IL CASO MATTEI

CREDITI

Anno: 1972 Nazione: Italia Durata: 118 m

S., sc.: F. Rosi, Tonino Guerra con Nerio Minuzzo e Tito De Stefano.

F.: 35mm, 1:1,85. - sw/Farbe (Technicolor) - Pasquale De Santis. Scgf.: Andrea Crisanti. Mu.: Piero Piccioni. M.: Ruggero Mastroianni.

Produzione: Vides, Verona Cinematografica, Roma.
Produttore:
Franco Cristaldi.
Girato nell'inverno del  1971 a Milano e dintorni, Sicilia e  Tunisia. 

Regia: Francesco Rosi

CAST

Gian Maria Volonté, Luigi Squarzina, Peter Baldwin, Gian Franco Ombuen, Edda Ferronao, Accursio Di Leo, Giuseppe Lo Presti, Furio Colombo

TRAMA

A partire dalla morte in un sospetto incidente aereo nel 1962, la vita di Enrico Mattei, presidente dell'ENI che sviluppò le ricerche petrolifere in Val Padana e stabilì accordi diretti con i paesi produttori di petrolio del Medio Oriente e con l'URSS. Per un taglio ideologico appoggiato soprattutto sui temi della lotta contro le "sette sorelle" del petrolio e sugli aspetti oscuri della sua morte, il film sfocia, pur senza tacerne i difetti, in un'apologia del costruttore dell'industria di Stato in Italia, in un personaggio "tecnicamente eroicizzato" che un G.M. Volonté con la sordina interpreta magistralmente. Il meccanismo del giallo politico ne è la forza e il limite. Palma d'oro a Cannes ex aequo con La classe operaia va in paradiso. (M. Morandini)

 

COMMENTI

Il caso Mattei fu possibile farlo solo perché Rosi ed io avevamo deciso di fare un film molto economico, in stile reportage. Eravamo una troupe di dieci persone, e solo per rari momenti una troupe completa. Ci siamo serviti di tecniche nuove per ottenere il massimo dalla pellicola; certe sequenze sono sursviluppate perché al momento delle riprese non avevamo la luce sufficiente; dove andavamo, non potevamo portarci dietro il gruppo elettrogeno e dovevamo girare con la luce ambientale.

Per esempio, nel deserto dovevamo girare una scena presso un deposito di metano e non potevamo far altro che usare la luce del getto: presi la macchina a mano, e girai una lunga carrellata che è una delle più belle sequenze del film. Fu divertente sentirmi dire, dopo l'uscita del film, che avevo certamente usato molta luce e molti mezzi tecnici. (Pasquale De Santis)

 

Anche per il caso Mattei il problema era la struttura, perchè i documenti erano tanti, il materiale enorme, e se non lo si organizza il film poi non c'é, non si concentra. Però la struttura questa volta era quella di tanti tasselli che dovevamo comporre un quadro, ma rimanendo tasselli, formando un incastro; quindi come struttura era una cosa più originale di quelle che si fanno di solito, con un mistero che doveva restare, interrogativi che dovevano rimanere aperti. Mattei era un personaggio che ci affascinava, come poteva essere altrimenti? Un condottiero, come nella storia d'Italia ce ne sono stati tanti, e di cui l'Italia sembra avere il bisogno per muovere un po' la palude, spingere un pò le cose, nel bene e nel male. (Tonino Guerra)

 

Io non credo proprio che noi sapremo mai come è davvero finito De Mauro, se veramente è stato macinato dall'ingranaggio di questa oscura vicenda o non in quelle di qualche di qualche inchiesta giornalistica condotta coraggiosamente... La prassi del dubbio è scontata quando si tratta di un delitto di mafia, però non lo é altrettanto per i bilanci di uno stato, per gli investimenti del pubblico denaro. Quelli chele oggi danno del corruttore a Mattei dove erano ieri? E il Parlamento, che faceva il Parlamento? Come intervenivano gli organi di controllo? Oggi ci informano che quei modelli di sviluppo erano in parte sbagliati; ma in questo, anche i partiti di sinistra, non hanno una parte di responsabilità?

Il mio film tende solo a capire perché il delitto è stato possibile, se di delitto si è trattato. Non mira affatto a sciogliere il mistero della fine di Mattei. Poi, vorrebbe ripercorrere le varie fasi di un "creatore di lavoro" che sente le necessità di una rottura in un'Italia in mano alla destra economica. Voglio citare una frase detta da Moravia: "In sostanza, per capire la morte di Mattei pensiamo che biso,gna risalire alla situazione storica dell'Italia e arrischiare l'ipotesi che Mattei sia stato assassinato non tanto perché dava fastidio quanto perché non aveva alle spalle una borghesia e una cultura egemoniche, come i suoi avversari. Cioé perché era stato costretto a condurre la sua lotta da solo e quasi in maniera privata".

A un film su Mattei io pensavo da prima di Uomini contro, ma nessuno ne voleva sapere. Con Gian Maria Volontè avevo cominciato a parlarne proprio durante la lavorazione di Uomini contro, e dopo è stato Cristaldi ad aiutarci a sbloccare la situazione, a riprendere in mano il progetto. Senza di lui il film non si sarebbe fatto. Poi, invece, a scorno dei produttori e distributori e anche dell'italnoleggio, che l'aveva rifiutato, il film è andato bene anche economicamente. Tutti pensavano che ne sarebbe venuto fuori un documentario, e che un docuimentario su Mattei non poteva interessare nessuno. E' vero che il film usa molto le tecniche del giornalismo, ci sono dentro molti media, ma è un n un documentario, anche se un film aperto, di un genere abbastanza nuovo , mi pare, rispetto a quello che si è fatto di solito nel cinema.

