LA GUERRA D'ETIOPIA

1935-36

 

Ras Tafari Makonnen, Vicario Imperiale con ambizioni di potere nell'incerto scenario della successione al trono di Menelik, nel 1924 portò gli altri ras con se ad una visita della capitali europee, convinto che il suo paese dovesse evolversi dalla forma feudale che aveva e guadagnare una posizione più civile nel contesto internazionale, La precauzione vuole di non lasciarli a casa pena la sedizione interna. Il mondo occidentale, le tecnologie ormai diffuse, stupiranno questi signorotti di provincia e convinceranno ancora di più il futuro Negus Hailè Selassiè che l'unica possibilità di salvare l'ultimo stato sovrano d'Africa è la modernizzazione o in alternativa essere preda destinata di un vicino. Inizialmente la politica italiana verso l'Etiopia era stata di continuazione di un benevolo protettorato, confermato dal ruolo attivo svolto per agevolare l'ingresso di Addis Abeba nella Società delle Nazioni e da un patto di amicizia della durata di 20 anni che era stato stipulato nel 1928.Hailé Selassié non nasconde la propria diffidenza nei confronti del governo di Roma. Nutre il sospetto che l'aiuto di tecnici italiani preluda alla penetrazione economica. Per sventare la minaccia chiama tecnici da altre nazioni e ostacola, per quanto possibile, gli appalti alle ditte italiane per la costruzione di strade, rallentando anche i rapporti commerciali con l'Italia. Nel giro di pochi anni l'atmosfera si avvelena: secondo la testimonianza di De Bono, Mussolini inizia a meditare l'invasione dell'Etiopia fin dal 1932. Salito al potere nel 1930 il Negus si circondò ben presto di consiglieri Inglesi, Francesi, Belgi, Svedesi per il riordinamento dell'esercito, l'addestramento all'uso delle nuove armi e dell'aviazione. Quel che occorre è il casus belli. La zona dei pozzi di Ual-Ual era stata fortificata dagli italiani per proteggerla dalle frequenti incursioni, e per controllare una ventina di pozzi, risorsa essenziale per le popolazioni nomadi dell'Ogaden, a cavallo tra i due territori. Il possesso della zona, però, non é pacificamente riconosciuto dall'Etiopia e, per la vicinanza al confine con il Somaliland britannico, anche l'Inghilterra era interessata alla questione. Il 24 novembre 1934 una commissione mista anglo-etiopica si avvicina ai pozzi, accompagnata dalla minacciosa presenza di centinaia di abissini armati di tutto punto. Al momento nel fortino si trovano due sottufficiali indigeni e una sessantina di dubat, i quali sollecitano istruzioni al telefono senza cedere la posizione. La tensione sale rapidamente. Arriva il comandante delle bande armate confinarie, capitano Roberto Cimmaruta, il quale si rende immediatamente conto che è meglio fare affluire altre forze sostenute da autoblindo e mettere in allarme l'Aeronautica. Infatti gli abissini pretendono l'abbandono della postazione. A nulla valgono i tentativi di negoziare sul campo una qualche soluzione insieme agli osservatori britannici:: la tensione sale ulteriormente quando i pozzi sono sorvolati dagli aerei italiani. Gli inglesi esprimono una vibrata protesta e se ne vanno. Restano, invece, le bande abissine, guidate da un audace fuoriuscito somalo, Omar Samantar, noto per le sue azioni di guerriglia antiitaliana. Il 5 dicembre, pomeriggio, basta un gesto di scherno, una parola di troppo, una fucilata e scoppia il finimondo. La risposta italiana nella mattina del giorno successivo, è devastante. Il capitano Roberto Cimmaruta fa intervenire i carri veloci e l'aviazione che interviene mitragliando e spezzonando i concentramenti abissini. Gli spezzoni al fosforo decidono la partita: 300 morti fra gli abissini, 21 dubat morti ed un centinaio di feriti fra gli italiani. Mussolini non sente ragione di chiudere diplomaticamente la questione e come sua abitudine alza il prezzo. Il 27 dicembre, ordinata la mobilitazione in colonia e firmato il 7 gennaio 1935  un accordo di desistenza con la Francia (Gibuti) si apre la porta alla guerra.  Da febbraio cominciano ad imbarcarsi le divisioni dirette a Massaua e Mogadiscio: 

