Piero Melograni
Politica. La noia dopo la tempesta
"Corriere della sera"
11 gennaio 1996

La politica annoia sempre di più gli italiani. I giornali ci dicono che le trasmissioni televisive dedicate ad essa hanno perduto un bel numero di spettatori ed è probabile che anche le pagine politiche dei quotidiani provochino fastidio in molti lettori. Le spiegazioni del fenomeno possono essere numerose e qui ci limitiamo ad elencarne alcune in modo sintetico.

1°) La politica, in teoria, è un'arte nobile e sublime. Ma nella pratica si risolve quasi sempre in un mestieraccio infame, basato su simulazioni fin troppo smaccate, cerimoniali incongruenti ed esercitazioni puramente retoriche. Anche coloro i quali si propongono di voler "volare alto" finiscono spesso per sollevarsi da terra non più delle galline. Lo spettacolo è davvero avvilente. E così accade che milioni di persone, per distrarsi, sopravvivere e conoscere il mondo, giudichino molto più opportuno appassionarsi alle competizioni sportive, alle magie del cinema, alle simulazioni immortali dell'opera lirica o alle crude verità della cronaca nera.

2°) Nel 1995 la vita politica italiana è stata particolarmente monotona. Dopo le tempeste del 1989-1994, la classe politica parlamentare italiana è addirittura uscita di scena, delegando al presidente della repubblica e a un gruppo di tecnici la responsabilità della cosa pubblica. Da parte dei rappresentanti eletti dal popolo non poteva esserci abdicazione più grande. E non c'è quindi da stupirsi se una quota consistente di elettori, che sono telespettatori e lettori di giornali, abbia pensato di prendersi anch'essa una licenza.

3°) Il vecchio modo di far politica è improvvisamente scomparso e le regole della prima repubblica sono andate a farsi benedire. Ma questa novità è causa di fatica e di pena per il semplice fatto che costringe ognuno, dirigente, gregario, lettore o telespettatore che possa essere, a rinnovare il suo bagaglio di idee e di abitudini. Nella prima repubblica quasi tutti avevano a disposizione la rassicurante bussola delle ideologie. C'erano i partiti, gli ideali e gli idoli ai quali ciecamente affidarsi. C'erano i conduttori televisivi che recitavano secondo collaudati copioni. Oggi invece, come scrive Mannheimer, il dibattito politico appare "legato a logiche difficilmente percepibili". E di fronte alla realtà impercepibile molti prendono la via della fuga. Lo sbadiglio è una delle reazioni previste.

4°) La crisi della politica non è soltanto italiana. E' internazionale ed è strettamente collegata alla fine della guerra fredda, al crollo del comunismo, alla scomparsa dell'impero sovietico. L'Italia ne ha subìto le conseguenze più di altre nazioni, anche perché ospitava al suo interno il più forte Partito comunista di tutto l'Occidente. La Dc ha governato finché il Pci sembrava forte. Il crollo del Pci ha demolito anche la Dc. Ma la maggioranza dei telespettatori e dei lettori di giornali non possiede la chiave per penetrare in questi arcani. Preferiscono giocare col telecomando o sfogliare con passione le pagine della cronaca cittadina.

5°) Peggio ancora. La crisi non è soltanto politica e internazionale. E' culturale e di civiltà. E' suscitata e resa sempre più intensa dalla tecnologizzazione del mondo, dalla globalizzazione delle economie, dall'avvento di un cyberspazio universale, dalla probabile frantumazione degli Stati nazionali. L'Unione Sovietica e il comunismo sono crollati proprio perché non erano capaci di sostenere la tumultuosa modernizzazione del mondo. L'Italia, che continua a conservare una quota di socialismo reale superiore a quella di qualunque altro Stato dell'Occidente, che è spaccata fra Nord e Sud, che ha le finanze in dissesto e un Parlamento semiparalizzato, rischia anch'essa di finir molto male. Ecco dunque un'altra spiegazione della cosiddetta noia. Fintantoché è apportatrice di speranze e di illusioni, la politica è gradita. Quando è annunciatrice di tempi duri, viene temuta e rimossa.

