SACCO E VANZETTI

CREDITI

Anno: 1971 Nazione: Italia Francia Durata: 111 m

Regia: Giuliano Montaldo

 

CAST

Gian Maria Volonté, Riccardo Cucciolla, Rosanna Fratello, Cyril Cusack, Milo O'Shea, Marisa Fabbri, Sergio Fantoni, Armenia Balducci

 

TRAMA

Come il calzolaio Nicola Sacco e il pescivendolo Bartolomeo Vanzetti, immigrati negli USA e anarchici, furono incriminati per rapina e omicidio, condannati a morte innocenti nel 1921 e giustiziati il 23 agosto 1927. I due anarchici italiani rivivono sullo schermo nella commossa e commovente interpretazione di R. Cucciolla e G.M. Volonté (premiato a Cannes) nel quadro di un film pieno di buone intenzioni, politicamente un po' schematico, piuttosto oratorio e non privo di convenzionalismi. Scritto dal regista con Fabrizio Onofri e Ottavio Jemma. Dopo aver interpretato N. Sacco a teatro (1960-61) nell'omonimo dramma di Mino Rolli e Luigi Vincenzoni, Volonté fa la parte di B. Vanzetti. Nelle musiche accoppiata di Ennio Morricone e Joan Baez. (M. Morandini)

 

COMMENTI

 

Ricordo che vidi una volta una versione teatrale di Sacco e Vanzetti a Genova, in una fabbrica, all'Italsider. Alla fine ne scaturì un dibattito di grande interesse. Mi resi conto che c'erano personaggi che hanno avuto avventure e fatti connessi alla politica così strepitosi che io stesso non conoscevo. Certo sapevo di Sacco e Vanzetti ma non avevo mai approfondito proprio allora mi venne il desiderio di studiare il quadro storico-politico nel quale questa vicenda sì svolgeva. Bisognava inserire il tutto in un quadro di grandi mutamenti, bisognava vedere il fenomeno dell'emigrazione, la non accettazione dell'immigrazione da parte degli americani quando questa si era politicizzata a sinistra.

C'era il tentativo, con una sorta di campagna isterica, di rigettarla. Incontrai unproduttore cinematografico, tale Arrigo Colombo, ebreo fuggito in America durante il fascismo, che aveva studiato l'inglese sui testi delle lettere di Vanzetti dal carcere. Colombo aveva allora questo legame, e cominciammo a batterci insieme per fare il film ma non era facile trovare i soldi, in America. E anche in Italia, c'era un clima non favorevole; quando il film uscì "Il Tempo" di Roma mi attaccòdicendo che avevo raccontato bugie enormi e così altri giomali, anche americani. Però mentre i giornali americani quando c'è stata la riabilitazione dei due riconobbero gli errori - io fui invitato alla cerimonia di riabilitazione di Sacco e Vanzetti a Boston per aver contribuito ad essa - qui in Italia invece nessuno fece altrettanto.

Il film non è tanto la storia di due anarchici quanto la storia di due emigrati che lottano per il riconoscimento dei loro diritti. Per questo il film ha avuto unsuccesso internazionale, anche dove sarebbe stato molto difficile prevederlo,per esempio in Giappone. Perché il problema dell'emigrazione è un problema mondiale. Dell'America latina (ricevetti una lettera stupenda da Allende, quando il film uscì a Santiago del Cile) come dell'America del Nord, dell'Italia come del l'Inghilterra, del Giappone come dell'Australia. La rivendicazione dei propri diritti, e dall'altra parte il potere che non intende accettarla. Sono esperienze collettive di milioni e milioni di persone nel mondo, no? Cosa bisognavaevitare? Che fossero due invasati, che fossero due violenti