Corpo d'Armata Santini Corpo d'Armata Maravigna
Div.Gran Sasso Div. Assietta
Div. Sila Div.Pusteria
Div. CC.NN Tevere Div.Sabauda
Div. CC.NN 1 Febbraio Div. CC.NN 3 Gennaio
Gruppo Granatieri, Alpini e G.F. X e XV Indigeni e bande
Carri veloci I V° Carri veloci V° 
Artiglieria e Genio Artiglieria e Genio
Aviazione e servizi Aviazione e servizi
°
Corpo d'Armata Bastico Corpi d'A. Pirzio Biroli Corpo d'Armata Graziani 
Div. Gavinana Div. Cosseria Div. Peloritana
Div. CC.NN 21 Aprile Div. CC.NN 23 Marzo Div. Libica
Bande Seraè, Cheren, Hamasen Div. CC.NN 28 Ottobre Camicie nere Libiche 
10° sq. carri veloci Esploratori del Nilo Div. 1a Eritrea Bande caval .Indigena e  Squadrone carri v.
Camicie nere Eritrea  Div. 2a Eritrea Battaglioni somali
Artiglieria e Genio Artiglieria e Genio Artiglieria Libica 
Aviazione e servizi Aviazione e servizi Aviazione e servizi

Con loro si imbarcano oltre 100.000 civili portando la forza complessiva a 300.000 uomini. I civili dapprima impiegati per allargare le zone portuali, saranno poi al seguito delle truppe per tracciare ed allargare le strette mulattiere che si inerpicano sulle ambe.  All'epoca solo una ferrovia collegava Addis Abeba a Gibuti ( francese). Il comando delle operazioni viene dato al Gen. De Bono, quadrumviro della prima ora che passa l'estate ad allestire il più grande esercito che si sia mai visto in terra d'Africa. L'Inghilterra preoccupata dalla brutta piega degli avvenimenti invia la Home Fleet nel Mediterraneo ed in risposta ne ha la famosa frase di Mussolini " ...e noi tireremo dritto ".Loro il gesto lo hanno fatto ora possono ritornare a casa. Il 2 ottobre dal balcone di Palazzo Venezia dopo che le sirene e le campane avevano radunato in tutte le piazze d'Italia milioni di persone, Mussolini consegna alla storia la propria dichiarazione di guerra " Con l'Etiopia abbiamo pazientato quarant'anni. Ora basta " Il Negus visti i voltafaccia di inglesi e francesi si era rivolto per le armi a Belgi e Svedesi e sicuramente ai tedeschi offesi per la presunta protezione data dall'Italia all'Austria nel Luglio 1934. Fra gli armamenti che saranno poi catturati c'erano 10.000 fucili Mauser, 36 cannoni antiaerei e 30 anticarro pak 35 tedeschi. I vari Ras riescono a schierare un ugual numero di armati ma sono in difetto di trasporto, logistica, artiglieria e aviazione. Le truppe italiane varcarono il 5 novembre il confine dirigendosi in tre colonne su Axum (la città santa, la città dei cento obelischi), Adigrat e Adua. Qui, il 6, De Bono decise di fermarsi per saggiare l'eventuale reazione avversaria. Questa azione mandò su tutte le furie il Duce che gli mandò personalmente l'ordine di attaccare. Il 2 novembre la Società delle Nazioni aveva intanto decretato le sanzioni contro l'Italia, in pratica un embargo su molti prodotti strategici. Gli effetti di questo embargo oltre che a rafforzare il fronte interno diedero impulso alla già fiorente industria autarchica non bloccando comunque del tutto le importazioni poiché la Germania, gli Stati Uniti e il Giappone non vi aderivano.  