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Tiziana  Gorrieri
Lettera al figlio

Opera segnalata come "meritevole di pubblicazione" 

 

 

Il racconto di Tiziana   Gorrieri è stato segnalato dalla giuria dell'edizione 2004 con la seguente motivazione:

«Nella forma epistolare, da un partenza di stampo intimistico raggiunge una dimensione universale, certamente, come non mai, figlia dei tempi. Con ritmo piano ma impietoso mette a nudo gli interrogativi di ognuno e di tutti sulla guerra, partendo da una tragedia che sembra realmente vissuta sulla propria pelle ed al lettore che non può non soffrire insieme all’autore - protagonista, al termine di una pregevole intima valutazione, offre una risposta: un “progetto civile di pace”».  

 

 

° * *

 

 

“Nessuno è così pazzo da preferire la guerra alla pace:
in tempo di pace sono i figli a seppellire i padri;
con la guerra tocca ai padri di seppellire i figli” .

Erodono, V° secolo  a.C.

 

 

 

Marzo 2004

 

Sto per arruolarmi papà…

Me ne sto qui seduto come un idiota su una panchina sgangherata del parco, proprio davanti  alla caserma, quella dove tu "hai preso i voti" molti anni prima.

C’è festa oggi là dentro. Da qui arrivano le voci distese dei militari, forse una parata o qualche illustre personaggio in visita.

Guardo la facciata grigia e corrosa della caserma e mi sento stranito come quella parete, papà, così fragile e inconsistente. Mi sento un elastico, non ridere per favore  perché è prerogativa di un elastico quello di fiondarsi e ritornare. Ti sembro ridicolo lo so ma pensa ad un figlio elastico, diviso tra un profondo desiderio di riscatto e  una fottuta  paura di non fare la scelta giusta.

Si può scegliere "giusto" a vent’anni, papà ? La parola "paura" l’ho abolita dal vocabolario perché tu stesso me l’hai insegnato e ne vado fiero. Non è solo un concetto scritto in una pagina dello Zingarelli.  E’ un germoglio che ho coltivato insieme a te, che mi è cresciuto dentro come una certezza, ma che adesso… punge.

Da qualche parte del mio stomaco punge e non so spiegarmene il motivo.

Lo sai, è per questo che mi sento un idiota, perché da tre giorni non faccio che venire qui, sedermi sulla stessa panchina e osservare la caserma in attesa che questo strano malessere se ne vada via, così come è comparso. Se fossi un ironico darei colpa alle sigarette. Invece sono solo un incosciente perché ho preso a fumare come tutti i diciottenni incoscienti e questa intemperanza in fondo non mi dispiace anche se scuce un po’ troppo il portafoglio di mamma.

Me ne sto qui al freddo, le mani rattrappite in tasca e il bavero sulla testa a guardami intorno forse in attesa di un segnale, o di chissà chè ed i miei occhi non fanno che guardare e pensare, pensare e guardare.

"Adesso che hai un diploma, devi farlo fruttare" …. La conosci anche tu, no ? Te la sei sposata e non si può dire che non sia una donna in gamba. Se avessi una ragazza, vorrei che fosse forte come lei.    Io invece, non so nemmeno chi sono stato in questi 5 mesi…

 

+ + +

 

Nassirya   (Iraq)  - "Caserma Italiana dei Carabinieri
"Libeccio" - Novembre 2003

 

Caro Leo, figlio mio, mai come stasera sento il bisogno di scriverti. Di scrivere a te solo.
Sono rare le mie lettere, lo so, ma è da tanto che volevo farlo e ora ho giusto una mezz’ora prima di riprendere il turno di guardia.  

Sono via da tre mesi e mi sembra un’eternità, un tempo enorme e uno spazio infinito che mi dividono da te e la mamma.

Sento il bisogno di scriverti perché non passa giorno in cui non ci si chieda  se rispunterà l’alba. Siamo come fantasmi appesi a caso sul filo della realtà. Accadono cose che mi fanno pensare a quanto precaria e a volte terribile è la vita nelle sue sfumature.

Quaggiù è un inferno. Un inferno di fuoco, che arde questa terra martoriata, che azzanna le sue viscere ogni giorno spargendo torrenti di sangue e le pietre continuano a lavarsi di rosso e le madri a pregare davanti a mozziconi spenti di candele, tra l’incenso dell’odio e le ossa sbriciolate dei loro figli.

Sono nell’Arma dei Carabinieri da una vita. Ti ho raccontato la mia storia, Leo, della povertà in cui ho vissuto fin da ragazzo, delle difficoltà dei nonni a sbarcare il lunario e della perenne mancanza di lavoro. Tu sai che la mia scelta è stata "ideale" e lo è diventata ancor più nel corso degli anni. Non ti mento nel dire che come militare di carriera ho sempre sentito l’esigenza e l’importanza di dare all’umanità, seppur nel mio piccolo, qualcosa di utile, qualcosa di mio.

