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Ilaria
Girolami
Solo un sogno
Opera segnalata come
"meritevole di pubblicazione"
L'opera di Ilaria Girolami è
stata segnalata dalla giuria del premio 2004 con la seguente motivazione: "Bella
latmosfera surreale che avvolge e coinvolge il lettore, in cui gradualmente si
insinua la curiosità della rivelazione. Dallinconscio vengono dettati i
tempi della narrazione: a volte blandi, a volte quasi sospesi, per giungere a divenire
incalzanti quando, con mirabile passaggio, dallatmosfera del sogno dominata
dallinconscio si fa strada la reazione determinata della volontà".
* * *
Non posso fare a meno di pensarci. Ormai è passato del
tempo e se fosse stata solo un bizzarro prodotto della mia mente- come amo ancora credere
che sia- sarebbe certo già scomparsa.
Eppure è ancora lì, e io non posso più essere come prima se lei è davvero ciò che
sembra essere. I sogni sono lelaborazione del nostro inconscio, lho letto in
diversi libri, e rappresentano ciò che la censura della mente sveglia taglia fuori delle
nostre riflessioni. Ma lei perché invade i miei sogni? Sono davvero io che lho
creata? Non so se vorrei una risposta affermativa o un dissenso, perché comunque non
calmerebbe il mio animo.
Il
mio primo sogno in questione risale a circa tre mesi fa, una domenica mattina, sul fare
del giorno. Ero semi-dormiente nel mio letto e fuori pioveva a dirotto, ma senza provocare
grande rumore. Io sono sempre lì nel letto e un grigiore permea la stanza, quando ecco
che lei si avvicina, camminando piano, si siede al bordo del letto e comincia a toccare,
come carezzandolo, il mio piumino sgualcito.
La guardo: è una donnetta piccolina, magra direi, soprattutto nelle spalle, ha un
colorito malaticcio e i suoi lineamenti sono secchi, decisi. Ha le occhiaie intorno agli
occhi velati, i capelli di un biondo sbiadito e cinereo sono raccolti sul capo in una
misera crocchia; le labbra sciupate, di una tonalità poco salutare e tuttavia di una
forma che ha qualcosa di nobile; il naso diritto è piccolo e proporzionato. Indossa una
veste da notte, come quelle di tanti anni fa che ora sembrano tornare di moda; si vede
anche nella nebbia del mio sogno che porta i segni dellusura, eppure si vede anche
che doveva essere di buona fattura.
La sconosciuta si accorge che la guardo, mi guarda, sorride scoprendo i denti imperfetti
eppure bianchissimi e dice con una voce profonda ma limpida: Senti? Piove. Era
talmente tanto tempo che non pioveva! e torna ad accarezzare il copriletto con un
sorriso triste- sì, triste, perché lo vidi subito comera- mentre io la osservo
stupita.
Allora mi sporgo dal letto e tento di articolare qualche parola, ma lei si alza e con un
passo stanco si allontana verso la porta, per poi sparirle dietro e lasciarmi sola col
rumore della pioggia, che mi sveglia. In realtà il cielo era sereno e di pioggia non ne
vedevo da un paio di settimane. Ovvio che inizialmente non ho dato tanta importanza a quel
sogno, anzi, non era nemmeno da annoverare tra i più curiosi, eppure sentivo una sorta di
fastidio della realtà presente, come se avessi lasciato qualcosa di non concluso e mi
premesse assai di concluderlo e, giacché non cera stato nei giorni precedenti
nessun altro evento di rilevante importanza da indurmi quella sensazione, imputai la colpa
del disagio al sogno suddetto.
Per qualche notte sognai ancora la stessa situazione, tutto identico a ciò che vidi la
prima volta: la sconosciuta sempre uguale nellaspetto che veniva a sedersi sul mio
letto e a dirmi che era tanto che non pioveva. E io, nella mia coscienza di sognante, non
le rivolgevo una parola, come se fosse perfettamente normale che lei venisse e dicesse
della pioggia; cera però una sorta di spinta allazione dentro di me, che
sentivo premere in virtù di quel diritto a chiedere che ognuno ha, senza tuttavia
riuscire a manifestarsi in nessun modo, poiché l'io del sogno restava muto, oserei quasi
dire, contro la sua stessa volontà.
Mi
è capitato di parlarne con altri e giustamente nessuno ha attribuito al sogno più
importanza di quanta apparentemente ne meritasse. La signora dellappartamento di
sotto, una donna pratica ma molto gentile e affettuosa, è appassionata del gioco del
lotto e ritiene che coloro che appaiono nei sogni siano soltanto persone defunte venute a
farci visita per darci numeri da giocare; perciò, secondo lei, io non dovevo far altro
che domandare alla donna che numeri volesse comunicarmi dallaldilà. Ma la donna del
mio sogno non è morta. Non so nemmeno chi sia, non conosco il suo nome, ma se fosse morta
lo saprei, lo sentirei.
