Va a trovare Eddie

(Kansas Review, Dicembre, 1940)

 

La camera da letto di Helen veniva sempre riordinata mentre lei faceva il suo bagno, cosicchè quando lei usciva dalla stanza da bagno il mobile della specchiera fosse libero dai barattoli di creme della notte prima e dalle salviette usate, e nello specchio ci fossero immagini di coperte ben stese e cuscini da sedia sprimacciati.  Quando c’era il sole, come ora, c’erano calde macchie luminose ad evidenziare le tinte scelte dal libretto del decoratore.

Si stava spazzolando gli

 spessi capelli rossi quando Elsie, la cameriera, entrò.

“Il signor Bobby è qui, signora.”

“Bobby?” Chiese Helen, “Pensavo fosse a Chicago. Passami la vestaglia, Elsie. Poi fallo entrare.”  Aggiustandosi la vestaglia royal blue per coprire le sue lunghe gambe nude, Helen continuò a spazzolarsi i capelli. Poi all’improvviso un uomo alto dai capelli color sabbia e con indosso una polo sbucò dietro di lei puntandole il dito indice alla base del collo. Cammnò dritto alla sedia sdraio all’altro capo della stanza e vi si sdraiò tranquillo, col soprabito e tutto. Helen poteva vederlo nello specchio. 

"Ciao," disse.  "Hey. Quella era stata appena riordinata. Pensavo fossi a Chicago."

     "Tornato stanotte,"  Bobby disse, sbadigliando.  "Dio mio, sono stanco."

     "Valsa la pena?" chiese Helen.  "Non sei andato a sentire cantare una ragazza o qualcosa di simile?"

     "Uh,"  confermò Bobby.

     "Era brava, la ragazza?"

     "Più che altro una roba di seno. Niente voce."

     Helen mise giù la spazzola, si  alzò e si mise a sedere sulla sedia color pesca ai piedi di Bobby. Dalla tasca della sua vestaglia prese un Emory board e procedette ad applicarlo sulle sue lunghe unghie color carne.  "Che altro sai?" indagò.

     "Non molto," disse Bobby. Quindi si sedette con un grugnito e prese un pacchetto di sigarette dal suo soprabito. Lo rimise a posto, quindi si alzò in piedi e se lo tolse. Lanciò il pesante fagotto sul letto di Helen scatenando una teoria di raggi di sole. Helen continuava a limarsi le unghie. Bobby sedeva ora sull’orlo della chaise longe, si accese una sigaretta e si sporse in avanti. Il sole li illuminava entrambi, flagellando la pelle lattea di lei, e senza far nulla per Bobby se non evidenziare la sua forfora e le borse sotto gli occhi.

     "Che ne diresti di un lavoro?" Chiese Bobby.

     "Un lavoro?" Disse Helen, continuando a limare. "Che genere di lavoro?"

     "Eddie Jackson sta per cominciare le prove di un nuovo spettacolo. L’ho incontrato ieri notte. Dovresti vedere quanto si sta ingrigendo quel ragazzo. Gli ho chiesto, non ce l’hai una parte per mia sorella? Ha detto forse, e io gli ho detto che tu potresti essere disponibile.”

      “E’ una buona cosa che tu abbia detto potresti,” disse Helen guardandolo. “Che tipo di parte? La terza da destra o qualcosa del genere?”

      “Non gli ho chiesto che tipo di parte. Ma è meglio che niente, non ti pare?”

Helen non rispose, continuando concentrarsi sulle sue unghie.

       “Perché non vuoi il lavoro?”

       “Non ho detto di non volerne uno”

       “Be’, allora che c’è di male nel vedere Jackson?”

       “Non voglio più lavori corali. Inoltre, odio le guts di Eddie Jackson."

        "Già," disse Bobby. Si alzò e si diresse verso la porta. "Elsie!" chiamò. "Portami una tazza di caffè!" Poi si risedette.

     "Voglio che tu veda Eddie," le disse.

     "Non voglio vedere Eddie."

"Io voglio che tu lo veda. Metti giù quella maledetta lima un minuto."

     Lei continuava a limare.

     "Voglio che tu ci vada questo pomeriggio, mi senti?"

     "Non ci andrò," rispose Helen, incrociando le gambe. "Chi credi di essere per andare in giro a dare ordini?"

