non lo farò, Mattie. Non lo farò," promise Babe.  "Mattie, ascolta. Tu non devi dirlo alla mamma. Forse io avrò occasione di dirglielo al treno. Ma tu non dirglielo, Mat.

"Non lo farò.  Babe!  Tu non farti male!"

"Non lo farò, Mattie. Giuro che no. Io sono fortunato," disse Babe. Si chinò e le diede il bacio della buonanotte. “Torna a dormire” le disse. E lasciò la stanza.

 

Tornò alla sua stanza, accese la luce. Poi andò alla finestra e stette lì, fumando un’altra sigaretta. Stava nevicando sodo di nuovo, grossi fiocchi che non riuscivi veramente a vedere finchè non si schiantavano grossi e bagnati sulla finestra. Ma i fiocchi si sarebbero asciugati prima che la notte fosse trascorsa, e al mattino la neve sarebbe stata profonda, bella e fresca su tutta Valdosta.

Questa è casa mia, pensò Babe. Qui è dove sono stato ragazzo. Qui è dove Mattie sta crescendo. Qui è dove nostra madre suonava il piano. Qui è dove nostro padre faceva i suoi tiri dalla base di sabbia.

Qui è dove Frances vive e mi dà felicità a modo suo. Ma qui è dove Mattie sta dormendo. Nessun nemico sta battendo alla nostra porta, a svegliarla, a terrorizzarla. Ma potrebbe succedere se io non vado e lo affronto col mio fucile. E lo farò, e lo ucciderò. E mi piacerebbe anche tornare. Sarebbe meraviglioso tornare. Sarebbe…

Babe si girò, chiedendosi chi fosse.  "Avanti," disse.

Sua madre entrò nella sua vestaglia. Arrivò fino a lui che le mise un braccio attorno.

“Bè, signora Gladwaller,” disse, “Il reparto stampe è proprio sopra...”

 "Babe," disse sua madre, "Stai per andare, vero?

Babe disse, "Cosa te lo fa dire?"

"Lo dico e basta."

"Vecchia Occhio di Falco," disse Babe, cercando di essere non curante.

"Non sono preoccupata,"disse sua madre - con calma - il che stupì Babe. "Farai il tuo lavoro e tornerai a casa. Ho una sensazione.”

"Davvero, mamma?"

"Sì, ce l’ho, Babe."

"Bene."

Sua madre lo baciò e cominciò ad andarsene, girandosi verso la porta. C’è del pollo freddo nella ghiacciaia. Perchè non svegli Vincent e non ve ne andate in cucina?”

“Forse lo farò.” Disse Babe felice.  

 


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