Ras Tafari Makonnen, Vicario Imperiale con ambizioni di potere nell'incerto scenario della successione al trono di Menelik, nel 1924 portò gli altri ras con se ad una visita della capitali europee, convinto che il suo paese dovesse evolversi dalla forma feudale che aveva e guadagnare una posizione più civile nel contesto internazionale, La precauzione vuole di non lasciarli a casa pena la sedizione interna. Il mondo occidentale, le tecnologie ormai diffuse, stupiranno questi signorotti di provincia e convinceranno ancora di più il futuro Negus Hailè Selassiè che l'unica possibilità di salvare l'ultimo stato sovrano d'Africa è la modernizzazione o in alternativa essere preda destinata di un vicino. Inizialmente la politica italiana verso l'Etiopia era stata di continuazione di un benevolo protettorato, confermato dal ruolo attivo svolto per agevolare l'ingresso di Addis Abeba nella Società delle Nazioni e da un patto di amicizia della durata di 20 anni che era stato stipulato nel 1928.Hailé Selassié non nasconde la propria diffidenza nei confronti del governo di Roma. Nutre il sospetto che l'aiuto di tecnici italiani preluda alla penetrazione economica. Per sventare la minaccia chiama tecnici da altre nazioni e ostacola, per quanto possibile, gli appalti alle ditte italiane per la costruzione di strade, rallentando anche i rapporti commerciali con l'Italia. Nel giro di pochi anni l'atmosfera si avvelena: secondo la testimonianza di De Bono, Mussolini inizia a meditare l'invasione dell'Etiopia fin dal 1932. Salito al potere nel 1930 il Negus si circondò ben presto di consiglieri Inglesi, Francesi, Belgi, Svedesi per il riordinamento dell'esercito, l'addestramento all'uso delle nuove armi e dell'aviazione. Quel che occorre è il casus belli. La zona dei pozzi di Ual-Ual era stata fortificata dagli italiani per proteggerla dalle frequenti incursioni, e per controllare una ventina di pozzi, risorsa essenziale per le popolazioni nomadi dell'Ogaden, a cavallo tra i due territori. Il possesso della zona, però, non é pacificamente riconosciuto dall'Etiopia e, per la vicinanza al confine con il Somaliland britannico, anche l'Inghilterra era interessata alla questione. Il 24 novembre 1934 una commissione mista anglo-etiopica si avvicina ai pozzi, accompagnata dalla minacciosa presenza di centinaia di abissini armati di tutto punto. Al momento nel fortino si trovano due sottufficiali indigeni e una sessantina di dubat, i quali sollecitano istruzioni al telefono senza cedere la posizione. La tensione sale rapidamente. Arriva il comandante delle bande armate confinarie, capitano Roberto Cimmaruta, il quale si rende immediatamente conto che è meglio fare affluire altre forze sostenute da autoblindo e mettere in allarme l'Aeronautica. Infatti gli abissini pretendono l'abbandono della postazione. A nulla valgono i tentativi di negoziare sul campo una qualche soluzione insieme agli osservatori britannici:: la tensione sale ulteriormente quando i pozzi sono sorvolati dagli aerei italiani. Gli inglesi esprimono una vibrata protesta e se ne vanno. Restano, invece, le bande abissine, guidate da un audace fuoriuscito somalo, Omar Samantar, noto per le sue azioni di guerriglia antiitaliana. Il 5 dicembre, pomeriggio, basta un gesto di scherno, una parola di troppo, una fucilata e scoppia il finimondo. La risposta italiana nella mattina del giorno successivo, è devastante. Il capitano Roberto Cimmaruta fa intervenire i carri veloci e l'aviazione che interviene mitragliando e spezzonando i concentramenti abissini. Gli spezzoni al fosforo decidono la partita: 300 morti fra gli abissini, 21 dubat morti ed un centinaio di feriti fra gli italiani. Mussolini non sente ragione di chiudere diplomaticamente la questione e come sua abitudine alza il prezzo. Il 27 dicembre, ordinata la mobilitazione in colonia e firmato il 7 gennaio 1935 un accordo di desistenza con la Francia (Gibuti) si apre la porta alla guerra. Da febbraio cominciano ad imbarcarsi le divisioni dirette a Massaua e Mogadiscio:
