Piero Melograni
Visita del Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan
Roma, Aula di Palazzo Madama
Mercoledì 5 aprile 2000

MELOGRANI. Signori Presidenti, signor Segretario Generale, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, la presenza in Roma del Segretario Generale dell'ONU ci induce a ricordare gli obiettivi perseguiti dall'organizzazione che Egli qui rappresenta e, in primo luogo, l'obiettivo della pace.

L'interrogativo più grande che possiamo porci al riguardo è se la pace mondiale sia un'utopia oppure un traguardo possibile e dunque se oggi, con la scomparsa dei grandi imperi - uno dei quali, molto lontano nel tempo, Lei ci ha ricordato poco fa, signor Segretario Generale - e con l'indebolirsi degli Stati-nazione, non sia più facile che non ieri avvicinarsi alla pace. Io credo che la risposta possa essere sostanzialmente affermativa, e che la spiegazione di questo relativo ottimismo debba essere trovata nella fine della civiltà agricola, che fu una civiltà di guerrieri.

Oggi, nei Paesi tecnologicamente sviluppati, l'ideale del guerriero non esercita più grande attrattiva. L'interdipendenza tra le nazioni è cresciuta e la coscienza di questa interdipendenza comincia a diffondersi tra le masse, ostacolando in varia misura le guerre. Inoltre, la conquista dei territori sta perdendo attrattiva, poiché la ricchezza non è più simboleggiata dalla terra, ma da risorse immateriali che non conoscono confini.

Signor Kofi Annan, come Lei stesso ci ha spiegato un anno e mezzo fa, l'idea che la globalizzazione impedisca i conflitti si è rivelata un pio desiderio, un wishful thinking; è un fatto vero, o meglio è un fatto che è stato vero fino a oggi. Tuttavia, vogliamo sperare che, in un futuro non troppo remoto, la mode rnizzazione e la crescita rafforzeranno la cooperazione mondiale. Lei stesso ha ripetuto più volte che lo sviluppo è uno dei pilastri della pace. Ed io voglio qui ricordare il messaggio che nel 1967, proprio da Roma, papa Paolo VI lanciò al mondo, con l'enciclica "Populorum Progressio". Molto coraggiosamente il Papa concluse l'enciclica affermando, con solennità, che "lo sviluppo è il nuovo nome della pace".

La strada sarà ardua, a causa degli squilibri del mondo e a causa della grande vulnerabilità delle economie informatizzate. Anche per questo, signor Kofi Annan, comprendiamo molto bene le difficoltà Sue e dell'ONU; tuttavia, non crediamo che esistano altre strade da percorrere.

Concluderò dicendo che il senatore Andrea Manzella ed io, come egli stesso ha riferito poco fa, siamo stati qui invitati a parlare perché, insieme con altri 60 cittadini europei, stiamo preparando l a Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. In questa Carta non potremo scrivere esplicitamente che ogni popolo ha diritto alla crescita economica e sociale. Potremo però progettare tutti i diritti in funzione di tale crescita e dunque della pace.

Anche l'ONU, ne siamo sicuri, ci aiuterà in questo compito.

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