IL SOSPETTO

CREDITI

Anno: 1975 Nazione: Italia Durata: 111 m

Regia: Francesco Maselli

Soggetto: Franco Solinas Sceneggiatura: Francesco Maselli, Franco Solinas

Fotografia: (Eastmancolor) Giulio Albonico Montaggio: Vincenzo VerdecchiScenografia: Gabriele D'angelo Costumi: Giovanna Deodato Musiche: Giovanna Marini

Produzione: Cinericerca

 

CAST

Gian Maria Volonté, Renato Salvatori, Annie Girardot, Gabriele Lavia, Felice Andreasi, Bruno Corazzari

 

TRAMA

Nel 1934 un operaio italiano comunista, fuoriuscito in Francia, viene inviato dal Partito da cui era stato radiato per deviazionismo nell'Italia fascista per prendere contatti con i compagni e, in realtà, usato come esca per stanare un infiltrato. E l'8°, il migliore, il più maturo film di F. Maselli. Raffinata ricostruzione d'epoca, sapiente tensione narrativa (sceneggiatura di Franco Solinas), personaggi credibili. G.M. Volonté straordinario con una recitazione ridotta all'osso, senza un effetto. Musiche di Giovanna Marini. L'anomalo titolo fu imposto con arroganza padronale dalla RKO americana che pretendeva diritti d'esclusiva su Il sospetto di Alfred Hitchcock. (M. Morandini)

 

COMMENTI

Nel partito mai nessuno, pur sapendo che stavo preparando un film come il Sospetto, ma ha chiesto di leggere oppure di sapere come lo volevo impostare. Assolutamente. Anche quando l'ho finito e l'ho fattoa vedere, ci sono state critiche, certo (per esempio, mi sorprese molto quella di Ingrao sull'"Espresso") e invece moltissime adesioni da parte di altri. Piacque, per esempio, enormemente a Luigi Longo che scrisse poi una trentina di cartelle di introduzione per un libro sul film che non è mai uscito. Piacque a Pajetta, ad Amendola...

In generale, i pareri furono positivi, ma ci fu un dibattito, si espressero posizioni diverse. In questo senso il parito è molto laico, ormai. E' vero che io raccontavo tutta una serie di aspetti negativi della nostra storia -e sono convinto che sia giusto raccontarli- ma raccontavo anchela fondamentale positività della nostra presenza storica. Se aprivo una problematica, certo non nuova, ma nuova per i mezzi di comunicazione di massa, su alcune degenarazioni interne che erano derivate dalla logica della Terza Internazionale e che erano state accolte nel partito, raccontavo anche il grande ruolo svolto dal partito. Nei tanti e tanti dibattiti che si fecero sul film in tutt'Italia, organizzati spesso dalle stesse federazioni, ci furono anche internventi furibondi contro il film, accusato di aver messo in piazza i panni sporchi, ma ce ne furono altrettanti in difesa del film. (Francesco Maselli)

 

Il film di Maselli ha una collocazione ben precisa. Si tratta di un partito nella clendestinità, un partito di quadri, fra l'altro con pochissmi punti di riferimento interni e decimato dall'Ovra che ricorre ad un espediente per cercare di capire qual'è il punto debole dell'organizzazione rimasta in piedi in Italia. E c'è questo personaggio di militante che faccio io, che mi pare molto, molto bello. (Gian Maria Volonté)

 

Lavorare con Volonté è stata un'esperienza straordinaria. Io su certi attori sono sempre molto attento, e su Volonté esiste tutta una casistica, una leggenda, un folklore che corrispondono anche ad alcuni lati del suo carattere. Volonté è un uomo molto nevrotico, per cui, per esempio, riesce a lavorare bene in una situazione conflittuale, così se le occasioni di conflitto non ci sono le crea.

E questo è un lato faticoso, ma con molti altri attori è un dato quasi quasi scontato. L'apporto che lui ha dato al Sospetto è in qualche modo di coautore del film, ed è un apporto per cui vale lapena di pagare tanti prezzi - di discussioni, di tensioni - perchè è un apporto veramente eccezionale. Solo con un altro attore io mi trovai in una situazione simile, con Serge Reggiani ai tempi della Donna del giorno. (Francesco Maselli)

 

 

ANTOLOGIA CRITICA

Bentornato Maselli. Spesosi per qualche anno, con generosa e non sempre premiata passione, in battaglie sindacali fra i cineasti, l'autore degli Sbandati, degli Indifferenti e di quella Lettera aperta a un giornale della sera che nel '70 disse con acume certi disagi dell'intellighentia di sinistra, riafferma il suo bravo diritto a essere compreso fra i registi più saldi del cinema italiano, fra quelli che superano le nevrosi personali nella serietà dell'ispírazíone e nella padronanza dei ferri del mestiere. Il sospetto lo testimonia, grazie a un racconto per molti versi ammirevole, e girato con grande maestria.