Come ho detto, la mia persona in sogno non agisce completamente sotto i dettami della mia
coscienza semi- sveglia e si comporta secondo la logica- per quanto io possa definirla
tale- del sogno. Quindi, così come non avverte stranezza alcuna nel vedere quella donna,
così capirebbe se essa fosse nella realtà una persona defunta. Non ha senso, sono la
prima a dirlo, ma ero- e sono- sicura che fosse così, nonostante in seguito non abbia
avuto prove certe e inconfutabili. Delle amiche mi dissero che poteva essere
limmagine di una persona che avevo conosciuto e che chissà per quale assurdo motivo
adesso rivedevo in sogno; unaltra, senza dubbio condizionata da troppi libri e
programmi su fantasmi e misteri, ipotizzò addirittura che la donna fosse il fantasma di
una signora morta di malattia in quella stessa casa molti anni prima. Stupidaggini, si
capisce.
Ma il sogno ormai non mabbandonava più, non passava notte che la signora bionda non
venisse a dirmi della pioggia e io, ben lungi da credere alle interpretazioni che gli
estranei potevano dare delle mie visioni oniriche, volevo assolutamente capirne il
significato. I tratti della donna erano comuni e mi era diventata familiare a forza di
sognarla; perciò decisi di lasciare aperte tutte le possibilità e cominciare la mia
ricerca. Naturalmente non credo ai fantasmi, ma per rassicurarmi ulteriormente controllai
in Comune lanno di costruzione dello stabile e chi fossero stati i precedenti
inquilini, che risultarono essere una famiglia trasferitasi dopo poco tempo. Del resto, io
ho sempre abitato qui con la mia famiglia e nessun parente defunto corrisponde
allimmagine della donna bionda.
Tranquilla sul fronte dei fantasmi, andai in soffitta a riaprire tutti gli scatoloni
contenenti oggetti di scuola, album e fotografie di classe: volevo vedere se mai avessi
trovato là il suo volto.
Eppure, già prima di mettermi a sfogliare gli album, avevo il netto presentimento che non
lavrei trovata nemmeno in quei lontani ricordi. Compagne e amiche bionde o
dallaria malaticcia ne ho avute diverse, ma riguardandole nelle foto ho capito
sempre, immediatamente, che non si trattava mai della donna del sogno. Ho preso in mano e
aperto album e raccolte di foto della mia infanzia e di quasi tutti i miei parenti, anche
di quelli più lontani di cui nemmeno mia madre saprebbe dirmi molto; ho scandagliato i
fondali della mia memoria, aspettando che da qualche anfratto del mio pensiero giungesse
londa che io prima avevo lanciato in cerca di quel volto o di uno simile, ma non ho
avuto nessuna risposta.
Mi
ero praticamente rassegnata a convivere con quel sogno patetico, quando una notte qualcosa
cambiò.
Il
sogno cominciò come il solito con la pioggia e con lei che carezzava il copriletto, ma
questa volta andò oltre, non tanto per sua iniziativa, quanto perché io nel sogno mi
alzavo e la seguivo nel corridoio su cui si affaccia la mia stanza. Nel corridoio
cè un vecchio mobile di legno scuro, una consolle con una specchiera antica,
appartenuta ai miei nonni materni, che mia madre aveva prontamente riciclato quando ci
trasferimmo qui.
Subito accanto al mobile cè un piccolo sgabello con la seduta imbottita e foderata
di tessuto di seconda scelta, anchesso frutto del riutilizzo del vecchio arredamento
operato da mia madre. La donna bionda venne proprio a sedersi su questo sgabello e,
tenendo il capo chino, cominciò a lisciarsi la veste da notte, come se volesse eliminare
le pieghe. Io le stavo davanti, in piedi, senza dire nulla, quando tutta un tratto
lei alzò lo sguardo su di me e mi fissò; mi fissò con i suoi occhi grigi velati di una
malinconia che non avrei saputo definire ma che mi colpì profondamente; il suo volto non
più giovane mi apparve in tutta la luce che potevo cogliere e il suo sguardo bucò la
bruma sfumata e confusa che permeava il sogno.
Mi svegliai proprio in quel momento e per tutta la giornata ripensai a quella nuova
visione. Come ormai potevo aspettarmi, il sogno si ripresentò ancora tutte le notti
seguenti. Continuavo a parlarne anche col resto della famiglia e con qualche amica, anche
se aveva già la certezza- e non più solo il presentimento- che tanto nessuno avrebbe
potuto capire. Qualcuno mi ha anche invitato timidamente a sottopormi a una seduta
psicoanalitica, così, tanto per toglierti la curiosità, dicevano loro.
Ma io non sono matta. Voglio dire, faccio questo sogno strano e ricorrente, ma ciò non
influisce sul mio comportamento con gli altri: continuo a lavorare con tranquillità, vado
daccordo con i miei familiari e con il resto delle amicizie, non ho problemi di
salute e, a dire tutta la verità, dormo anche bene, perché questi sogni non mi agitano
durante la notte.
