ANALISI CAPITOLO XII dal rigo 109 al 143- a cura di Capitani

 

 Il Manzoni inizia questo capitolo descrivendo in modo chiaro e preciso le origini della carestia nello Stato di Milano. Questa è una delle tante digressioni storiche che fanno da sfondo alle vicende dei personaggi. Mentre si sta preparando la rivolta, a causa della carestia , Renzo arriva a Milano. “Le strade e le piazze brulicavano di uomini” questo verbo, brulicare, utilizzato dall'autore, dà proprio l'idea della quantità di persone che ha invaso la strada. Gli uomini, quasi paragonati a delle formiche, si sono riversati nelle piazze, nelle strade, spinti da una rabbia che li accomuna e tutti con un unico pensiero. Non si sono messi d'accordo, ma istintivamente, quasi l'avessero fatto, si sono uniti a gruppi. Molto bella è la similitudine che paragona gli uomini a “ gocciole sparse sullo stesso pendio“. Così come le gocciole lungo il pendio formano un torrente impetuoso, la rabbia comune spinge gli uomini a unirsi e a generare una folla tumultuosa. Il Manzoni scopre nella folla individui di tipo diverso: accanto alla maggioranza degli ingenui, che partecipano con passione e spontaneità,vi sono i furbi “che riscaldano gli animi”, provando un piacere particolare “ a intorbidire sempre di più l'acqua “, quelli cioè che approfittano della situazione , sfruttandola a proprio vantaggio. Tutti si riversano nelle strade anche il giorno successivo : fanciulli, donne, uomini, vecchi, operai, poveri ; questo elenco di persone di tutte le età mette in risalto l'importanza dell'avvenimento, la carestia stressa tutti. Con poche parole l'autore descrive il comportamento della folla che si sta preparando alla rivolta: sembra di vedere chi sbibiglia,, chi predica, chi fa al più vicino la stessa domanda che era stata fatta a lui. Le parole e la frasi si moltiplicano , tutto contribuisce ad incitare e a preparare la folla alla sommossa. Pochi vocaboli, poche esclamazioni risuonano nelle orecchie, gli animi si accendono ancora di più; ora manca solo un'occasione per trasformare le parole in fatti. Con una similitudine il Manzoni descrive il pretesto che accende il tumulto : il garzone di un fornaio che porta il pane nella gerla viene paragonato ad in petardo acceso in una polveriera. Leggendo la reazione della folla alla vista di uno dei garzoni, sembra proprio di vedere “molte mani” che afferrano la gerla; mentre il ragazzetto , che si trova circondato, viene descritto con due aggettivi in antitesi tra loro : prima egli diventa rosso e poi pallido. L'autore accosta due campi semantici quali il tatto e l'olfatto , riferiti al pane che diffonde intorno “ una tiepida fragranza ; l'abbinamento è strano , ma leggendo sembra quasi di sentire il profumo di quel “pane tondo” , che finalmente uno dei rivoltosi riesce a prendere in mano mostrandolo a tutta la folla. In breve tutte le gerle vengono svuotate. L'autore ora descrive in modo particolare chi non è riuscito ad ottenere nulla. Il termine “ branchi” riferito a chi è rimasto a bocca asciutta, deve essere inteso in senso spregiativo, infatti i rivoltosi sono imbestialiti. All'inizio il Manzoni descrive una folla ordinata, che bisbiglia, che si raduna in crocchi per discutere , ora la stessa folla è esaltata e passa dalle parole ai fatti. Il racconto diventa quasi comico e grottesco , i portatori spaventati si liberano del carico , cioè del pane dandosela a gambe. Naturalmente c'è chi non si accontenta di una preda così piccola e incita la folla a recarsi al forno.

