ANALISI DELL'ASPETTO DELLA MONACA: - a cura di L. Villaschi

Il nono capitolo può essere diviso in più sequenze : una prima parte caratterizzata dalla presenza di Renzo, Lucia e Agnese durante il travagliato percorso che condurrà le donne presso il convento. La seconda parte invece è rappresentata dall'introduzione di un nuovo personaggio, Gertrude, la monaca del convento di Monza, notazione geografica che ci viene fornita nel precedente capitolo. Qui il Manzoni mostra la sua capacità di amalgamare fatti storici alla propria libertà creativa. Lampante esempio è proprio la monaca di Monza, realmente esistita, anche se la ricostruzione del suo aspetto fisico è opera dello scrittore così come la sua personalità. Gertrude ci viene presentata in posizione eretta, immobile, statuaria, inizialmente solo attraverso un'ombra dietro ad una strana finestra di forma ambigua con delle grosse sbarre, che appaiono come un segno di autorità agli occhi delle donne. La presentazione della monaca avviene attraverso una perfetta fusione tra elementi fisici e psicologici. La donna è descritta in modo solenne, ad accentuare la costante presenza di autorevolezza già infusa dall'ambiente freddo e tetro che caratterizza il convento. A mio parere il Manzoni attua una descrizione basandosi su “giochi” e alterazioni contrastanti. Mai un suo personaggio era stato descritto con una tale intensità di colori (la fronte bianchissima così come le dita, le guancie pallidissime, neri neri gli occhi, neri i capelli). Vi è inoltre contraddizione tra il velo nero, il nero saio, le bende bianche, caratteristiche delle benedettine, simbolo di stima ed importanza, con gli indisciplinati movimenti del corpo che denotano una monaca singolare. Particolare anche nel vestire; nonostante la serietà di una monaca il suo aspetto ha ”qualcosa di studiato, di negletto” : la vita attillata, richiamo alla vita mondana, la ciocca di capelli neri che usciva dalle bende sulla tempia. Piccoli particolari che rispecchiano ribrezzo e indifferenza per la regola che ne imponeva il taglio orto dal momento del vestimento. Dall'iniziale descrizione del vestito il lettore non può che immaginarsi due occhi “subitanei, vivi, pieni di espressione e di mistero”, dalla loro raffigurazione possiamo cogliere gran parte degli aspetti psicologici di Gertrude; talvolta in loro possiamo trovare “investigazione superba “ quando guardano dritto in viso alle persone, o con i loro movimenti agitati, di scatto paiono cercare nascondiglio e chinarsi velocemente,o ancora pareva chiedessero affetto, comprensione, o esprimere odio soffocato, represso per chissà quale travaglio dell'animo, o infine quando questi rimanevano fissi , parevano rispecchiare svogliatezza e indifferenza. A questo punto la descrizione del viso passa alle gote, bianche quanto le bende del saio. Tutto quel pallore viene in contrasto con il nero, e, sul viso spiccano le rosee labbra nel suo contorno ”delicato e grazioso ma alterato e reso mancante da una lenta estenuazione”. Le bianchissime dita, infine mettono in rilievo la già languida presenta della mano appoggiata alla grata. Dalla ricca e dettagliata descrizione del suo aspetto il lettore ne esce confuso e disorientato, sensazione che verrà poco dopo chiarita con la presenza di un lungo flash-back, riguardante la vita giovanile di Gertrude, la sua infanzia e la sua difficile giovinezza. Una crescita caratterizzata costantemente dalla presenza nella sua vita di aspetti religiosi (bambole , complimenti riguardanti la bellezza, da parte della famiglia che la elogiava come badessa….) e da allettanti prospettive all'interno del convento da parte del padre, che per un'antica tradizione destinava al chiostro tutti i piccoli cadetti dell'uno e dell'altro sesso ad eccezione del primogenito destinato a conservar la famiglia e a tormentare di conseguenza i propri figlioli allo stesso destino.

 

 


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