Piero Melograni
Amendola e Berlinguer
"Cronache.it"
luglio 2000

Il ventesimo anniversario della morte di Giorgio Amendola ha riproposto all'attenzione di tutti la contraddizione di questo dirigente comunista, vale a dire la discordanza tra le sue aperture di tipo socialdemocratico o addirittura liberal-socialista in politica interna e le sue frequenti enunciazioni filo-sovietiche in politica estera. Amendola era un politico molto avveduto ed è lecito pensare che tale contraddizione, in lui, trovò modo di ricomporsi. L'ipotesi più verosimile, è che Amendola proclamasse la sua fedeltà all'Urss, proprio per coprirsi le spalle nelle sue aperture di politica interna. Aperture, ricordiamolo, che si spingevano fino al punto di richiedere lo scioglimento del Partito comunista italiano e la sua trasformazione in un nuovo partito dei lavoratori.

Amendola sapeva che la strada del governo, per il Pci, era sbarrata dalla spartizione del mondo in sfere di influenza. Né gli americani, né i sovietici intendevano porre a rischio la pace mondiale favorendo governi anticomunisti all'Est o governi comunisti all'Ovest. Per uscire da questo vicolo cieco i comunisti italiani avevano due scelte. O la scelta della adesione alla Nato e del "compromesso storico" coi cattolici, proposta da Enrico Berlinguer, oppure la scelta dell'alternativa socialdemocratica proposta da Amendola. Per scavalcare gli ostacoli posti dalla divisione del mondo in sfere di influenza e non sprecare i voti della sinistra, Amendola riteneva che lo scioglimento del Pci si imponesse. Nello stesso tempo, rassicurando i sovietici, Amendola intendeva far loro sapere che il nuovo partito, capace di fondere socialisti, socialdemocratici ed ex-comunisti, se fosse andato al governo, avrebbe condotto una politica estera, all'interno della Nato, per molti versi utile alla causa dell'Urss e quindi della pace mondiale.

Le due scelte erano molto diverse fra loro. Quella berlingueriana era più prudente, più istituzionale, più conservatrice. La scelta amendoliana era più coraggiosa, più avventurosa, più promettente. L'una e l'altra scelta, del resto, rispecchiavano i diversi caratteri dei due leader, freddo e calcolatore il primo, fiero e appassionato il secondo. La posta in gioco, per Amendola, era molto più alta. Non gli sembrava attraente limitarsi a un contratto con i democristiani, e preferiva invece -come abbiamo detto prima- utilizzare fino in fondo i voti della sinistra, imporre una soluzione socialdemocratica e mandare a casa la Dc.

Non sappiamo che cosa pensassero di tutto ciò al Cremlino. Probabilmente diffidavano sia di Berlinguer sia di Amendola. Ma molto probabilmente diffidavano soprattutto di Amendola. Sappiamo che i dirigenti sovietici autorizzarono Berlinguer a concludere un accordo con la Dc, a condizione che tale accordo non si traducesse mai in una partecipazione ai governi e si limitasse a un appoggio esterno. La paura di una rottura degli accordi sulle sfere di influenza era evidentemente molto grande, e la si temeva in particolare nella nazione che ospitava il papato. I documenti conservati negli archivi di Mosca ci aiuteranno -tutto lo fa pensare- a illuminare di luce nuova la contrapposizione tra Berlinguer e Amendola, nonché le contraddizioni, forse più apparenti che reali, da cui risulta caratterizzata la linea politica amendoliana.

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