SBATTI IL MOSTRO IN PRIMA PAGINA

CREDITI

Anno: 1972 Nazione: Italia Francia Durata: 93 m

Regia: Marco Bellocchio

 

CAST

Gian Maria Volonté, Laura Betti, Fabio Garriba, Carla Tatò, John Steiner, Michael Gardiner, Jacques Herlin, Marco Bellocchio

TRAMA

Redattore capo di un grande quotidiano strumentalizza un delitto sessuale per screditare la sinistra extraparlamentare nella Milano dopo la bomba di piazza Fontana e dei funerali di Feltrinelli. Diretto in seconda battuta da M. Bellocchio che si servì di Goffredo Fofi per correggere e dare contenuti di analisi politica a una sceneggiatura (di Sergio Donati che doveva dirigerlo) che non lo soddisfaceva, questo "giallo" politico cerca di fondere finzione e cronaca, ma ci riesce soltanto in parte. E, insieme, un film doppio e scisso. (M. Morandini)

 

COMMENTI

 

La lavorazione di Sbatti il mostro in prima pagina era iniziata con Sergío Donati (autore di gialli, sceneggiatore in particolare per Leone) come sceneggiatore e regista. Donati si ammalò, disse la produzione, ma in realtà, di comune accordo, lui e il produttore avevano giudicato che non era in grado di poter ancora alla regia, e così Committeri si dette da fare per trovare uno che riprendesse il film. Io accettai perché m'interessava un'esperienza di questo genere: saltare su un treno già in marcia, vedere cosa si poteva fare come strettamente professionale, e anche trasformare il film, che era un giallo dei giornalismo milanese, in un film di taglio politico. Mi trascinai Fofi e con lui riscrivemmo velocissimamente la sceneggiatura giorno per giorno, mentre si girava.Restarono gli ambienti, restarono quasi tutti gli ma vennero aggiunti nuovi ruoli, tra cui quello fondamentale di Laura Betti, e la storia diventò completamente diversa.

Lavorare con Volontè era per me un'esperienza nuova anche quella, i nostri rapporti sono stati buoni, ma non molto profondi, anche per la fretta con cui si doveva lavorare. Certo, le idee di Fofi e mie erano diverse da quelle di Volonté, e per questo, di comune accordo, nel film non si parla mai, ad esempio, del comunista, anche perché il film non voleva essere polemico verso il Pci, aveva altri obiettivi. Non è stata un'operazione riuscita, non è un film che sento come mio. Ho verificato la mia poca disponibilità a un cinema più commerciale e anche a un cinema direttamente politico. Quando io lavoro ho bisogno di tempo, di pensare e ripensare, di vedere e rivedere, a partire da una sceneggiatura molto elaborata e precisa, preparata con grande anticipo sulla lavorazione. (Marco Bellocchio)

 

Marco mi chiese se m'interessava quest'esperienza, e io dissi di sì, soprattutto per seguire da vicino la lavorazione di un film, per rendermi conto dei meccanismi reali della fattura di un film. Della sceneggiatura di Donati restò poco, certo erano vincolanti l'ambiente (costruzioni già fatte, per esempio), gli attori e la natura stessa dei film. Abbiamo riscritto il soggetto tenendo conto di tutto questo, in un giorno o due, a Milano, ma abbiamo conservato della sceneggiatura di Donati (i produttori ci avevano garantito un totale accordo tra loro e Donati sul suo abbandono della regia, gli avevano promesso, dissero, di debuttare più in là e ci avevano detto che era stato lui per primo a rendersi conto di non essere in grado di controllare la regia di un film) una scena fondamentale, scritta benissimo, e che resta forse la più bella del film: quella della lezione "didattica" di Volontè, direttore di un giornale che noi chiamammo, preveggentemente, "Il gíornale", a un giovane cronista su come si dà una notizia di cronaca, una lezione perfetta di manipolazione dell'informazione.

Donati era stato giornalista, e conosceva molto bene queste cose. Abbiamo portato il film su tutt 'altri binari. La mia idea era semplice: fare un'operazione il più possibile pulita e "fredda". Il mio modello era il Fritz Lang dei piccoli film americani. Una storia veloce che mostrasse il funzionamento dei potere dentro i mass-media a partire da un caso di manipolazione politica che era ricalcato su quello di Valpreda. Molti personaggi erano a chiave: il padrone del giornale alla Agnelli, per esempio; quello di Laura Betti, il gruppo dei ragazzi, che erano anarchici confusionari del dopo '68. Credo che l'operazione non sia riuscita per la fretta con cui si lavorava: di giorno io scrivevo la scena che il giorno dopo Marco avrebbe girato, e ne discutevamo la sera con lui, spesso con Laura per la sua parte, spesso con Volontè. (Ero affascinato dagli attori, lo sono sempre stato, e vedere come Volontè riusciva a trasformarsi, diventando una specie di Laurence Olivier ma piccolo-borghese-arrivato, con un fondo di cattolica ipocrisia, o vedere l'irruenza di Laura, un po' ottocentesca, è stata la cosa che più mi ha incuriosito del poco di lavorazione che riuscivo a seguire.)

Succedeva che, per semplificare, Marco cambiasse molto di quello che era scritto, e questo mi provocò anche una crisi con Lotta continua, perché c'erano all'inizio due aspetti della nuova sinistra: gli anarchici vittime di una provocazione, e un gruppo che li difendeva, e Marco ne fece un'unica cosa, con il risultato di una certa confusione politica. Marco caricava espressivamente il film laddove io avrei preferito una narrazione molto piana, molto affidata all'azione. Complessivamente fu un'operazione fallita. Intervenire nel filone del cinema politico portandovi più chiarezza e determinazione (e un "uso" spregiudicato dei genere per dire più di quanto il genere allora non facesse, e in un'altra direzione) non è stato possibile per tutti questi motivi, nonché per la mia scarsa preparazione e autorità. (Goffredo Fofi)

FILMOGRAFIA HOME PAGE

Hosted by www.Geocities.ws

1