Corpo d'Armata Santini | Corpo d'Armata Maravigna | |
Div.Gran Sasso | Div. Assietta | |
Div. Sila | Div.Pusteria | |
Div. CC.NN Tevere | Div.Sabauda | |
Div. CC.NN 1 Febbraio | Div. CC.NN 3 Gennaio | |
Gruppo Granatieri, Alpini e G.F. | X e XV Indigeni e bande | |
Carri veloci I V° | Carri veloci V° | |
Artiglieria e Genio | Artiglieria e Genio | |
Aviazione e servizi | Aviazione e servizi | |
° | ||
Corpo d'Armata Bastico | Corpi d'A. Pirzio Biroli | Corpo d'Armata Graziani |
Div. Gavinana | Div. Cosseria | Div. Peloritana |
Div. CC.NN 21 Aprile | Div. CC.NN 23 Marzo | Div. Libica |
Bande Seraè, Cheren, Hamasen | Div. CC.NN 28 Ottobre | Camicie nere Libiche |
10° sq. carri veloci Esploratori del Nilo | Div. 1a Eritrea | Bande caval .Indigena e Squadrone carri v. |
Camicie nere Eritrea | Div. 2a Eritrea | Battaglioni somali |
Artiglieria e Genio | Artiglieria e Genio | Artiglieria Libica |
Aviazione e servizi | Aviazione e servizi | Aviazione e servizi |
Con loro si imbarcano oltre 100.000 civili portando la forza complessiva a
300.000 uomini. I civili dapprima impiegati per allargare le zone portuali,
saranno poi al seguito delle truppe per tracciare ed allargare le strette
mulattiere che si inerpicano sulle ambe. All'epoca solo una ferrovia
collegava Addis Abeba a Gibuti ( francese). Il comando delle operazioni viene
dato al Gen. De Bono, quadrumviro della prima ora che passa l'estate ad
allestire il più grande esercito che si sia mai visto in terra d'Africa.
L'Inghilterra preoccupata dalla brutta piega degli avvenimenti invia la Home
Fleet nel Mediterraneo ed in risposta ne ha la famosa frase di Mussolini "
...e noi tireremo dritto ".Loro il gesto lo hanno fatto ora possono
ritornare a casa. Il 2 ottobre dal balcone di Palazzo Venezia dopo che le sirene
e le campane avevano radunato in tutte le piazze d'Italia milioni di persone,
Mussolini consegna alla storia la propria dichiarazione di guerra " Con
l'Etiopia abbiamo pazientato quarant'anni. Ora basta " Il Negus visti i
voltafaccia di inglesi e francesi si era rivolto per le armi a Belgi e Svedesi e
sicuramente ai tedeschi offesi per la presunta protezione data dall'Italia
all'Austria nel Luglio 1934. Fra gli armamenti che saranno poi catturati c'erano
10.000 fucili Mauser, 36 cannoni antiaerei e 30 anticarro pak 35 tedeschi. I
vari Ras riescono a schierare un ugual numero di armati ma sono in difetto di
trasporto, logistica, artiglieria e aviazione. Le truppe italiane varcarono il 5
novembre il confine dirigendosi in tre colonne su Axum (la città santa, la città
dei cento obelischi), Adigrat e Adua. Qui, il 6, De Bono decise di fermarsi per
saggiare l'eventuale reazione avversaria. Questa azione mandò su tutte le furie
il Duce che gli mandò personalmente l'ordine di attaccare. Il 2 novembre la
Società delle Nazioni aveva intanto decretato le sanzioni contro l'Italia, in
pratica un embargo su molti prodotti strategici. Gli effetti di questo embargo
oltre che a rafforzare il fronte interno diedero impulso alla già fiorente
industria autarchica non bloccando comunque del tutto le importazioni poiché la
Germania, gli Stati Uniti e il Giappone non vi aderivano. Dagli Usa
comprammo addirittura Caterpillar e Camion Ford, in parte regalatici dagli
italiani d'America rappresentati dal sindaco di New York Fiorello la Guardia. Il
regime aveva preparato il terreno costituendo negli Usa associazioni tra
emigrati che fecero pressione sui congressmen di Roosevelt eletti col peso dei
voti degli italo-americani. Il 6 novembre rimesse in moto le armate occupammo
Makallè senza peraltro aver visto segno del nemico. Il 15 novembre, stante la
lentezza delle operazioni, De Bono viene sostituito dal redivivo Gen. Badoglio.
