SPECIALE TURCHIA:
SUDGEN
Jonathan Sudgen � un ricercatore presso "Human Rights Watch". Da tempo si occupa del monitoraggio del rispetto dei diritti umani in Turchia. Sergio Nava gli ha chiesto se ha notato miglioramenti significativi negli ultimi anni, in tema di libert� civili.

SUDGEN: La situazione � certamente migliorata in Turchia. Negli ultimi 10 anni � migliorata in modo tremendo. Nel 1994 eravamo molto preoccupati dalla pratica diffusa della tortura, con 45 decessi nel periodo di detenzione.  Assistevamo a una discesa della democrazia turca verso un modello sudamericano, di Stato senza legge. Dal 1997 il miglioramento � stato costante: da un lato si � verificato un calo della violenza politica da parte di gruppi armati, dall'altro c'� stato il rafforzamento della societ� civile, che � riuscita ad opporsi agli abusi di Stato. Dal 1999 il processo di candidatura all'Unione Europea ha ulteriormente rafforzato questo processo. E qui si pone la domanda: sono stati raggiunti i parametri richiesti da Bruxelles? La risposta � meno definita: nonostante i progressi siano infatti rilevanti, esistono aree dove la Turchia non rispetta gli standard internazionali. La polizia pratica ancora torture, a causa della mancanza di supervisione interna. Anche la libert� di espressione non � sempre rispettata: quattro persone sono detenute al momento per le loro opinioni non violente. E c'� anche un problema sullo sfondo: le migrazioni forzate della minoranza curda. Oltre 200mila contadini furono infatti trasferiti a forza nelle citt� nei primi anni '90. Ora queste persone vivono in condizioni precarie. Il Governo non ha fatto nulla di significativo per il loro ritorno.

NAVA: Esiste -secondo lei- una spaccatura tra il varo delle riforme e la loro implementazione? C'� la volont� di sanare questa spaccatura?

C'� sicuramente una speranza, io sono ottimista. Gli ultimi problemi potrebero venire risolti rapidamente,se il Governo lo volesse. Sulla tortura, l'implementazione delle leggi � stata efficace. Ci� che non si � fatto � stato rafforzare il controllo sull'operato della polizia: il monitoraggio interno � debole, e non del tutto indipendente. Se si applicasse anche questo principio, il Governo arriverebbe all'obiettivo dichiarato, la tolleranza zero. Sulla libert� di espressione, invece, il discorso � pi� complesso: la classe giudiziaria proviene da un background arcaico, da una Turchia diversa da quella attuale. Molti
magistrati continuano ad aprire processi contro persone che hanno  semplicemente espresso le loro opinioni non violente.

Molti prendono in considerazione anche l'altro lato della medaglia: c'� chi sostiene che le fazioni pi� conservatrici dell'Akp intendano cogliere l'occasione delle riforme per sbarazzarsi del controllo secolare dell'esercito. Il loro vero obiettivo potrebbe essere quello di imprimere una sterzata filoislamica al Paese e ai suoi ordinamenti. Esiste questo rischio?


Penso di no. C'� -� vero- chi sostiene che l'intenzione ultima dell'attuale Governo turco sia quella di spostare la barra politica verso l'Islam. Ma io non la penso cos�: la strada verso la Mecca non porta a Bruxelles. Se prendiamo, per esempio, la recente legge sull'educazione, a promulgarla furono esponenti che mandano i loro figli alle scuole religiose. Lo scopo era quello di rimuovere le discriminazioni praticate contro queste scuole, qualcosa che io ritengo  ragionevole. Sull'adulterio, s�, � emersa una parte del partito che si � rivelata molto conservatrice su questi temi, ma la loro intenzione era solamente quella di riportare la legislazione al 1966. Quindi non sarebbe stato certo un passo verso la sharia.

MILANO, 29/9/2004
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