 

     La mano di Bobby era mezza chiusa in un pugno quando le tolse il kit Emory dalle dita. Lei non lo guardò negli occhi, né raccolse il kit Emory dal tappeto. Si alzò semplicemente per tornare al mobile e ricominciò a spazzolarsi i capelli, I suoi spessi e rossi capelli. Bobby seguitava e starle dietro, cercando i suoi occhi nello specchio. “Voglio che tu vada da Eddie oggi pomeriggio. Mi senti Helen?”

     Helen si spazzolava I capelli.  "E cosa farai se io non ci vado, ragazzone cattivo?"

     Lui raccolse la provocazione.  "Vuoi che te lo dica? Vuoi che io ti dica cosa farò se tu non ci andrai?”

     "Sì, voglio che tu mi dica cosa farai se non ci andrò,” lo scimmiottò Helen.

     "Non farlo, ora ti chiudo quella tua boccuccia.  Quindi aiutami, " avvertì Bobby.  " Voglio che tu ci vada. Voglio che tu vada da Eddie e voglio che tu prenda quello stramaledetto lavoro."

     "No, Io voglio che tu mi dica cosa farai se non ci andrò," disse Helen nella sua voce naturale.   

 "Te lo dico cosa farò," disse Bobby, guardando I suoi occhi nello specchio “Farò una telefonata alla moglie del tuo amico ingelatinato e le dirò come stanno le cose."

     Helen fece una risata cavallina. "Accomodati!" Gli disse.  "Davvero, accomodati, furbone! Lei sa tutto."

     Bobby disse, "Lei lo sa, eh?"

     "Sì, lo sa! E non chiamare Phil ingelatinato! Vorresti essere bello la metà di quanto è lui!"

     "é untuoso.  E’ un untuoso pidocchio di un fedifrago," si pronunciò Bobby. "Ne prendi due con un maledetto decino.  Ecco cosè il tuo uomo."

     "Detto da te è un complimento."

     "Hai mai visto sua moglie?" Chiese Bobby.

     "Sì-ho-visto-sua-moglie. E allora?”

     "Hai mai visto la sua faccia? Niente di così meraviglioso. Non ha certo una boccuccia di rosa come la tua. Solo un bel faccino. Perché diavolo non lasci perdere il suo marito scemo?”

     "Il perchè  non è affar tuo!"  Tagliò corto Helen.

     Le dita della mano destra di Bobby all’improvviso premettero nell’incavo della spalla di lei. Helen gridò di dolore, si voltò, e da una posizione sfavorevole ma con tutta la sua forza, gli colpì la mano con il piatto della spazzola. Lui trattenne il respiro e agilmente ruotò, volgendo la schiena sia ad Helen che ad Elsie, la cameriera, che era arrivata con il caffè. Elsie posò il vassoio sul sedile alla finestra, vicino alla sedia dove Helen si era limata le unghie, quindì scivolò via dalla stanza.

 

     Bobby si sedette, ed usando l’altra mano, sorseggiò il caffè nero.  Helen, alla specchiera, aveva cominciato ad acconciarsi I capelli in una pesante crocchia vecchio stile.

     Aveva da tempo finito il caffè quando l’ultimo fermaglio fu fissato al suo posto. Poi lei lo raggiunse dove lui stava fumando e guardò fuori dalla finestra. Chiudendosi un poco sul seno i risvolti della vestaglia, si sedette sul pavimento ai suoi piedi, col lieve oops di chi perde temporaneamente l’equilibrio. Pose una mano sulla caviglia di lui e gli si rivolse con una diversa voce.

     "Bobby, mi dispiace.  Ma tu mi fai perdere la calma, caro. Ti ho fatto male alla mano?"

     "Lascia stare la mano," disse, tenendola in tasca.

     "Bobby, Io amo Phil. Parola d’onore. Non voglio che tu pensi che io faccia giochetti cercando di far male alle persone."

     Bobby non replicò.

     "Parola d’onore, Bob.  Tu non conosci Phil.  E’ davvero una persona eccezionale." 

     Bobby la guardò.  "Tu e le tue persone eccezionali. Tu conosci tante di quelle maledette persone eccezionali. Quel tipo di Cleveland.  Come diavolo si chiamava?  Bothwell.  Harry Bothwell. E cosa mi dici di quel tizio biondo che cantava da Bill Cassidy? Ah, due delle persone più fottutamente eccezionaliche tu abbia mai incontrato."  Bobby guardò fuori di nuovo.

“Oh Cristo, Helen.” Disse infine.

