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"... in realtà due persone
non leggono mai la stessa
cosa perché, partendo
dalle stesse parole,
le emozioni, i significati
e le immagini
che ne trarranno saranno sempre differenti ..." |
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Fabiana Dantinelli
L'olmo degli addii
Opera segnalata come
"meritevole di pubblicazione"
L'opera di Fabiana Dantinelli
è stata segnalata dalla giuria del premio 2004 con la seguente motivazione:
«Narrazione dinamica e intensa,
ben condotta, dal ritmo pressante. Le brevi descrizioni costituiscono pause naturali,
nellintreccio narrativo sempre in bilico tra fiaba, mito e leggenda: riconoscibili i
ruoli del protagonista e dellantagonista, propri della fiaba, ma più corrispondente
al genere del mito la raffigurazione dei personaggi e la conduzione del racconto, nonché
luso dellastuzia per il superamento delle difficoltà; la chiusa riporta alla
leggenda».
* * *
Tigre delle Nevi viveva
sulla montagna, la sua tribù era stata confinata in quei luoghi dimenticati dopo anni di
dure lotte per la sopravvivenza di una cultura, alla fine erano stati sconfitti e
costretti a rifugiarsi in quellangolo di mondo che solo loro avrebbero conosciuto:
La Montagna Nera.
Era stato John Cassy, generale dellesercito inglese a vincere i Manori, una
piccola ma temuta comunità indiana della California, il capo tribù Aquila di fuoco,
padre dellancora infante Tigre delle Nevi, fu ucciso da Cassy in un sanguinoso
duello. La battaglia vide il suo epilogo non solo con la morte del capo indiano, ma anche
con lo sterminio di tutta la tribù. Furono risparmiati, non senza violenze, solo vecchi,
donne e bambini, da allora i Manori cessarono desistere e ciò che restava di loro,
la tribù dei senza nome, si rifugiò ai piedi dellimpervia Montagna Nera.
Secondo unantica leggenda la montagna era sacra allo spirito dei morti, per
questo nessuno osava avventurarsi oltre la pianura, la cima della montagna era infatti
sovrastata da un grande albero, un olmo, ai cui rami pendevano le teste di traditori e
nemici uccisi, tributo a Koab torvo sovrano del regno delle tombe. Ogni luna calante
leco dello spirito rumoreggiava inquieto lungo la valle fino a raggiungere
laccampamento indiano, era il segnale che Koab chiedeva un sacrificio: la testa di
uninfedele da appendere ai rami dellOlmo sacro. Dopo il consiglio degli
anziani, veniva prescelto un eletto che portasse a compimento il desiderio di Koab,
partiva così un giovane, con la testa di un inglese o di una spia nella sacca, a cavallo
del suo purosangue alla volta della Montagna Nera.
Nessuno tornò mai, mentre una nuova testa pendeva dai rami dellOlmo, la
tribù singinocchiava a piangere in una solenne cerimonia la perdita di un fratello,
Koab era stato saziato. LOlmo fu allora detto degli addii, perché emblema del sonno
eterno e via di non ritorno.
Passarono così molte
lune, nel silenzio cupo di notti nere, mentre il cuore di Tigre delle Nevi si faceva uomo
e dalla gola bianca si levava ancora sinistro il lamentoso grido delle ombre perdute nel
tetro oblio della morte. Era stagione di venti, il freddo pungente aveva avvolto con la
sua gelida nube tutta la Montagna Nera, di essa era rimasta visibile ad occhio nudo solo
la cima, sulla quale regnava muto come un vigile despota lOlmo degli Adii. Il bianco
candore dei fiocchi aveva disteso sullaccampamento una morbida coltre, Tigre delle
Nevi sedeva lontano dalle tende, in un canto buio; fumando il calumet il suo giovane animo
pieno dardore si torturava al pensiero della vendetta. In quel suo spirito indolente
sera annidata infatti quella signora meschina, che negli anni aveva continuato a
turbare il suo sonno sussurrandogli allorecchio parole di compianto e insieme di
sfida per il defunto padre.
