PROMESSI SPOSI - capitolo 8

L’ottavo capitolo dei Promessi Sposi si presenta come una delle parti più entusiasmanti e ricche d’azione dell’intero romanzo. Esso si apre con una breve descrizione dell’attività di Don Abbondio poco prima dell’irruzione di Tonio, Renzo e Lucia, e ci capacita del clima di tensione che circonda la casa del curato: infatti l’incursione inaspettata di Agnese inquieta il nostro prete, facendolo precipitare in un improvviso stato di apprensione. Salta subito all’occhio come il Manzoni, grazie alla sua straordinaria abilità, riesce ad appassionare il lettore nella lettura mediante l’alternarsi di scene descrittive e scene colloquiali, le quali si completano a vicenda: ad esempio il dialogo tra Agnese e Perpetua rende perfettamente l’idea del carattere dei due personaggi, mentre la descrizione dell’aspetto di Don Abbondio ci fa capire quanto l’ospite appena giunto potesse essere indesiderato. Bisogna sottolineare inoltre come l’autore sia solito utilizzare nelle descrizioni espressioni e similitudini decisamente ricercate, le quali contribuiscono non poco ad aumentare espressività e chiarezza. Nelle pagine seguenti si sviluppa l’argomento principale del capitolo, ossia il fallito tentativo di matrimonio tra i due promessi: inoltre, a questo episodio il Manzoni accosta tramite un flash-back l’operato dei bravi nel tentativo di rapire da casa la nostra giovane protagonista, la quale, fortunatamente, si trova momentaneamente altrove. Nel frattempo il piccolo Menico, inviato da Fra Cristoforo a Lucia perché le ordinasse di mettersi immediatamente sotto la protezione del convento, si reca di corsa a casa della giovane, ma s’imbatte solamente nei bravi confusi dall’apparente calma e silenzio che circonda l’abitazione. A questo punto il silenzio viene squarciato dalle campane suonate a martello, costringendo i bravi, Renzo e Lucia a battere in ritirata. Mentre questi ultimi s’allontanano velocemente dalla casa d’Abbondio, incrociano il povero Menico che, con la paura nel cuore, riferisce ciò che gli è stato detto da Cristoforo. Giunti quindi al convento, i due promessi si vedono costretti ad abbandonare il paese su di una barca ed è in questa occasione che compare il famosissimo “Addio monti”, ossia il saluto di Lucia al suo paese natale.

Articolazione interna del testo

Nel testo si alternano in numero maggiore sequenze descrittive e sequenze dialogate, a dispetto delle sequenze narrative, presenti in quantità minore. La prima parte del capitolo, sezione nella quale si consuma “il matrimonio mancato”, è un’avvicendarsi di sequenze descrittive e dialogate. Narrative possono essere solamente considerate le righe iniziali, nelle quali il Manzoni spiega l’hobby (se così può essere definito) di Don Abbondio, ovvero “leggere un pochino ogni giorno” utilizzando libri prestatigli periodicamente da un “curato suo vicino”. A ciò segue una lunga parte descrittiva, intervallata talvolta da discorsi intercorsi tra i protagonisti della vicenda: i due promessi (rari gli interventi di Lucia), Perpetua, Don Abbondio, Agnese, Gervaso e Tonio. Le descrizioni presenti in questo frangente sono ovviamente dedicate al tentativo da parte di Renzo, di Lucia e dei loro alleati di far convolare a giuste nozze i due promessi. Tuttavia troviamo anche spiegazioni riguardanti Don Abbondio, il suo abbigliamento, il suo portamento e soprattutto il suo stupore dopo aver scoperto lo scherzo che gli stavano combinando alle spalle. Alle grida di aiuto del curato, succede un nuovo paragrafo relativo alla spedizione dei bravi in casa di Lucia. Tale paragrafo si apre subito con un flash-back, attraverso il quale l’autore rispolvera la mente al lettore raccontando tutto ciò che i bravi avevano “combinato” nel periodo in cui non si era parlato di loro. Una sezione narrativa-descrittiva e poco dialogata, invece, caratterizza tutto il resto del brano fino a quando Manzoni decide, attraverso un altro flash-back, di tornare a parlare di Agnese e Perpetua: a questo punto la sequenza principale diventa quella dialogata. Entrambe, infatti, sentono le urla di Don Abbondio, di Menico e i rintocchi delle campane: si agitano. La prima, ben presto, s’imbatte in Renzo e Lucia, la seconda, invece, si precipita a casa per chiedere spiegazioni ai fratelli. Successivamente entra in gioco un altro “personaggio”: si tratta della folla, desiderosa di capire cosa fosse successo. In questo trafiletto si va incontro a sequenze narrative e dialogate. Don Abbondio cerca di rassicurare la gente affermando che chi aveva creato quel caos era solo “cattiva gente, gente che gira di notte”. Ciò nonostante nessuno lo ascolta, anzi: iniziano a girare voci insistenti riguardanti la presenza del “diavolo” in casa di Agnese. Solo una volta trovata vuota la casa, la folla si convince e abbandona la piazza. Da questo momento in poi, viene narrata la fuga della stessa Agnese e dei due promessi, definiti dal Manzoni col termine “fuggiaschi”, verso Pescarenico. Questa parte di brano è più che altro narrativa: assenti del tutto le descrizioni, rade le sequenze dialogate. Nessuno, infatti, ha voglia di parlare dopo l’accaduto e solo Agnese fa domande nella speranza di ricevere risposte che però non arrivano. La situazione cambia leggermente non appena i tre protagonisti raggiungono la chiesa di Pescarenico e trovano fra Cristoforo. Del dialogo che si instaura tra il padre ed i due promessi ne esce fuori che la miglior soluzione è quella dell’esilio. Soluzione che viene accettata a malincuore soprattutto da Lucia che, nell’ultima sezione del capitolo, peraltro interamente descrittiva, dà un saluto commosso alla sua città, in particolare ai suoi monti.