     "Bob," disse Helen, "tu lo sai quanti anni avevo.  Ero terribilmente giovane. Lo sai. Però, Bob, questa volta è per davvero, in tutta onestà io so che è così. Non mi sono mai sentita in questo modo prima. Bob, insomma tu non pensi davvero che io sto prendendo tutto questo da Phil solo per un capriccio del momento no?"

     Bobby la guardò di nuovo, alzò le sopracciglia, assottigliò le labbra. "Lo sai cos’ho sentito a Chicago?" Le chiese.

     "Cosa, Bob?" chiese piano Helen, strofinando la punta delle dita sulla caviglia di lui.

     "Ho sentito due ragazzi parlare. Tu non li conosci. Parlavano di te.  Di te  e questo tipo cavallerizzo, Hanson Carpenter.  Hanno esaminato la faccenda da cima a fondo.” Fece una pausa. “Anche tu con lui, Helen?”

     "E’ una maledetta bugia, Bob," disse dolcemente Helen.  "Bob, conosco questo Hanson Carpenter a malapena abbastanza da digli ciao."

     "Forse!  Ma è una cosa  sorprendente da dover ascoltare per un fratello, vero? Tutti in città mi fanno una risata equina quando mi vedono girare l’angolo!"

     "Bobby.  Se tu credi a queste porcherie, è soltanto colpa tua. Cosa ti frega di quello che dicono? Tu sei più importante di loro, non devi dare attenzione alle loro menti sudice."

     "Non ho detto che c’ho creduto. Ho detto che è ciò che ho sentito.  E’ già abbastanza male no?"

     "Bè, non è così." Rispose Helen. "Gettami una sigaretta, hmm?"

     Lui le lasciò cadere in grembo il pacchetto, poi I fiammiferi. Lei accese, aspirò, e si tolse un pezzettino di tabacco dalla lingua con la punta delle dita.

     "Eri una ragazza così grandiosa," affermò Bobby brevemente.

     "Oh!  E ora non lo sono più?" vezzeggiò Helen.

     Lui stette in silenzio.

      "Ascolta, Helen.  Te lo dirò.  Ho pranzato con la moglie di Phil  l’altro giorno, prima di andare a Chicago."

     "Sì?"

     "E’ una donna davvero forte. Di classe,"  disse Bobby.

     "Di classe, ah?" disse Helen.

     "Sì.  Ascolta, va’ a trovare Eddie questo pomeriggio. Non può fare nessun male. Va’ a trovarlo."

     Helen fumava.  "Io odio Eddie Jackson.  Fa sempre un sacco di commedia con me."

     "Ascolta," disse Bobby, alzandosi. "Tu sai come trasformarti in ghiaccio, se lo vuoi."  Si alzò su di lei. Devo andare. Non sono ancora stato in ufficio oggi."

     Helen si alzò e lo guardò mettersi il soprabito.

     "Va’ a trovare Eddie,"  ripetè Bobby, mettendo I suoi guanti di maiale.  "Mi senti?" Si abbottonò il soprabito "Ti faccio uno squillo presto."

     Helen brontolò, "Oh, mi farai uno squillo presto! Quando? Il quattro di luglio?"

     "No, presto. Sono stato occupato da matti ultimamente.  Dov’è il mio cappello? Oh, non ce l’avevo."

     Lei camminò con lui fino alla porta, aspettò in piedi davanti alla porta fino all’arrivo dell’ascensore. Poi chiuse la porta e tornò camminando velocemente alla sua stanza. Andò al telefono e selezionò il numero agilmente ma con precisione.

     "Pronto?" disse dentro al microfono.  "Mi faccia parlare con il signor Stone, per favore. Sono Miss Mason."  Dopo un momento giunse una voce. "Phil?" disse lei.  "Ascolta. Mio fratello Bobby è appena stato qui. E sai perchè? Perchè quella  tua piccola adorabile moglie, faccia di Vassard gli ha detto di noi due. Sì!  Ascolta, Phil.  Ascoltami. Non mi piace. Non mi importa se c’entri qualcosa o no. Non mi piace. Non mi interessa.  No, non posso. No ho già un impegno.  Non posso neppure stanotte. Puoi chiamarmi domani, Phil.  No.  Ho detto di no, Phil. Addio.”

     Mise a posto il ricevitore, accavallò le gambe e si mordicchiò pensierosa la pellicina del pollice. Quindi si voltò e urlò forte:  "Elsie!"

     Elsie sbucò nella stanza. "Porta via il vassoio del signor Bobby."

     Quando Elsie fu fuori della stanza, Helen rifece un numero.

     "Hanson?" disse. "Sono io. Noi… Sei un cane."

 


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