Piero Melograni
Paolo Alatri, la storia come impegno
"Corriere della sera"
1° novembre 1995

Pubblicato con il titolo
Entusiasmo, tenacia e molta umiltà, le qualità del prof. Paolo Alatri
,
"l'università" [bollettino dell'Università degli Studi di Perugia],
settembre - dicembre 1995, p. 39.

Per capire chi fu Paolo Alatri, bisogna leggere la bella intervista, che ebbe per oggetto la sua vita e che il suo amico Eugenio Di Rienzo gli fece pochi anni or sono. L'intervista apparve in appendice ai volumi che l'Università di Perugia dedicò ad Alatri nel 1991 e meriterebbe oggi di essere ripubblicata in suo ricordo. Alla fine l'intervistatore chiese ad Alatri quali erano, a suo giudizio, le qualità che una persona deve possedere per riuscire nel suo lavoro. E Alatri rispose in modo molto sintetico ma efficace: "Entusiasmo, tenacia e molta umiltà". Chi lo ha conosciuto sa che lui possedeva tutte e tre queste qualità. La gioia di vivere, in questi ultimi anni, lo ha aiutato a combattere il male da cui era stato colpito, fino al punto da far pensare che egli fosse riuscito a sconfiggerlo.

La vitalità e la tenacia gli hanno consentito, in cinquanta e più anni di attività giornalistica e scientifica, di produrre ben trendadue libri e circa duemila fra articoli, recensioni, note e discorsi. I suoi interessi di storico si sono dispiegati soprattutto in tre campi: le origini del fascismo, le origini dello Stato unitario, la Francia del Settecento. La sua prima opera -una biografia di Silvio Spaventa- fu da lui publicata alla fine del 1941, quando era appena ventitreenne, sotto lo pseduonimo di Paolo Romano dato che, a causa delle leggi razziali, non poteva firmarsi con il suo vero nome. La biografia di Spaventa era un libro di eccezionale qualità, tanto che Benedetto Croce volle conoscere il giovanissimo autore e gli fece l'onore di invitarlo nella sua casa di Napoli.

Alatri era a nato a Roma nel 1918, in una famiglia ebraica della buona borghesia. Nella primavera del 1938, poco prima che il regime emanasse le leggi razziali, cominciava a sentirsi un antifascista. Cionondimeno si trovava alle armi, e frequentava a Lucca un corso di allievi ufficiali. La sorte volle che lui, ebreo e antifascista, fosse condotto a Firenze, insieme con i suoi commilitoni, per fare ala al passaggio di Hitler e presentargli le armi. Qualche mese più tardi Alatri partecipò a una specie di consiglio di famiglia indetto per decidere se restare in Italia, a dispetto delle persecuzioni, o espatriare. Insistette per restare: "Avevo attrazione per l'attività di studioso -spiegò Alatri- e sentivo che le mie radici culturali erano tutte in Italia, per cui pensavo che all'estero non avrei saputo come inoltrarmi nella strada che volevo seguire". Il regime mussoliniano, tuttavia, probiva a lui - e a tutti coloro che si trovavano nella sue condizioni - perfino di frequentare le biblioteche pubbliche. Durante l'occupazione tedesca riuscì a salvarsi assumendo una falsa identità.

Dopo la guerra entrò a far parte della redazione di "Italia Libera", l'organo del Partito d'azione. Poi, dopo la scomparsa di questo partito, si avvicinò sempre di più al Partito comunista, al quale si iscrisse nel 1948. Fu redattore capo della "Repubblica d'Italia", un quotidiano romano vicino al Pc, e poi redattore nonché vicedirettore del "Paese", altro quotidiano fiancheggiatore. Diventò professore universitario, ma continuò nella sua attività politica. Fu prima eletto consigliere comunale a Roma, e poi -dal 1963 al 1968- deputato al Parlamento. Quest'ultima -per dirla con le sue parole- fu "un'esperienza al tempo stesso entusiasmante e frustrante". Gli sembrò infatti che un deputato -a meno che non appartenesse alla cerchia dei massimi dirigenti dei partiti- fosse "niente di più che una macchina per votare". E gli parve inoltre che, nel sistema politico italiano, "la supposta separazione del potere legislativo dal potere esecutivo, già teorizzata da Montesquieu, fosse poco più che un vano fantasma".

Conobbe molto bene l'Unione sovietica, anche perché, dal 1961 al 1970, fu presidente dell'Associazione Italia-Urss. Ma nel gennaio 1980 si dimise clamorosamente dal comitato direttivo di questa associazione cogliendo a pretesto il fatto che Andrei Sacharov, lo scienziato dissidente, era stato inviato al confino dalle autorità di Mosca. "Non posso essere amico -dichiarò- di chi si comporta come al temmpo degli zar". Nel 1990 divenne collaboratore del "Corriere della sera".

La vita di Paolo Alatri può aiutarci a capire la condizione di tanti intellettuali negli anni che vanno dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi. Sotto molti punti di vista può essere considerata emblematica. Del tutto fuori norma, viceversa, la sua straordinaria capacità di produrre della quale all'inizio abbiamo fornito i dati. E ci piace qui ricordare, fra le sue opere più avvicenti dedicate all'Italia dell'epoca contemporanea, la vasta biografia di Gabriele D'Annunzio pubblicata dalla Utet.

Ma nel momento in cui ci lascia, pensiamo alle sue qualità umane e in special modo al suo ottimismo, al suo garbo e al suo ardore. Era confortante sentirlo amico anche quando poteva accadere di dissentire da lui.

 

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