Piero Melograni
Prima repubblica. Il sesso sommerso
"Corriere della sera"
1° ottobre 1995

In tema di sesso, all'indomani della seconda guerra mondiale, l'Italia sembrava essere assai castigata. Gli italiani commettevano adulteri e peccati sessuali più o meno come d'abitudine, ma l'Italia "legale" era più bacchettona che mai. Una rivista che nel 1947 si era permessa di pubblicare in copertina la "Maya desnuda" di Goya, veniva condannata per oscenità. Il ministro Scelba, nel 1949, proibiva un manifesto riproducente la Venere di Botticelli, poiché la dea si offriva senza veli agli occhi di tutti. Gli attributi maschili delle grandi statue di marmo collocate nel Foro Italico, che non avevano suscitato turbamenti ai tempi di Benito Mussolini, venivano ricoperti da foglie di fico in alluminio ai tempi di Alcide De Gasperi. E ancora nel 1959 poteva accadere che un settimanale, "Italia-domani", fosse sequestrato per aver riprodotto in copertina un nudo femminile dipinto da Modigliani.

Le angosce più gravi erano provocate dagli spettacoli teatrali e cinematografici. Il cinema, in particolare, appariva temibile perché più popolare e più capace di suggestionare le grandi masse con amori fatali e situazioni scabrose. Fin dal 1929, Pio XI aveva condannato "i tristi progressi" della nuova arte nella divulgazione del peccato e dei vizi. E nel maggio 1947 l'Assemblea Costituente votò una nuova legge sulla censura cinematografica grazie alla quale, negli anni seguenti, fioccarono tagli e divieti. Furono colpiti molti film francesi, come "Casque d'or" di Becker, "Topaze" di Pagnol e "Clochemerle" di Chenal. Le nudità di un film svedese, "Ha ballato una sola estate", vennero artificiosamente oscurate inserendo nei fotogrammi immagini di foglie e di alberi. "La ronde" di Max Ophuls, prodotto nel 1950, rimase a lungo bloccato in attesa del visto di censura. E "Il diavolo in corpo", un famoso film di Claude Autant-Lara interpretato da Gerard Philippe, fu prima autorizzato, nel 1948, e subito vietato, perché ritenuto colpevole di trattare l'adulterio con comprensione. "Terza liceo", un film italiano di Luciano Emmer, passò i suoi guai con la censura, nel 1954, perché mostrava gli alunni mentre si scambiavano furtivi baci durante una gita al Terminillo.

Nel 1956 arrivò "Et Dieu créa la femme" con Brigitte Bardot. I censori intervennero sia per le scene di nudo, sia perché la parola "Dio" compariva nel titolo di un film così irriverente. La pellicola fu alla fine autorizzata, ma con grandi tagli e un nuovo titolo: "Piace a troppi". Gli italiani che si recavano all'estero correvano al cinema per ammirare la Bardot in versione originale e affollavano teatri e teatrini per assistere agli spettacoli di strip-tease, rigorosamente proibiti in patria. Restavano trasecolati vedendo che nelle strade di Parigi le giovani coppie praticavano il bacio profondo, fra l'indifferenza generale, mentre in Italia chi osava baciare sulla guancia la sua ragazza rischiava di essere punito per atto osceno in luogo pubblico.

Il rapido diffondersi della TV, nel 1955-56, allontanò molti spettatori dalle sale cinematografiche. Esercenti, produttori, uomini politici e sindacalisti indussero la censura ad allentare le sue maglie per contrastare la crisi. Si sperava di riconquistare il pubblico con pellicole un po'meno castigate. E così sui muri di Roma, nel marzo 1957, apparvero i manifesti pubblicitari di due film, "Poveri ma belli" e "Miss Spogliarello", che mostravano in formato gigante belle ragazze in costume succinto. Pio XII si adirò. Il 5 marzo radunò in Vaticano i predicatori quaresimalisti e denunciò la violazione del carattere sacro di Roma. Disse che quei manifesti rovinavano le anime, specialmente giovanili. Opponendosi a quei manifesti e a quei film, il sommo pontefice intendeva combattere il mondo nuovo, così pericoloso per i valori religiosi. Ma non immaginava che la sua battaglia era già persa, dato che la trasformazione dei costumi non poteva essere arrestata. Ci sembra emblematico che la diva ritratta in uno di quei manifesti incriminati, Marisa Allasio, "povera ma bella", finisse per sposare un parente dei Savoia. E che il suo partner cinematografico, Maurizio Arena, avesse un flirt con una delle figlie di Umberto II.