Dagli Usa comprammo addirittura Caterpillar e Camion Ford, in parte regalatici dagli italiani d'America rappresentati dal sindaco di New York Fiorello la Guardia. Il regime aveva preparato il terreno costituendo negli Usa associazioni tra emigrati che fecero pressione sui congressmen di Roosevelt eletti col peso dei voti degli italo-americani. Il 6 novembre rimesse in moto le armate occupammo Makallè senza peraltro aver visto segno del nemico. Il 15 novembre, stante la lentezza delle operazioni, De Bono viene sostituito dal redivivo Gen. Badoglio. I tempi della sostituzione, comunque lunghi, comportano per ora una pausa nella avanzata. In Italia intanto si era celebrato il Rito della Fede dopo le sanzioni della Società delle Nazioni. "Oro alla patria": migliaia di Italiane aveva donato la loro fede matrimoniale e anche Pirandello offrì la medaglia d'oro del Nobel. Gli abissini stanno preparandosi, come ben si poteva immaginare, a concentrare le forze ed a muovere le prime schermaglie. Il 15 dicembre, al passo Dembeguinà, Ras Immirù attacca una colonna italiana con carri L3 ( detti anche Arrigoni!!! o scatolette per l'esiguità della corazzatura ) del 10° squadrone di cui ha ben presto ragione. Il concentramento del nemico che per noi era la minaccia maggiore fu rallentato nei 30 giorni successivi con attacchi aerei e chimici dopo la specifica autorizzazione che risulta da Mussolini essere stata rilasciata. Le opinioni sull'uso effettivo dell'iprite (vescicante) sono contrastanti sia per la natura del terreno, che non era favorevole, che per la mancanza di maschere da parte italiana. In caso di errori di lancio e per le condizioni sfavorevoli di vento la minaccia si sarebbe ritorta su noi stessi. Sul fronte nord sicuramente venne usato fosgene ( circa 1.000 proiettili o bombe ). Il 20 gennaio Badoglio presa ormai in mano la situazione, vedendo che tutte le scorte erano ripristinate e le comunicazioni con la  costa (500 km) in buone condizioni riprende l'attacco. L'impiego di tale massa di uomini, ricordiamo che i civili e gli stessi militari quando non impegnati provvedevano allo sterro o allargamento di camionabili (3.500 km di strade fatte al 41), comporta a livello logistico una organizzazione  altamente efficiente, efficienza che viene accresciuta in mancanza di un reale contrasto nemico o diminuita dalla natura e dalla impossibilità di procurarsi sul posto parte delle scorte.  Badoglio, prima dell'offensiva, disponeva fra l'altro di mezzo milione di scatolette di carne, 150.000 unità di latte condensato, 150.000 bottiglie di acqua minerale, 99 quintali di marmellata,  500.000 hl di vino, 500 hl di cognac, 700.000 limoni, 450 quintali di frutta secca, 20.000 scatole di frutta sciroppata e 15 milioni di sigarette; il tutto portato sull'altopiano con la teleferica e la ardita ferrovia terminata nel 1911. In successive battaglie prende l'Amba Alagi sconfiggendo Ras Muluighetà e nelle montagne del Tembien Ras Cassa e Ras Sejum.  Contrariamente ai voleri del Negus le varie forze si erano presentate divise all'attacco degli italiani permettendo a queste, secondo un antico concetto tattico, di batterle singolarmente. Dalle bocche del legionari all'adiaccio sotto il cielo d'Africa e nelle lunghe marce sotto il sole escono parole e musica della più famosa canzone di quel tempo: Faccetta Nera. Altri due fronti, a cui s'aggiunse la colonna da Assab, erano stati aperti in via precauzionale per impegnare parte delle forze del Negus. Al sud il Gen. Rodolfo Graziani dalla Somalia si muove il 12 gennaio nella zona di Ganale Doria e Daua Parma tenuta