Vanzetti aveva sul comodino i ritratti di Marx, Bakunin e Cristo! Cristo è un altro che si batteva contro la violenza ed è stato violentato. E' andato sulla sedia elettrica di quei tempi, che era la croce. Non erano due fratelli siamesi, o il nome di una ditta, erano due rappresentanti di un'umanità, che si ritrovavano, pur con le loro diversità, sullo stesso fronte a combattere contro l'ingiustizia. Questa è una cifra che evidentemente colpisce, quando il discorso non è solo politico, ma anche umano, proposto umanamente. (Giuliano Montaldo)

 

In cinema ho fatto Vanzetti, nello spettacolo teatrale invece facevo Sacco.Quindi sono state due esperienze dei tutto diverse. I personaggi mi sono piaciuti entrambi; quando facevo Sacco mi piaceva Sacco, quando ho fatto Vanzetti mi è piaciuto Vanzetti. Erano entrambi affascinanti anche perché sono personaggi molto lontani fra loro, è proprio la natura dei due a essere diversa. Sacco, in fondo, aveva una visione piccolo borghese: la sua casa, l'ambizione di ricostruire in qualche modo un pezzetto dei suo paese... Insomma era un fragile. Vanzetti, al contrario, aveva una visione tutta differente delle cose del mondo, della società: era un militante, un anarchico che aveva fatto e maturato scelte di fondo, e quindi aveva una capacità di leggere le cose diversa da Sacco. Mentre Vanzetti, avendo strumenti propri diversi, pensava in termini filosofici e ideologici, Sacco no, Sacco pensava in termini privati.

Montaldo sostenne una battaglia per avere Cucciolla e perché questo ruolo non venisse affidato a un attore straniero. Giustamente voleva un attore che avesse un minimo di rapporto con la radice del personaggio. Alla distribuzione invece non importava, pur ficonoscendo che Rìccardo era un ottimo attore dì teatro chiedeva un nome affermato cinematograficamente. Per Montaldo non fu facile spuntarla. Cuccioila fu subito padrone del personaggio: è un attore molto intelligente, ed era molto contento di avere ottenuto un ruolo che gli piaceva. (Gian Maria Volonté)

 

Il ruolo di Sacco era proprio cucito addosso a me in quanto anche lui era pugliese come me e aveva una certa problematica che mi era nota e che io pure sentivo. In Puglia, per molti anni, ero stato a stretto contatto con i contadini e quindi sapevo l'importanza di certe sfaccettature esistenziali della gente semplíce che è costretta a lasciare la casa e il paese per andare a cercare lavoro altrove. E poi questo grosso dramma lo avevo già vissuto in teatro e lo avevo vìssuto anche a titolo personale perché, quando fu costituita la compagnìa per Sacco e Vanzetti, io non feci subito Sacco, fu Volontè a farlo, e in silenzio ne avevo sofferto dato che mi sentivo portato per quel ruolo. A me era stato affidato il personaggio del portoricano, che comunque era importantissimo, era tutto il terzo atto. Il secondo anno invece diventai Sacco, perché Volontè andò a girare il suo primo film con i fratelli Taviani.

Sul set di Sacco e Vanzetti arrivai già carico di tutti questi piccoli drammi, di queste crescite emotive, e mi costruii il personaggio piano piano, e da solo rispetto alla sceneggiatura. Insomma, detti un apporto in più, a parte la documentazione personale: nel frattempo ero andato alla tomba di Sacco e a casa dei suoi parenti, dove avevo parlato col fratello allora vivente e Ottantasettenne, un uomo straordinario. Montaldo ha innanzitutto una grossa carica umana, poi un grande rispetto nei confronti del compagno che fa l'attore, e ha idee chiarissirne, con la capacità di sapersi spiegare molto bene dando indicazioni precise. Con Gían Maria c'è stata sempre la massima collaborazione. Semmai tra me e lui si svolgeva una lotta all'incontrario, ossia succedeva che Volontè mi spingeva, diceva: "No, in questo primo piano devi andare avanti tu perché è giusto che sia così". E io facevo la stessa cosa con lui. (Riccardo Cucciolla)

 

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