6°) I politici, anziché guidare, rassicurare e proteggere, si comportano sempre di più come formiche impazzite. Moltissimi vorrebbero restaurare il mondo di ieri. Era quello l'ambiente del quale conoscevano a perfezione le regole. Era quello il mare nel quale sapevano nuotare. La trasformazione in atto potrebbe essere considerata una meravigliosa e provvidenziale avventura. Ma gli avventurosi e gli amanti del nuovo, nella storia del mondo, sono stati sempre pochi. E così accade che, tranne eccezioni, l'intera società politica finisca per agitarsi senza costrutto, in un perpetuo, stucchevole e perfino angoscioso balletto, o "teatrino" che dir si voglia.

7°) Giornalisti televisivi e della carta stampata dedicano una attenzione enorme al deprimente spettacolo ma, tranne eccezioni, non riescono neppur essi a sollevarsi in volo più in alto delle galline. Osservano il formicaio con la lente di ingrandimento. Descrivono il vuoto con minuzia di particolari. Non si può dunque escludere che siano proprio essi i maggiori responsabili della noia di cui ci stiamo occupando. Accade come se la professionalità, appesantendo le ali dei politici, appesantisse pure quelle dei giornalisti. Anche i giornalisti di mestiere, come i politici, tentano di prolungare il mondo di ieri, cercando inconsciamente di restaurare l'ambiente nel quale hanno fatto carriera e del quale conoscevano a menadito le abitudini. Tranne eccezioni, non hanno il coraggio di cercare regole nuove, confezionare giornali nuovi, scrivere articoli diversi da quelli di prima. Si affidano ai pettegolezzi, anziché ai fatti, e si abbandonano a gerghi poco comprensibili. Parlano di baci a rospi e a serpenti. Tentano di descrivere in modo leggero una realtà oltremodo drammatica. Fanno sì che i quattro quinti delle cronache politiche contengano un vero e proprio fuoco d'artificio sul nulla.

Il vuoto delle cronache è tale che un professore universitario, insegnante in una facoltà di Scienze politiche, volendo in questi giorni che i suoi allievi compissero, a scopo di essere selezionati, l'esercizio di un riassunto, è stato costretto a far loro riassumere un articolo che si occupava di teatro. Se ne avesse scelto uno dedicato alla cronaca politica avrebbe posto quegli studenti di fronte a un compito troppo arduo, tale da far soccombere un numero esageratamente alto di candidati. C'era da supporre che quei giovani non riuscissero a orientarsi in mezzo a rospi, serpenti, stangatine, governissimi, controribaltoni, cavalieri, bobi, e a quanto altro infarcisce le uggiose cronistorie contemporanee. Quello stesso professore, allorché chiede ai suoi studenti se leggano oppur no un quotidiano di informazione, si sente rispondere, nel novanta per cento dei casi, che non ne leggono nessuno. E si tratta, si badi, di studenti appartenenti a una facoltà di Scienze Politiche.

Forse ci inganniamo, ma abbiamo l'impressione che quasi tutti i lettori, quelli che continuano a comprare il giornale, quelli perduti e quelli potenziali (i quali ultimi, in Italia, sono molti milioni) desidererebbero oggi un prodotto diverso, più scarno, più essenziale e nello stesso tempo più completo e più divulgativo. Vorrebbero quotidiani di poche pagine e di basso prezzo, ricchi di informazioni esposte in forma elementare, rispettanto la regola del "dove", del "quando", del "chi", del "che cosa" e del "perché", senza ammiccamenti e senza perdite di tempo. Vorrebbero trovare ogni giorno un servizio sulla mancata privatizzazione delle banche e sulle manovre sotterranee di Enrico Cuccia &. C. scritto senza ipocrisie e in termini semplicissimi, tali che possano essere rapidamente compresi anche dalle colf, dato che ormai tante colf possiedono risparmi che possono essere danneggiati o premiati da Mediobanca.

In quelle poche pagine, oltre alla politica, vorrebbero trovare informazioni sugli eventi davvero importanti della loro vita quotidiana: previsioni meteorologiche più dettagliate, notizie sul traffico, su tutti gli scioperi dei servizi, sui prezzi, sull'influenza che mette a letto milioni di persone e i metodi per combatterla, sui computer, sulla Tv satellitare, sui programmi via cavo, su Internet, sui nuovi strumenti elettronici che consentono di vedere attraverso i muri e di perquisire a distanza i sospetti, guardando sotto i loro vestiti e all'interno dei loro corpi. Un mondo nuovo e straodinario è alle porte. Anzi, è già entrato attraverso la porta. .

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