San Martino - di Giosue Carducci - a cura di Christian Pradelli
La
nebbia agli irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mare
Ma per le vie del borgo
dal ribollir dei tini
va l'aspro odor dei vini
l'anime a rallegrar
Gira sui ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando
sta il cacciator fischiando
sull'uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
stormi di uccelli neri
come esuli pensieri
nel vespero migrar.
San
Martino è una poesia composta da quattro strofe di quattro versi ciascuna,
scritta da Giosué Carducci. A molti questo brano risulterà familiare per una
recente interpretazione da parte di Fiorello, dieci anni fa cantante ed oggi
popolare showman. Si dice che per comporre questa lirica, Carducci si sia
ispirato alla maremma, luogo in cui ha vissuto parte della sua infanzia e
attraverso cui è stato in contatto con una natura aspra e selvaggia che egli
sentiva affine al proprio carattere. Per quanto riguarda la metrica, si può
notare che in ogni strofa il secondo ed il terzo verso finiscono allo stesso
modo: nella prima le parole in rima sono “sale” e “maestrale”; nella
seconda “tini” e “vini”; nella terza “scoppiettando” e
“fischiando”; nella quarta “neri” e “pensieri”. Il quarto verso di
ogni quartina (ad eccezione del primo che si conclude con l’utilizzo del
sostantivo “mar”), termina con un verbo della prima coniugazione
(“rallegrar”, “rimirar”, “migrar”). Per quanto riguarda il numero
di sillabe, si tratta di settenari, ad eccezione degli ultimi due versi che
sono senari. Nella poesia sono presenti diverse figure retoriche che
contribuiscono ad arricchire la descrizione di emozioni e stati d’animo
particolari: nella prima strofa è messa chiaramente in evidenza la
personificazione del vento e del mare. Al primo viene
collegato l’aggettivo “maestrale”
per indicarne l’imponenza e la potenza; al secondo, invece, vengono riferiti
due verbi: “urla” e “biancheggia”, per sottolineare il rumore delle
onde e l’infrangersi di quest’ultime contro le rocce. Nel secondo verso
troviamo un ossimoro formato da due verbi: “piovigginando” e “sale”;
essi indicano movimenti opposti: “piovigginando”, infatti, indica un
movimento verso il basso, mentre “sale” indica un movimento verso
l’alto. Dopo questa breve analisi è facile intuire quanto la prima strofa
sia piuttosto triste e cupa. Il “Ma” con cui ha inizio la seconda strofa
mette in contrapposizione l’ambiente oscuro, di cui abbiamo parlato sinora,
con un paesaggio più intenso, più allegro. Tema centrale è “l’aspro
odor dei vini” che rallegra gli animi della gente: il vino è considerato un
po’ il simbolo della gioia e della felicità. Il “ribollir dei tini” è
un’espressione che sembra quasi riferirsi ai ferventi preparativi di una
festa. Questi due versi fanno quasi tornare alla mente il canto “Il sabato
del villaggio”, scritto da Giacomo Leopardi. Nella terza strofa si
riconferma la serenità e la vivacità espressa nella quartina precedente. Il
nono ed il decimo verso contengono delle allitterazioni: nel nono ne troviamo
due in “C” e “P”; nel decimo ne troviamo una in “P”. Come nella
prima strofa, anche nella terza troviamo due verbi al gerundio: sono
“scoppiettando” e “fischiando” e, in questo caso, stanno quasi ad
indicare la contemporaneità che esiste tra l’azione dello spiedo e quella
del cacciatore. Terza e quarta strofa sono unite dall’ultimo verso della
terza strofa: “sull’uscio a rimirar”. Il cacciatore, infatti, in attesa
di cibarsi di ciò che si sta “arroventando” sullo spiedo, osserva il
cielo: ammira il tramonto ed alcuni stormi di uccelli che lo tentano non
poco… E sono propri questi due elementi (il tramonto e gli uccelli) che
danno vita a due figure retoriche. Inizialmente troviamo l’opposizione di
due colori: il rosso delle nubi al crepuscolo ed il nero degli uccelli (colore
che, probabilmente, è causato da una situazione in controluce). La seconda
figura retorica, invece, è una similitudine e si riferisce interamente ai
pennuti. Essi, infatti, vengono paragonati ad “esuli pensieri” che trovano
il loro spazio nel tramonto… Come gli uccelli, d’altronde. Pertanto
l’ultima quartina si rifà un po’ alla prima in quanto ad emozioni e stati
d’animo. Fa il suo ingresso, infatti, il sentimento della nostalgia che si
unisce ad un velo di tristezza quando Carducci introduce la similitudine di
cui abbiamo parlato poco fa. In conclusione, è possibile individuare uno
schema inerente ai sentimenti ed agli stati d’animo che ogni strofa può
indurre nel lettore: A) tristezza; B) allegria; C) allegria-riflessione; D)
nostalgia. Come Proust in narrativa, attraverso il racconto “I campanili di
Martinville” (analizzato in classe qualche settimana fa), anche Carducci, in
poesia, ha deciso di fare un “resoconto esistenziale” culminato in questa
composizione dove, attraverso artifizi di vario genere, il poeta parla di se
stesso e della sua vita.
Christian
A. Pradelli
Gabriele L. Capitani