Col tempo il rammarico e il dolore serano trasformati in ira e brama di
sangue, il sangue del nemico uccisore che la sua freccia avvelenata dodio avrebbe
sparso. Attese il compimento del suo ventesimo anno, reputatosi abbastanza profuso di
virile indole bellica, decise di recarsi da Koab, spirito crudele quanto saggio, per
interrogare il suo oracolo circa il da farsi. A nulla valsero le suppliche dolci e
premurose della madre e della bella Perla di Loto, sua futura sposa, lormai smanioso
Tigre delle Nevi doveva placare il suo tormento. Alla notizia, il consiglio degli anziani
decise di riunirsi, inizialmente fu il dissenso ad animare il loro dibattito, soprattutto
Occhio di Volpe, un tempo il miglior condottiero dei Manori, soppose con forza alla
scelta del giovane capo in quanto avrebbe sottratto inutilmente alla tribù un altro forte
ed abile compagno che insieme agli altri avrebbe dovuto impegnarsi per mantenere in vita
la loro stirpe.
Tigre delle Nevi si sdegnò di tanta viltà e salzò in piedi gridando il suo
disprezzo, la situazione si fece sempre più rovente, gli anziani inorridirono di fronte
al comportamento sfrontato del giovane e stettero per imputargli una terribile condanna, a
quel punto però intervenne a sedare gli animi il vecchio Voce Tonante mente suprema di
tutto il consiglio. Che sia posto ai voti... Il coraggio di Tigre delle Nevi-.
Gli anziani si guardarono smarriti, poi lentamente alzarono il braccio destro in
segno dapprovazione, tutti tranne Occhio di Volpe, il quale aveva già inteso il
gioco di parole di Voce Tonante. Acquisita la maggioranza dei consensi, Voce Tonante
imperò: -Dunque ecco riposto nel tuo coraggio la fiducia del consiglio, parti giovane
capo e trova la via della salvezza per il tuo cuore-. Un mormorio crescente si diffuse
nella tenda del consiglio, ma Voce Tonante ammutolì gli astanti con un solenne gesto
della mano portata in cerchio attorno al viso, subito dopo ordinò che sallestisse
la cerimonia per la partenza di Tigre delle Nevi. Nellaccampamento
sapprestarono così i preparativi per il rito del guerriero errante: lo stregone
sfregò le mani, poi le immerse in un enorme braciere riempito dacqua fredda e
foglie di menta e savvicinò per inumidire la fronte di Tigre delle Nevi, quando la
battaglia si fosse fatta aspra e il caldo desiderio di morte si fosse insinuato serpentino
tra i suoi pensieri, lalgida mano dello stregone lavrebbe congelata e la
frescura di quel refrigerio avrebbe riportato il guerriero alla resistenza ad oltranza.
Voce Tonante segnò con vernice blu estratta da una pianta considerata magica, il cuore e
i polsi di Tigre delle Nevi, in tal modo il suo sangue sarebbe rimasto sempre freddo senza
mai farsi preda della rabbia, infine la sua promessa Perla di Loto gli fece lultimo
dono di un fiore che ella gli legò tra le trecce in ricordo di un amore che avrebbe
atteso il suo ritorno.
Tutta la tribù si riunì intorno a lui e per tutta la notte furono levati canti ed
inni per propiziare la buona sorte del giovane capo indiano. Allalba Tigre delle
Nevi si destò, era giunto il momento di mettersi in viaggio e finalmente trovare pace
alla sua ossessione. Ci mise due giorni di duro cammino per raggiungere la vetta della
Montagna Nera, non appena Tigre delle Nevi vide da poco più che un miglio il vecchio Olmo
Sacro si fermò per lunghi attimi ad osservarlo. Le teste pendevano copiose, alcune erano
tagliate di fresco, altre divenute teschi logori, le radici dellalbero piccole e
sottili, affondavano nel terreno solo alle estremità, dunque erano ben visibili in quasi
tutta la loro lunghezza tinte del sangue scuro scivolato lentamente dai rami, come lacrime
rosse, di un rosso opaco, quasi nero, cadute da quegli scalpi dagli occhi ancora sbarrati,
il tronco nodoso, bianco, ormai secco, come daltra parte tutto il resto
dellalbero. Tigre delle Nevi ne rimase molto colpito, forse anche un po
spaventato, ma la paura non era stata mai una sua debolezza, proseguì così lentamente,
sfiorando quelle teste che parevano spiarlo, fino a giungere in un silenzio irreale
alleremo nascosto di Koab. Tigre delle Nevi entrò a passi felpati, con il suo
pugnale ben stretto nella mano destra, avanzò con cautela prestando orecchio anche al
minimo rumore.