E poi, perché dovrei andare da uno strizzacervelli? Non ho nemmeno ricordi di brutte
esperienze durante linfanzia, non soffro di gelosie, non ho mai avuto complessi tali
da definirmi una persona problematica. Dovevo solo seguire il sogno, e così feci. Dopo
qualche notte, sono andata oltre lo stupore per il cambiamento e ho potuto osservare
meglio la donna bionda.
Ho colto qualcosa nel suo sguardo ed è da lì che è iniziato davvero tutto. Lho
visto, non mi sto sbagliando, lei vorrebbe chiedermi aiuto, anzi, già me lo chiede con
gli occhi. Non cè solo una malinconia infinita in quegli occhi tristi, cè
anche un dolore profondo che adesso scaturisce prepotentemente da quello sguardo e mi
inchioda di fronte a lei senza parole. Lo vedo, la donna bionda è forse una donna
rassegnata, ma la sua rassegnazione non ha annullato la sua sofferenza; ecco perché
adesso mi guarda così. Perché cerca me? Non lo so, forse non lo voglio sapere o magari
è meglio che non lo sappia nemmeno, ma non ha più molta importanza.
Il suo sguardo mi è diventato terribilmente familiare, ma non perché continuo a vederlo
ogni notte, no, col passare delle notti ho ravvisato nella sua espressione qualcosa di
incredibilmente vicino a me, di mio quasi, come se forse in parte e chissà quando quello
stesso sguardo fosse stato il mio, e io sola potessi aver compreso interamente il suo
messaggio. Non ha senso, lo so. Eppure ho la sensazione di avere ragione, senza
spiegazione apparente. E poi cè un altro dettaglio che ha scosso i miei pensieri.
Non ha riflesso.
Nello specchio, voglio dire. Per andare a sedersi sullo sgabello la donna bionda passa
davanti ala specchiera e la sua immagine dovrebbe riflettercisi. Durante uno dei sogni,
infatti, la mia coscienza di persona sveglia si è come per un attimo sovrapposta al
comportamento dell'io sognante e ha osato guardare nello specchio.
Ho visto la mia immagine, con i capelli scomposti e il volto stanco, ma non ho visto la
sua, anche se stava proprio passando davanti al mobile. Ma chi è la persona- o
lessere- che non si specchia? Non esiste. E se non esiste una persona umana che non
ha riflesso allora non esiste nemmeno lei; è solo una bizzarra creatura del mio
inconscio, non ha nulla a che fare col mondo dei vivi che abito anchio. Eppure lei
cè: non ha corpo, ma nella mia mente e nei miei sogni vive.
Il
sogno è di nuovo cambiato, ha fatto un passo avanti portandomi a nuove, terribili
considerazioni.
Lidea
che quel suo sguardo mi sia molto intimo, non lo negherò, mi ha spaventato assai e per la
prima volta da quando ho iniziato la serie di sogni ho avuto la precisa sensazione di
essere giunta a una sorta di paradossale conclusione.
Stanotte la mia coscienza non ha resistito più agli enigmi onirici, si è ribellata, e
quando la donna bionda si stava avviando verso il terrazzino che dà sul retro lha
seguita correndo, smaniando di uscire e apprendere così la verità, con la certezza di
trovarla là fuori, pur senza prove logiche. E infatti il mio occhio è penetrato nello
spazio, ha veduto, ha raccolto quellattimo ridicolo eppure tanto importante.
Cè una vecchia
sedia a dondolo sul vecchio terrazzo, inverosimilmente avvolto in una primavera
piena coronata da un cielo sereno; la donna andava a sedersi là e il mio corpo fremente
di angoscia notturna andava ad appoggiarsi allo stipite della porta.
Allora
ho capito.
E,
desta, mi sono davvero recata di corsa sul vecchio terrazzo, ho spalancato la porta,
laria già tiepida delle mattine di fine primavera mi ha investito potente nel
profumo; dalla porta ho guardato il giardino steso davanti e senza indugio, senza
razionale paura mi sono seduta sulla vecchia sedia a dondolo, assaporando come affamata
lodore penetrante di questo giugno maturo. La donna bionda sono io. O meglio, tutto
quello di me che non conosco o non sento più.
Tutto quello che in questi anni ho sepolto, forse anche involontariamente, nei recessi
più lontani di me stessa e che adesso, senza alcun apparente fattore scatenante, torna in
superficie a rivendicare ciò che lio forte gli sempre negato.
Lo so, non ha senso che io sia convinta di questo; non è logico arrivare a questa
conclusioni solo grazie a uno sguardo su un terrazzo spoglio, ma questa è la verità:
nulla valgono i ragionamenti, nulla il raziocinio, senza peso restano le obiezioni. Ma
perché allimprovviso riemerge la parte di me che prima era sommersa? Cosa mi
aspetta? Giorni di ricordi? Un male in qualche parte del corpo? La morte forse? Cosa
ancora devo cercare?
Lunica
mia certezza è che da stanotte la donna bionda non verrà più a farmi visita. |