dalle forze di ras Destà. Le sue colonne in parte autocarrate (Aosta e Genova Cav.) sono comandate dai Generali Bergonzoli, Nasi e  Agostini. Dopo scontri ripetuti entra a Neghelli il 19. Nessuno fino a quel momento aveva capito l'importanza del fronte Sud che poteva destabilizzare la reale continuazione della guerra ( gli inglesi 5 anni dopo rifaranno la stessa strada ). Spostate le forze nell'Ogaden orientale, e perdendo tre mesi preziosi, Graziani muove all'attacco dell' Harrar con obiettivo la ferrovia Addis Abeba Gibuti allo snodo Dire Daua che raggiungerà il 10 maggio 1936. Nell'estremo nord  con obiettivo Gondar e Lago Tana si muove il 19 marzo la colonna celere Starace composta dai bersaglieri del 3° reggimento con un battaglione di camicie nere, autoblindo e artiglieria.  La colonna, ( 5000 uomini autoportati) che si snodava per 15 km, sfondava foreste di bambù sotto un sole accecante con la temperatura interna delle macchine a 50°. Tratto a tratto, proteggendo sia il grosso degli uomini che gli sterratori all'opera, si avanza per 15-20 km al giorno. Il 1 aprile abbandonati i mezzi negli ultimi chilometri la colonna entrerà a Gondar a piedi dopo 300 chilometri di terra desertica e inesplorata. A sbarrare la strada della capitale non restano che i resti delle varie armate dei Ras e la stessa guardia imperiale del Negus. Vicino al lago Ascianghi per 13 ore si combatte l'ultima battaglia prima di gettare la spugna. E' la fine per gli abissini. Persa Dessie capitale dei Galla ( nemici acerrimi del Negus ) non resta altra strada che l'ultimo treno per Gibuti (2/5). Il 5 maggio Badoglio entra ad Addis Abeba scortato dal Gruppo Battaglioni Nazionali composto da rappresentanti di tutti i reparti. Questa Guardia (definta) personale, costituita un mese prima, comprende il battaglione misto (4 cp) Bersaglieri motociclisti, Granatieri, Finanzieri e S. Marco. La guerra è finita o almeno così sembra. Ras Desta impegnerà ancora per 8 mesi le armate italiane. Il costo di quest'impresa non è mai stato determinato ma si stima arrivò a raggiungere il 12% del reddito nazionale. Diceva Crispi "nelle guerre coloniali le più grandi difficoltà vengono dopo".  Badoglio dopo l'inaugurazione di una strada lasciò a Graziani che ebbe a dirgli "Tu non hai tagliato un nastro hai tagliato la corda". Graziani, nominato Viceré, dopo l'attentato del 19 Febbraio 1937, fece altrettanto. La guerriglia qui come in Libia aveva iniziato la sua opera destabilizzante con reazioni altrettanto violente. Nel dicembre del 37 arrivò a Massaua il Principe Amedeo d'Aosta, con immenso sollievo degli Italiani e degli Etiopi. Amedeo d'Aosta portò in Etiopia una atmosfera nuova, illuminata. Cessarono le rappresaglie e si diede inizio a grandissime opere civili. Ospedali, scuole, strade, città. Era stata abolita la schiavitù, annullata la politica feudale dei Ras. Malattie e fame andarono calando. Hailè Selassiè, il Negus, al ritorno definì gli italiani più bravi come costruttori che come guerrieri. Nessuna ritorsione venne attuata col suo consenso. Come terra di ripopolamento del sovrappiù nazionale non funzionò o non ne ebbe il tempo, perché 5 anni dopo l'intera Africa Orientale Italiana era persa.  

http://digilander.libero.it/fiammecremisi/dopoguerra1/etiopia.htm

 

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