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Giuseppe Bottai

Passa la rivoluzione

(1922)

 


Si dice, da alcuni, che questa non è rivoluzione. Che per essere tale tutto dovrebbe rapidamente rimuovere e rinnovare. Che tutto quasi ha lasciato allo “status quo”. Che allora, non ne valeva la pena... Critiche di gente che sognava, nonostante il fresco ricordo di altri clamorosi fallimenti, la rivoluzione in pieno, la bella e scapigliata rivoluzione, barricadiera e irrompente.

[...] Il Fascismo è un fenomeno tutto nuovo non tanto nelle sue pratiche estrinsecazioni, poiché una novità assoluta non è politicamente pensabile, quanto nella mentalità che lo informa e nella passione che lo colora di sé. L'eterno, monotono, superato riferimento ai concetti di “destra” e “sinistra” è, ad esempio, del tutto insufficiente. Benito Mussolini, che rimane l'interprete più sicuro della coscienza fascista, si muove in un senso o nell'altro, seguendo ciò che gli detta dentro la sua intuizione genuina, e non artefatta, delle situazioni, e il coro scimunito dei critici commenta: “va a sinistra!”, oppure “va a destra!”, come se non si potesse attuare un proprio programma all'infuori delle categorie sacramentali.

Lo stesso dicasi della parola rivoluzione, dalla quale non è detto che il Fascismo debba, per forza, ripetere la prassi consacrata da altri esempi storici. Può, anzi, profittando dell'esperienza che da questi gli deriva, imprimere nell'attuazione pratica delle sua rivoluzione uno svolgimento esteriore di poco o di molto diverso, con rispetto, però, assoluto delle sue intime necessità.

Ed è questo, appunto, che ci preme rilevare, poco o nulla importandoci del rumore che sale dal gregge conservatore. Ci preme rilevare che Benito Mussolini non ha dimenticata la rivoluzione, non ha tradita la rivoluzione, ma la attua con audacia e prudenza insieme, facendone vivere, e ben vivere, ogni singola affermazione.

Dalla Russia ci viene un esempio d'una rivoluzione che cammina a ritroso. La rivoluzione russa sta subendo un processo di involuzione. Ha cominciato con una distruzione totale, e deve ricostruire, giorno per giorno, ciò che ha distrutto. All'affermazione integrale succede una graduale autonegazione. La rivoluzione-catapulta si trasforma in rivoluzione-gambero.

Il Fascismo, che ha, tra gli altri, il merito di sostanziare in sé esperienze del passato e di svilupparle secondo un piano logico, non poteva mettere la sua rivoluzione sul punto di subire il medesimo scacco. Così, mentre il suo svolgimento è stato misurato per tempi e inquadrato nei duri limiti delle circostanze, ha subito imbrigliata la sua rivoluzione per regolarne il passo.

L'anno che muore ci dà, con le grandi mobilitazioni e i vasti movimenti di masse che precedettero la Marcia su Roma, con la Marcia su Roma medesima, condotta con vigile senso di realtà, e, soprattutto, con i primi atti del Governo fascista, l'esempio più dimostrativo di ciò che la rivoluzione fascista è e vuol essere: un lento, ma implacabile moto che involge, interessa, permea tutto il vecchio organismo e ne scalza, con lavoro di precisione mirabile, tutti gli elementi invecchiati o superati dal ritmo della vita odierna; distruzione e ricostruzione che procedono di pari passo.

Lenta rivoluzione, ma sicura.

("Passa la Rivoluzione", in Il Giornale di Roma, 31 dicembre 1922).


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