E’ difficile parlare di tutto ciò senza   scadere in facile retorica ma io mi sono sentito spesso, soprattutto in queste ultime missioni umanitarie, utile a "qualcuno".   In Kosovo e in Afghanistan è stata dura ma qui lo è ancor più, Leo. L’ostilità della gente la percepisci "a pelle". L’Iraq è un paese allo sbando e noi così ci sentiamo, col cuore allo sbando davanti alle autobombe che esplodono ogni giorno, alla guerriglia, ai cecchini appostati agli angoli delle vie, davanti agli occhi disperati di questa povera gente che non vuole la guerra ed è stanca di veder il sangue scorrere lungo le fogne di città.     

Leo, figlio mio, sei un ragazzo fortunato, ricordalo. Vivi in un paese libero e libero sei in ogni tua scelta. Hai semplicemente avuto la fortuna di nascere in democrazia, dove stai tu si   vive decorosamente, ricordalo perché qui è tutt’altro.

Ti voglio bene Leo, te l’ho mai detto ? Forse no, vero figlio mio ?

Perché è così difficile per un padre dire "ti voglio bene"? In fondo sono tre sole parole, che assumono in circostanze come queste un significato immenso. E’ proprio davanti al dolore, allo scempio umano, alla  devastazione dell’anima che nulla conta se   non l’amore che ci riscalda e ci infiamma il cuore. E’ l’amore… ricorda Leo, l’amore, che ci rende vivi ovunque noi ci troviamo, in qualsiasi parte del mondo siamo. E non contano le religioni, il colore della pelle, le differenze sostanziali che ci distinguono tra uomo e uomo. L’uomo è vivo solo quando ama.    

Ieri un commando di Marine americani  ha sparato contro un pulmino temendo un attacco kamikaze. Non si era fermato all’alt o forse non si era semplicemente accorto del blocco. Dopo l’azione il bilancio è stato di 5 morti, 6 feriti.

Tutti bambini…bambini, Leo.

Ecco davanti a questo, in quel preciso istante credo di aver perso ogni identità di uomo perché non c’era amore in tutto quello che avevo davanti agli occhi. Solo devastazione, dolore, angoscia, ribellione. E l’identica cosa è capitata una settimana fa a pochi chilometri da qui ad una pattuglia inglese in missione presso la Croce Rossa. Ragazzi di appena vent’anni ammazzati da un commando terrorista iracheno. Ragazzi che si sono svegliati la mattina e non hanno più sgualcito le lenzuola della notte.

Ragazzi come tanti, ragazzi come te.

Questa è una missione tra le più dure   non solo per l’ostilità della gente che ci vede come vere e proprie forze di occupazione  ma per quel senso di rovina personale che ci pervade quando entriamo per esempio in un ospedale a portare generi di prima necessità e non puoi fare a meno di vedere quei volti. Quei volti  senza più volto.  E poi pensi… ma quando finirà tutto questo ?

E invece non c’è mai un domani ma sempre solo un oggi intinto di sangue e di dolore.

In questo momento vorrei tanto essere lì con te, Leo, anche solo in silenzio, vicino a te. Mi basterebbe averti semplicemente accanto, così, a  percepire i silenti istanti della nostra anima.

Lo sai che il silenzio parla ? Qui il silenzio mi parla di nostalgia, di affetti lontani, di sapore di cose lasciate e mi avvolge spesso, troppo spesso. A volte ho la sensazione di "sentire" persino il buon profumo di bucato che tua madre usa e che pervade la casa. Ogni casa ha un suo profumo.

Ti sembrerà assurdo ma a volte cerco di riafferrarlo con la mente, così, tanto per sentirmi più vicino a voi. 

A fine settimana torno a casa in licenza, questa sì è una bella notizia ! Anzi, dì alla mamma che cominci a preparare qualcosa di buono, come quel dolce al cioccolato che piace anche a lei.

Ciao, Leo, ora ti lascio, dà un grande bacio alla mamma e dille che entrambi mi siete nel cuore sempre, ogni minuto del giorno.

Arrivederci, figlio mio, a presto.

Papà

 

+ + +

 

Non so proprio chi sono stato in questi 5 mesi, papà…

Mi sembra di aver vissuto in una specie di limbo sospeso tra terra e cielo, io fantasma di me stesso, io e l’ombra che mi cammina accanto, nello stesso letto, nella stessa casa,  io con due volti divisi…mai lo stesso. 

Ho qui in tasca la tua lettera, ne sento la ruvidezza della carta tra le dita affondate nel giubbotto. Non ho nemmeno bisogno di leggerla, la conosco a memoria. Tra la stoffa accarezzo ogni tua parola.

Mi manchi papà…   

Devo avere uno sguardo ebete  perché un passante mi osserva ironicamente divertito e tira via. Penserà che sono un balordo, seduto qui al freddo come un barbone ma chi se ne frega, sto cercando la mia vita. Sono qui con te, per capire quanto questo fantasma che mi vive accanto intende restare ancora in affitto nei miei appartamenti. Non è facile diventare uomini improvvisamente, è una questione maledettamente seria.