ANALISI CAP XII DAL 145 AL 242

Il Manzoni utilizza aggettivi particolari “eteroclite… bisbetiche… salvatiche” per sottolineare quanto il dialetto milanese sia costituito da parole poco comprensibili; l'autore si riferisce al forno delle grucce, i cui proprietari erano gli Scansi, una nobile famiglia di Milano. Il garzone ,ritornato al forno senza pane ,viene descritto con aggettivi che rendono subito l'idea della paura provata dal ragazzo:”sbigottito e abbaruffato”. La folla arriva urla , si avvicina, il Manzoni la chiama “ masnada” perché ormai non si può più controllare e fa paura. I frammenti dei discorsi dei proprietari del forno ; “ serra… serra, presto, presto “,la ripetizione delle parole rendono ancora più tragico il momento. La folla incomincia a gridare. Il capitano di giustizia cerca in tutti modi di calmare la gente , le sue parole sono poco convincenti,egli si abbandona alle lusinghe, parla del “timor di Dio” , dell'anima, del corpo. Quelli che lo vedono e lo sentono anche se volessero seguire i suoi consigli non potrebbero ,il “quand'anche” utilizzato dal Manzoni ci fa capire chiaramente che nessuno vuole tornare sui suoi passi , e anche se lo volesse ormai chi è nelle prime file è spinto in avanti da quelli dietro, che a loro volta sono spinti ancora. Con una similitudine il Manzoni rende perfettamente l'idea :le persone si spingono le une con le altre , così come i flutti spingono i flutti. Questa folla che continua a crescere fa mancare il respiro al capitano, che diplomaticamente dice alla sua scorta di fare indietreggiare la folla , senza far male a nessuno. La descrizione di quello che accade ora è nella sua drammaticità grottesca :”schiene nei petti, gomiti nelle pance, calcagni sulle punte dei piedi”. Il racconto è un susseguirsi di parole che fanno mancare il respiro anche al lettore. L'esclamazione : uh che formicolaio ! non è scritta come discorso diretto, ma si capisce che deriva dall'impressione del capitano nell'affacciarsi alla finestra, e riprende la descrizione delle piazze all'inizio del tumulto, quando il Manzoni si serve del verbo brulicare per descrivere la folla. Il discorso del capitano diventa sempre più lusinghiero , sdolcinato e si capisce dalle parole , dalle esclamazioni ripetute che in realtà egli non vorrebbe essere così complimentoso, infatti diventa più sincero quando, colpito da una pietra, interrompe a metà le sue parole e urla “Ah canaglia”. Il Manzoni la chiama “rapida mutazione di stile”. La pietra colpisce il capitano in quella che all'epoca veniva definita “ la profondità metafisica” ,cioè la tempia sinistra , dove era posta la capacità dell'individuo di filosofeggiare. Le parole del capitano si dileguano nell'aria e la parola tempesta viene affiancata alle grida della folla , in questo modo è messa in evidenza la pericolosità della folla. Delle pietre che incominciarono a buttare i proprietari del forno non ne cadeva “neanche una in fallo”; il Manzoni utilizzando l'espressione “ la calca era tale, che un granello di miglio, non sarebbe andato in terra” ci fa capire come in quel momento la gente fosse particolarmente ammassata all'ingresso del forno. Come sempre accade nei tumulti e nella confusione , anche in questo caso due ragazzi muoiono , la notizia appare nel romanzo brevemente e scritta senza commenti da parte dell'autore, perché in effetti si commenta da sola. La folla viene paragonata ad un torrente impetuosa e come il torrente la moltitudine inferocita riesce a sfondare la porta. Il racconto prosegue con tono grottesco e umoristico, infatti il capitano e la sua scorta vengono paragonati a dei gatti, perché essi fuggono sui tetti spaventati dall'arrivo della gente sempre più arrabbiata. Le azioni si susseguono velocemente nella vicenda narrata dall'autore ,all'interno del forno saccheggiato compaiono,uomini, donne e fanciulli che alla fine sono avvolti dalla farina. Solo a questo forno accorrevano tutti perché erano sicuri di rimanere impuniti.

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