I tempi della sostituzione, comunque lunghi, comportano per ora una pausa nella
avanzata. In Italia intanto si era celebrato il Rito della Fede dopo le sanzioni
della Società delle Nazioni. "Oro alla patria": migliaia di Italiane
aveva donato la loro fede matrimoniale e anche Pirandello offrì la medaglia
d'oro del Nobel. Gli abissini stanno preparandosi, come ben si poteva
immaginare, a concentrare le forze ed a muovere le prime schermaglie. Il 15
dicembre, al passo Dembeguinà, Ras Immirù attacca una colonna italiana con
carri L3 ( detti anche Arrigoni!!! o scatolette per l'esiguità della
corazzatura ) del 10° squadrone di cui ha ben presto ragione. Il concentramento
del nemico che per noi era la minaccia maggiore fu rallentato nei 30 giorni
successivi con attacchi aerei e chimici dopo la specifica autorizzazione che
risulta da Mussolini essere stata rilasciata. Le opinioni sull'uso effettivo
dell'iprite (vescicante) sono contrastanti sia per la natura del terreno, che
non era favorevole, che per la mancanza di maschere da parte italiana. In caso
di errori di lancio e per le condizioni sfavorevoli di vento la minaccia si
sarebbe ritorta su noi stessi. Sul fronte nord sicuramente venne usato fosgene (
circa 1.000 proiettili o bombe ). Il 20 gennaio Badoglio presa ormai in mano la
situazione, vedendo che tutte le scorte erano ripristinate e le comunicazioni
con la costa (500 km) in buone condizioni riprende l'attacco. L'impiego di
tale massa di uomini, ricordiamo che i civili e gli stessi militari quando non
impegnati provvedevano allo sterro o allargamento di camionabili (3.500 km di
strade fatte al 41), comporta a livello logistico una organizzazione
altamente efficiente, efficienza che viene accresciuta in mancanza di un reale
contrasto nemico o diminuita dalla natura e dalla impossibilità di procurarsi
sul posto parte delle scorte. Badoglio, prima dell'offensiva, disponeva
fra l'altro di mezzo milione di scatolette di carne, 150.000 unità di latte
condensato, 150.000 bottiglie di acqua minerale, 99 quintali di marmellata,
500.000 hl di vino, 500 hl di cognac, 700.000 limoni, 450 quintali di frutta
secca, 20.000 scatole di frutta sciroppata e 15 milioni di sigarette; il tutto
portato sull'altopiano con la teleferica e la ardita ferrovia terminata nel
1911. In successive battaglie prende l'Amba Alagi sconfiggendo Ras Muluighetà e
nelle montagne del Tembien Ras Cassa e Ras Sejum. Contrariamente ai voleri
del Negus le varie forze si erano presentate divise all'attacco degli italiani
permettendo a queste, secondo un antico concetto tattico, di batterle
singolarmente. Dalle bocche del legionari all'adiaccio sotto il cielo d'Africa e
nelle lunghe marce sotto il sole escono parole e musica della più famosa
canzone di quel tempo: Faccetta Nera. Altri due fronti, a cui s'aggiunse la
colonna da Assab, erano stati aperti in via precauzionale per impegnare parte
delle forze del Negus. Al sud il Gen. Rodolfo Graziani dalla Somalia si muove il
12 gennaio nella zona di Ganale Doria e Daua Parma tenuta dalle forze di ras
Destà. Le sue colonne in parte autocarrate (Aosta e Genova Cav.) sono comandate
dai Generali Bergonzoli, Nasi e Agostini. Dopo scontri ripetuti entra a
Neghelli il 19. Nessuno fino a quel momento aveva capito l'importanza del fronte
Sud che poteva destabilizzare la reale continuazione della guerra ( gli inglesi
5 anni dopo rifaranno la stessa strada ). Spostate le forze nell'Ogaden
orientale, e perdendo tre mesi preziosi, Graziani muove all'attacco dell' Harrar
con obiettivo la ferrovia Addis Abeba Gibuti allo snodo Dire Daua che raggiungerà
il 10 maggio 1936. Nell'estremo nord con obiettivo Gondar e Lago Tana si
muove il 19 marzo la colonna celere Starace composta dai bersaglieri del 3°
reggimento con un battaglione di camicie nere, autoblindo e artiglieria.