Lantro di Koab era profondo, una specie di sepolcro scavato nel cuore della
roccia, il vento che da fuori soffiava con veemenza provocava tenebrosi echi facendo
sibilare le corde a cui erano appese le teste dellOlmo in uninquietante
sinfonia. Tigre delle Nevi non si lasciò intimorire e proseguì nel suo cammino, infine
giunse a Koab. Trovò lo spirito che dormiva su di unamaca, con le sue unghie lunghe
e nere, estremità di due mani pallide e grinzose, il corpo, difficile a definirsi in
tutte le forme, era avvolto in un sottile velo nero, da cui spuntavano solo le mani e il
volto. Il viso di quello spirito addormentato rivolto su una spalla, ma con la fronte
accigliata e la bocca chiusa in un ghigno da brivido, avrebbe fatto desistere da quellimpresa qualsiasi
condottiero, ma non Tigre delle Nevi.
Dapprima il giovane pensò istintivamente di uccidere lo spirito, in tal modo la
sua tribù non sarebbe mai stata più costretta a versargli un sofferto tributo di sangue,
ma poi, in uno slancio dastuzia, pensò dattendere il suo risveglio per il
quale progettò uno scaltro ricatto.
Non appena Koab aprì i suoi terribili occhi rossi, saccorse immediatamente
della presenza di un altro essere di cui aveva avvertito lodore, si voltò
lentamente verso Tigre delle Nevi e lo fissò con sguardo ostile. Chi sei tu, che
invadi con la tua sfrontatezza la mia casa?- Tigre delle Nevi rispose con tono pacato
palesando la più raffinata eleganza nellesposizione: - Minchino a te Koab,-
disse abbassando leggermente il capo, - Sono Tigre delle Nevi, capo tribù degli estinti
Manori, vengo a te per interrogarti riguardo una questione che ho a cuore, dal momento che
ho appreso dagli anziani linfinita saggezza del tuo oracolo.- Koab sghignazzò, poi
si fece nuovamente serio. Pensi di compiacermi con le tue lusinghe e il linguaggio
forbito? Hai oltraggiato la mia casa, nessuno può entrare nel mio antro senza uscirne a
brandelli.- Tigre delle Nevi non si lasciò scomporre.
Ho rispettato le regole che contravvengono al buon ospite attendendo il tuo
risveglio, avrei potuto ucciderti nel sonno...-
Koab rimase sorpreso della risposta del giovane, ma non tollerava che la sua
autorità venisse così impudentemente sottovalutata. Potrei divorarti in un balzo
piccolo insolente!-
Koab intendeva incutergli
paura, ma il suo tentativo non ottenne il successo sperato. Mentre contemplavo il
tuo sonno ho avuto modo di pensare a come evitare tale spiacevole inconveniente...-
Rispose in tutta calma Tigre delle Nevi. Koab era rimasto senza parole, furibondo per
lirriverenza estrema del giovane indiano, tuttavia Tigre delle Nevi non mosse ciglio
e proseguì. Koab, mio signore, temevo che la tua irascibile indole ti avrebbe
portato a questa conclusione, per questo ho versato sulle tue labbra un veleno
potentissimo che in poche ore è fatale...- Koab lo interruppe livido di rabbia. Tu
menti!- Tigre delle Nevi sorrise. Koab mio signore, tu possiedi le più malefiche
arti magiche, puoi scrutare il tuo intestino, magari egli potrebbe darti conferma delle
mie parole o confutarle.- Koab non riusciva più a tollerare il tono di sfida di Tigre
delle Nevi, ma ormai sera insidiato in lui linfido dubbio della reale presenza
del veleno nel suo corpo, egli avrebbe potuto con i suoi malefizi scatenare tempeste,
uccidere, provocare indicibili tormenti, ma non certo scrutarsi lintestino.
Io conosco il rimedio, ma non acconsentirò a dirtelo se non dopo
laver ottenuto da te, mio signore Koab, le risposte che domando, se poi tenterai
duccidermi dopo avermele concesse e non mi lascerai andare, non ti rivelerò come
utilizzare nella giusta maniera lantidoto.- Koab stette a lungo in silenzio, poi,
seppure con il cuore stretto tra le spine della collera accettò a patto che Tigre delle
Nevi gli ponesse una sola domanda.
