Analisi della descrizione fisica della monaca di Monza - a cura di Laura Freddi

Il capitolo IX presenta il ritratto fisico della monaca di Monza, la Signora, che sarà protagonista di questa parte del romanzo. La presentazione della donna prima del colloquio sembra isolare il colloquio stesso, circondandolo di un momento di silenzio e rendendolo perciò più  significativo. La figura della monaca sarà poi contrassegnata da un alone di drammaticità attraverso la sapiente descrizione che Manzoni fa dei repentini  moti del volto della monaca. Anche la cornice dietro la quale ci viene presentata la monaca è al tempo stesso reale e metaforica, in quanto le grate, elemento realistico presente nei conventi, rimandano immediatamente all'idea delle inferriate della prigione e quindi al senso di impotenza e di reclusione che la monaca visse da giovane, votata dai genitori alla vita monastica.   Questa descrizione fisica prepara sicuramente al suo carattere, tanto che ogni singola parte del corpo o ogni azione ha quasi un significato morale. Prima di tutto notiamo che la Signora in realtà è molto giovane (25 anni), ma la sua bellezza, quasi sfiorita, come anche le labbra "tinte d'un roseo sbiadito", è stata catturata da un senso di odio e di infelicità. La contrapposizione di colori come il bianco ed il nero che Manzoni abilmente usa nella descrizione fisica della donna non fa che anticipare ed accentuare le contraddizioni dell'animo di lei. (il velo nero che risalta tra le bende bianche ed il volto pallidissimo. Inoltre mentre il velo e le bende sono perfettamente stirati e sospesi, la monaca presenta un certo abbandono nel portamento e un abito insolito.) La contrapposizione si sposta poi dal piano dell'abbigliamento a quello degli atteggiamenti  e le   mosse repentine  di Gertrude, come "i sopraccigli che si ravvicinavano con un rapido movimento", creano un forte stridore con la sua condizione di donna e di monaca,  mentre  alcuni accorgimenti nel vestire, come la ciocca di capelli fuori dal velo, mostrano una  ribellione interna, come se Gertrude  volesse esporre il suo fascino femminile. Poi la fronte che si raggrinzisce "per una contrazione dolorosa" fa notare che ogni volta ella rivive quel dolore che le fu inflitto da bambina. I sopraccigli neri, così come gli occhi e le labbra rosee fanno ancora da contrasto alle gote pallidissime che nonostante siano delicate e graziose, danno segno comunque di una debolezza. Ma sono gli occhi, fortemente espressivi, che al meglio presentano una contraddizione nell'animo. Innanzitutto l'aggettivo "due" molto insistente dà drammaticità alla frase anche se in tutta la descrizione il lettore sembra vivere questa ribellione e infelicità nascoste nel cuore della monaca. Questi occhi sempre in movimento rivelano anche i cambiamenti interiori della Signora. Infatti mentre prima fissa le persone quasi con orgoglio  e  superbia, subito dopo lo sguardo si china per paura che si possa leggere nei suoi occhi il suo terribile segreto. Poi anche se questi occhi cercano affetto, pietà e corrispondenza, cose di cui la monaca avrebbe avuto bisogno, si nota un senso di odio quasi minaccioso, ma celato. La monaca sembra inoltre orgogliosa della sua  capacità di  nascondere il dolore, capacità che pochi possiedono e che perciò la fa sentire in una posizione privilegiata di superiorità.  Infine il Manzoni fa notare con le espressioni "un'investigazione superba, un odio inveterato e compresso, un non so che di minaccioso e di feroce, una svogliatezza orgogliosa" che questa ribellione ha però portato la monaca al peccato.

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