Analisi dell'ottavo capitolo -
Laura Freddi
L'ottavo capitolo dei Promessi Sposi si può dividere in tre parti, quasi
fossero tre atti di un rappresentazione teatrale. Il primo è incentrato
sul tentativo fallito dei promessi di pronunciare la formula del matrimonio. Il
ritmo è abbastanza lento, come per preparare al secondo atto, decisamente
veloce. Don Abbondio dà l'allarme all'intero popolo poiché ha degli intrusi in
casa, questi tentano di fuggire senza essere riconosciuti, mentre i bravi in
casa di Agnese cercano invano Lucia, ma sono messi in fuga dalla campana
dell'allarme. L'ultima parte, invece, ha un ritmo lentissimo che crea
molto contrasto con le pagine precedenti cariche di tensione. Menico
avverte i "fuggiaschi" di rifugiarsi da Fra Cristoforo; così,
arrivati al convento, il frate spiega l'intenzione dei bravi di rapire Lucia e
li invita a scappare per un certo periodo in paesi circostanti. Le ultime pagine
poi presentano il saluto della ragazza al suo amato paese. La storia si svolge
apparentemente in modo uniforme, anche se alcune volte vi sono degli
interventi dell'autore. Questi sembrano degli approfondimenti che il Manzoni
vuole offrire al lettore. Inoltre per tutto brano ricorre il tema della luna che
poi farà da sfondo al malinconico addio di Lucia. Nel capitolo vi è anche un
flashback in cui viene raccontata l'intrusione dei bravi in casa di Agnese e
quello che era successo con Perpetua e Agnese durante l'intromettersi dei
promessi in casa del prete. La maggior parte del racconto è articolato in
sequenze narrative, sebbene ce ne siano alcune dialogate e riflessive. Queste
ultime di solito coincidono con l'intervento del Manzoni nella storia e con le
pagine terminanti del capitolo, mentre alcune forme di discorso diretto
interrompono in certi punti le parti narrative per dare ancora di più il senso
di drammaticità. Nella narrazione ci sono anche delle sequenze descrittive che
hanno funzioni diverse. Nella prima viene presentata ancora una volta la figura
grottesca di don Abbondio. La seconda, invece, di natura quieta e tranquilla nel
descrivere il lago calmo, contrasta con la confusione precedente e
sembra rivelare con questa pacatezza i travagli nascosti degli uomini. Infine la
breve descrizione del palazzo di don Rodrigo spezza l'atmosfera desolante del
paesaggio e si avvicina allo stato d'animo di Lucia, ovviamente triste. Durante
il racconto il Manzoni si propone come narratore onnisciente, però possiamo
notare alcune sue critiche nelle sequenze riflessive e nelle espressioni come
"li abbiamo lasciati", "lasciamoli andare" che catturano
l'attenzione del lettore quasi per immetterlo nella storia. Per quanto
riguarda le tecniche espressive, essendo un racconto abbastanza narrativo, vi è
uso di discorso indiretto, ma l'autore preferisce comunque privilegiare quello
diretto per rendere più interessante la lettura. In tutto il capitolo viene
espresso un tempo passato, tipico del romanzo. A volte, inoltre, vengono usati
molti verbi vicini per dar velocità e aumentare il senso di ansia e timore.
Tuttavia in alcuni casi lo scrittore utilizza anche il presente. Ad esempio
quando interviene nella narrazione nelle espressioni "il perché lo
sapete" come se stesse parlando direttamente col lettore, oppure nel lungo
addio di Lucia dove appunto vengono mostrati i pensieri della ragazza. In questa
parte del libro sono presenti numerosi personaggi. Il primo è Don Abbondio
sulla cui ignoranza Manzoni ironizza nelle prime righe
del capitolo. Vediamo la diffidenza del parroco verso tutti, anche verso
Perpetua come si nota nella frase "siete ben sicura che sia proprio
lui?" e la paura quando si chiude in una stanza e chiama subito aiuto.
Nonostante non sia un persona cattiva, nella storia assume una funzione di
antagonista in quanto ostacola il matrimonio. Perpetua, invece, è una donna
molto permalosa e curiosa, quindi Agnese sa bene come catturare la sua
attenzione. L'anziana donna si presenta ancora saggia e abile anche quando poi
fuggirà con Lucia e Renzo. Passiamo poi ai protagonisti del cui carattere
conosciamo già alcuni aspetti.
Lucia è un ragazza sensibile come si vede nella sua paura di
intromettersi in casa di don Abbondio e nel triste saluto al suo paese. Tra i
personaggi secondari troviamo il Griso e gli altri bravi che si mostrano tanto
duri, ma al primo rintocco della campana scappano urlando come fifoni; il
sacrestano Ambrogio, invece, sembra ricalcare la figura timorosa di don Abbondio
in quanto dice "vengo subito", però poi si muoverà più tardi quando
anche gli altri uomini saranno arrivati. Tonio e Gervaso sembrano aiutare i due
giovani promessi, ma nella confusione che accade in casa del curato, Tonio
mostra la sua avidità cercando subito la ricevuta del debito; Gervaso, invece,
grida e salta come un bambino che si accorge di aver fatto una cattiva azione.
Infine incontriamo Fra Cristoforo e fra Fazio, il primo esprime una grande
religiosità e saggezza rispetto all'altro, forse più sensibile poiché
all'allontanarsi dei protagonisti, quasi si commuove. Il linguaggio del Manzoni
è certamente semplice e comune, in quanto il libro era indirizzato a tutto
il popolo e non alle persone più colte. Per questo anche i periodi non sono
complicati né troppo lunghi. Sono presenti alcune parole onomatopeiche come
"Ton, ton, ton" e il rintocco della campana che costituisce un
elemento acustico nel capitolo insieme a quello visivo della luna. Il primo
rende l'atmosfera più grave e drammatica legata appunto alla seconda parte,
mentre il secondo sembra quasi riflettere la speranza della ragazza nel futuro
matrimonio. Altre parole che riproducono suoni si trovano nella descrizione del
lago: "gorgoglio, tonfo, fiotto morto e lento frangersi". Poi nella
frase "Don Abbondio, vide confusamente, poi vide chiaro, di spaventò, si
stupì, s'infuriò, penso, prese una risoluzione" c'è un climax ascendente
molto veloce; mentre con una similitudine l'autore identifica con disprezzo i
bravi paragonati ad una mandria di porci guidati dal cane. Poi nell'espressione
"qui giace la lepre" il Griso è paragonato ad un cacciatore che con
l'istinto fiuta
la selvaggina. Infine in questo capitolo possiamo trovare una corrispondenza con
il primo nella presentazione del paesaggio. Infatti le prime pagine del libro
offrono la descrizione del paese come se una telecamera si avvicinasse verso
l'interno. Al contrario l'ottavo capitolo termina con una visuale sempre più
lontana del villaggio.