E' la storia di un comunista italiano negli anni fascisti. Siamo nel 1934, quando il regime di Mussolini, ormai consolidato, dà la caccia agli oppositori clandestini, e a Parigi gli esuli comunisti si alleano ai socialisti nel patto d'unità antifascista. Iniziativa, come c'insegnano gli storici, accolta non senza contrasti, ai più fedeli seguaci di Mosca sembrando mettere in forse la purezza dell'idea, e tale da moltiplicare la vigilanza dell'apparato sugli iscritti. Uno di questi, Emilio, da poco riammesso nel partito (era stato accusato di simpatie troschiste), viene incaricato di compiere una missione a Torino. città che sta molto a cuore al centro estero per la sua larga base popolare. L'uomo vi si appresta, ma nel momento cruciale, quando ha dato appuntamento su un treno ai quattro compagni che costituiscono il direttívo segreto torinese, crede di avere la polizia alle calcagna, e se la batte. Per scoprire se fra i quattro ci sia davvero una spia, i suoi superiori lo inducono a riprendere i contattí: rischierà la galera, ma sarà utile al partito. Emilio obbedisce, anche perché gli hanno detto che la sua disciplina politica verrà premiata col comprenderlo fra i membri del comitato centrale, e uno alla volta mette alla prova i compagni, lasciando per u!timo un taxista sardo nel quale nutre maggiore fiducia. Poiché agli incontri che ha avuto, a Soperga, sulle rive del Po, nel Museo Egizio, non ha fatto seguito il suo arresto, è proprio sull'amico più vicino che ora ricadono i suoi sospetti. Invece anche il sardo, che a sua volta, sorpreso e pestato dai fascisti, sospetta di Emilio, è innocente, La polizia, meglio organizzata dei cospiratori, ha infatti seguito le mosse di tutti fin dall'inizío, e al momento opportuno ha fatto scattare la trappola. Al commissario dell'Ovra che invano tenta di indurlo a tradire e gli rivela che i compagni hanno anche fatto leva sul suo orgoglio per usarlo come esca, Emilio risponde d'essere sempre stato d'accordo col partito. Andrà in galera, ma convinto dell'utilità del suo sacrificio.

La sceneggiatura del film, per la quale lo stesso Maselli si è affiancato a Franco Solinas, autore del soggetto, non è limpida come si vorrebbe. La prima parte, anche per certi flasb-back non necessari, soffre <li sovrappiù didascalici e di oscurità nei trapassi, e l'impianto ideologico farà discutere per l'eccessìva attenzione prestata ai contorsionismi in cui sembra risolversi il dibattito politico. Ma a queste carenze Masellí, che vuole anche esprimere un giudizio sulla sconfitta dei padri, sopperisce rievocando senza indulgenze un antifascismo spesso capzioso e insicuro, irretito dalla logica della cospirazione, e ricorrendo a una scioltezza di riprese, a una vivacità di ritmo e a una densità di toni che ripagano con la lucidità del linguaggio i grumi della storia.

Quando poi, nella seconda metà, il film punta tutto sulla guardinga risolutezza del militante mandato allo sbaraglio e sviluppa il motivo della diffidenza reciproca e della paura, allora ogni riserva viene a cadere. Il dramma di Emilio, che in una città percorsa di minacciose presenze deve guardarsi dagli sbirri nascosti e dai compagni forse traditori, e intanto avverte su di sé l'ambigua attesa dei capi rimasti a Parigi, è infatti esposto con grande forza visiva, ottimo incrocio fra il suspense e 1Introspezione psicologica, ed esatto rapporto fra l'angosciosa solitudine del protagonista e l'ostilità dei luoghi pur familiari. La folla, il traffico, i gruppi di turisti, e sul versante del mistero il silenzio autunnale d'una villa disabitata, i muri scrostati, le fabbriche mute non fanno soltanto colore locale: sono preziosi fattori emotivi di un film che assomma ai meriti del saggio politico le inquíetudíní del " giallo ".

Alla bella riuscita coopera sempre, del resto, l'accuratissima ambientazione. Poche volte il cinema italiano aveva resuscitato gli anni Trenta con altrettanta suggestivítà di accenti, e raramente, se non forse negli Indifferentì dello stesso Maselli e con Bertolucci, aveva raggiunto questa fusione tra il sapore del tempo e le piccole figure di provincia, finalmente affrancate dai fastidiosi vezzi dialettali cui ci ha abituati la commedia. Esemplare è in tal senso la scena lungo il Po, tutta immersa in una poetica verità grazie al governo dei colori e della composizione. Torino, e anche Milano dov'è girata qualche sequenza, non sono però gli unici sfondi in cui s'esercita l'occhio sagace di Maselli. La sua Parigi non è meno felice, per il fervore che l'anima all'opposto di qualche goffo torpore italiano. Per cui si può dire che ovunque, trascorrendo dal lieve al cupo, dal sinistro al crepuscolare nei modi vicini al realismo magico, Maselli riascolta con moderna sensibilità figurativa l'eco del cinema d'epoca e con mano sicura fa centro. Lezione di stile che assegna alla scenografia un ruolo espressivo non inferiore a quello del ritmo, Il sospetto piacerà molto a chi cerca, nei film, il cinema.

Accanto a Gian Maria Volonté, che interpretando con sapiente sobrietà la chiusa e intensa figura di Emilio rinnova il proprio talento, recitano Renato Salvatori (un altro bentornato), Gabriele Lavia, Bruno Corazzarí, Guido De Carli, e nella patte bene azzeccata d'una " compagna " un po' obliqua Annie Girardot: tutti all'altezza. Gìulio Albonico direttore della fotografia, Gabriele D'Angelo architetto scenografo e Giovanna Deodato costurnista sono qualcosa di più che diligenti collaboratori: hanno la virtù di rispondere alle attese di Francesco Maselli con un altrettanto maturo gusto dello spettacolo. Bisogna dir grazie anche a loro. (Giovanni Grazzini)

 

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