Dopo la tua morte è stato un carosello infinito di mani paternalistiche, sorrisi pietosi, lacrime sincere, testimonianze dagli apparati più alti dello Stato.

"I 19 Caduti italiani della "Libeccio" in Nassirya, eroi di stato sacrificati alla libertà nell’adempimento del proprio dovere…"

Dio…quanti titoli di giornali e palinsesti TV mi sono scorsi negli occhi, mentre il tuo viso insieme a quello degli altri carabinieri uccisi mi fluttuava davanti allo schermo 24 ore su 24 come uno spettro, insieme alle voci concitate dei cronisti.

" La guerra entra nelle case degli Italiani…strage di Italiani in Iraq; due veicoli carichi di tritolo condotti da 4 kamikaze saltano in aria davanti alla base dei Carabinieri "Libeccio". L’esplosione potentissima ha sventrato letteralmente la palazzina provocando una profonda voragine"

E mi sembra, papà, ancor oggi, di sprofondare io stesso in quella fossa di fumo e di morte dove non esiste che l’orrore, dove giace assassinata solo la parola "speranza".    

La mamma ha fronteggiato come una guerriera ogni circostanza, ne saresti fiero lo so ma io a volte non riuscivo nemmeno a mangiare. Ingoiavo a fatica solo per farle piacere, poi vomitavo di nascosto lacrime e cibo, rabbia e impotenza.

Ti immaginavo, in quelle ultime ore prima dello scoppio a scrivermi questa lettera. Una lettera d’amore, PER l’amore, in un paese dove l’amore oggi è pazzia. Verrà un tempo in cui anche quelle terre martoriate conosceranno in pace la parola serenità.

Quando parlo di desiderio di riscatto la mia anima pensa a solo a come renderti giustizia. Se mi arruolassi nell’Arma questo mio desiderio sarebbe compensato, così vorrebbe la"logica".  

Ma è proprio questo che punge nel mio stomaco, perché, vedi non sono sicuro di volerlo, papà.

Tutti si aspettano che io segua le tue orme e forse dovrei farlo, per quel senso innato del dovere

invece sto qui, pensando che le armi sono solo mezzi di violenza, strumenti di morte. Non parlano d’amore…al contrario delle tue parole che stringo qui, tra le dita.

Sono le tue parole a pungermi dentro, a rodermi la coscienza.

So bene quanta passione e umanità hai messo in tutte le tue missioni. Ci hai sempre creduto e per questo sei morto. Sono disilluso sulla buonafede dei politici, li detesto.  Dietro le parole "umanità", "senso del dovere", eccetera, io non riesco a coniugare "armi", "sangue", "morte".

Io voglio scegliere la vita, papà…la vita, in ogni sua più profonda espressione.

Forse è questo il mio vero senso di riscatto nei tuoi confronti ?

Dopo la tua morte mi sono avvicinato a delle gente che opera volontariamente per la Croce Rossa Internazionale. Attraverso le loro esperienze ho scoperto che esiste un mondo parallelo fatto di abnegazione, di amore, di speranza. Anche loro stanno "sul campo" ma senza fucili, senza pallottole, unicamente con le loro coscienze e tanto danno all’umanità.

Non voglio essere "un campo minato" nelle mani di coloro che detengono le leve di comando, non voglio camminare dentro di me con la paura costante di saltare in aria al primo cambiamento di vento.  Il vento, tu lo sai, può cambiare secondo certi opportunismi di potere.  

Io il vento voglio sentirlo sulla pelle, in una giornata chiara di luce mentre cammino dentro di me con passo leggero, mentre accarezzo l’idea di un pensiero leggero, così leggero da poter fluttuare tra le nuvole come un aquilone immemore e infinito. 

Non sceglierò di fare il militare…perdonami, papà.

Perdonami, se puoi.

E dire che ero venuto qui con l’idea di arruolarmi, intriso di tutta quella rabbia che ho ingoiato per 5 mesi  senza mai smettere di sanguinare. Senza emostatico si rischia di morire immersi nelle proprie certezze, che poi di certezze assolute ne è pieno il mondo.   Troppo pieno di certezze è il mondo.

Due scelte di vita diverse. La tua, sentita come un ideale preciso e sempre così è stato nel corso della tua carriera. E la mia, per quanto banale possa essere, sarà ugualmente una scelta di coscienza.

Esiste un progetto di servizio civile europeo che persegue obiettivi di servizio civile di pace, gestione non-violenta dei conflitti e di educazione alla solidarietà internazionale.   

Farò domanda per entrarvi, chissà forse un giorno anch’io mi troverò "sul campo" e quando sarà, avrò solo queste armi a disposizione e non ne sarò pentito.

Non varcherò quella soglia. Sono state le   tue parole a farmi decidere, a rendermi forte.

E’ l’amore… ricorda Leo, che ci rende vivi ovunque noi ci troviamo, in qualsiasi parte del mondo siamo… L’uomo è vivo solo quando ama.

D’altra parte non sono tagliato per fare l’eroe…tu sai che non lo dico con cinismo.

Dall’altra parte del cielo ovunque tu sia   tu lo sai, papà. 

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