Caratterizzazione dei personaggi

Come già annunciato, il Manzoni in questo capitolo riesce a far emergere le peculiarità d’ogni personaggio dai dialoghi che questo intrattiene, per poi approfondire il tutto con descrizioni efficaci e talvolta anche un po’ pungenti. Uno dei personaggi di cui abbiamo pochissime informazioni è Gervaso, fratello di Tonio e aiutante di Renzo nel tentativo di matrimonio con Lucia: i brevi dialoghi di cui possiamo disporre nella parte iniziale del capitolo ci danno subito l’idea di un uomo goffo e maldestro con la testa un po’ sulle nuvole, cosa che si può ben constatare quando questo passa all’azione. Procedendo nel racconto possiamo incappare facilmente nel Griso e nei suoi scagnozzi all’opera a casa Mondella; questo fedele servo di Don Rodrigo, al contrario di ciò che si potrebbe pensare, occupa un ruolo centrale all’interno del romanzo e costituisce uno dei personaggi più complessi della storia: infatti, egli è solito agire nell’ombra, eseguendo, ma non sempre approvando, tutti i compiti affidatigli da Don Rodrigo e il conflitto tra lui e quest’ultimo si manifesta in diverse parti del romanzo per giungere infine al tragico epilogo. Per una più attenta analisi degli altri personaggi si consiglia di riguardare i precedenti capitoli.

Altri aspetti del testo

Ritmo nella narrazione: è prevalentemente veloce. Elementi come la fuga, le “campane a martello”, la folla paesana impaziente contribuiscono enormemente a velocizzare il ritmo. In certi momenti il lettore vive quasi angosciato nell’attesa di scoprire dove si sono rifugiati Renzo, Lucia ed Agnese. Anche le continue domande della stessa Agnese e della fedelissima Perpetua non fanno altro che creare tensione e patema d’animo in chi legge. Tuttavia sono presenti anche momenti in cui il ritmo è meno sostenuto: sto parlando dell’inizio del libro, quando Manzoni narra di un Don Abbondio tranquillo, seduto “sur una vecchia seggiola, ravvolto in una vecchia zimarra, con in capo una vecchia papalina”. E’ un Don Abbondio ovviamente ignaro di ciò che gli sarebbe successo di lì a poco. Come il capitolo si apre con un ritmo blando, così si chiude: alla fine, infatti, la rassegnazione e la grande tristezza di Lucia prevalgono su tutto il resto.

Tempo: Principalmente si alternano tre tempi verbali: l’imperfetto indicativo, il passato remoto indicativo ed il trapassato prossimo indicativo. In più troviamo la presenza di altri tempi verbali, legati a particolari momenti: quando, per esempio, il narratore risulta interno alla vicenda, Manzoni decide di far uso del passato prossimo indicativo (lo stesso tempo è utilizzato quando ci sono flash-back). Quando lo stesso narratore, invece, vuole fare supposizioni o dare la sua idea sull’accaduto, il modo utilizzato è il condizionale (nei suoi tempi: presente e passato). Nel discorso diretto, naturalmente, sono utilizzati verbi al presente o al passato prossimo indicativo. Infine, quando l’autore vuole spiegare le ragioni inerenti ai fatti accaduti implicitamente, troviamo espresso il modo gerundio (soprattutto gerundio presente).

Narratore: il narratore è quasi sempre esterno ai fatti. Tuttavia ci sono frangenti in cui risulta interno. Tutti i flash-back, ad esempio, raccontano avvenimenti che sembrano vissuti da lui in prima persona. Lo stesso vale quando i bravi, alla ricerca dl Lucia ed Agnese, passano davanti alla casa del Manzoni; casa da lui definita “povera” e la “più quieta di tutte, giacché non c’era più nessuno”.

Sintassi: troviamo prevalenza di paratassi; in particolare il Manzoni si esprime con frasi brevi, ricche di verbi e per l’appunto coordinate tra loro. Anche la paratassi, quindi, contribuisce a rendere di gran lunga sostenuto il ritmo di tutto il racconto (almeno per quanto riguarda l’ottavo capitolo). Un esempio è dato dal breve stralcio che precede l’arrivo della folla paesana: sono le righe che accennano alla fuga; quattro righe in cui vengono concentrati una gran quantità di verbi al passato remoto indicativo per indicare tutte le azioni compiute dai promessi e da Agnese.

 

 

Lavoro curato da:

Christian A. Pradelli

Simone Miliano

Classe 2°D

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