Nella azione del film ha giocato molto il fatto che io sia partito dagli ultimi tempi di Mattei, andando poi a ritroso, perché questo mi ha permesso non solo di fare biografia ma anche storia, di ripercorrere le tappe di una storia italiana, economica, politica, sociale. Con al centro un personaggio come Mattei che anche un po' misterioso da definire, e che certamente ha avuto molti meriti e molte ambiguità, quando da servitore dello stato, come lui diceva, ha cominciato a diventare un padrone dello stato.

Poi c'é stato il caso De Mauro. Mentre stavamo scrivendo la sceneggiatura del Caso Mattei ci fu l'episodio della sparizione di De Mauro, e questo ha finito con lo sconvolgere la sceneggiatura, perché mi sono sentito in dovere di prendere una posizione precisa anche per quanto mi riguardava, di responsabilizzarmi a livello di indagine nel film, dando una svolta alla narrazione e portandola su una strada anche più attuale della precedente. Secondo me feliceme te, quanto alla struttura narrativa.

In questo tipo di film la sceneggiatura resta sempre aperta fino al momento in cui finisce il montaggio. Mattei io l'ho sconposto tutto ancora al montaggio. E addirittura comincia, col montaggio, là dove nella sceneggiatura finiva. E' un film mosaico, è un mosaico. Ci sono film cui la stessa struttura finisce per offrirvi la possibilità di una intercambiabilità delle scene, dei materiali, altri invece che la rifiutano. Sin dal primo trattamento Salvatore Giuliano era così com'è, con quest'accostamento non temporale ma ideologico dei brani, flashback o flash-on. La costruzione era ferrea. La struttura del Caso Mattei offriva invece la possibilità di mescolare le carte. Così come quella di Lucky Luciano, di cui interi brani hanno trovato la loro collocazione solo a l'ultimo momento, in moviola. La struttura di Cadaveri era invece più preordinata. (Francesco Rosi)

 

La sceneggiatura era tutta stabilita, precisissima, anche perché si trattava d un materiale complesso dato che all'epoca - quando Rosi fece Il caso Mattei parlare di petrolio era come parlare di qualcosa di cui oggi non si parla magari se ne parlerà tra dieci anni. Quindi era stato fatto un imponente lavoro di sceneggiatura, e in quel caso credo che forse sarebbe stato impossibile modificare qualcosa durante la lavorazione, impossibile per lui e per me, poiché la fatica di calibrare meticolosamente tutto era già stata fatta.

Per fare Mattei ho dovuto certamente documentarmi anch'io. E certamente in modo crítico, facendomì un'ídea dei personaggìo reale che Mattei era stato, uno che ha fatto cose importanti sul piano della politica economica nazionale (la lotta contro, le "sette sorelle", per la nazionalizzazione ... ) ma che ha anche avuto i suoi limiti e il cui torto maggiore è stato forse quello di voler lottare da solo, in un Paese come l'Italia dove non c'era - come ha scritto a suo tempo Moravia - uru borghesia abbastanza illuminata che potesse sostenerlo...

Se si tratta di personaggi realmente vissuti, comunque, la documentazione non è difficile. E' ampia, ma c'è molto materiale. Quando invece sono personaggi di invenzione, be', anche lì ci sono dei riferimenti, certo, e si può mettere insieme un altro tipo di documentazione. Più che altro c'è il tentativo di collocarli in uno spazio storico, economico, sociale, culturale, e poi c'è un problema di linguaggio che è legato da una parte alla sceneggiatura, dall'altra parte all'autore dei film. Io posso portare il contributo di un segno linguistico all'interno di un processo molto più vasto... Non collaboro in fase di sceneggiatura. E' chiaro però che faccio delle scelte: ci sono dei film che voglio fare, e quando é possibile li faccio, ma se i soggetti non mi interessano, li rifiuto... (Gian Maria Volontè)

 

Un attore non è un pezzo dì legno, non è un burattìno da cuì pretendo che si muova secondo i fili che io muovo. L'attore è una personalità "regolabile", secondo le esigenze di un copione e quelle che si precisano via via durante la lavorazione, specialmente quando esiste una sollecitazione esterna alla scena (il posto che si é scelto per girarla, il coro che gli sta intorno che può a volte essere di non professionisti...). Assieme all'attore, rispetto alla sua sensibilità, si precisa allora meglio il suo ruolo; puoi modificare una battuta assieme a lui, puoi trovare assieme a lui o è lui a suggerirti un gesto, un comportamento. Naturalmente questo tipo di collaborazione dipende anche dall'attore, dalla sua intelligenza e disponibilità.

A seconda del suo modo di sentire e di vivere certi personaggi, Volonté ha collaborato sempre con una sua notevole intelligenza, naturalmente inserendola nel disegno del personaggio da me spiegato all'inizio e via via arricchitosi delle sue possibilità interpretative e creative. Un attore dalla personalità di un Volonté, che é un attore creativo, partecipa. Un regista chiede, ma si deve poi vedere se l'attore é capace di dare, e non tutti sono dei Volonté.

L'attore va sempre messo in condizione di partecipare, con il suo comportamento, che é reattivo, che é reattivo al tipo di realtà in cui tu lo inserisci. Il mestiere del regista é anche questo: creare una realtà che susciti reazioni nell'attore, sia in quello professionista, sia in quello "inventato" dal regista, che finiscano per arricchire la composizione dell'inquadratura, della scena, della sequenza, del film. (Francesco Rosi)

 

IMMAGINI

 

FILMOGRAFIA HOME PAGE

Hosted by www.Geocities.ws

1