La figura di Don Abbondio - di Elena Bergamaschi

Don Abbondio

Grazie all'accurata descrizione del Manzoni, si nota già dalle prima righe il carattere di don Abbondio. Questo si presenta agli occhi del lettore come un personaggio un po' bizzarro per il suo modo di comportarsi. Con una mano, infatti, tiene il breviario, poi, a volte, lo chiude e, tenendo il segno con l'indice, guarda a terra buttando da un lato della strada tutti i ciottoli che sono d'intralcio. Don Abbondio sembra anche una persona molto abitudinaria: il Manzoni lo fa capire utilizzando la frase “…dov'era solito…” (riga 63), quando il sacerdote alza gli occhi dal libro e guarda davanti a sè. La cosa si ripete nel momento in cui, svoltata la strada, guarda il tabernacolo vicino al quale stavano i due bravi (righe 74-75). Ed è proprio l'incontro con questi ultimi a far capire qual è il vero carattere e l'indole di Don Abbondio. Subito, infatti, cerca con lo sguardo, nelle vie vicine, qualche altra persona a cui chiedere aiuto, ma, non trovando nessuno, pensa bene di voltarsi e scappare, ma lo ferma solo la paura di essere inseguito ed ucciso. Quello che più colpisce, è che il sacerdote pensa a tutto ciò nell'arco di brevissimo tempo e, solo alla fine, prende in considerazione l'idea, anche se a malincuore, di affrontare il pericolo. Il pericolo, però, non si affronta sempre a “testa alta”, e Don Abbondio ne dà una soddisfacente dimostrazione. Infatti, nel poco tempo rimastogli, riesce a nascondere, con abile maestria, tutto il suo terrore e la sua paura, mostrandosi, invece, ben felice dell'incontro con i due uomini, e salutandoli con un falsissimo sorriso. La sua sicurezza, però, è tradita dal suo modo di parlare, che appare stentato e dalla voce tremante. Don Abbondio, inoltre, ancora prima di capire che cosa i bravi volessero da lui, si scagiona da qualsiasi colpa, riversandola poi sugli altri. Nel suo tono c'è una nota di servile paura, paura che si trasforma in puro terrore, quando uno dei due loschi individui  pronuncia il nome di don Rodrigo. Subito don Abbondio si pietrifica, e Manzoni descrive quell'attimo come un temporale che si scatena nella mente del parroco: un temporale caratterizzato da un lampo che illumina tutto per un attimo, e che fa accrescere nel cuore del religioso la tensione. A questo punto, però, don Abbondio mostra le sue doti di velocità e di simulazione, improvvisando un grande inchino, e nascondendo così i suoi sentimenti. Per tutto l'incontro, il parroco dà sempre ragione ai due bravi e non li contesta, segno di rassegnazione. Solo alla fine, quando ormai i due compari se ne stanno andando, don Abbondio raduna un po' di coraggio e chiede loro delle spiegazioni, ma questi lo mettono a tacere senza alcuna fatica.

 

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