La colonna, ( 5000 uomini autoportati) che si snodava per 15 km, sfondava
foreste di bambù sotto un sole accecante con la temperatura interna delle
macchine a 50°. Tratto a tratto, proteggendo sia il grosso degli uomini che gli
sterratori all'opera, si avanza per 15-20 km al giorno. Il 1 aprile abbandonati
i mezzi negli ultimi chilometri la colonna entrerà a Gondar a piedi dopo 300
chilometri di terra desertica e inesplorata. A sbarrare la strada della capitale
non restano che i resti delle varie armate dei Ras e la stessa guardia imperiale
del Negus. Vicino al lago Ascianghi per 13 ore si combatte l'ultima battaglia
prima di gettare la spugna. E' la fine per gli abissini. Persa Dessie capitale
dei Galla ( nemici acerrimi del Negus ) non resta altra strada che l'ultimo
treno per Gibuti (2/5). Il 5 maggio Badoglio entra ad Addis Abeba scortato dal
Gruppo Battaglioni Nazionali composto da rappresentanti di tutti i reparti.
Questa Guardia (definta) personale, costituita un mese prima, comprende il
battaglione misto (4 cp) Bersaglieri motociclisti, Granatieri, Finanzieri e S.
Marco. La guerra è finita o almeno così sembra. Ras Desta impegnerà ancora
per 8 mesi le armate italiane. Il costo di quest'impresa non è mai stato
determinato ma si stima arrivò a raggiungere il 12% del reddito nazionale.
Diceva Crispi "nelle guerre coloniali le più grandi difficoltà vengono
dopo". Badoglio dopo l'inaugurazione di una strada lasciò a Graziani
che ebbe a dirgli "Tu non hai tagliato un nastro hai tagliato la
corda". Graziani, nominato Viceré, dopo l'attentato del 19 Febbraio 1937,
fece altrettanto. La guerriglia qui come in Libia aveva iniziato la sua opera
destabilizzante con reazioni altrettanto violente. Nel dicembre del 37 arrivò a
Massaua il Principe Amedeo d'Aosta, con immenso sollievo degli Italiani e degli
Etiopi. Amedeo d'Aosta portò in Etiopia una atmosfera nuova, illuminata.
Cessarono le rappresaglie e si diede inizio a grandissime opere civili.
Ospedali, scuole, strade, città. Era stata abolita la schiavitù, annullata la
politica feudale dei Ras. Malattie e fame andarono calando. Hailè Selassiè, il
Negus, al ritorno definì gli italiani più bravi come costruttori che come
guerrieri. Nessuna ritorsione venne attuata col suo consenso. Come terra di
ripopolamento del sovrappiù nazionale non funzionò o non ne ebbe il tempo,
perché 5 anni dopo l'intera Africa Orientale Italiana era persa.
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/dopoguerra1/etiopia.htm