Il giovane senza muoversi di un centimetro dalla stessa posizione in cui si trovava
da ore, seduto con le gambe incrociate davanti a Koab, rivolse il suo quesito allo
spirito. Mio padre, Aquila di Fuoco è stato assassinato da un inglese, John Cassy,
sono trascorse molte lune da quel triste Fato e il mio desiderio di vendetta non trova
ammonimento che riesca a contenerlo, come posso placare il mio cuore infelice?- Koab
sospirò rumorosamente, esitò molto prima di rispondergli. John Cassy è il nome
del tuo tormento... La vendetta il rimedio.- Koab era uno spirito sanguinario, Tigre delle
Nevi sapeva che con tutta probabilità non avrebbe potuto far altro che dargli un
consiglio sanguinario, ma forse voleva solo la benedizione di uno spirito malvagio che
rendesse un po più malvagio e spietato anche lui nel compimento del suo castigo.
Tigre delle Nevi si mise in sella al suo purosangue, fece un piccolo tratto poi, si
voltò verso Koab rimasto in attesa davanti
al suo antro. Nessun veleno!- Gridò Tigre delle Nevi riprendendo la via in discesa
a gran trotto, Koab fuori di sé gli scatenò dietro una tormenta, ma il giovane era già
lontano e sulla Montagna Nera sudiva ormai solo leco del suo grido di
vittoria. Viaggiò a lungo Tigre delle Nevi, attraverso torrenti e pianure, ma alla fine
del suo lungo errare di ramingo giunse finalmente allesercito britannico. Lo trovò
sul piede di guerra, come anni prima aveva dovuto affrontarlo suo padre; John Cassy era
ancora il vecchio capitano, con ancora in mente la missione di debellare come una malattia
ogni minaccia indiana dal creato.
Tra i due non ci furono troppe ed inutili cerimonie, Tigre delle Nevi rese noto
immediatamente il motivo della sua venuta e il capitano fu ben lieto che gli si
presentasse loccasione di poter togliere di mezzo un altro indiano, per di più
superbo ed irritante. Il duello si svolse lealmente, in vecchiaia Cassy aveva assunto un
cipiglio più dignitoso e contenuto benché sempre molto fiero, ma di certo meno
tracotante che in giovinezza. Si stabilì di combattere in un luogo solitario per impedire
che qualche ufficiale o subordinato sintromettesse inopportunamente nella questione.
Cassy resistette con abilità con la spada, poi però il giovane riuscì ad avere la
meglio e ad atterrare il suo avversario, disarcionato e ormai completamente inerme.
Cassy tradì la sua indole di coraggioso gentiluomo qual si professava e supplicò
che gli fosse risparmiata la vita, Tigre delle Nevi per un attimo si lasciò impietosire
ma poi, riportando al pensiero quei tragici momenti di violenze subiti in passato e la
morte di suo padre, barbaramente ucciso, soffocarono in lui ogni sentimento dumana
compassione.
Il giovane capo indiano impugnò il suo arco e tesa la più acuminata delle frecce
verso il petto del vecchio capitano gli trafisse il cuore con un colpo mortale. Il sangue
stillò per qualche secondo verso gli occhi infuocati di Tigre delle Nevi, tornando alla
saviezza dopo quegli istanti di furiosa vendetta, si toccò in viso e avendo notato che il
sangue di Cassy gli aveva sporcato il volto, si passò su di esso le mani in modo tale da
spargerselo su tutta la fronte, le gote e poi anche sulle braccia.
Si alzò infine dalla polvere e salito nuovamente in sella al suo cavallo corse via
lasciando nel vento il grido di vittoria del guerriero.
Tornò al suo accampamento
solo dopo molte lune e il suo ritorno fu festeggiato con cerimonie dogni sorta,
perfino Occhio di Volpe sinchinò con riverenza la coraggio di Tigre delle Nevi,
quando si fece lalba poi, il giovane indicò ai fratelli che lo acclamavano
lOlmo degli Adii. Tutti gli sguardi si volsero allalbero sacro, una nuova
testa pendeva dai suoi rami: quella di John Cassy.
La tribù esultò festante attorno a Tigre delle Nevi, ma quando le donne gli si
avvicinarono per ripulirlo di quel sangue funesto di vendetta porgendogli la candida veste
della festa egli si rifiutò, quel sangue sarebbe stato per sempre il simbolo di sconfitta
del nemico, Tigre delle Nevi lavrebbe lasciato seccare in superficie attendendo che
la sua pelle lo assorbisse lentamente, da allora tutti gli indiani della rinata tribù dei
Manori, nacquero con la carnagione scura, quasi bruciata, tinta di un purpureo profondo...
Fu così che in seguito tutti gli indiani furono chiamati
pellerossa. |