Sarebbe sbagliato pensare che nell'Italia di allora soltanto i clericali temessero il sesso. In quasi tutte le famiglie borghesi e piccolo-borghesi l'argomento sesso era tabù. In quasi tutti gli ambienti sociali la psicanalisi costituiva una stranezza di cui diffidare. Le ragazze e le signore perbene giravano liberamente in prendisole nei luoghi di villeggiatura, ma in città non potevano neppure indossare i pantaloni senza provocare scandalo. Ecco perché un deputato democristiano, che si chiamava Oscar Luigi Scalfaro e che un giorno sarebbe diventato presidente della repubblica, apostrofò vivacemente una signora a lui sconosciuta, colpevole di essersi recata al ristorante con un abito scollato.

Anche comunisti e socialisti, nonostante qualche apertura, tendevano alla severità dei costumi sessuali. La legge dell'Assemblea Costituente sulla censura cinematografica era stata votata anche da loro. E nel marzo 1955 Mario Alicata, Lelio Basso, Pietro Ingrao e altri deputati della sinistra proponevano una nuova legge che manteneva la censura nei casi di oscenità. "Il concetto di censura -come ha riconosciuto Mino Argentieri in un suo saggio- era duro a morire".

Togliatti, segretario del Pci e sposato con Rita Montagnana, osò innammorarsi nel 1946 di Leonilde Jotti, molto più giovane di lui. I due -come ci ha narrato Filippo Ceccarelli in un libro dedicato alla storia sessuale della prima repubblica- incorsero nei rigori moralistici del loro partito. Furono costretti a vivere in modo semiclandestino, nell'attico delle Botteghe Oscure, e vennero perseguitati, spiati e controllati dalla direzione del Pci, che si interessò a problemi molto delicati della loro vita privata. Ma la bacchettoneria dei comunisti era così invadente che lo stesso Togliatti si sdegnò un giorno con il giovane Enrico Berlinguer perché costui, nel periodico "Pattuglia", dedicato ai bambini comunisti, i cosiddetti Pionieri, aveva disegnato una vignetta con una ragazza dal sedere rotondo coperto a stento da un costume da bagno. Gillo Pontecorvo, che allora dirigeva il periodico dei Pionieri, perse il posto. E Berlinguer, che in verità non sembrava aver bisogno di richiami alla serietà, spiegò più tardi ai giovani del suo partito come una sessualità non regolare e non regolata costituisse "uno degli aspetti più evidenti della putrefazione del mondo capitalistico". Il socialismo doveva essere austero, secondo i propositi di Renato Guttuso, che austero non era affatto: "L'Urss se Dio vuole -dichiarò il pittore siciliano- è il paese dove le giovani donne vanno ancora vergini al matrimonio."

Lo smarimento suscitato dall'avanzata del nuovo mondo prodotto dal capitalismo tecnologico induceva le autorità, nel 1959, ad adottare provvedimenti assurdi e indifendibili, come il divieto, per i minorenni, di giocare con i flippers, i biliardini elettrici a gettone, o di indossare a scuola i blue jeans, considerati simbolo di depravazione. Il cardinale Montini, dalle colonne dell'"Osservatore romano", condannava invano il "neopaganesimo" dei nuovi giovani e la "smodata bramosia del piacere", che invadeva le spiagge (benché il topless fosse ancora sconosciuto). E il ministro Gonella, nel 1961, protestava invano contro i programmi televisivi "Tribuna politica" e "Studio Uno", responsabili di "aver introdotto Togliatti e le ballerine nel cuore delle famiglie italiane" (e le ballerine di allora erano castissime, rispetto a quelle di oggi).

 

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